La missione alleata Apricot-Salem

Una vista dal Monte Mottarone su Verbania ed il Lago Maggiore – Fonte: Wikipedia

Mentre nella zona del Cusio (Val D’Ossola) le prime formazioni partigiane nascono nel 1943, nella zona del Mottarone i primi partigiani arrivano dal cielo nel marzo 1944. Alle ore 5,20 del 17 marzo, la missione O.S.S. (Office of Strategie Service) americana, composta da: dottor Enzo Boeri, “Giovanni” (biochimico), Giovanni Bono, “Gianni”, Ottorino Maiga e Leandro Galbusera, viene paracadutata nella zona fra il monte Comaggia e S. Salvatore (sopra Massino Visconti). I quattro facevano parte dì un gruppo di ufficiali e militari che, arruolatisi volontari con le truppe alleate, avevano fatto un corso di specializzazione “Radio telegrafisti RT per essere paracadutati in Alta Italia. Redazione, Missione Boeri, La corsa infinita

Enzo Boeri – Fonte: Le pietre raccontano
Fonte: Le pietre raccontano

Le azioni in appoggio della Resistenza, in fase di iniziale organizzazione, non rientravano nei piani dei servizi alleati. Invece il S.I.M. aveva interesse a che fossero appoggiate le organizzazioni “militari” nate dallo sbandamento dei reparti delle Forze Armate e che costituivano una forte opposizione alla tendenza in atto, nel nascente movimento partigiano italiano che andava assumendo connotazioni sempre più politiche di tipo comunista anti-monarchico. Il reclutamento del personale per i Servizi alleati avvenne direttamente oppure, in particolare per quanto si riferisce al personale militare, attraverso il S.I.M. o, a Napoli, attraverso una organizzazione messa in piedi, ai primi di novembre, da Raimondo Craveri, Mondo, genero di Croce, che si definiva Organizzazione Resistenza Italiana (ORI). Tale organizzazione raggiunse un accordo con l’O.S.S. in una apposita riunione che si tenne ad Algeri a fine settembre 1943. Fra i primi ad aderire vi fu il sottotenente medico di Marina Enzo Boeri, Giovanni, figlio di un ex deputato antifascista, che all’armistizio si trovava a Napoli […] Particolarmente delicato era il problema dei radiotelegrafisti. Grazie all’attività di Boeri, l’O.S.S. di Napoli riuscì a reclutare nove marinai radio telegrafisti che facevano servizio a bordo dei sommergibili italiani inviati a Napoli per fornire elettricità al porto. Dalle loro basi iniziali, stabilite a Napoli, a Brindisi, a Monopoli e Bari, SOE e O.S.S. cominciarono la loro azione di penetrazione nel territorio italiano occupato dai tedeschi. […] Il 17 marzo l’ORI paracadutò al Nord, contemporaneamente, le missioni Apricot/Salem, formata da Enzo Boeri e dall’operatore radio Gianni Bono, e Licata, costituita da Ottorino Maiga (un ufficiale di complemento che era passato al Sud attraversando le linee e aveva raggiunto Napoli) e dall’operatore radio Leandro Galbusera; quest’ultima aveva il compito particolare di recarsi in Svizzera. Poiché, una volta giunti a terra, fu ritrovata una sola radio, questa rimase a Boeri, che l’attivò, come radio Salem, da Stresa […] Il 15 giugno [1944] , sul Monte Mottarone, fu lanciata la squadra Augusta/ORI formata da Gigi Capitanio e dall’operatore radio Aldo Campanella, uno dei radiotelegrafisti di Marina reclutati a Napoli sui sommergibili. In seguito, quando questi, mentre trasmetteva con la radio Salem, fu catturato, Boeri cercò di organizzare immediatamente uno scambio di prigionieri. Campanella era stato catturato dalle Brigate Nere, assieme al radiotelegrafista di Boeri, Gianni Bono, che aveva appena trasmesso il suo centesimo messaggio. I due furono torturati e giustiziati. Giuliano Manzari, La partecipazione della Marina alla guerra di liberazione (1943-1945) in Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Periodico trimestrale – Anno XXIX – 2015, Editore Ministero della Difesa

I rapporti con gli alleati hanno molta importanza nella storia della Resistenza Ossolana, in particolar modo per il periodo della breve liberazione dell’autunno 1944.
La posizione geografica della zona, con la sua lunga frontiera che la delimita e separa dalla Svizzera, coi facili valichi del Ticino, resero continui i rapporti tra i maggiori esponenti della Resistenza Ossolana ed i rappresentanti alleati che risiedevano nel piccolo stato neutrale.
Tali rapporti risalgono all’ottobre 1943, quando l’ing. Ballarini aveva avuto un primo colloquio col vice console inglese a Lugano De Garston, e si intensificarono nel novembre, quando i maggiori patrioti, bruciati in patria, dovettero cercare rifugio e scampo nella Confederazione Elvetica.
Quivi e soprattutto a Lugano, divenuto il centro degli esuli italiani, nei primi mesi del 1944 troviamo tre gruppi ben distinti di profughi o di esponenti della Resistenza Italiana che per varie ragioni si occupano dell’Ossola e degli aiuti alleati ad essa.
Vi era il prof. Ettore Tibaldi, con gli amici Cipriano Facchinetti ed Ezio Vigorelli, che si appoggiavano agli inglesi facenti capo a John Mac Caffery, addetto all’ambasciata inglese con la funzione di sovraintendente a tutto il movimento di lotta clandestina europea contro i tedeschi.
Agli americani ed a John Dulles loro capo guardavano Corrado Bonfantini e Sandro Beltramini.
Con gli uni e con gli altri teneva rapporti G. B. Stucchi, che nell’aprile era stato inviato dal C.L.N. come delegato presso gli Alleati in Isvizzera.
Prima della liberazione, i contatti fra l’Ossola partigiana da una parte, ed esuli ed alleati dall’altra, erano tenuti da un vero e proprio ufficiale di collegamento: il colonnello Attilio Moneta che cadrà poi al fianco di Alfredo Di Dio nel tristissimo autunno. C’era la giovane staffetta del C.L.N. di Novara, Flavia Tosi, che quasi settimanalmente varcava e rivarcava la frontiera, con la disinvoltura di un consumato contrabbandiere, portando con sè il denaro che dagli alleati veniva concesso alle formazioni partigiane.
Gli Alleati, da parte loro, interessandosi delle varie organizzazioni e movimenti di liberazione, miravano soprattutto ad avere informazioni sull’entità e sugli spostamenti delle truppe tedesche; davano poi una certa importanza alle opere di salvataggio ed infine si occupavano delle formazioni partigiane. Pensando tuttavia al dopoguerra, si interessavano anche delle tendenze politiche di ognuna di esse ed alle personalità dei vari comandanti.
Essi poi non gradivano troppo la lotta di liberazione portata su un piano nazionale e contestavano al C.L.N. che tutte le formazioni ed i servizi fossero ad esso soggetti.
Tra Americani ed Inglesi vi era poi un forte antagonismo che impediva un unico indirizzo di rapporti ed aiuti.
Comunque gli Americani aiutavano più generosamente e disordinatamente degli inglesi, parchi, ma operanti attraverso una organizzazione quasi perfetta.
Nella primavera del 1944 gli Alleati guardavano già con particolare interesse all’Ossola, ed in previsione della fine della guerra, che i più rimandavano all’autunno, prospettavano la possibilità di formare quivi una zona franca.
I primi ad occuparsene furono gli Inglesi che, in maggio, incaricarono il delegato del C.L.N. Gian Battista Stucchi di studiare e presentare un piano d’azione e di liberazione. Piano che venne chiamato poi «Morelli» e per il quale, prima di approvarlo, gli Inglesi richiesero ulteriori chiarimenti, e più dettagliate notizie sulla possibilità di approvvigionamenti e sulla natura dei rapporti tra i partigiani e le popolazioni civili.
Anita Azzari, I rapporti tra l’Ossola e gli Alleati nell’autunno 1944, Atti del 3. Convegno di studi sulla storia del movimento di liberazione ‘Momenti cruciali della politica della Resistenza nel 1944’, Rete Parri

[…] una parte degli uomini che erano stati raccolti da Pavone, furono rilevati da Craveri per l’ORI (Organizzazione per la Resistenza Italiana), che egli reclutò per l’OSS ( Office of Strategic Services) dopo essere stato avvicinato a Capri nel settembre dal generale Donovan. Lo aiutava nell’impresa uno scienziato napoletano, il dottor Enzo Boeri, le cui simpatie politiche (come quelle di Craveri) oscillavano fra il PDA e il PLI. Donato Peccerillo in ANPI Brindisi

