Antifascisti in provincia di Brindisi

Francavilla Fontana – Fonte: Wikipedia

DICEMBRE 1922
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Francavilla Fontana, Ceglie Messapica (Lecce) [oggi provincia di Brindisi] – Per rappresaglia 50 fascisti invadono il Comune, tagliano le comunicazioni telegrafiche e telefoniche, sparano migliaia di colpi, requisiscono armi e munizioni dell’ufficio di Polizia urbana e appiccano fuoco al mobilio.
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Ermenegildo Bugni, Ugo Bugni, un antifascista perseguitato e assassinato, 2009

Brindisi – Fonte: Wikipedia

[…] Brindisi – con i comuni circostanti – fu promossa a provincia nel 1927. Fino a tale epoca, il movimento popolare del Brindisino, con le sue lotte sociali e politiche, si inquadra in quello delle province di Lecce e Bari.
Il movimento anarco-sindacalista vi ebbe notevole influenza, come nelle altre province pugliesi e meridionali in genere, dove le popolazioni contadine, in conseguenza dell’estrema povertà e delle dure condizioni di esistenza, venivano più facilmente spinte a esplosive manifestazioni di rivolta.
Primo dopoguerra
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Tra i conflitti più sanguinosi del primo dopoguerra si ricorda quello avvenuto il 29.6.1920. Il governo, costretto dai moti popolari di Ancona e di altre località a sospendere l’invio ufficiale di truppe in Albania aveva indirettamente incoraggiato l’associazione nazionalistica di destra « Arditi d’Italia » a organizzare una spedizione di volontari. Questi confluirono a Brindisi e stavano per imbarcarsi sul piroscafo « Molfetta» , quando i lavoratori socialisti e anarchici assaltarono la capitaneria di porto, che mostrava di non voler ostacolare la partenza della nave, quantunque in quegli stessi giorni il governo avesse reiteratamente dichiarato che tutte le autorità militari e portuali avevano l’ordine di non lasciare partire nessun contingente armato. Si ebbero cruenti scontri: alcuni arditi che erano già imbarcati sul «Molfetta », resisi conto della situazione decisero di non partire e preferirono far causa comune con i lavoratori. Furono erette barricate nelle strade e, per abbatterle, la truppa fatta affluire dal governo dovette sparare con le mitragliatrici e impiegare gli autocarri. Numerosi furono i feriti, 3 i morti.
Dopo le leggi eccezionali dei 1926 continuò a funzionare in provincia di Brindisi l’organizzazione clandestina del Partito comunista. Durante gli anni della dittatura l’antifascismo brindisino diede prova di combattività, com’è testimoniato dalle numerose condanne inflitte dal Tribunale speciale.
[…]
Il governo di Brindisi
Il 10.9.1943 giunsero a Brindisi il re e Badoglio, con il loro seguito di cortigiani e di alte gerarchie militari, tutti frettolosamente fuggiti da Roma l’8 settembre e quindi imbarcatisi a Pescara. Da quel momento Brindisi divenne sede del governo, capitale provvisoria dell’Italia libera e, con i pochi personaggi ivi presenti e gli improvvisati uffici ministeriali, ebbe il compito di rappresentare la continuità dello Stato italiano. Il governo effettivo in tutta l’Italia libera era esercitato dall’Amministrazione alleata, ma le quattro province pugliesi (Bari, Lecce, Taranto e Brindisi), che gli inglesi chiamarono Italia del re, erano – seppure non ufficialmente – riconosciute come indipendenti dall’A.M.G.O.T.
L’11.2.1944 gli Alleati affidarono all’amministrazione italiana tutto il territorio a sud delle province di Bari, Potenza e Salerno, comprese la Sicilia e la Sardegna. Da quel momento la sede del governo si trasferì a Salerno, dove rimase per alcuni mesi, fino alla liberazione di Roma.
Da: Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza vol 1: A-C. – Milano: La Pietra, 1968
Pag 70: [..] Il primo maggio 1922 la Festa del Lavoro fu celebrata a Brindisi ed in tanti centri proletari pugliesi: si registrarono numerosi incidenti con feriti e contusi.
Pag 73: [..] Il 14 gennaio 1923 si riunirono a Milano numerosi esponenti socialisti per esaminare la situazione, soprattutto in seguito alla proposta di unificazione fra socialisti e
comunisti partita da Mosca e diffusa in Italia il 4 febbraio 1923.
