Al tvajol ed Furmajin

La mattina del 29 novembre 1938, Angelo Fortunato Formiggini, geniale e ironico editore modenese di origini ebraiche, nato nel 1878, al grido di “ITALIA! ITALIA! ITALIA!” si gettò dalla Ghirlandina, la torre campanaria del Duomo di Modena, schiantandosi su quella piccola porzione di selciato che lui stesso chiese ironicamente che, in suo ricordo, venisse chiamata “Al tvajol ed Furmajin” (“Il tovagliolo di Formaggino”). Nelle tasche aveva una lettera per il re e una per Mussolini e anche dei soldi per i poveri di Modena, affinché i fascisti non potessero dire che si era suicidato per ragioni economiche.
In Italia la notizia del suicidio per protesta di Formiggini circolerà “clandestinamente”, dal momento che le leggi razziali vietano la pubblicazione di necrologi di ebrei (i loro nomi non possono profanare le colonne della stampa fascista!).

Solamente la stampa antifascista estera ne diede notizia nei giorni seguenti.

Formiggini così motivò il suo gesto (con il quale avrebbe voluto anche risvegliare la sopita coscienza degli Italiani): “Sopprimendo me, affranco la mia diletta famigliola dalle vessazioni che le potrebbero derivare dalla mia presenza: essa ridiventa ariana pura e sarà indisturbata“.
Achille Starace, segretario del Partito fascista, così commentò il gesto: “È morto proprio come un ebreo: si è buttato da una torre per risparmiare un colpo di pistola” (secondo altre fonti: “È morto da vero ebreo, senza volere nemmeno comprare il veleno per uccidersi“).
A Modena, in piazza Torre, ai piedi della Ghirlandina, una targa rammenta ai passanti quel tragico gesto in quel luogo che porta il nome di Largo Formiggini.
[“C’era una volta un editore modenese di sette cotte, e perciò italiano sette volte, che risiedeva a Roma.
Quando gli dissero: tu non sei italiano, egli volle dimostrare di essere modenese di sette cotte e perciò sette volte italiano, buttandosi dall’alto della sua Ghirlandina. Ma era stato scritto di lui che aveva la testa molto dura, ed infatti precipitando a capo fitto la testa si frantumò in tre grosse schegge senza dare una goccia di sangue. (Oh, le leggende!). Le tre schegge guizzaron prodigiosamente fino a Roma: una cadde ai piedi del Papa che la raccolse e disse: Questo è il brillante più grande e più splendido che esista nel mondo: lo incastonerò nel Triregno ad onore e gloria della mia Chiesa. Un’altra colpì nel petto il Re ed Imperatore, che ne ebbe mozzato il respiro per sempre. Una terza colpì sulla fronte il Tiranno e vi impresse l’indelebile segno del «catoblepa».” [A. F. Formiggini, “Parole in libertà”, Roma, Edizioni Roma, 1945.]

Massimo Max Meinero

Nell’Italia ebraica la parodia ha avuto, prima di Levi, una breve, ma intensa storia, che merita di essere, sia pure sommariamente, ricostruita. Della beffa goliardica rinascimentale iniziò a occuparsi per primo, all’inizio del XX secolo, con una tesi di laurea sulla «filosofia del ridere», Angelo Fortunato Formiggini <14.
Fondata la sua casa editrice, che alla storia del comico dedicherà le migliori energie, il brillante imprenditore modenese sognerà la istituzione di un museo, la Casa del Ridere, che si avvalesse di collaboratori dalla vulgata del tempo compatiti per il temperamento malinconico e depresso, come Attilio e Felice Momigliano: l’uno però fu curatore della “Secchia rapita” di Tassoni, parodia dei poemi cavallereschi, l’altro di “Marienbad” di Shalom Aleichem, capolavoro dell’umorismo yiddish.
Non riuscì a inaugurarlo, quel museo padano della risata, Formiggini, ma ebbe lo stesso un colpo di genio quando scoprì l’estro funambolico di un ebreo eclettico, destinato a fortunata carriera diplomatica, Paolo Vita Finzi. A lui affidò il compito di comporre a puntate – per la rivista “L’Italia che scrive” – una serie di parodie nelle quali «alla critica della forma s’aggiung[esse] quella del contenuto».
Le prove meglio riuscite saranno raccolte in una Antologia apocrifa, contro-storia della letteratura italiana, uscita in prima edizione nel 1927, continuamente rivista e arricchita per decenni: un long seller nel quale sono presi di mira scrittori e poeti, ma anche filosofi, politici, giornalisti <15.
[NOTE]
14 Angelo Fortunato Formiggini, Filosofia del ridere: note e appunti, a cura di Luigi Guicciardi, Bologna, Clueb, 1989.
15 Paolo Vita Finzi, Giorni lontani. Appunti e ricordi, Bologna, il Mulino, 1989, p. 34.
Angelo Cavaglion, IL SISTEMA PARODICO. PARODIE SACRE IN «SE QUESTO È UN UOMO» in (a cura di) Anna Dolfi, Gli intellettuali/scrittori ebrei e il dovere della testimonianza. In ricordo di Giorgio Bassani, Firenze University Press, 2017