Il paracadute di seta si aprì con un fruscio seguito da un colpo secco. Un istante di vuoto, di caduta libera, poi lo strattone e il risucchio verso l’alto. Per pochi minuti, forse pochi secondi, l’uomo ondeggiò sopra la radura poi alzò gli occhi verso l’alto. Appena sopra di lui poteva scorgere altri tre uomini sospesi nel cielo come in una danza. Inspirò forte. A quell’ora del mattino l’aria era limpida mentre l’orizzonte cominciava timidamente a schiarirsi. Riconobbe il profilo scuro del Mottarone e, allungando lo sguardo tutt’intorno, l’immensa catena del Rosa. Allora l’emozione lo colse. Nonostante la tensione, quei pochi secondi di discesa erano davvero mozzafiato. Da non dimenticare, bellissimi […] Si chiamava Enzo Boeri, nome in codice Giovanni Bellini, uno spilungone sulla trentina con occhiali da intellettuale e due sottili baffetti scuri. Era stato lui, soltanto poche settimane prima, nella sala d’istruzione del campo d’aviazione di Brindisi, a indicare quel punto di lancio sulle alture del Mottarone. Conosceva bene quel luogo, noto alla gente del posto come il Lagone di Massino Visconti: una piccola radura erbosa compresa fra l’eremo di San Salvatore e il monte Cornaggia, nella regione collinare che digrada dolcemente verso il lago Maggiore. Una zona ricca di pascoli, faggete e boschi di castagno; buona per funghi e per sentirsi al sicuro in un’operazione clandestina dal nome in codice di Apricot-Salem, dove con Apricot si indicava il team, mentre con Salem si indicava l’oggetto più importante per la riuscita della missione: una radio trasmittente nascosta dentro una valigia. L’aereo, un bombardiere Handley Page Halifax della Royal Air Force, era decollato dall’aeroporto di Brindisi alle quattro e mezza del mattino. Aveva sobbalzato per un paio di volte sulla pista scarsamente illuminata poi, con una grande balzo, si era alzato in volo facendo un’ampia virata verso Napoli […] Dentro la fusoliera, in attesa di essere paracadutati, oltre al tenente Enzo Boeri, c’erano altri tre uomini: il suo giovane marconista Giovanni Bono detto Gianni e altri due agenti assegnati ad una seconda missione denominata Licata-Guava: il professore Ottorino Maiga, chiamato Rino e il suo marconista Nando, al secolo Leandro Galbusera. A dire il vero non era la prima volta che il gruppo cercava di effettuare il lancio. Nei giorni precedenti i tentativi falliti erano stati almeno tre. I primi due ostacolati dal cattivo tempo invernale, il terzo, invece, aveva rischiato di finire tragicamente. Sorvolando la città di Genova l’aereo era stato colpito dalla contraerea nemica che aveva messo fuori uso uno dei quattro motori. Nonostante l’avaria il pilota era riuscito a raddrizzare il velivolo facendogli fare subito dietrofront. A pochi chilometri da Brindisi anche un terzo motore iniziò ad avere problemi e l’apparecchio cominciò a perdere di quota con il rischio di dover effettuare un atterraggio di emergenza. Il comandante ordinò di mantenere la rotta, deciso di restare in aria fino all’ultimo. Intrappolati dentro la carlinga, Boeri e gli altri, cominciarono a buttar fuori tutti gli oggetti superflui per alleggerire il bombardiere. Qualcuno si offrì persino di paracadutarsi, ma ormai era impossibile, volavano a poche decine di metri dalla terra […] Il più giovane dei quattro era un giovanotto magro con gli occhi buoni e i modi della persona onesta. Si chiamava Giovanni Bono. Era figlio di operai torinesi e di professione faceva il modellatore. La guerra l’aveva portato nella Regia Marina dove aveva ottenuto il brevetto di “marconista” che, in parole povere, stava a significare l’addetto alle trasmissioni radio. Soltanto pochi mesi prima si era lasciato crescere un paio di baffetti, quasi a voler dimostrare più dei suoi 21 anni. L’8 Settembre l’aveva colto a Napoli dove aveva partecipato alle quattro giornate di liberazione della città. In quei giorni di violenti combattimenti aveva imparato ad odiare i tedeschi. Con l’arrivo in città degli Alleati era stato contattato dal tenente Boeri per essere reclutato all’interno di una nuova organizzazione di volontari italiani, sostenuta dall’intelligence americana. L’organizzazione si chiamava ORI, acronimo di “Organizzazione della Resistenza Italiana”, ed era appena stata inaugurata dall’agente americano Peter Tompkins, dell’Office of Strategic Services, e dal torinese Raimondo Craveri, genero del filosofo Benedetto Croce. Lo scopo del gruppo, di cui il tenente Boeri era vice-comandante, era quello di formare giovani combattenti italiani da infiltrare clandestinamente nel nord Italia al fine di reperire informazioni utili alle operazioni belliche degli Alleati e, nel contempo, aiutare i Comitati di Liberazione Nazionale. Queste missioni erano costituite da piccoli team composti generalmente da due persone: un capomissione e un radiotelegrafista. Il capomissione aveva il compito di redigere e organizzare le notizie, il radiotelegrafista doveva trasmetterle via radio. Di solito veniva usata una ricetrasmittente portatile modello Mark II e Mark V, dotata di tasto telegrafico per trasmettere in codice Morse. All’epoca il segnale Morse era universalmente adottato nelle navi essendo più affidabile del telefono e più facilmente criptabile. Dotato di cinque variabili: linea, punto e tre spazi, il codice Morse, oltre ad essere trasmesso ad un ritmo particolare, doveva essere oppurtunamente cifrato di modo che, se fosse stato intercettato da parte del nemico, sarebbe stato incomprensibile in assenza dell’opportuna chiave di lettura. La traduzione del testo veniva fatta manualmente sul foglio di un quaderno dove si trascrivevano i messaggi in codice e, una volta tradotti, il foglio veniva distrutto per non lasciare alcuna traccia. Al fine di preparare i volontari italiani alle missioni dell’ORI, gli Alleati avevano inaugurato a Pozzuoli un nuovo corso di aggiornamento per radio-operatori organizzato dalla “Special Force” britannica […] D’improvviso in lontananza si udirono dei cani abbaiare. “Dannazione! Ci hanno scoperto!” sussurrò Maiga lanciando un’occhiata a Boeri. “Scappiamo nel bosco! Potrebbero essere cani poliziotto“, rispose subito Boeri estraendo la sua Colt d’ordinanza. Guadagnarono una collinetta e tolsero la sicura alla pistola. I cani abbaiavano, ma si tenevano a distanza. “Non sembrano aggressivi” sussurrò cauto Boeri poi, con la pistola puntata, inquadrò una fetta di bosco e intimò ad alta voce: “Chi va là!“. Non ci fu risposta. Allora giocò il tutto per tutto: “Siamo paracadutisti! Fate un passo avanti!”. Si udì un fruscio di foglie secche e dalla penombra apparve un uomo avvolto in un mantello scuro. Un cappellaccio nero gli cadeva di sbieco dandogli un’aria misteriosa. “Venite avanti con le mani in alto!” tagliò corto Boeri. L’uomo si avvicinò piantandosi a dieci metri da loro. Scrutava con occhi sgranati i quattro marziani. “Siete solo?” chiese Boeri. L’uomo fece un cenno di assenso. “Abbassate le braccia e avvicinatevi” disse Maiga. Seguì un attimo di incertezza poi l’uomo abbassò le braccia e si accostò. “Ci avete fatto prendere un bello spavento“, borbottò Maiga, riponendo la pistola nella fondina e poi aggiunse “Sapete mica da che parte si trova Gignese?”. “Sicuro” rispose secco l’uomo, ciccando per terra e alzando il bastone a indicare la direzione. Poi si voltò e aggiunse “ma è meglio arrivarci da dietro, da Sovazza“. Boeri osservò lontano verso Gignese, poi guardò i compagni e disse: “Sta bene. Ci andremo da Sovazza. Ho con me del denaro, potete darci qualcosa da mangiare?“. Il malgaro non rispose subito ma rivolse lo sguardo verso il paracadute e indicandolo con il bastone chiese: “Vi serve ancora questo?“. “No” replicò secco Boeri “Potete prenderlo. Ma fate attenzione a nasconderlo bene, se ve lo trovano vi caccerete nei guai”. Allora accadde quello che di solito avviene in questi casi, si strinsero la mano e il malgaro si offrì di accompagnarli alla sua baita. Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola

Enzo Boeri scelse questa zona che conosceva bene. Suo padre possiede una villa alla periferia di Stresa: vi si recano e si installano in soffitta. Qui il radiotelegrafista L. Galbusera trasmette il primo messaggio al Comando americano per confermare l’arrivo della missione. Giovanni manda subito a Milano Fernanda Borrani, figlia del custode della villa, a portare un messaggio per Ferruccio Parri, Maurizio, ed uno per sua moglie Antonia che non vede da sette mesi. Fernanda e sua madre Emilia si alterneranno nel servizio di staffette per tutto il periodo della resistenza assolvendo compiti molto importanti e correndo gravi pericoli. Il giorno 20 marzo Giovanni è già a Milano per incontrarsi con i membri del Clnai. Poi si incontra con Maurizio (Ferruccio Parri), vecchio amico della famiglia Boeri, e a quell’epoca comandante unico del Cvl Alta Italia. Maurizio è d’accordo con Giovanni sull’importanza del Servizio Informazioni e lo aiuta a prendere contatto con il Sim, il Simni e il Sip di Aminta Migliari, Giorgio, e tutti gli altri servizi informazioni partigiani dell’Alta Italia. Renato Boeri, fratello di Enzo, si unisce al gruppo e impara subito a cifrare e decifrare i messaggi e prende il posto del fratello nella missione «Apricot-Salem».
Dopo una decina di giorni gli operatori R.T. avvertono delle interferenze nelle trasmissioni che diventano in seguito sempre più frequenti e forti. È evidente che i tedeschi stanno cercando di localizzarli. La villa è stata requisita dai fascisti per il ministro repubblichino Tarchi ed il fascista triestino Pailucci, perciò la missione R.T. lascia la soffitta per la montagna. È’ Piero Carnevali che li accompagna all’Alpe Formica che si trova in una valle di fronte a Sovazza. Gli alpigiani Vittore Strola, Vitur, e la Florinda sono persone fidate e saranno preziosi collaboratori. La missione R.T. deve restare segreta perciò Piero provvede agli approvvigionamenti ed ai contatti con le staffette. Il lavoro degli R.T. è intenso. Da Milano oltre a Giovanni, arrivano Maurizio ed altri personaggi. La rete del «Servizio I si amplia, aumentano le staffette e gli uomini di appoggio. A Gignese i primi collaboratori fidati sono Albino De Gasperi, Bino”, Desiderio Andreani, “Deri”, e Battista Basalini, “Tita”. Alla missione vengono aggregati Giancarlo Castelnuovo di Parabiago, Ulla Umberto di Ameno, Andrea di Milano, Aniceto Della Rossa di Stresa, Michelino e Maurizio Molinari di Gignese. Quest’ultimo diventa una delle staffette più abili e coraggiose a cui Giovanni e Maurizio Patri affideranno missioni molto importanti e delicate. Altrettanto si deve dire del Pompiere che viene sovente da Milano. Accanto alla missione R.T., nel mese di maggio 1944, Franco Abrami forma il primo gruppo di partigiani: “I falchi del Mottarone” che hanno il compito, tra gli altri, di proteggere la missione stessa. Prendono contatti con Renato Boeri, Viotti, Giorgio del Sip, Alfredo di Dio, “Marco”, Alberto Cefis, Luciano Vignati, Don Federico di Lesa, Superti, Moscatelli e altri comandanti di formazioni garibaldine. Viotti è sempre molto disponibile con tutti e dà un esempio di democratica collaborazione. Il visitatore più assiduo è Giorgio (il “pretino”) con il quale si sviluppa una proficua collaborazione. la notte del 13 giugno, a nord-est del monte Comaggia, vengono paracadutati Aldo Campanella, Bruno, e Nando, radiotelegrafisti amici di Gianni e di Enzo Boeri con i quali avevano fatto il corso di specializzazione ad Algeri. Oltre alle radio hanno portato con loro anche armi per i partigiani di Viotti e di Franco Abrami. Oltre alle notizie militari: entità, armamento e dislocazione dei reparti tedeschi e fascisti, punti strategici da bombardare ed i risultati dei bombardamenti fatti, i crimini commessi dai nazifascistì, ecc., la missione R.T. comunica al Comando americano anche le notizie sulle formazioni partigiane che si costituiscono, la loro dislocazione, l’attività bellica che svolgono ed il loro fabbisogno di armi e materiali.
Gli americani apprezzano molto la quantità e la qualità del lavoro svolto dal «Servizio I ed iniziano i rifornimenti aerei alle diverse formazioni partigiane. Il 20 giugno in un’audace e sfortunata azione contro i tedeschi di Baveno cade Franco Abrami (medaglia d’argento al V.M.) ed il comando del gruppo viene assunto dal suo vice Giulio Lavarini, Tom Mix. Il gruppo si chiamerà da allora “Franco Abrami”. Il 31 luglio ’44 anche Piero Carnevali viene ucciso dai fascisti fra Sovazza e Armeno. Viotti, quale responsabile della missione R.T., dovrebbe restare il più possibile in incognito, ma vuole partecipare alle azioni partigiane. Conoscendo bene la lingua tedesca. In agosto partecipa con Tom Mix, a Sovazza a tutte le trattative con i tedeschi per lo scambio di prigionieri. Tom Mix ha catturato un ufficiale e due soldati tedeschi ed un fascista. I tedeschi per rappresaglia hanno arrestato 50 uomini di Sovazza e di Gignese come ostaggi, minacciando di fucilarli e di bruciare i due paesi se non vengono liberati i tre tedeschi.
La fermezza dì Tom Mix e l’abilità di Viotti inducono i nazisti a trattare ed a fare, per la prima volta, lo scambio. Il documento tedesco è firmato il 12 agosto dal capitano Krumhaar, che alloggia all’hotel Regina di Stresa. La popolazione dei due paesi è molto scossa e dopo la liberazione degli ostaggi Viotti parla alla popolazione sulla piazza di Sovazza ed ottiene la sua comprensione e collaborazione. Una maestrina del paese informa Viotti che da casa sua si vede bene l’Alpe Formica: vengono presi accordi, un lenzuolo steso sul balcone sarà il segnale dell’arrivo dei nazifascisti. Elio Malizia di Stresa, che ha la nazionalità svizzera, riesce ad avvicinare spesso Krumhaar e a carpirgli preziose informazioni: fra queste anche la confidenza che i tedeschi hanno scoperto che Viotti è Renato Boeri. Cosi Viotti diventa Renatino. I nazisti sono furenti perché non riescono a mettere le mani sulle radio trasmittenti ed intensificano i rastrellamenti della zona. La missione R.T. si sposta, alla fine d’agosto, e dopo qualche giorno arrivano i tedeschi all’Alpe Formica e la bruciano. Installatisi in un’alpe vicino alla galleria del piombo sono costretti, il 12 settembre, a spostarsi nuovamente in seguito all’arresto di Bruno, nei pressi di Gignese. Per fortuna i tedeschi non scoprono che questi è un R.T. tanto che dopo 5 giorni viene liberato con altri partigiani in uno scambio di prigionieri organizzato da Renatino e TomMix. In questo periodo l’Ossola si è liberata e si intensifica la collaborazione di Renatino con Di Dio. I partigiani al Mottarone sono molto aumentati e Renatino ha chiesto agli americani un rifornimento di armi. Di Dio manda al Mottarone il tenente G.P. Tagliamacco, Belli, ad organizzare la brigata “Paolo Stefanoni”. La missione R.T. si è spostata alle “2 casette”, sopra Coiromonte, perché si è in attesa di un importante aviolancio sul monte Falò. La prima volta il lancio non viene effettuato a causa di un forte vento: finalmente, il 24 settembre, le sospirate armi giungono a destinazione. Due giorni dopo, un nuovo lancio paracaduta altre armi e sette persone. La gioia e l’emozione di tutti è indescrivibile. Gli arrivati sono: la missione Chrysler (Magg. Holohan, Ten. lcardi e Sergente Lo Giudice, americani); la missione di Tullio Lussi, “Landi”, con l’R.T. Gelindo Bortoluzzi, “Red”, e la missione del tenente Giannini con un altro R.T. Questi ultimi dopo due giorni partono per altra zona. Molte armi e munizioni sono per la divisione “Valtoce” e vengono portate in Ossola. Elio Malizia segnala da Stresa che i tedeschi hanno saputo dell’aviolancio e stanno preparando un grosso rastrellamento. Parri scrive a Renatino che abbiamo la responsabilità di proteggere la missione del magg. Holohan e raccomanda di metterla al sicuro. Viene chiesta la collaborazione di Giorgio del Sip e quando si scatena il rastrellamento la missione è al sicuro sull’altra sponda del Lago d’Orta. Tino Vimercati, La Missione Boeri, Resistenza Unita, Marzo 1984, ripreso in lacorsainfinita

Foto di gruppo di partigiani della Brigata Stefanoni. Da sinistra in piedi: “Brigantin”, Renato Boeri, Santo Vimercati “Tino”, Guido Tilche “Fachiro”, Aldo Oliva “Ridolini”, Giampiero Tagliamacco “Belli”, Della Rossa “Anicetto”, Colambatti “Lina”, Zani “Dom”, Maruzzi “Marus”, Maurizio Molinari, Albino De Gasperi “Bino”, il ragazzo Piergiovanni DE Gasperi. Accosciati da sinistra: Oreste Tozzi “Tozz”; Luigi Ferrari “Gigi”, Mario Ajello “Franz”. – Fonte: Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola
Ottorino Maiga – Fonte: Le pietre raccontano

La 7ª brigata Stefanoni opera nella zona del Mottarone, effettuando numerose azioni sulla costa del Lago Maggiore fra Meina a Baveno. La formazione trae le sue origini dal nucleo di militari sbandati e di civili che, organizzato subito dopo l’8 settembre da Eugenio Cefis – Alberto – nei dintorni di Gignese e Massino Visconti, cerca di impedire e si impegna a rendere sempre meno facile ai nazifascisti il transito per la strada del Sempione. Si tratta di un centinaio di volontari, poco e male armati, divisi in gruppi autonomi fra i quali risaltano quelli al comando di Giulio Lavarini – Tom Mix -, di Franco Abrami che cadrà nel giugno 1944 e di Peppino Beldì, anche lui caduto in combattimento nell’estate 1944, che operano fra il Lago Maggiore e il Lago d’Orta. La posizione che occupano è di rilevante interesse strategico anche perché sopra Stresa è collocata dal marzo 1944 la stazione radio con cui Enzo Boeri trasmette agli alleati i bollettini e i messaggi della Resistenza per conto del Comando generale Cvl e costituisce nello stesso tempo un efficiente ponte radio fra Milano e la Svizzera, di grande utilità per il rifornimento di viveri e vettovaglie e per il lancio di armi. Il comando della divisione autonoma Valtoce di Alfredo Di Dio provvede ad inquadrare nel proprio organico le unità operanti nella zona del Mottarone che non hanno ancora uno specifico orientamento politico, inviando presso di loro un ufficiale, il tenente Angelini. Si costituisce quindi con un totale di circa 200 volontari la brigata Paolo Stefanoni, nell’estate del 1944, alle dipendenze della Valtoce, raggruppando i partigiani che già combattevano in quella zona. Alla formazione viene dato il nome di un giovane di Domodossola caduto nel luglio a Candoglia. Nel settembre 1944 muore in azione il tenente Angelini; lo viene a sostituire, portando con sé nuovi uomini, Giampiero Tagliamaco – tenente Belli – che assume il comando della brigata fino al novembre quando, in seguito al primo rastrellamento, è costretto a sciogliere la brigata. Questa viene ricostituita nel dicembre-gennaio per iniziativa di Renato Boeri che, fino a quel momento, aveva operato nella zona di Stresa prima come collaboratore del fratello Enzo nel collegamento radio con gli alleati, poi come combattente nella stessa brigata Stefanoni. Quando nel dicembre 1944 Belli lascia la zona, Renato Boeri assume il comando della Stefanoni e, smobilitando parte della formazione, invia circa quaranta uomini in val Strona con Giulio Lavarini; questi vanno a costituire la brigata Abrami della Valtoce impiegata sul versante occidentale del Mottarone. Sistema Archivistico Nazionale