Per la Puglia partecipò il socialista Felice Assennato di Brindisi (da Paolo Spriano storia del PCI)
Pag 74: [..] Nel Brindisino il nucleo antifascista faceva perno soprattutto attorno all’unico deputato socialista eletto nel Salerno nel 1919: Felice Assennato; i comuni più attivi, oltre il capoluogo, con gli operai del porto, erano Ceglie Messapico, Latiano, Francavilla Fontana, Ostuni.
In questi centri operavano lavoratori e intellettuali, spesso insieme, superando ogni sorta di divisione ideologica e partitica: v’erano infatti socialisti, liberali, azionisti, comunisti.
Tra gli operai vanno citati i comunisti Antonio Gigante, Giuseppe Ribezzi, Cosimo Mauro, Trastevere, De Tommaso, Battista, Teodoro Ostuni, Balestra e i socialisti Andriani, Arturo Sardelli, Quintino Leuzzi e Antonio Scanni.
Tra gli uomini di cultura, l’azionista Antonio Caiulo, il liberale Giuseppe Guarini, i socialisti Gianni Stefanelli e Nicola Salvemini.
A Ceglie Messapico, dove le cellule comuniste erano più combattive, l’operosità clandestina faceva capo al bracciante Rocco Spina, all’impiegato Gennaro Conte, al falegname Arcangelo Michele Ricci, al calzolaio Leonardo Chirulli, a Francesco Barletta.
A Latiano fu proficuo il costante collegamento tra l’intellettuale Armando Monasterio e il mondo contadino con i suoi esponenti Maggio, Carbone, Castrense.
A Francavilla e Ostuni ebbero sempre una posizione di rilevo l’intellettuale socialista Cesare Teofilato e il pubblicista comunista Nino Sansone.(vedi Livio Stefanelli Giorni nuovi settimanale, Brindisi, 2 maggio 1976).
Nel 1925, l’organizzazione dei contadini nei comuni del Salento contava ancora oltre duemila aderenti.
I collegamenti del partito comunista clandestino del Salento con gli organi nazionali erano mantenuti dal rappresentante di commercio Francesco Ricci che nel 1944 doveva diventare vice sindaco di Brindisi e segretario della locale Camera del Lavoro. [..]
da: [Mario Dilio “Puglia antifascista” Bari 1977]
Fonti:
Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza vol. 1-4, Milano, Editore La pietra, 1968-1984.
Mario Dilio: “Puglia antifascista”, Bari, editore Adda, anno 1977.
ANPI Brindisi

Vittorio Emanuele III ad una rassegna militare in Brindisi – Fonte: Wikipedia

Cento anni addietro, il 21 gennaio 1921, a Livorno, al XVII congresso del partito socialista, nasce per scissione il partito comunista d’Italia, guidato da Antonio Gramsci, Amedeo Bordiga, Angelo Tasca. Numerose istituzioni culturali, benché nell’attuale temperie colgono l’occasione dal centenario per riflettere tra storia e politica. Vicino ad noi, la sezione di Lecce della Società di storia patria per la Puglia ha programmato una pubblicazione su «L’Italia, il Salento e il Pci»; vicino a noi anche l’on. Michele Graduata (deputato nella VIII e IX legislatura col Pci), su invito di suoi colleghi e compagni di partito sta conducendo una ricerca su «Antifascisti e comunisti della provincia di Brindisi». La ricerca è ancora in corso, l’ex parlamentare, tuttavia, ha voluto anticipare in questa intervista alcuni temi riguardanti la lotta contro il fascismo, la costruzione della democrazia, la costruzione della Repubblica.
[…]
Partiamo dalle origini…
«Due anni dopo la nascita del Pci, l’organizzazione comunista in Puglia era ancora assai debole: 244 iscritti, 2 soli a Brindisi, con l’impegno politico che si esauriva nella diffusione di volantini, l’esposizione di drappi rossi sui campanili e la scrittura sui muri di slogan antifascisti. Il 15 gennaio 1926, poi, Brindisi diventa provincia per volontà di Mussolini, ma nello stesso anno, dopo l’attentato al duce, il fascismo intensificò l’azione repressiva tra severe sanzioni contro gli espatri clandestini e revoche a tempo indeterminato di tutte le pubblicazioni ostili al regime. Pensiamo poi allo scioglimento di tutti i partiti, associazioni e organizzazioni esplicanti azioni contrarie al regime e all’istituzione del confino di polizia. L’opposizione diventa dunque clandestina e nella provincia di Brindisi essa si sviluppò nel capoluogo, a Ceglie Messapica, Mesagne, Francavilla Fontana, Ostuni, Latiano e Oria, mentre alcuni antifascisti fuoriusciti, fra i quali Giuseppe Sardelli e Antonio Gigante di Brindisi, Santo Semeraro di Mesagne e Francesco Ricci di Ceglie Messapica, si impegnarono all’estero in un’azione di raccordo».
