Antonio Cieri, cittadino del mondo

Da sinistra, Antonio Cieri e Guido Picelli

Antonio Cieri. Ardito del Popolo e Martire di Spagna. A Barcellona gli vengono tributati funerali solenni: “Disseminato di una selva di bandiere nere e rossonere, fra una marea di fiori rossi, sfilò sabato 17 corr., per le vie di Barcellona, la salma di un eroe: il compagno Antonio Cieri, cittadino del mondo. Quanti accorsero a rendere omaggio al combattente audace? Non possiamo precisarlo. Possiamo dire soltanto che a vista d’occhio fu impossibile circoscrivere l’immensità del corteo […]. Migliaia e migliaia, silenziosi e commossi, i cittadini barcellonesi han fatto ala al passaggio della salma, portata a spalla da compagni scesi dai fronti” (I funerali di Antonio Cieri, «Guerra di Classe», 1° mag. 1937).

Fonte: www.antifascistispagna.it

Antonio Cieri nasce a Vasto (Ch) il 10 novembre 1898 da Domenico e Maria Giuseppa Canci, architetto, disegnatore presso le Ferrovie dello Stato.

Partecipa alla Prima Guerra mondiale come sergente degli Arditi, decorato al valore. Nel 1920 è in servizio presso la sede ferroviaria di Ancona quando, dal 26 al 30 giugno, scoppia la sollevazione popolare contro l’invio di truppe italiane in Albania. Antonio Cieri “prese parte attiva all’insurrezione di protesta […] e fu tra i primi ad invadere la caserma Villarossa dei bersaglieri”.

Nel luglio 1921 Antonio Cieri partecipa alla costituzione in Ancona di una sezione degli Arditi del popolo; il 13 dicembre viene trasferito a Parma, dove allaccia rapporti con gli anarchici locali e con Guido Picelli, comandante degli Arditi del popolo.

Nell’agosto del 1922 Antonio Cieri partecipa alla difesa della città contro i fascisti di Italo Balbo organizzando la difesa del quartiere Naviglio. Il 25 settembre 1923 viene licenziato dalle ferrovie. Nel 1925 lascia Parma con la moglie e il figlio nato l’anno prima ed espatria in Francia a Parigi. Frequenta gli ambienti anarchici e antifascisti.

Entra in contatto anche con le Legioni garibaldine di Ricciotti Garibaldi. Il movimento garibaldino si rivela una colossale montatura ai danni dell’antifascismo, ma alcuni anarchici (C., Gobbi, Meschi e altri) tardano a riconoscere l’errore e, in risposta alle accuse, stampano il numero unico «Polemiche nostre a proposito della questione garibaldina» (22 ago. 1925).

Per l’agitazione Sacco e Vanzetti fu sempre tra i primi e nella tragica serata del 23 agosto 1927 tenne testa alle forze armate dovunque ebbe a gridare la sua indignazione contro gli assassini della repubblica del dollaro. Inutile dire che la repubblica di Marianna non tardò poi a conoscerlo, arrestarlo ed espellerlo; ma malgrado parecchie detenzioni successive, continuò a vivere clandestinamente per anni nella regione parigina”. («L’Adunata dei refrattari», 29 mag.1937).

Negli anni successivi stringe rapporti molto stretti di collaborazione e di amicizia con Camillo Berneri. Insieme pubblicano il quindicinale «Umanità nova» che esce il 20 ottobre 1932 (sei numeri). L’intento è di dare voce al movimento libertario, senza distinzioni di gruppo e tendenza. La repressione poliziesca li costringe a cambiare ripetutamente il nome della testata: «La Protesta» (tre numeri), «La Vecchia Umanità nova» (un numero).

Nel 1933 Antonio Cieri viene espulso dalla Francia, ma il provvedimento viene rimandato di tre mesi in tre mesi. Nel novembre 1934 viene arrestato per 15 giorni per infrazione al decreto di espulsione. Nel 1935 subisce un mese di carcere per lo stesso motivo. Nel novembre del 1935 partecipa, a Saurtrouville (Parigi), al Convegno d’Intesa degli anarchici italiani emigrati in Europa nel quale “In un vibrante appello invita i compagni all’azione” (Relazione del Convegno).