“Fachiro” e Renato Boeri

Appendice – Vengono qui riportate alcune testimonianze. La prima è di Enzo Boeri ed è tratta dalla relazione all’Office of Strategic Service americano (Oss) di cui riportiamo un brano: “Siamo arrivati sul pinpoint verso le ore 5,20 del giorno 17 marzo del 1944. Siamo scesi senza alcun incidente nel posto esatto che avevo proposto. Eravamo: il mio operatore Gianni Bono ed io (team Apricot-Salem), il professor Ottorino Maiga ed il suo operatore Leandro Galbusera (team Licata-Guava). Ricuperammo il materiale paracadutato con noi: constatammo con dispiacere che un solo apparecchio radio era stato paracadutato. Non si trattava del mio apparecchio: infatti la valigia portava l’indicazione “Licata”. Comunque fummo subito d’accordo con Maiga che io avrei usato il suo apparecchio. Sono sempre stato grato a Maiga per questa sua cortesia. La cosa si spiega non col fatto che Maiga fosse destinato a un’attività di secondo piano rispetto alla mia, ma al fatto che io sarei subito entrato in azione mentra egli doveva, secondo accordi presi in precedenza, recarsi in Svizzera e a Campione”. Maiga infatti era diretto sul confine italo-svizzero per compiere una missione politica organizzata dal conte Sforza. Come racconta Boeri fu ritrovata solo la radio “Licata”, quella destinata alla missione di Maiga, denominata “Guava”. Entrambi si accordarono che la tenesse Boeri, la cui missione denominata “Salem” poteva iniziare subito. Racconta Boeri “Comunque fummo subito d’accordo che avrei usato io l’apparecchio. Sono sempre stato grato a Maiga di questa sua cortesia. La cosa si spiega non col fatto che Maiga fosse destinato ad un’attività di secondo piano rispetto alla mia, ma al fatto che io sarei subito entrato in azione mentre egli doveva, secondo gli accordi presi in precedenza, recarsi in Svizzera a Campione”. Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola

Finalmente il 15 giugno vengono paracadutati i componenti del team Augusta: il capo team Gigi Capitanio e l’operatore Aldo Campanella (Buffa). Il lancio ha ottimo esito.
L’apparecchio radio però subisce alcuni danni che richiedono il suo trasporto a Milano. Decido di fare trasmettere anche col piano Augusta sull’apparecchio di Salem: Augusta inizia il suo lavoro il 21 giugno.
Posso iniziare così a trasmettere una massa di informazioni doppia che per il passato. Viene lanciato anche un apparecchio per Licata (Guava) ma senza quarzi. Dispongo così di 3 apparecchi radio. Essi vengono da me così sistemati: uno resta a Gignese e serve sia per il lavoro di Salem sia per il lavoro di Augusta; uno viene nascosto e servirà solo come riserva; un terzo viene portato presso Como e serve per contatti interni. Avevo già tutto disposto per tali contatti, che dovevano ovviare alla lentezza con cui spesso giungevano le notizie dalle zone lontane del Veneto e dell’Emilia. Prese la direzione di tale apparecchio il mio amico Prof. Adolfo Vacchi, illustre matematico, noto antifascista.
Furono stabiliti ed iniziati contatti con Venezia, la Val Camonica, Bologna, Genova.
Le stazioni corrispondenti erano stazioni a breve raggio, affidate ai C.L.N. locali. Tale servizio funzionò abbastanza bene sino a metà agosto.
Un disgraziato giorno venne ucciso un fascista nelle vicinanze della casa ove era installata la radio, casa di proprietà dell’Ing. Luigi Carissimi.
Vennero arrestati l’Ing. Carissimi, la moglie ed il Prof. Vacchi. L’operatore riuscì a mettersi in salvo. Pochi giorni dopo il Prof. Vacchi venne fucilato. L’Ing. Carissimi e la moglie furono tenuti in carcere a Como sino alla liberazione dell’Alta Italia; non rivelarono mai nulla di quel che sapevano. La loro cattura avvenne ad opera dell’UPI di Como diretta dal famoso criminale Saletta.
Il servizio di collegamenti radio interno non fu più ripreso.
Il lavoro di Salem ed Augusta continuava bene.
Si segnala una divisione in trasferimento dalla Francia al fronte sud. Si continuano a trasmettere i bollettini radio delle azioni partigiane emessi dal Comando Generale C.V.L. Il 19 giugno radio Salem chiede per la prima volta
un aviorifornimento per una formazione di partigiani. Il 21 anche Augusta, nel suo primo messaggio, chiede un lancio di aviorifornimento per una formazione partigiana.
Il 25 giugno anche radio Augusta trasmette un messaggio per incarico del Comando Generale C.V.L., diretto al Q. G. alleato.
Viene richiesta una serie di lanci in tutto il Nord Italia.
Il 28 giugno due messaggi notevoli: il primo è una protesta vibrata contro radio BBC che dà notizie fantastiche sulle azioni partigiane e non trasmette invece i bollettini ufficiali del Comando Generale C.V.L.
Il secondo avverte che ancora non vi sono opere di fortificazione sulle linee del Po nè dell’Adige.
Il 30 giugno si inizia la trasmissione di una serie di nove messaggi concernenti interessanti informazioni ricavate da documenti trovati nel dossier di un «Oberingenieur» catturato dai patrioti: ubicazioni delle siluranti tedesche nel Mediterraneo, produzione di siluri e di mezzi speciali d’assalto in Germania.
Si segnala il passaggio per l’Alta Italia di una divisione tedesca diretta in Francia. Si segnala un concentramento di forze tedesche nel basso Veneto.
All’inizio di luglio un forte rastrellamento nemico in zona interrompe per una settimana il lavoro delle radio. Ma si riprende regolarmente.
Si segnala la posizione delle forze tedesche in Emilia, e quella dei più importanti depositi nella zona.
Il 13 luglio inizia il suo lavoro il Servizio Informazioni del Comando Generale C.V.L., con ufficio in Milano. La direzione del servizio viene affidata all’Ing. Vittorio Guzzoni (Fabrizio) avente per segretario Ugo Graioni («il lungo»). Sin dall’inizio per desiderio di Parri ne controllo il funzionamento.
Si pubblica un notiziario pressoché giornaliero, ed un bollettino decadale di segnalazioni di controspionaggio.
In quei giorni ha luogo un fatto di grande importanza nella storia del movimento di resistenza in Italia. Il Comando Generale C.V.L., sino allora tenuto da Parri, viene assunto ora dallo stesso Parri affiancato da Longo (Gallo), comandante delle divisioni Garibaldi e dal generale Raffaele Cadorna quale consigliere militare. Il Generale Cadorna essendo allora nell’Italia liberata, il Comando viene praticamente tenuto da Parri e da Gallo. Uno dei primi atti del nuovo Comando è di informare il Q. G. alleato della sua costituzione e di inviare un messaggio di saluto e ringraziamento al generale Alexander: il tutto viene fatto attraverso radio Augusta.
Salem informa il Q. G. alleato che il generale Mischi ha chiesto al generale Langerhans di bombardare Milano in caso di sciopero.
Il giorno 14 luglio Salem manda il suo 100° messaggio. Viene segnalata la posizione di numerose divisioni tedesche.
Si segnala il traffico sulle strade dell’Appennino Emiliano e sulle ferrovie del Brennero e di Tarvisio. Vengono regolarmente inviati i bollettini ufficiali delle azioni partigiane.
Continua l’attività delle polizie tedesca e fascista: cade pressoché al completo in luglio l’intendenza di finanza del Comando Generale C. V. L.
Mio fratello Renato passa a far parte della brigata Stefanoni che allora si costituisce alle dipendenze del comandante Tagliamacco (Belli), dipendendo dalla Divisione Val Toce, allora comandata da Alfredo Di Dio. La Brigata Stefanoni sarà sempre di valido aiuto alle nostre radio.
Vengono fatte richieste di lancio per Lombardia, Piemonte, Emilia.
Si segnalano fortificazioni, depositi, spostamenti di truppe.
Particolarmente attivi i centri di informazioni disposti in Emilia.
Comunico la notizia della fucilazione di Emanuele Caironi nel campo di concentramento di Fossoli. Nella stessa località viene trucidato anche Leopoldo Gasparotto.
Viene comunicato l’arrivo dai Lager tedeschi della divisione Monterosa; altri spostamenti di truppe vengono segnalati, tra cui quello della divisione Goering che si sposta verso Nord.
Augusta con una serie di messaggi dà la situazione delle forze partigiane nel Piemonte, il nome dei comandanti, il loro colore politico, l’armamento, l’inquadramento.
Un messaggio ufficiale del Comando C.V.L. segnala la barbarie delle fucilazioni nel campo di concentramento di Fossoli.
Siamo all’inizio dell’agosto. Comunico l’arrivo in Italia della divisione San Marco.
La zona ove si trovano Augusta e Salem incomincia ad essere poco tranquilla: l’attività delle formazioni partigiane provoca la reazione nazifascista.
Viene compiuto un grande rastrellamento, durante il quale viene catturato l’operatore Aldo Campanella (Buffa). La brigata Stefanoni lo riesce a cambiare subito con un prigioniero tedesco. Durante la breve prigionia il Campanella si comporta molto bene e non rivela nulla di quanto sa.
Il lavoro continua febbrile, malgrado l’intensificarsi degli arresti: in questo periodo cadono una parte della organizzazione Franchi della Special Force, la radio Zella di Farneti, la nostra radio usata per i collegamenti interni.
Segnaliamo con una serie di messaggi le posizioni fortificate più importanti della linea gotica, che è stata tutta percorsa da nostri osservatori.
Intensifichiamo il servizio di informazioni lungo il Po.
Si inviano messaggi ufficiali del Comando Generale C.V.L. per protestare per la mancata radiodiffusione dei nostri bollettini radio delle azioni partigiane e per annunciare che i partigiani del Nord Italia hanno iniziato delle contro rappresaglie contro le feroci violenze nazifasciste.
Tento inutilmente di mettere in funzione una terza radio, a Milano Salem secondo: come operatore ho ingaggiato Agostino Cesareo, fuggito dal carcere di Verona. Questo elemento mi sarà in seguito molto utile.
Viene segnalato l’arrivo in Italia della divisione Littorio e lo schieramento in Piemonte della divisione tedesca 90 Panzergrenadiere.
Prendo contatto con la missione «Aurora» di Pasquale Ricapito, che viene dalla zona di Modena dopo varie peripezie ed uno sfortunato lavoro. Ricapito mi chiede assistenza. Provvedo a procurare ad Aurora due differenti sistemazioni in Milano, ed Aurora può riprendere le sue trasmissioni. Passo ad Aurora parte del materiale informativo a mia disposizione.
Vedo a Milano il notaio Neri, che mi dà ulteriori particolari sulla cattura da parte dei tedeschi della radio Zella e del suo operatore.
Pochi giorni dopo anche il Neri viene arrestato, a Como.
Il 27 agosto Salem manda il suo duecentesimo messaggio. Continua ininterrotto il lavoro; segnalazioni di spostamenti di truppe, depositi, traffico militare si succedono senza posa. Continuano i messaggi ufficiali del Comando Generale.
Verso quel periodo di tempo venne paracadutato in Val Cavallina e raggiunse Milano il generale Cadorna (Valenti), accompagnato dal maggiore britannico Churchill (Peters) e dal ten. Augusto de Laurentis.
Il Comando Generale C V L. prese così a funzionare a tre. La radio della missione si sfasciò durante l’atterraggio; il generale si valse della radio della missione angloitaliana del maggiore Pieri, il maggiore Peters di una radio della organizzazione Franchi. Ma noi continuammo ad essere i rappresentanti della radio ufficiale del Comando Generale C.V.L.
Sempre alla fine di agosto comunicai alla base che l’operatore della missione Grape, Luigi Biaggioni, era stato trasferito da Fossoli a Gries presso Bolzano. Anche mio fratello Guido, che era in carcere dal febbraio, fu trasferito colà e poi in Germania.
Nei primi giorni di settembre riassumiamo per incarico del Comando Generale C.V.L. la situazione militare in Italia facendo il punto dello schieramento tedesco.
Erano momenti tragici: la polizia ci braccava. Particolarmente temibile la famosa banda Koch, coi suoi sadici supplizi.
Cadde in quei giorni al completo il Comando Regionale Lombardo col suo comandante Alonzi (dodici fratture costali in seguito a sevizie). Il successore, Namiàs (Castelli), restò in carica poche ore. Particolarmente doloroso per me l’arresto del mio collaboratore Ing. Francesco Moschettini, dei vigili del Fuoco di Milano: fu deportato in Germania e morì nel campo di Gusen.
Il giorno 8 settembre Augusta manda il suo centesimo messaggio.
E propone una serie di lanci in Piemonte, Liguria, Emilia, Lombardia.
Salem indica la forza di tutti i più importanti presidii tedeschi in Italia; ed indica spostamenti di truppe tedesche, tra i quali quello della prima divisione di paracadutisti, del gen. Heidrich. Dà inoltre la situazione delle forze partigiane in Piemonte.
Il lavoro è febbrile. Si inizia l’attacco partigiano in Ossola, i presidi nazifascisti cadono, la valle è liberata.
E la situazione poliziesca si fa sempre più minacciosa. Viene arrestato il rappresentante socialista nel Comando Regionale Lombardo, architetto Pagano. La banda Koch continua ad infierire.
Improvvisamente ci troviamo senza il direttore del servizio Informazioni, Ing. Guzzoni. Parri mi chiama al suo posto: 12 settembre.
E’ qui opportuno fare un poco il punto della situazione del servizio Informazioni.
Quando presi la direzione del servizio immisi nel servizio stesso i miei centri di informazione. Potevo così contare su una trentina di organizzazioni dipendenti, ognuna composta di numerosi
elementi. Diedi il massimo impulso al notiziario giornaliero del C.V.L.: misi l’amico Gaetano De Luca (Pandolfo), poi redattore del giornale «Italia Libera» a Milano, a capo del servizio di controspionaggio, alle mie dipendenze. Questo fu fatto d’accordo con Parri. Le segnalazioni di controspionaggio continuarono ad uscire regolarmente: ve n’era bisogno!
In breve feci uscire anche un bollettino settimanale di informazioni, contenente sopratutto notizie economiche, industriali, politiche, carcerarie. La redazione di tale bollettino fu affidata ad Ugo Graioni. Costituii una sezione economico-industriale, a capo della quale misi il prof. Carlo Battistella. Curai che alcuni vitali problemi sia militari sia economici sia industriali venissero studiati a fondo, iniziando la pubblicazione di monografie. Mi procurai la collaborazione di una tipografia, di uno studio fotografico, di uno studio eliografico, di un ufficio di disegni. Diedi particolare impulso al servizio di corrieri colla Svizzera. Ottenni così di sveltire notevolmente il servizio radio: per via radio inviai da allora solo le notizie più urgenti; tutto il resto andava per via Svizzera.
Fu dopo la mia nomina a Capo servizio alle Informazioni per il C.V.L. che iniziò la sua attiva partecipazione al Comando il generale Cadorna, e che il maggior Churchill incominciò a partecipare alle sedute del Comando e del C.L.N.A.I.
Il giorno 15 Augusta mandava il primo messaggio che annunciava l’inizio dei lavori di fortificazione del vallo veneto: ne ricevemmo le congratulazioni del Q. G. alleato.
Continuavamo a mandare i bollettini radio delle azioni partigiane, mai radiodiffusi dalla B.B.C. E sempre spostamenti di truppe, depositi, richieste di lanci.
Salem mandò altri particolari sul vallo veneto, ed un elenco di fabbriche in Germania che costruivano V 1 e V 2.
Ma la polizia era sempre più minacciosa ed il cerchio attorno a noi si andava restringendo. Improvvisamente cadde Aurora: il colpo fu fatto dalla Polizia italiana dipendente dalla Platzkommandantur di Milano. Dirigevano quell’ufficio un certo Martello ed un dott. D’Alessandro.
Gli agenti erano in gran parte toscani e dalmati.
La squadra del d’Alessandro fece irruzione nella casa del Ricapito catturandone la moglie, il radiotelegrafista Paolo Ventura («il turco»), l’apparecchio radio con tutti i piani ed i cristalli. Il Ricapito riuscì a salvarsi. Per poco non venni arrestato anch’io: fui salvato dal mio amico «Bandiera» (Patrignani) mentre entravo nella casa del Ricapito. Riuscimmo entrambi a sfuggire all’inseguimento della polizia.
Seppi poi che Ricapito era riparato presso una formazione partigiana della zona di Lecco.
Il lavoro continuava bene: cerco di dare un particolare incremento ai centri di informazione del Veneto.
Segnaliamo lo spostamento della 26^ divisione. Augusta manda una serie di messaggi, su richiesta della base, dando le precise caratteristiche dei ponti di fortuna sul Po costruiti dai Tedeschi a Pontelagoscuro ed a Ostiglia e dà l’elenco delle guarnigioni tedesche in Italia. Infine segnala gli spostamenti della 1^, della 4^ divisione paracadutisti, della 98^ […]
La banda Koch continuava i suoi crimini.
Finalmente Salem manda un messaggio ufficiale da parte del C.L.N.A.I. denunziando i criminali ed i mandanti. La campagna radio che segue tale messaggio ha certo contribuito ad indurre le autorità nazifasciste a far cessare l’attività di quella banda.
Il 26 è una bella data. Arriva la missione Chrysler (maggiore Holohan, Lt. leardi, Sgt. Lo Dolce), arriva il Lt. Giannino, arriva Landi. Arrivano armi per i partigiani attesissime (si era nel pieno della campagna dell’Ossola). L’arrivo della missione è salutato con piacere non solo da noi ma anche dal comando C.V.L., per lo meno da Parri. Ne è prova il fatto che Parri viene con me in montagna a salutare la missione. Ha un lungo colloquio con il maggiore Holohan: si intendono a meraviglia. Debbo dire che Parri mi ha sempre parlato con ammirazione del maggiore Holohan, e che ne è stato molto spiacente per la scomparsa. La mia impressione personale è che Parri aveva fiducia che il maggiore Holohan controbilanciasse il peso della missione del maggiore Churchill notoriamente poco ben disposto verso il lavoro del Comando Generale C.V.L. e delle formazioni partigiane in genere. Effettivamente parve a noi tutti che il maggiore Holohan prendesse a cuore subito la lotta partigiana e seguisse con interesse l’opera del Comando C.V.L. Aggiungo infine che salutai con gioia l’arrivo di Lussi (Laudi) vedendo in lui un attivo ed utile collaboratore; i risultati furono poi superiori ad ogni previsione. Tra Landi e me ci fu sempre il massimo accordo.
Il lancio del 26 settembre portò a noi anche un’altra radio, Sorella.
Era la radio di Landi. In quel tempo era parso alla base ed a noi opportuno ed urgente di spostare un apparecchio radio in Veneto. Troppo tardi avevamo ricevuto dalla base l’ordine di spostare in quella regione Aurora. Aurora era già nelle mani del SD. D’altra parte Gastone, nostro amico da tempo, aveva un apparecchio senza piani e senza cristalli a Treviso. Proposi al maggiore Holohan ed a Landi di dare a Gastone piani e cristalli di Sorella. Così facemmo. La soluzione pareva buona: se poi Gastone non riuscì mai a far contatto, questo non può essere ascritto a nostra colpa. Per quanto riguarda l’apparecchio Sorella, rimasto senza piani e senza cristalli, esso fu tenuto di riserva.
In seguito, su richiesta della base, venne inviato in Svizzera.
Il lavoro continua molto attivo: messaggi su depositi, spostamento di truppe, l’arresto del generale Diamanti, notizie industriali, dati sul traffico militare, dati su effetti di bombardamenti alleati, sui colloqui Tarchi-Leyers per le distruzioni che i Tedeschi intendono operare in alta Italia. E continuiamo a mandare i bollettini delle azioni partigiane, mai radiodiffusi. Enzo Boeri, Vicende di un Servizio Informazioni. Relazione alla organizzazione O.S.S. sulla missione nel Nord Italia (17 Marzo 1944-1° Maggio 1945), in «Il Movimento di liberazione in Italia», n. 12-13, 1951, ripubblicato in Rete Parri