E già l’anno dopo, nel 1927…
«Nell’estate di quell’anno la polizia scoprì a Brindisi un’organizzazione di giovani comunisti ritenuti “pericolosi” e piovvero complessivamente pesanti condanne a 45 anni e 2 mesi di reclusione per il calzolaio Domenico Conchiglia di Monopoli (papà dell’on. Cristina), per il meccanico Teodoro Ostuni di Brindisi; per il muratore sanvitese Giuseppe Trastevere, per i brindisini Vincenzo Battista, barbiere; per Umberto Chionna; per Giuseppe Ribezzi, Pietro Vacca e Gaetano Liuzzi, muratori; per il bracciante Guglielmo Carella. Tutti, durante l’istruttoria, dichiararono di essere stati seviziati».
Nessuna reazione a tutto ciò?
«Certo: si intensificarono le proteste popolari. Il 1° Maggio 1927 a Ceglie, furono affissi alcuni manifesti scritti a mano e ci fu un autentico giro di vite tra interrogatori e perquisizioni: alcuni furono denunciati al Tribunale speciale che il 6 giugno 1928 comminò dure condanne: 5 anni al contadino Rocco Spina, 4 all’operaio Giuseppe Lodedo a 4 anni; 2 anni a testa ai calzolai Leonardo Chirulli e Giovanni Putignano».
Un episodio isolato?
«Non direi: il 22 maggio a Ostuni il calzolaio Vito Oronzo Marseglia, 65enne, dopo aver pronunciato invettive contro il regime durante un comizio, fu incarcerato per 10 giorni. Il 1° settembre a Mesagne, alcuni antifascisti commissionarono una corona di garofani rossi che deposero sulla bara del loro compagno Angelo Volpe, ucciso il 30 agosto in una rissa. Il fioraio che fornì la corona, non ottenendo il pagamento di quanto gli era dovuto sporse denuncia e furono fermati Carmine Pignatelli, Giuseppe Radaelli, Aristide Di Nittis e Nicola Gravina».
Ha riscontrato ulteriori episodi, dopo quelli raccontati?
«Sì. Un’altra ondata di arresti colpì il Brindisino l’8 luglio 1937. Ci fu una riunione a Ceglie: Francesco Ricci era rientrato dalla Francia; c’erano Rocco Spina, Francesco Barletta e Giuseppe De Tommaso. Nel corso della notte furono arrestati tutti gli esponenti del Pci di Ceglie, Brindisi, Oria e Ostuni e dopo il processo ci furono altre condanne per i cegliesi Rocco Spina, Rocco Chirico, Cosimo De Maria, Antonio Telesi e Oronzo Vitale contadini; Leonardo Chirulli e Domenico della Rosa calzolai; Francesco Barletta e Gennaro Conte impiegati; e ancora per il parrucchiere Francesco Magno, per il sarto Rocco Carrone, per il falegname Arcangelo Ricci, per il venditore ambulante Cosimo Urgesi, per il bracciante Luigi Chirico. Subirono condanne pure i meccanici Teodoro Ostuni e Giuseppe De Tommaso, Giuseppe Ribezzi, muratore e Cosimo Mauro, tutti brindisini. Un mese dopo, il 29 agosto, fu arrestato a Brindisi il dott. Armando Monasterio poi prosciolto in istruttoria per insufficienza di prove».
Insomma – come ha scritto Massara – davvero “un popolo al confino”…
«Per farsi un’idea, riferisco questi dati della ricerca: dei confinati politici pugliesi 283 erano definiti comunisti, 2 social-comunisti, 22 socialisti, 12 anarchici, 4 repubblicani, 3 sovversivi, 99 antifascisti, 51 apolitici, 9 disfattisti, 6 senza qualifica. Di questi saranno riconosciuti colpevoli di organizzazione del partito comunista 225: 14 nel Brindisino. E ricordo però che nel Luglio del 1943 migliaia di antifascisti uscirono dalle carceri e salparono dalle isole di deportazione. Dopo la democrazia negata si trasformarono in tessitori di una democrazia allargata per ridare onore e dignità al nostro Paese. Del resto, nel 1944-1945, nel Comitato di liberazione nazionale, tutti i partiti che avevano lottato contro il fascismo erano uniti».
Quando il Pci riprese la sua piena attività?