Il 28 luglio 1936 Antonio Cieri annuncia, nella riunione a Parigi di tutte le componenti antifasciste, la decisione degli anarchici italiani dell’intervento immediato in Spagna. Raggiunge quindi, in settembre, Berneri e gli altri anarchici italiani a Barcellona dove si è costituita la Sezione Italiana della Colonna “Ascaso” CNT-FAIb che raggruppa elementi di gl, repubblicani e, in massima parte, anarchici. Qualche mese prima è morta la moglie e Antonio Cieri, prima di partire, affida i due figli alla famiglia di Berneri rimasta a Parigi. Partecipa alla battaglia di Almudévar comandando un gruppo di bomberos, sorta di arditi, distinguendosi per atti di valore che gli vengono riconosciuti da più parti.

Nel gennaio 1937 rientra a Parigi per pochi giorni, poi torna in Spagna e dal febbraio prende il posto di Bifolchi al comando della Colonna Italiana. In particolare Cieri fu a capo della squadra dei “bomberos”, da lui appositamente addestrata per l’assalto.

Il 7 aprile 1937 cadde in combattimento durante l’assalto per la presa di Huesca; la conquista della città non riuscì e lo ricorda anche George Orwell; esiste una poesia di John Conford, scritta in quella situazione. I figli di Antonio Cieri, Ubaldo e Renee, furono allevati da Giovanna Caleffi moglie di Camillo Berneri.

A Barcellona gli vengono tributati funerali solenni: “Disseminato di una selva di bandiere nere e rossonere, fra una marea di fiori rossi, sfilò sabato 17 corr., per le vie di Barcellona, la salma di un eroe: il compagno Antonio Cieri, cittadino del mondo. Quanti accorsero a rendere omaggio al combattente audace? Non possiamo precisarlo. Possiamo dire soltanto che a vista d’occhio fu impossibile circoscrivere l’immensità del corteo […]. Migliaia e migliaia, silenziosi e commossi, i cittadini barcellonesi han fatto ala al passaggio della salma, portata a spalla da compagni scesi dai fronti” (I funerali di Antonio Cieri, «Guerra di Classe», 1° mag. 1937).