Un gruppo di partigiani della brigata Stefanoni, divisione Valtoce all’Alpe Formica. Il terzo da sinistra in piedi è il comandante Renato Boeri, detto “Renatino”. Rimase per poco tempo nascosto alla Presa, ma poi trovò riparo in centro a Gignese, a casa di Albino “Bino” De Gasperi. – Fonte: Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola

Boeri, ritenendo pericolosa la situazione per Gianni Bono e Aldo [Campanella], li mandò con un’altra radio “Locust” sulle montagne a nord di Bergamo […] Gianni Bono e Aldo Campanella, operatori di Locust, che da ventotto giorni trasmettevano da una grotta nelle Prealpi Bergamasche… furono sorpresi da brigatisti neri di Bergamo… Tentarono la fuga, feriti gravemente… Portati a valle, interrogati, torturati, dopo poche ore giustiziati. Nessuno dei due disse una parola. Era il 15 Marzo 1945 a Valbondione […] Giorgio Buridan, …in cielo s’è sempre una stella per me … Diario di Guerra partigiana del Commissario del Raggruppamento Divisioni Partigiane “Cisalpine”, a cura di Maria Silvia Caffari e Margherita Zucchi, Tararà, Verbania 2014

Otello Vecchio è un impiegato dell’Azienda elettrica municipale. Partigiano nelle file di Giustizia e libertà, si è occupato dell’invio in montagna di renitenti alla leva repubblichina e dell’espatrio di ebrei e ufficiali inglesi evasi dai campi di prigionia. Nell’estate 1944 è in contatto con Enzo Boeri, capomissione alle ricetrasmittenti clandestine. Il momento è difficile, non ci sono radio per concordare il lancio di aviorifornimenti alleati e Vecchio viene incaricato di recuperarne una salvatasi da un rastrellamento. L’operazione riesce attraverso due figure ambigue, ma manca ancora il cifrario e la mattina dell’8 settembre, in piazza Giulio Cesare, Vecchio, incaricato di farselo consegnare, cade nella trappola tesa in realtà per Boeri. Portato all’hôtel Regina viene interrogato personalmente da Saevecke ed è in sua presenza che il maresciallo Gradsack comincia a percuoterlo con un nerbo di bue […] Ex marinaio, per diciassette anni al servizio dell’Ovra, Osteria rivela un vero talento per la provocazione riuscendo nel ventennio a mandare in galera parecchi antifascisti e, in tempo di guerra, a gabbare l’intelligence inglese facendole credere di essere entrata in contatto con un’organizzazione antifascista che in realtà, sotto la sua direzione, le passa solo informazioni inconsistenti e fa invece cadere in trappola diversi agenti britannici. Da qui il credito iniziale presso i tedeschi cosicché, quando il citato commissario Panoli lo segnala a Saevecke come l’esperto dell’Ovra che fa per lui, gli si spalancano le porte del Regina e da quel momento comincia una strettissima cooperazione. Nel corso del 1944 avrà un attacco di resipiscenza e inizierà il doppio gioco in favore della Resistenza, o più probabilmente di sé stesso, riuscendo a convincere della onestà dei suoi moventi anche Parri, ma non completamente i servizi inglesi né Leo Valiani né Enzo Boeri, responsabile della sezione controspionaggio del Comando generale Corpo volontari della Libertà […] Della cattura di Ferruccio Parri esistono diverse versioni che divergono in alcuni particolari, ma di certo avviene per puro caso. Il 2 gennaio 1945, guidata da una spiata, la polizia di sicurezza germanica piomba in un appartamento al terzo piano di via Vincenzo Monti 92 per arrestare due membri della Organizzazione Franchi di Edgardo Sogno. Parri, appena arrivato da Voghera, è provvisoriamente ospitato con la moglie in un’altra abitazione al piano superiore. I tedeschi ci vanno, trovano della documentazione compromettente e lo portano via senza sapere di aver fatto un colpo sensazionale. Arrivato a San Vittore, per non aver compreso immediatamente un ordine impartitogli, viene massacrato di botte dal solito Franz e gettato per due notti e tre giorni nei sotterranei, senza cibo né acqua. Condotto poi all’albergo Regina per essere interrogato si imbatte nello stesso poliziotto italiano che lo aveva arrestato nel 1942 e che ora ne rivela la vera identità. Da questo momento interviene Saevecke e il trattamento cambia: il personaggio è troppo importante e la sconfitta sempre più prossima. Il Comitato di liberazione nazionale è però nel frattempo venuto a conoscenza del pestaggio subito in carcere e, in ansia per la sorte di Parri, incarica Enzo Boeri di mandare agli alleati il seguente messaggio: “Da Cln: prego BBC annunciate al più presto che gen. Wolff e capt. Saevecke sono ritenuti responsabili per inumane crudeltà del caporale Franz e altri mascalzoni nel carcere di San Vittore in Milano”. Il servizio informativo del Comando generale del Cvl lavora bene, tanto bene che, come riferirà Boeri, Parri “riuscì a scrivermi un biglietto in cui mi raccomandava un’estrema prudenza, e mi diceva che i tedeschi avevano la più grande ammirazione per il nostro servizio Informazioni. ‘Il riconoscimento del nemico – egli mi scrisse – è il miglior elogio'”. Luigi Borgomaneri, Hitler a Milano. I crimini di Theodor Saevecke capo della Gestapo, DATANEWS Editrice, 1998

Alla fine di marzo [1945] il Dottor Boeri, che era il nostro più importante agente a Milano e direttore dello spionaggio clandestino, fu casualmente arrestato dalle forze di polizia del nemico. Fortunatamente non si resero conto di avere in mano la persona sulla cui testa avevano posto una taglia da un milione di lire. Scattò immediatemnete il nostro piano di emergenza. Tullio Lussi (“Landi”), che si muoveva con la squadra Mangosteen, fu incaricato dell’operazione all’interno del CLN, con il Professor Maiga (“Cassini”), un altro agente del SI, come vice.
L’arresto di Boeri non durò a lungo. Suo fratello, Renato, che era capo di una banda della zona di Mottarone, il 7 aprile concordò uno scambio di prigionieri con i Fascisti. Per ragioni di sicurezza, comunque, Boeri non tornò a Milano, ma rimase con la banda partigiana del fratello fino all’insurrezione di Milano.
Max Corvo, La campagna d’Italia dei servizi segreti americani 1942-1945, Libreria Editrice Goriziana,  2006, p. 341

Intanto la base dell’OSS di Brindisi, anche grazie alla sua lontananza dai centri di pressione militare e strategica divenne il punto di riferimento di ogni attività dei servizi segreti americani in Italia e nel Mediterraneo. In particolare, il Comando del SI controllava le comunicazioni radio con Algeri, Napoli e Palermo. Brindisi fu, inoltre, la base di partenza di varie missioni d’intelligence strategica dirette nei Balcani e nell’Europa centrale, nonché scalo tecnico per il personale e i rifornimenti dell’unità dell’OSS presso la V Armata e gli Operational Groups (OG) che, al comando del colonnello Livermore e con l’assistenza del SI, stavano incrementando le loro attività nell’Italia occupata <22.
22 Può, a tal proposito, essere utile scattare la fotografia delle missioni dell’OSS in Italia programmate per il periodo in esame e, in particolare, nei mesi di febbraio e marzo 1944. A) per l’Intelligence SI – North Italy, furono programmate le missioni d’intelligence GUAVA (Regione dei Laghi in Lombardia); APRICOT (Lago Maggiore – Piemonte), ORANGE (Alpi Franco Italiane), CITRON (BALDWIN); le missioni per la costituzione di una rete d’intelligence, PRUNE (Bologna e Ravenna); GRAPE (Milano), APPLE I (La Spezia); B) l’OSS – Allied Armies Italy (AAI) inviò le missioni d’intelligence, RAISIN (Valli di Comacchio), LEMON (Venezia) e LOCUST (Isola di Gorgona); ICEBERG (Isola di Gorgona); BANANA (Bologna e Firenze); PLUM (Trieste); PEAR (Venezia, Padova e Treviso); YOUNGSTOWN (Genova); APPLE II. In collaborazione con la V Armata, furono programmate le seguenti operazioni del SI e del SO con finalità varie: RICHMOND IV (Firenze);
SHARK (Operazione via mare segretissima); RICHMOND V (Udine e Brennero); CAT (intorno all’area Visso, vicino Perugia); GOAT (Grosseto); GARDENIA II (Roma); ANZIO BEACHHEAD (Italia Centrale). L. Mercuri (a cura di), Documenti sull’Italia della seconda guerra mondiale 1943-1945 cit., pp. 86 e ss. Si confronti anche la testimonianza di Max Corvo, La Campagna dei servizi segreti americani cit., pp. 220 e ss. nonché di Ennio Tassinari, membro dell’Organizzazione della Resistenza Italiana (ORI), che collaborò con l’OSS e, in particolare, il SI e il suo capo operativo Corvo. E. Tassinari, Un “americano” nella Resistenza cit., pp. 37 e ss.
Michaela Sapio, Servizi e segreti in Italia (1943-1945). Lo spionaggio americano dalla caduta di Mussolini alla liberazione, Tesi di Dottorato, Università degli Studi del Molise, 2012