«Il quadro politico, economico e sociale in provincia di Brindisi fu tracciato in occasione del congresso provinciale del Pci che si tenne nei giorni 6-7-8 Ottobre 1945 in preparazione del V congresso nazionale. I lavori si svolsero nella sezione “Gramsci” del capoluogo. Sui, ai muri, grandi cartelloni con scritta la parola d’ordine: “Viva la costituzione”. Cito i documenti: “il congresso è aperto dal compagno Battista, segretario della sezione (…). Propone, quindi, alla presidenza onoraria del Congresso i compagni Antonio Gramsci, Giuseppe Prampolini, Eugenio Santacesaria di Mesagne caduto nei campi di battaglia in Spagna e i compagni Galiano di Oria, Pentassuglia di Francavilla e Mauro di Brindisi, martiri della lotta contro l’oppressione fascista. Alla presidenza effettiva vengono chiamati il compagno socialista Sardelli Arturo, la compagna Maugeri Maria, il compagno partigiano Pecchia, il compagno Bianco della Direzione del partito, il compagno Semeraro segretario della Federazione, il compagno Caldarulo e il giovane compagno Colucci”. La relazione della segreteria analizzò la provincia “prettamente agricola”, parlò di “rigurgiti di feudalesimo” e di “grettismo che pervade la stessa media borghesia agraria della nostra provincia”; soprattutto sottolinò che si era di fronte a “una situazione rivoluzionaria nel senso che oggi si sta sviluppando e compiendo una rivoluzione democratica”. Si sottolineò la necessità di rafforzare la presenza del Pci in tutte le amministrazioni comunali dove il partito era rappresentato da molti vice sindaci e da tre sindaci: il compagno Sollazzo a Torre S. Susanna; il compagno Galiano a Oria e il compagno Rocco Spina a Ceglie Messapica, indicati come: “tre autentici e rudi lavoratori della terra”. Si sottolineò altresì: “l’adeguata rappresentanza nella deputazione provinciale dei due compagni Sansone Nino di Ostuni e Scoditti Ezio di Mesagne che hanno saputo riscuotere la fiducia di quella assemblea”».

Brindisi – Fonte: Wikipedia

Come si concluse quel congresso?
«A conclusione dei lavori furono eletti componenti del Comitato federale di Brindisi i compagni Chirico Giovanni, De Sanctis Santo, Di Noi Vincenzo, De Tommaso Vincenzo, Palermo Vittorio, Ricci Francesco, Semeraro Sante, Silvestro Cosimo, Manzoni Maria, Brugnola Giovanni, Colucci Ezio, Chirico Rocco, De Leonardis Leonardo, Conchiglia Domenico, De Laurentis Pietro, Miceli Angelo e Salerno Francesco. I compagni Semeraro Santo, Ricci Francesco, Colucci Ezio e la compagna Manzoni Maria furono eletti delegati al congresso nazionale”. Le elezioni comunali del 1945 mutarono la geografia politica del paese e la gerarchia all’interno dei partiti. Fu inferto un colpo mortale al Comitato di liberazione nazionale ed a livello locale si crearono i blocchi tra le amministrazioni social-comuniste e dall’altro quelle democratiche cristiane. Del resto nel 1946 ci fu la pubblica condanna di Pio XII dell’ideologia comunista e nell’aprile la Dc lasciò liberi i suoi elettori di votare a favore o contro la Repubblica».
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Angelo Sconosciuto, Gli antifascisti e i comunisti nella provincia di Brindisi: processi, confino, democrazia, La Gazzetta del Mezzogiorno, 21 gennaio 2021

Ceglie Messapica – Fonte: Wikipedia

“Sul conto delle sottonotate persone si è proceduto nei loro confronti a perquisizione domiciliare senza nulla rinvenire, ad eccezione in quella eseguita nella casa del comunista Ricci (1) , nella quale sono stati rinvenuti gli acclusi allegati a sfondo patriottico “Appello ai giovani d’Italia” e una scheda relativa ad arruolamento ai reparti volontari italiani.”(2)
Questo si legge in un rapporto dattiloscritto della Compagnia di Brindisi esterna appartenente alla Legione Territoriale dei Carabinieri Reali di Bari, in data 11 ottobre 1943, indirizzato alla regia questura di Brindisi.
La scheda relativa ad arruolamento ai reparti volontari italiani sequestrata dai carabinieri nell’abitazione di Francesco Ricci a Ceglie Messapica, è l’occasione per raccontare una storia piccola e poco nota della Legione volontaria salentina, questa è la dizione usata in diversi documenti dell’epoca, Legione nota anche come garibaldina. Poche sono le notizie di questo episodio in questa parte del Sud, accaduto tra settembre e ottobre del ’43, in qualche modo una particolarità tutta locale, è in pratica il racconto di un tentativo mancato di reclutare ed organizzare partigiani.
