Amici d’antan a Ventimiglia (IM)

Ventimiglia (IM): a due passi dagli esercizi pubblici citati nella parte iniziale dell’articolo

C’è una casa a Ventimiglia (IM) a fianco del mercato, tra quelle costruite dai Notari ai tempi degli
Hanbury. Lì intorno c’è il Canada, sull’altro cantone il Venti Settembre, poco lontano il Paris. Di
fronte c’era il Ligure; al posto dell’Imperiale c’è una banca. E al primo piano ci sono due piccoli
appartamenti. Uno è quello che Pierin chiama l’ufficio e che gli serve solo per avere un telefono, con cui cerca ancora amici rimasti a vivere in Svizzera o in Argentina o a Montecarlo e insieme si lamentano della vita; l’altro è la tana per svernare di Elio e signora che durante la gran parte dell’anno stanno nella villa dei Quattro Venti a Perinaldo e scendono in città con la cattiva stagione.
Elio e Pierin forse hanno in comune un periodo in cui tanti sulla frontiera facevano contrabbando,
finita la guerra. Era roba da poco perché come dice Pierin qui non è mai stato il confine con la Svizzera.
Ma Elio ha contrabbandato soprattutto anarchici e compagni. Ed ognuno fa le cose in un modo
diverso.
Elio mi racconta che anche da ragazzi a Ventimiglia Alta abitavano nella stessa scala in via Garibaldi
47 vicino a dove c’era una volta la farmacia e nel vicoletto il pisciatoio. Era una casa nella strada
centrale del paese, l’unica carrozzabile, dove c’erano anche il municipio, l’ospedale, la cattedrale
medievale, i carabinieri, il convento e un paio di osterie: tutto in meno di duecento metri. Elio abitava
al terzo piano, Pierin al piano di sopra.
Elio dunque conosce Pierin da ottant’anni, ma non ne parla, non è abituato ad esprimere giudizi,
dice che sarebbe un compito troppo arduo a cui ha sempre preferito sottrarsi.
Aggiunge solo che non ha mai lavorato per lui, che anzi una volta era stato sul punto ma aveva
capito che era troppo attaccato, come una patella a uno scoglio. A lui piaceva aver mano libera, lavorare sulla fiducia.
Pierin invece ha un modo personale di giudicare; di uno dice che è torrasco [di Torri, Frazione di Ventimiglia (IM)] e sostiene che tutti quelli di Torri hanno lo stesso stampo di furbi, travajusi*, ma inconcludenti e di un altro dice che è padano, sottintendendo che tutti i padani, quelli della nebbia e delle risaie, sono diffidenti, tirati. E uno dei suoi migliori amici, con alle spalle una vita da romanzo, uno scappato da Sarajevo da ragazzo e vissuto da belva, selvatico e solo, era definito semplicemente giudeo.
Il suo giudizio è semplice, per categorie mentali, quello è torrasco, questo padano, l’altro giudeo.
Quando dice di Elio che è anarchico, ha quasi il gusto di un complimento e di un rimpianto.
Da ragazzi c’erano state anche altre situazioni ormai sfumate. Qualche volta Elio e la sorella di Pierin
si erano incontrati per le scale e forse Elio le aveva lanciato qualche amo.
Quella di Elio è una famiglia semplice di gente che lavora e qualche volta lui va alla caserma Vittorio
Emanuele II a togliersi un po’ di fame mangiando con i soldati. E così Teresa, incontrata per le scale,
gli ripete una frase che forse ha sentito in casa: odori di rancio. Per lui è un’offesa.
Ma poi Elio trova lavoro in ferrovia, va a sedersi soddisfatto all’osteria dove lavora Teresa e comanda
un quartino. E quando lei si avvicina a servirlo, trova il modo per ricordarle che lui è quello che
puzza ancora di rancio.

* lavoratori

da ViteParallele di Arturo Viale di Ventimiglia (IM)