Il 27 marzo [1945] io dovevo verso sera recarmi dal prof. Battistella per ritirare alcune relazioni. Avevo con me anche altro materiale informativo che dovevo portare in seguito al Generale Cadorna. La casa del Battistella era stata invasa dalla Polizia per prendere l’Alonzi; quando vi entrai venni fermato e perquisito. Data la natura del materiale che portavo indosso venni subito ammanettato e guardato a vista. Vennero con me arrestati in quella occasione Giulio Alonzi e la moglie, il figlio del Battistella (il padre venne avvisato in tempo dalla figlia), il dott. Bruno Quarti che allora dirigeva un Gap e sua moglie, il membro del Comando Provinciale Bigatti, e 3 altre persone. Venni ammanettato
e bendato e mi si portò con un autocarro a Lecco. Vi giunsi alla sera alle 10. A mezzanotte subii il primo interrogatorio dalle SS tedesche […] I documenti di identità che avevo erano tutti falsi ed intestati a Lorenzo Borsieri, medico. Mi si chiese dove abitavo; naturalmente non avevo nessuna idea di dare il mio reale indirizzo, perchè in quella casa abitavano mia moglie e le mie bambine ed inoltre era impiantata una stazione radiotrasmittente e vi era una massa notevole di documenti di ogni genere. Dissi di esser giunto da poche ore dalla Svizzera, dove aveva risieduto da molti mesi; che facevo da staffetta del CLN e che i documenti ritrovatimi indosso li dovevo portare ad un
immaginario signor Valentino […] L’indomani mattina altro interrogatorio delle SS. E successivamente due lunghi interrogatori (di oltre sei ore ognuno) colla polizia fascista.
Continuai a sostenere contro tutti i dinieghi la mia prima deposizione.
E la Polizia non seppe di più. Di interessante ricordo soltanto che ad un certo momento la Polizia tolse dalla borsa che mi aveva sequestrato un foglio ricettario sul quale era segnato il mio vero indirizzo, e mi chiese se anche quello era un indirizzo immaginario come tutti gli altri che erano scritti sui miei documenti. Naturalmente sostenni che l’indirizzo era falso; a ogni buon conto durante l’interrogatorio in un momento di distrazione dei due poliziotti che mi interrogavano riuscii a sottrarre quel foglietto ed a mangiarlo. Quando si accorsero di aver perduto quel documento era troppo tardi : e non ricordavano più l’indirizzo. Fu così che riuscii a non fare alcun nome ed alcun indirizzo e non recai alcun danno a nessuno. Il giorno 7 aprile fui trasferito, sempre ammanettato, al carcere di Como. Il giorno 8 mi si disse che dovevo essere fucilato; poche ore dopo venivo invece preso e portato alla formazione partigiana di mio fratello.
Non ero mai stato riconosciuto.
Ero libero! Ancora una volta mio fratello Renato era riuscito a fare un cambio. Seppi poi che, appena saputo della mia cattura, mio fratello aveva personalmente diretto una imboscata sulla strada del Sempione per potermi liberare col solito sistema dei cambi. Fu decisivo in quell’occasione
l’aiuto dato dal notaio Alberici.
Non ritenni opportuno riprendere il mio posto di lavoro in città.
La Polizia ormai mi conosceva bene. Mi venne riferito che due giorni dopo il mio scambio con conseguente liberazione la polizia tedesca del SD era andata su tutte le furie avendomi finalmente riconosciuto. Ma non volli neppure andare in Svizzera; primo per una mia ambizione di continuare fino in fondo la lotta, secondo perchè ho sempre avuto la più grande diffidenza del pettegolo ambiente in Svizzera. Fu così che continuai a stare in mezzo ai partigiani della brigata di mio fratello. Il servizio a Milano continuava benissimo oramai anche senza la mia presenza, grazie sopratutto alla grande capacità di Lussi (Landi) che dette in quella occasione piena misura delle sue brillanti possibilità. Rammento che dopo il mio arresto furono mobilitati con successo da Landi
tutti gli uomini di riserva dell’organizzazione. Tra di essi si distinsero Ugo Graioni, Nino Franzin e il prof. Rino [Ottorino] Maiga, già capo del team Guava – Licata.
Per tenermi sempre informato della situazione del servizio stabilii d’accordo con Landi l’istituzione di staffette che mi portavano lettere di Landi oltre a tutti i messaggi radio e tutte le pubblicazioni del servizio.
Una volta venni anch’io a Milano per un sopraluogo. Tutto procedeva nel migliore dei modi.
Con tutto ciò la mia attività non era più certo quella di una volta: avendo del tempo libero accettai il posto di commissario politico della divisione Val Toce offertomi dal comandante di quella unità, Rino Pacchetti, valoroso ufficiale partigiano.
Il servizio radio e quello informazioni continuavano a funzionare regolarmente. Ritengo che si debba ascrivere a nostro merito se questi servizi furono organizzati in modo che poterono sempre superare brillantemente le disavventure in cui incappammo, e che non furono poche.
Certo è sempre un dato negativo per un servizio informazioni il subire infortuni, ma si ricordi quanti mesi abbiamo resistito, quanti rischi abbiamo corso. E sopratutto si tenga presente che, a differenza di molti altri, rifiutammo sempre compromessi o modus vivendi con qualsiasi organizzazione nemica. È nostro orgoglio di aver sempre avuto le mani pulite: e sapevamo benissimo che era così facile trattare con Ugo e con de Toledo, con Bossi o con d’Alessandro o con il conte Thun! È doveroso poi ch’io segnali quanto interessamento mostrarono per me in occasione del mio arresto i miei amici. Tra di essi Landi, sempre pieno di premure, Cirillo, gli amici dell’OSS. L’ interessamento che i messaggi giunti dalla base mostravano mi convinse che tanti mesi di corrispondenza a distanza attraverso lo spazio erano riusciti a creare tra noi anche dei legami di comprensione e di stima ed affetto. Lo stesso giorno che comunicammo all’OSS la notizia del mio arresto, l’OSS ci rispose: « Inform urgently whether we can do something. Answer urgent. Give details». E continuarono ad interessarsi della mia sorte e della mia famiglia […] Il servizio continuava. Le nostre radio mandano messaggi per conto del Comando CVL a proposito del rendiconto finanziario.
E continua anche il lavoro della polizia ai nostri danni. Lo stesso giorno del mio arresto viene arrestato il prof. Giancarlo Del Vecchio, della nostra organizzazione, capo servizio agli aviorifornimenti. Il giorno dopo viene arrestato l’Ing. Fermo Solari (Somma), vice comandante del CVL. Per fortuna anch’egli non viene identificato: viene in seguito liberato da un Gap. Il suo posto nel Comando CVL viene temporaneamente tenuto dall’Aw. Corti (Biglia), col quale sono in ottimi rapporti, attualmente prefetto di Sondrio. Joliet segnala i movimenti della 90, 114, 116, 232 divisione. Joliet segnala i criminali di guerra Bossi e Greiser. Attraverso Joliet viene preparato il rientro del gen. Cadorna e di Parri nel Nord Italia. Entrambe le radio mostrano l’imminente precipitare della situazione militare. Chiedono una serie di lanci per l’imminente iniziativa partigiana, con obbiettivo principale di opporsi alle distruzioni tedesche […] Il 14 aprile Baldwin – Augusta manda il suo 400° messaggio.
Intanto l’apparecchio radio di Piroscafo era stato riparato e Pasquale Recapito inviato nella zona di Treviso. Il 17 aprile [1945] Baldwin rivela il «great excitement and confusion» nei circoli fascisti di Milano. Inoltre Baldwin manda tutta una serie di messaggi di controspionaggio, rilevando l’organizzazione tedesca di intelligenza nell’Italia liberata. Il 19 aprile il CLNAI manda attraverso Joliet un messaggio all’ambasciatore Tarchiani a Washington esprimendo al governo degli USA il proprio cordoglio per la morte del presidente Roosevelt.
Il 20 aprile Joliet manda il suo 600° messaggio. Viene comunicato l’arrivo del governo fascista a Milano, e la situazione della X Flotmas.
Baldwin manda una serie di messaggi di controspionaggio.
Attraverso Baldwin e Joliet, oramai completamente a disposizione del CLNAI e del Comando Generale CVL, si svolge uno scambio di telegrammi tra Roma (Longhi e Borelli) e Milano. Roma si mostra disposta a qualche compromesso col nemico per salvare gli impianti della Valtellina, di vitale importanza per l’industria italiana. Longhi aveva mandato, attraverso Baldwin, in data 13 aprile il seguente messaggio: «To CLNAI from Longhi. Reference local arrangements made with Germans for protection of plants chiefly hydroelettric. Believed advisable to make such arrangements with safeguards and full guarantee. Signed Longhi and Borelli». Risposta via Baldwin il 22 aprile […]
Il Nord Italia mostrerà tra breve che col nemico non si tratta.
Il 23 aprile Leo Valiani a nome dei partiti del Nord (così almeno egli afferma), attraverso Baldwin dichiara che il piano di epurazione Boeri è insufficiente ed inadeguato: il piano Boeri è stato composto da mio padre. Ambasciator non porta pena.
Lo stesso giorno 23 aprile il piano Betty, come da decisione presa d’accordo con la base, inizia il suo lavoro alle dipendenze della nostra organizzazione. Sin dai giorni del mio arresto lavora con noi il capo di quel team: Gustavo Profumo, attivissimo e molto capace. Egli continuerà a tenere la direzione di Betty.
Joliet continua a trasmettere i bollettini delle azioni partigiane diramati dal Comando Generale CVL.
Il giorno 23 sono a Milano rompendo tutte le prescrizioni prudenziali degli amici.
Il 24 mattina ripartito per la montagna, a riprendere il mio posto di partigiano per la imminente discesa in città […] Enzo Boeri, Op. cit.