Ad un mese dal suo insediamento a Brindisi, la vocazione reazionaria del regno del Sud è tutta in questa azione che è una delle tante volte a reprimere i soliti “sovversivi”, come se nulla fosse cambiato. L’elenco di persone da perseguitare è sempre quello del ventennio fascista, non a caso anche la denominazione nel rapporto dei Reali Carabinieri non è mutata , si titola sempre Elenco delle persone pericolose da arrestare in determinate contingenze: il Ricci comunista e tanti altri antifascisti di varia fede politica continuano ad essere persone pericolose per Badoglio, il re e la corte fuggita frettolosamente a Brindisi.
Nella stessa operazione di sequestro è ritrovato un volantino titolato Appello ai giovani d’Italia indirizzato anche agli universitari che farebbe supporre che il Ricci assieme a tutti gli altri componenti Fronte Nazionale della provincia (prima denominazione del CLN) reputasse come interlocutori fondamentali per un arruolamento di volontari i giovani e gli studenti.
L’attenzione ai giovani è, per esempio, confermata nell’appello diffuso nelle tre provincie del Salento, il 12 settembre del 1943, dal Fronte Nazionale/ CLN. E’ scritto: molti dei nostri giovani si sono offerti a costruire una legione volontaria al servizio della Patria (3) (ovviamente, contro l’invasore tedesco e il regime fascista). Qualche giorno dopo sempre lo stesso Fronte Unico Nazionale delle province Salentine ribadisce in un Ordine del giorno, in una proposta articolata di collaborazione con il governo Badoglio: Che al Fronte Unico Nazionale si dia l’autorizzazione di formare, sotto il controllo del Governo responsabile, legioni di volontari, che, rinverdendo la tradizione garibaldina, concorrano a scacciare lo straniero dal sacro suolo d’Italia(4).
Nel verbale dell’ottava seduta del Comitato del Fronte Nazionale di Brindisi del 14 settembre, avvenuta nello studio dell’avvocato Giovanni Stefanelli, si sostiene che i componenti il Comitato provinciale approvano un ordine del giorno (un Promemoria) da sottoporre alle Autorità militari italiane [..]composto di sei punti [..] tra i quali[..] sono elencati i desiderata del Comitato stesso riguardante i termini di collaborazione con il Governo Badoglio per la epurazione da farsi in seno alla provincia ed alle FF.AA. degli elementi fascisti, l’appello di fornitura di armi a tutti gli aderenti al Comitato prov. onde poter combattere [..] il comune nemico, nonché la richiesta di un locale per le riunioni del Comitato stesso. Infine si approva di lanciare un Manifesto incitante i Salentini a costituire delle «Legioni Garibaldine» di volontari onde insorgere contro l’eterno nemico dell’Italia(5) .
Il verbale concludeva con la designazione di chi doveva occuparsi di propagandare le posizioni del Comitato in provincia attraverso un manifesto: l’avvocato Palermo(6) e De Tommaso (7) . Il Promemoria approntato per l’occasione prevedeva tra gli altri punti unPermesso di circolazione per tutto il territorio della Provincia di Brindisi al fine di effettuare propaganda pro Legione Salentina. Per tale scopo può essere, previa requisizione, utilizzata la macchina dell’ing. Dall’Olio (8) (Michele dell’Olio era il direttore della società SACA dal 1934, anno di costituzione della società, al 1943 ); la Concessione al Comitato Provinciale ed ai sottocomitati della Provincia di locali (possibilmente ex fascisti) ad uso ufficio reclutamento volontari (9); ed infine l’Autorizzazione a raggiungere Taranto con auto per incontrare i componenti il Comitato locale e prendere accordi per l’organizzazione del volontariato (10).
Il 16 settembre del ’43 il Fronte nazionale delle Province Salentine approva un’altra proposta di confronto con il “governo di Brindisi”. Era frutto di una riunione a cui avevano partecipato componenti dei Comitati di Brindisi, Lecce e Taranto, i sottoscrittori del documento erano: Vito Mario Stampacchia, Alfredo Bernardini, Mose Cohen, Francesco Dongiovanni, Antonio Fiocca, Biagio Giordano, Gino Liaci, Luigi Lopez y Royo, Vittorio Maradei, Pietro Massari, Mario Montessori, Tarquino Panzera, Ernesto Romano, Francesco Spinelli, Alessandro Persone, Luigi Vallone, Felice Assennato, Arturo Sardelli, Guido Zaccaria, Donato Ruggiero, Guglielmo Cafiero.