Padri e Madri della Libertà

La storiografia non si è occupata in modo approfondito del processo di formazione degli Arditi del Popolo principalmente perché è stata una realtà scomoda sia al potere costituito che ai vari partiti politici. Solo negli ultimi anni è risorto un interesse particolare per queste formazioni da parte di storici, saggisti ed appassionati; questi ultimi spesso con risultati migliori di numerosi accademici.
Sono pochi gli storici che si sono occupati degli Arditi del Popolo e per quanto riguarda la loro genesi si possono individuare due linee interpretative rispetto al ruolo svolto dal ribellismo postbellico ed alle “ambiguità” del nucleo fondatore degli Arditi del Popolo a Roma. La prima, rappresentata da autori come Spriano, Cordova, Rossi, sostiene che il movimento sia sorto in stretto legame con l’arditismo di trincea e lo spirito dannunziano, interpretati come fenomeni non reazionari. «Gli Arditi del popolo sarebbero dunque un’espressione di quel sovversivismo piccolo borghese, che nel corso del biennio rosso [segue] una traiettoria inversa a quella fascista» <4.
Nonostante questa impostazione comune, Spriano rileva lo spontaneismo caratterizzante gli Arditi del Popolo, mentre Cordova non condivide tale visione ed afferma che nascono in stretto legame col combattentismo ed i legionari fiumani.
La seconda interpretazione rappresentata da Rochat scollega gli Arditi del Popolo dal sovversivismo degli ex combattenti, considerati questi ultimi come protofascisti e reazionari. Le vicende degli arditi – scrive Rochat – «sono state esaltate senza limiti, ma non mai studiate in termini scientifici, tanto che ancor oggi le nostre fonti sugli arditi sono dominate dalle leggende e dalla propaganda degli anni di guerra e di regime fascista» <5. Nel suo studio ha cercato così di affrontare lo studio delle imprese belliche e del forte ruolo politico degli arditi nella prima guerra mondiale, mentre si sofferma più rapidamente sulle vicende degli arditi nel dopoguerra e sul combattentismo dell’epoca
fascista mettendo comunque in luce la vitalità e l’ambiguità del loro mito.
Sabbatucci nota invece un legame tra combattentismo e l’associazione di Argo Secondari, ma non si spinge oltre, costituendo così un termine di mezzo tra le due correnti.
Fuschini, a mio parere, merita di essere valorizzato, anche se il suo lavoro non è così dettagliato come quello di altri storici, perché mostra come l’arditismo popolare possa essere considerato, in una trattazione di più ampio respiro, come una prima Resistenza; torna così a rivivere nel periodo 1943-45 «il movimento degli Arditi del popolo e si [realizza] quell’unità nazionale antifascista e quella risposta alla violenza che, nel 1921, non erano riuscite a concretizzarsi. Il movimento non si chiamerà arditismo popolare, ma Resistenza» <6.
Balsamini, ultimo autore in senso cronologico che si occupa di tale fenomeno, ne dà una trattazione più politica: sviscera il rapporto tra la formazione degli Arditi del Popolo nel loro complesso rapporto con i comunisti, gli anarchici, i socialisti e i repubblicani, dando maggior spazio al nesso anarchismo-primo antifascismo e al tema della violenza. Uno dei suoi meriti è quello di mettere in luce i punti in comune tra il movimento anarchico e quello dell’arditismo popolare.
Francescangeli con il suo dettagliato studio sui documenti, provincia per provincia, individua lo stretto legame dell’arditismo popolare col combattentismo. Nonostante questo legame l’organizzazione antifascista è percepita dalla società italiana dell’epoca come un elemento estraneo al movimento proletario a causa della forte componente militarista, soprattutto per quanto riguarda la sua struttura.
Perché gli storici ed in particolare i partiti politici non si sono interessati a questo aspetto storicopolitico del dopoguerra e hanno invece dato attenzione ad altri fenomeni ritenuti più importanti nella storia del novecento, come ad esempio la nascita del PCd’I o quella del fascismo?
Per quanto riguarda gli storici credo di poter affermare che la principale motivazione sia da ricercare nella “pericolosità” del giudizio politico insito in questo tipo di trattazione. È sicuramente meno irta di ostacoli la trattazione della genesi del PCd’I o la nascita del movimento fascista dato che si tratta di due argomenti schierati in barricate opposte: fascismo e bolscevismo. Ma per quanto riguarda la nascita di un movimento come quello degli Arditi del Popolo, la questione è molto più complessa: i legami con i fascisti della prima ora sono reali e ancora forti all’inizio dell’estate del 1921, i legionari dannunziani sempre molto attenti alle vicende politiche e sociali caratteristiche del
periodo contribuiscono fortemente alla presa di coscienza antifascista, i partiti politici dell’epoca non supportano adeguatamente il sorgere di un movimento armato costituito per arginare i soprusi del nascente fascismo e questo determina una difficoltà prima politica e poi storica per gli studiosi che se ne sono occupati. A mio avviso sarebbe più corretto esprimere la propria fede politica o i propri orientamenti e tendenze nella premessa; anche se dalla scelta del tema, dalle opere consultate, dai termini utilizzati e dagli avvenimenti analizzati il lettore comprende la tendenza politica dell’autore.
Riguardo i partiti politici la questione è più complessa. I partiti che all’epoca sono più attivi nello scontro sociale e politico sono quello socialista, il neonato comunista e quello repubblicano. Dato che ormai è appurata la forte indifferenza dei vertici dei partiti nella lotta sociale contro lo squadrismo portata avanti dall’arditismo popolare, è stato molto difficile e compromettente dichiarare da parte di questi le proprie colpe ed i propri errori; in particolare dai dirigenti del PCd’I i quali non hanno compreso appieno la grave situazione italiana del dopoguerra, avendo così un atteggiamento settario che è andato a discapito della formazione di un fronte unico che contrastasse lo squadrismo. In questo caso un chiarimento è d’obbligo: è necessario considerare i vertici e la base dei partiti politici come due cose distinte. I vertici sono spesso costituiti da politici di professione che hanno il compito di individuare le direttive da impartire alla base che però, essendo costituita soprattutto da operai e contadini, frequentemente o non comprende le analisi dei vertici o semplicemente le ignora perché non le condivide, militando ad esempio nelle formazioni di Arditi del Popolo, invece che formarne altre direttamente dipendenti dal partito a cui sono iscritti.
La storiografia del PCd’I da Togliatti in poi ha sì ammesso i propri errori – la miopia politica di Bordiga e il dissenso non apertamente manifestato da Gramsci -, ma non è riuscita ad eliminare il carattere celebrativo degli scritti di stampo comunista <7.
[NOTE]
4 Francescangeli Eros, Arditi del popolo. Argo Secondari e la prima organizzazione antifascista (1917-1922),
ODRADEK, Roma 2000, p. 157.
5 Rochat Giorgio, Gli Arditi…, p. 11.
6 Ivan Fuschini, Gli arditi…, pp. 21, 26.
7 Scrive Togliatti in Il partito comunista italiano, Editori Riuniti, Roma 1976, p. 38: «nel grande sconvolgimento di quegli anni, in cui crollarono tutte le strutture tradizionali del movimento dei lavoratori italiani, esso [il PCd’I] si presentò, già allora, nonostante le sue manchevolezze e i suoi errori, come il punto di partenza del necessario rinnovamento».
Ivan Panebianco, Gli Arditi. Dalla guerra di trincea alla guerra fratricida (1917-1921), Tesi di Laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2007/2008