Fonte: Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola

L’Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola pubblica qui una lunga testimonianza inedita di Mariuccia Andreani, giovanissima staffetta, classe 1929, che racconta l’esperienza della sua famiglia con i partigiani del Mottarone. Si tratta di uno scritto molto importante perché ricostruisce una parte poco conosciuta della resistenza nel Nord Italia.
[…] La storia, che si svolge a Gignese, nell’Alto Vergante, inizia l’8 Settembre 1943 e si conclude il 25 Aprile del 1945. In quel paese, il padre di Mariuccia, Desiderio Andreani era custode della Presa, una piccola diga nascosta in una valletta a due chilometri dal borgo, che assicurava acqua alla centrale idroelettrica. Proprio in quel luogo “Derio” nascose gli uomini della missione Apricot – Salem di Enzo Boeri […] e, in seguito, ospitò diversi partigiani della Brigata Stefanoni, comandata dal fratello di Enzo, Renato Boeri. La Presa era l’unico luogo sicuro dotato di elettricità, elemento fondamentale per trasmettere ogni giorno i bollettini alla base alleata di Brindisi. Da quel momento Radio Salem, collegata con Milano attraverso una rete di staffette, diventa la radio ufficiale del Corpo Volontari della Libertà.

Il 31 Dicembre del 1944 ci fu un grosso rastrellamento nazifascista sul Mottarone, dove un gruppo di partigiani stava festeggiando il Capodanno. Mariuccia, che era stata avvertita dalla Virginia figlia del tabaccaio di Gignese, rinunciò alla festa, ma avvertì tutti del pericolo imminente. Furono catturati in molti, tra i quali Mario Ajello detto “Franz”, nato a Napoli il 1 Marzo 1914. Era un comandante del secondo Battaglione “Tenente Angelini”. Lui e Giulio Lavarini “Tom Mix” riuscirono a scappare, prima del Brennero, dal pullman che li avrebbe portati in Germania. Da Ricordi della Resistenza, 2004, Comunità Montana Valle Ossola – Fonte: Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola

[…] “Intanto, da noi, si continuava a trasmettere. Al mattino dell’undici dicembre del ’44, mentre nevicava, i tedeschi improvvisarono un importante rastrellamento. A casa nostra, gli operatori erano in attività, e, sull’altura che domina la Presa, in direzione di Gignese, avevamo messo una sentinella. Io stavo andando verso il paese e mi trovavo all’altezza della capelletta di Via Nova quando vidi una pattuglia che stava salendo la strada. Immediatamente, corsi verso casa. La sentinella, vedendomi ritornare così inaspettatamente, scese alla Presa e avvertì i radiotelegrafisti. In un attimo scomparve tutto: antenna, radio, munizioni, e loro giù di nuovo nella fossa. Quando arrivarono, i tedeschi chiesero se, nei dintorni, c’erano altre case con la corrente elettrica. Mio padre disse di no. Continuarono a lungo ad insistere: “È impossibile che non ci siano case con la corrente“. Fu facile per noi capire che cercavano la radio trasmittente, ma non sospettarono di noi perchè mio padre era guardacanale ed era difficile immaginare che potesse commettere infrazioni. E, per quella volta, se ne andarono di nuovo. […] Una notte, fummo svegliati da un rumore di passi davanti alla casa. Ci precipitammo alla porta, temendo che si trattasse di tedeschi, e ci trovammo davanti a Rosso e Nando. Secondo il loro racconto, Bismarck era riuscito a nascondere una lama abbastanza solida per segare un’ apertura nella parete del vagone che li stava trasportando. Soltanto loro due erano riusciti a scappare perchè i tedeschi si erano accorti troppo presto di cosa stava succedendo. Ci dissero anche che, prima di quell’episodio, allorchè erano in trasferta da Milano a Bolzano su un pullman, Bismarck, approfittando dell’oscurità, aveva abbassato piano piano il vetro di un finestrino. Appena l’apertura fù sufficiente, saltarono fuori Franz e Tom Mix. Purtroppo, l’astuto Bismarck ebbe sfortuna: venne fermato dalla sentinella che si era accorta di cosa stava succedendo. Apprendemmo solamente a guerra finita, da alcuni nostri patrioti che erano sopravissuti, che molti tra i nostri erano morti, bruciati vivi nei forni crematori. Il Giancarlo, lo tennero al comando tedesco un po’ e lo torturarono parecchio. Poi, fu trasferito a San Vittore dove subì nuove torture. Riuscì comunque a farci pervenire un messaggio: a S. Vittore aveva sentito tante volte il nome Andreani. Infine fu portato a Bolzano. Liberato alla fine della guerra, non era più che l’ombra del nostro Giancarlo. Le torture l’avevano distrutto. Visse poco, dopo la liberazione. Aveva passato troppe brutture ed era ormai un uomo finito. Anche tu, Giancarlo, sei rimasto nel mio cuore e nel ricordo di tutti, fra gli eroi della resistenza.
Enzo Boeri, quando ricevette il messaggio di Giancarlo, fatto pervenire grazie all’aiuto di un guardiano di S. Vittore che collaborava con la resistenza, mandò immediatamente verso la Presa una staffetta a portare l’ordine che le famiglie Andreani e De Gasperi dovevano subito partire e rifugiarsi nella vicina Svizzera. Mio padre e mio zio, dopo essersi concertati, rifiutarono. Presero la decisione di aumentare soltanto la sorveglianza. Gli operatori Rosso e Nando rimasero da noi e ristabilirono con gli alleati il collegamento radio, che era stato interrotto quando Gianni e Bruno dovettero partire. Naturalmente, la buca sotto la cascina fu soppressa e mio padre cercò un’altro nascondiglio, più lontano dalla casa. Uscì il primo giornale “Il Fuori Legge”. Io, con mio cugino Piergiovanni (figlio dello zio Bino, 10 anni allora ), andavamo a Stresa e ne posavamo in ogni luogo, negli alberghi, sulle panche, presso la ferrovia, li lasciavamo cadere dalle finestre spalancate. Tutte le volte che veniva stampato “Il Fuori Legge”, facevamo questo. Cercavamo di incitare la popolazione ad essere con noi, i giovani a raggiungere le nostre file. E così capivano che anche il partigianato esisteva e agiva“. Mariuccia Andreani

Una rarissima foto del capitano Ludwig Stamm (1) mentre stringe la mano al “Cinquanta” Luigi Fusco, un fascista infiltrato nei partigiani e capo del gruppo autonomo garibaldino “Franco”. Il 3 Dicembre 1944 il “Cinquanta”, che fu in seguito giustiziato, era presente a Baveno all’Hotel Beau Rivage, mentre era in corso l’interrogatorio di Stamm a Renato Boeri – Fonte: Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola

(1) Ludwig Stamm (nato a Hildesheim nel 1902 – morto non si sa dove) era il capitano della SS Polizei Regiment 20 e operava dal 1942 con il suo battaglione nel protettorato della Boemia-Moravia. Nel 18 Ottobre del 1943 partecipò al raid del ghetto di Roma, che portò alla cattura di mille ebrei che furono deportati ad Auschwitz. Giunse in Ossola nel 1944 dove diventò Ortskommandant di Baveno, rilevando il comando dal Capitano Krumhaar. Fu premiato il 31 Dicembre 1944 a Ghiffa della Croce di Ferro II Classe per l’operato in Ossola. Si pensava che si fosse suicidato a Busto Arsizio, ma l’ex partigiano Mario Colombo ha ricostruito la verità: non fu Stamm a morire con una pallottola in testa, ma il Colonello Hans Smaller. Stamm fu fatto prigioniero a Novara, ma approfittò del suicidio di un altro ufficiale, il colonnello Buch, per assumerne l’identità. Fu internato nel maggio del 1945 a Coltano (Pisa). Stamm riapparse nel 1954, come se niente fosse, nello stesso Hotel Beau Rivage di Baveno, dove aveva, per tanto tempo, tenuto il suo comando di compagnia. Il proprietario, che lo riconobbe subito, ma non lo denunciò, gli suggerì di trovare un’altra sistemazione e Stamm partì la mattina dopo su un’auto targata Firenze. Emerse che il Capitano Stamm morì nel suo letto nel 1986 nella provincia argentina de Entre Rios (da Il Postalista) e da Storia del nazista che si “suicidò” due volte e morì nel suo letto.

Fonte: Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola

Redazione, I ribelli della Presa 2, Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola già cit.

Professor Enzo Boeri […] fu paracadutato come capo della missione Apricot di sostegno al CLNAI. Fu uno degli agenti del SI più importanti nell’Italia del Nord e fu successivamente capo della sezione dei servizi segreti del CLN. La sua radiotrasmittente assicurava i collegamenti fra AFHQ e i comandi dei partigiani nel Nord, ed in generale egli fu di grande aiuto per varie altre missioni OSS e alleate al di là delle linee nemiche. Nel lungo periodo in cui si trovò ad operare oltre il fronte tedesco, Boeri trasmise più di mille messaggi. I Fascisti che lo stavano cercando lo catturarono ma non lo riconobbero e quindi lo liberarono in cambio di alcuni prigionieri fascisti che erano in mano a suo fratello. Ricevette una medaglia d’argento al valore dal governo italiano, e una medaglia di bronzo dal governo americano. Max Corvo, Op. cit.