La posizione dei Comitati salentini, sintetizzata in Ordine del Giorno, era la base di una proposta di collaborazione con il governo monarchico di Brindisi ad una delle condizioni Che al Fronte Unico Nazionale si dia l’autorizzazione di formare, sotto il controllo del Governo responsabile, legioni di volontari, che, rinverdendo la tradizione garibaldina, concorrano a scacciare lo straniero dal sacro suolo d’Italia (11).
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  1. Francesco Ricci nasce a Ceglie Messapica (Br) il 2 febbraio 1895 da Angelo e Vincenza Sisto. Figura di spicco nel panorama antifascista clandestino della provincia di Brindisi, forma la sua coscienza politica in seno alla famiglia d’origine, considerata «un punto di riferimento del socialismo cegliese». Di professione ebanista (poi anche rappresentante di commercio), nel 1924 Ricci risulta tra i sovversivi inclusi nello schedario della questura di Lecce. Nel dicembre 1936, emigra in Francia. Anche qui svolge il ruolo di “emissario”, trasmettendo direttive, informazioni e materiale di propaganda ai compagni di fede del suo paese natale, a volte nascosti in pacchi inviati alla sorella Maria. Con questo stesso intento rientra clandestinamente in Italia in più occasioni, a Milano come a Ceglie. Non a caso in seguito sarà individuato dall’OVRA quale capo dell’organizzazione comunista clandestina di tutta la provincia di Brindisi.Da fuoriuscito Ricci mantiene i contatti attraverso una fitta corrispondenza. A Francesco Barletta Ricci confida, nell’aprile del 1937, che sta per unirsi ai rivoluzionari spagnoli -a maggio infatti la polizia lo segnala a Carrieres sur Seine in un reparto di volontari per la Spagna– ma poi non lascia la Francia. Nell’agosto 1937, in seguito ad una operazione dell’OVRA in provincia di Brindisi, alcuni sovversivi responsabili di attività comunista subiscono l’arresto, compreso il fratello di Francesco, Arcangelo Ricci. I maggiori esponenti del movimento, tra i quali Francesco Ricci, sono deferiti al Tribunale speciale per la Difesa dello Stato che, il 22 dicembre 1937, ricercato è iscritto nella Rubrica di frontiera, nel 1938 è anche inserito nel Bollettino delle Ricerche come «comunista d’arrestare». Ricci rimane a Parigi sino al settembre 1942 quando, arrestato dai tedeschi, è costretto a far ritorno in Italia. Tradotto nelle carceri di Roma, il 14 novembre 1942 il Tribunale speciale lo condanna a 15 anni di reclusione. Sconta un anno di pena a S. Gimignano e dopo la scarcerazione, avvenuta il 19 agosto 1943 alla caduta del fascismo, rientra a Ceglie Messapica. In seguito Ricci partecipa alla costituzione dei Comitati di Liberazione provinciali. (Note biografiche a cura di Elena Lenzi)