Durante il viaggio verso la Francia, Enzo Sereni fece tappa a Roma dove, con molto rammarico, constatò le soluzioni adottate dagli ebrei italiani per resistere al razzismo: il silenzio, che per il sionista romano era la dimostrazione di quanto la borghesia ebraica fosse «marcia», e la conversione al cattolicesimo, che era la via più rapida e indolore per assicurarsi un «biglietto di ingresso nella vita italiana» senza scadenza <246. Quelle scelte, secondo Sereni, erano moralmente inaccettabili perché presupponevano l’accettazione e addirittura l’implicita legittimazione della situazione; al contrario, il «gesto estremo» dell’editore Angelo Fortunato Formiggini, che si suicidò il 29 novembre 1938 gettandosi dalla torre della Ghirlandina di Modena, era degno del più grande rispetto perché era stato indotto dalla volontà profonda e incrollabile di restare fedele a una nazione – quella italiana – che era quella in cui gli ebrei si erano identificati e che le leggi razziali avevano distrutto per sempre <247.
[NOTE]
246 CAHJP, P145/9, appunti di viaggio manoscritti di Enzo Sereni, foglio intitolato “Roma”, s. d ma marzo 1940.
247 Ibidem; l’editore Formiggini, infatti, gettandosi dalla torre della Ghirlandina, urlò “Italia, Italia, Italia”, a suggello della sua convinzione – di italiano e di ebreo – che le leggi razziali fossero il tragico compimento della distruzione della nazione italiana operata dal fascismo (Nunzia Manicardi, Formiggini: l’editore ebreo che si suicidò per restare italiano, Modena, Guaraldi, 2001); Piero Treves, Formiggini e il problema dell’ebreo in Italia, in Id., Scritti novecenteschi, a cura di Alberto Cavaglion e Sandro Gerbi, Bologna, Il Mulino, 2006, pp. 105-117.
Sara Airoldi, Nazione in Patria. Gli ebrei italiani e la sfida dell’identità (1918-1938), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Milano, Anno Accademico 2014/2015

Nell’Archivio della Casa editrice A.F. Formiggini sono conservati 24 tra biglietti e lettere che Sorbelli scrisse a Formiggini tra il 24 febbraio 1908 e il 14 aprile 1938, insieme a due minute di risposte di Formiggini. <369
Il tono degli scritti di Sorbelli è sempre molto amichevole, a volte intimo, come quando comunica a Formiggini la morte di Gian Carlo, l’unico figlio maschio, <370 o quando nel 1938 scrive delle rispettive fotografie da bambini e da ragazzi, concludendo: «Perchè ho fatto questa chiaccherata? Chi lo sa!». <371
Sorbelli manifesta in questa corrispondenza con Formiggini una sincera ammirazione per l’amico ed editore modenese, evidente anche nell’ultima lettera del 14 aprile 1938: “E tu puoi continuare ancora a stampare, per la tua illustre persona o per l’Ics [«L’Italia che scrive», la rivista di informazioni bibliografiche fondata da Formiggini nel 1918], poco importa: imitato da tutti, da nessuno raggiunto (anche perché stai sul Campidoglio, che, come è noto, è il più fatale dei colli fatali)”. <372
Nel 1928 Formiggini pubblica il suo primo “Chi è?”, con le biografie degli italiani viventi degni di nota; <373 Sorbelli si complimenta per la pubblicazione e suggerisce a Formiggini di inserire nell’edizione successiva vari nominativi di bolognesi, tra cui Leandro Arpinati, all’epoca podestà di Bologna, e Igino B. Supino, titolare della cattedra di Storia dell’arte presso l’Università di Bologna. <374
Come già ricordato il 29 novembre 1938 Formiggini, nel pieno della campagna antiebraica, a pochi giorni di distanza dall’approvazione del famigerato R.d.l. 17 novembre 1938, n. 1728, Provvedimenti per la difesa della razza italiana, si suiciderà a Modena, sua città natale.
[NOTE]
369 L’Archivio è conservato presso la Biblioteca Estense Universitaria di Modena. L’inventario, a cura di Lorena Cerasi, è disponibile online sul sito della Biblioteca: http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/cat.html#422
370 Biblioteca Estense Universitaria, Archivio della Casa editrice A.F. Formiggini, 1901-1945 (d’ora in poi ACF), lettera di Sorbelli del 3 aprile 1937. Gian Carlo era deceduto il 25 febbraio 1937, a 21 anni.
371 ACF, lettera di Sorbelli del 12 marzo 1938.
372 ACF, lettera di Sorbelli del 14 aprile 1938.
373 Chi è? Dizionario degli italiani d’oggi, Roma, A.F. Formiggini, 1928.
374 Chi è? Dizionario degli italiani d’oggi (2ª ed.), Roma, A.F. Formiggini, 1931; cfr. le note biografiche su Arpinati a p. 29-30 e su Igino B. Supino a p. 718.
Maurizio Avanzolini, L’eterno nemico. Dalla censura libraria all’applicazione delle leggi razziali: il Ventennio fascista nella Biblioteca dell’Archiginnasio, L’Archiginnasio, Bollettino della Biblioteca Comunale di Bologna, 2019