  2. Archivio di Stato Brindisi Busta 854 Questura II° e III° Versamento Gabinetto
  3. M. De Giorgi, C. Nassisi Antifascismo e lotta di classe nel Salento 1943-1947 .Lecce 1979
  4. La provincia di Brindisi tra fascismo e democrazia – di Nicola Colonna, , Franco Stasi Fasano : Grafischena, 1979
  5. Ibidem.
  6. Palermo Vittorio “Originario di Ceglie Messapica, dove è nato nel 1906, fin dalla metà degli anni ’30 aveva assunto posizioni sempre più critiche verso il regime ed aveva preso contatti con la figura di maggiore spicco del movimento antifascista di Ceglie, quel Francesco Ricci Già nella primavera del 1937, pertanto, era segnalato alle autorità di polizia di frontiera perché fosse sottoposto agli opportuni controlli al suo ritorno da un viaggio in Francia dove si sospettava che prendesse contatti col Ricci, fuoriuscito da qualche mese, riportando in patria clandestinamente materiale di propaganda.Palermo stabilì i contatti di cui era, a sua insaputa, sospettato, ma evitò prudentemente di presentarsi alla frontiera con materiale compromettente e poté quindi tornare senza pericolo in Italia. Negli anni successivi, soprattutto dopo lo scoppio della guerra, diede alla sua attività antifascista maggiore continuità prendendo contatti con intellettuali e professionisti antifascisti della provincia.” a Brindisi è solo nel mese di agosto di quella calda estate del ’43 i principali esponenti dell’antifascismo locale si riuniscono per la prima volta ufficialmente nello studio dell’avv. Vittorio Palermo, per formare « un comitato provinciale di concentrazione antifascista» e per costituire « un primo nucleo del Comitato stesso » da allargare poi « con elementi di sicura fede e di condotta patentemente antifascista che, dalla destra alla sinistra, si attengano alle direttive seguite dal Comitato Provinciale del Fronte Nazionale ». Sin dall’inizio l’avv. Vittorio Palermo appare, l’uomo di punta del comitato. Nell’aprile del ’41, coinvolto nelle indagini condotte sull’attività del gruppo di Tommaso Fiore in Puglia e già in precedenza ripetutamente diffidato egli era stato prelevato nella sua casa di Latiano dal commissario regionale dell’OVRA. In seguito era stato trasferito e trattenuto alcuni giorni nel carcere di Bari. Qui era venuto in contatto con alcuni dei più importanti tra quelli che sarebbero poi diventati i suoi amici antifascisti, con i quali non avrebbe più interrotto i collegamenti allora allacciati. Tra essi l’avv. Michele Cifarelli, l’avv. Domenico Pastina di Trani, gli avv. Vito Mario Stampacchia e Michele De Pietro di Lecce ed altri, tutti arrestati a seguito del ritrovamento da parte della polizia politica di un elenco del prof. Fiore di tutti gli antifascisti nazionali e regionali che si avvicendavano nella sua casa di via Q. Sella a Bari. Attorno a Palermo, già da questa prima riunione del 9 agosto 1943 ritroviamo altre figure dell’antifascismobrindisino del periodo della clandestinità: tra esse l’ing. Sala, l’avv. Giovanni Stefanelli, Guglielmo Cafiero, che insieme con i vari De Tommaso, Mauro, Prampolini, Ribezzi, Ostuni e Patrono avevano costituito il cuore forte dell’opposizione al regime e il tramite con ambienti antifascisti che operavano al di fuori della provincia ed ai quali alcuni di loro erano legati da rapporti di parentela, di fraterna amicizia o di lavoro e di studio. (Nel 1936 cominciò a dispiegarsi l’opera di vari gruppi antifascisti ai quali parteciparono numerosi giovani, tra i quali Giuseppe Patrono ed attorno ai quali gravitarono l’avv. Vittorio Palermo, l’ing. Sala, il Cafiero ed altri. L’attività di questi gruppi non rimase isolata, ma per il tramite di Patrono e Palermo si stabilirono contatti frequenti con gli ambienti universitari di Napoli, Pisa e Fircnze, centri nei quali — com’è noto — operavano note personalità antifasciste. È appena il caso, infine, di ricordare, oltre ai numerosi militanti comunisti incarcerati o confinati, alcune note figure dell’antifascismo socialista come Felice Assennato, Beniamino Andriani e Arturo Sardelli.) da note di Franco Stasi in La provincia di Brindisi tra fascismo e democrazia – di Nicola Colonna, Franco Stasi Fasano : Grafischena, 1979
  7. De Tommaso Giuseppe di Francesco e di Siracusa Anna Rosa, nato a Brindisi il 19 marzo 1906, res. a Brindisi, celibe, meccanico, comunista. Arrestato il 7 novembre 1931 perché, come capo dell’organizzazione comunista locale, si manteneva in contatto con i fiduciari dei comuni della provincia e con i sovversivi delle provincie vicine. Assegnato al confino per anni cinque dalla CP di Brindisi con ord. del 5 gennaio 1932. Sedi di confino: Ponza, Tremiti. Liberato il 6 novembre 1936 per fine periodo. Periodo trascorso in carcere e al confino: anni cinque. Sin dal 1924 manifestò idee comuniste, fu fiduciario del partito a Brindisi ed esplicò attività antinazionale venendo più volte sottoposto a fermi e perquisizioni che portarono al sequestro di giornali sovversivi. Per sfuggire alla sorveglianza si faceva quindi indirizzare la corrispondenza di natura politica presso il cognato, inviando viceversa la sua sotto lo pseudonimo « Vladimiro ». da Katia Massara: “Il popolo al confino- la persecuzione fascista in Puglia; Archivio centrale dello Stato Ministero per i Beni culturali e Ambientali Ufficio centrale per i beni archivistici 1991;
    8 . La provincia di Brindisi tra fascismo e democrazia – di Nicola Colonna, Franco Stasi Fasano : Grafischena, 1979
    9 .Ibidem.
  8. Ibidem.
  9. Odg del Fronte Nazionale delle Province Salentine Lecce, 16 settembre 1943 a cura di M. De Giorgi, C. Nassisi Antifascismo e lotta di classe nel Salento 1943-1947 .Lecce 1979 pag 262-264
    Donato Peccerillo, I partigiani mancati del Sud, ANPI Brindisi

La storia dei profughi ebrei transitati in Italia nel secondo dopoguerra è un argomento che è stato trascurato dalla storiografia italiana e internazionale e la memoria di quegli avvenimenti è stata perlopiù affidata ai diari e ai memoriali di coloro che li vissero in prima persona. Tra il maggio del 1945 e l’estate del 1948 si registrò in Italia una presenza media annua di profughi ebrei compresa tra i 15.000 e i 18.000, per un totale di circa 50.000 DPs che attraversarono il paese. A partire da questo dato numerico eccezionale, in questo lavoro verranno analizzate le conseguenze politiche, sociali e culturali causate da questo esodo di profughi che trovarono un rifugio temporaneo su tutto il territorio nazionale. Si tratta di una ricerca basata in parte su fonti primarie d’archivio, reperite nell’archivio dell’American Jewish Joint Distribution Committee di Gerusalemme, Central Zionist Archives, Yad Vashem Archives e all’Archivio del Museo del campo di detenzione di Atlit, e in parte su fonti orali, interviste, diari e materiale fotografico inedito. Nella prima parte della ricerca verrà esaminata la reazione internazionale dinanzi alla questione dei profughi, con la creazione di una rete di organizzazioni di soccorso che cooperarono nell’assistenza ai DPs. Verrà ricostruito il percorso che portò alla costituzione nel 1944 della United Nation Relief and Rehabilitation Administration (UNRRA), la prima agenzia delle Nazioni Unite preposta alla tutela e al rimpatrio dei DPs e la sua missione in Italia tra il 1944 e il 1947. Verrà analizzato il ruolo delle numerose organizzazioni volontarie ebraiche, quali l’American Jewish Joint Distribution Committee (AJDC) e l’Organization for Rehabilitation through Training (ORT), che affiancarono l’UNRRA in queste operazioni di soccorso. Dopo anni di discriminazioni, per la prima volta si cercò di garantire ai profughi non solo un sostegno economico e un alloggio, ma anche un processo di riabilitazione morale, intellettuale e professionale. Nell’analizzare il caso dei profughi ebrei scampati alla Shoah, si terrà conto del loro rifiuto a tornare nei paesi che sino allo scoppio della guerra essi stessi avevano considerato “homeland” e del loro desiderio di rifarsi una nuova vita in Eretz Israel, dove di lì a poco sarebbe nato lo Stato di Israele. Dunque, è in questo clima che alle operazioni di soccorso dei profughi si intrecciò la ripresa delle operazioni del Mossad le-aliyah bet, l’organizzazione ebraica che, sfidando la politica del Libro Bianco, cercò di far sbarcare il maggior numero di profughi sulle coste della Palestina, all’epoca ancora sotto il mandato britannico. Sempre in questo contesto, si inserisce la mobilitazione dell’Agenzia Ebraica, che inviò nei campi profughi di tutta Europa i suoi delegati allo scopo di canalizzare l’immigrazione ebraica in Palestina e diffondere l’ideologia sionista tra i profughi. La ricerca si occuperà, quindi, della rinascita ebraica che ebbe luogo all’interno dei campi profughi, tramite l’insegnamento della lingua ebraica, la propaganda sionista e la costruzione di una nuova identità ebraica. La ricerca prosegue poi con l’analisi della vita dei profughi nei campi. Particolare attenzione verrà riservata ai quattro campi di transito del Salento, situati a Santa Maria al Bagno, Santa Maria di Leuca, Tricase Porto e Santa Cesarea Terme, e considerati tra i più ampi e attivi di tutta Italia. In questa sezione verrà descritta l’attività delle organizzazioni di soccorso nei campi e le condizioni di vita dei profughi. Verrà lasciato ampio spazio alla voce dei profughi, alle loro aspirazioni e le loro preoccupazioni così come traspaiono nelle interviste, nelle fotografie e nei loro diari. Questo lavoro si propone di dare risonanza a una vicenda che coinvolse tutta la popolazione italiana e che merita di essere inserita nella storia della rinascita del dopoguerra.
Chiara Renzo, “Aprite le porte”. I profughi ebrei nei campi di transito del Salento (1944-1947), Tesi di dottorato, Università Ca’ Foscari Venezia, 2013