Fonte: www.antifascistispagna.it

Il 18.7.1936 in Spagna si ebbe il colpo di stato del generale Franco. Tre giorni dopo Carlo Rosselli – il principale esponente del Movimento Giustizia e libertà in esilio – promosse a Parigi una riunione, alla quale invitò gli esponenti del PSI, PCI e PRI, per promuovere un’iniziativa militare in difesa della Spagna repubblicana. Il PRI non intervenne e PSI e PCI dissero che si sarebbero attenuti a quanto avrebbero deciso i partiti omologhi francesi. Nell’agosto un centinaio d’italiani – tra i quali il bolognese Lorenzo Giusti – si trasferirono in Spagna e furono aggregati alla Colonna Ascaso. Di quella che sarebbe stata chiamata la Colonna Rosselli o la Colonna italiana, facevano parte giellisti, socialisti e anarchici.
Il comandante era Rosselli, coadiuvato da Mario Angeloni, suo vice, e Antonio Cieri.
Nella Colonna, pur non avendo responsabilità, militò Camillo Berneri, uno dei principali esponenti del movimento anarchico italiano. La colonna aveva due btg: uno di mitraglieri e uno di fanteria. Gli italiani ebbero il battesimo del fuoco a Monte Pelato, in Aragona, il 28.8.1936.
Nel corso dello scontro cadde Angeloni e Rosselli rimase ferito. La Colonna restò in linea sino all’aprile 1937, quando fu sciolta e i militanti aggregati alla brg Garibaldi sul fronte di Madrid. La Colonna ebbe sino ad un massimo di 350 uomini, 53 dei quali caddero in combattimento.
Nazario Sauro Onofri, Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel Bolognese (1919-1945), Colonna Rosselli, La. Vol. I. Bologna dallʼantifascismo alla Resistenza, Comune di Bologna, 2005

La notizia delle disposizioni emanate dal governo per una militarizzazione delle milizie dispiacque agli italiani della «Colonna» i quali, il 30 ottobre, redassero il seguente manifesto dal loro ridotto di Monte Pelato: «I componenti la sezione italiana della Colonna Ascaso sono volontari venuti da differenti nazioni per portare un loro contributo alla causa della libertà spagnola ed universale. A conoscenza del decreto promulgato dalla Generalità relativo alla trasformazione delle milizie, confermano la loro devozione alla causa che li mantiene al fronte antifascista di combattimento, ma tengono a dichiarare quanto segue: 1° Il decreto in questione non può che riferirsi a coloro che si trovano nell’obbligo di una mobilitazione generale, proveniente dalle autorità che hanno stabilito, misura sulla quale ci asteniamo da qualsiasi considerazione di principio. 2° Questo conferma il nostro convincimento che il decreto in questione non ha applicazione per noi. Ad ogni modo vogliamo affermare molto chiaramente che, nel caso le autorità ci considerino suscettibili di subirne l’applicazione, non ci rimarrebbe altra possibilità che considerarci sciolti da ogni impegno morale e riprendere la nostra libertà di azione. Il patto costitutivo della Colonna Italiana dovrebbe considerarsi nullo.» <63
Le divergenze tra il Rosselli, già rientrato, ed alcuni membri della «colonna» crebbero in quei giorni, non essendo estranea a questa tensione la infelice arringa pronunciata da Joaquìn Ascaso <64 in «Monte Pelato» il quale aveva attaccato duramente i comunisti.
Motivo fondamentale di questo malessere era l’isolamento di una minoranza comunista molto attiva in mezzo ad una maggioranza anarchica, nonché il contegno ed i sistemi degli anarchici, considerati contrari ad ogni disciplina militare ed insistentemente criticati, senza voler tener conto delle indubbie virtù personali e della loro condotta nelle azioni fino allora effettuate. D’altra parte Camillo Berneri – di gran lunga più teorico che militare – s’era ritirato in Barcellona e, quasi contemporaneamente, Rosselli doveva ricorrere all’assistenza dell’autoambulanza svizzera, afflitto da una profonda ulcera varicosa in una gamba.
La Colonna restò a carico di un abruzzese, Antonio Cieri da Vasto – ex tenente nella grande guerra – sotto il cui comando prese parte nel novembre ad un attacco al fronte sud, su Almudévar ed Alcalà de Guerra, <65 subendo in esso molte perdite, tra le quali quella di Corrado Silvestrini – ex falegname esule in Belgio, dove aveva dato vita ad una «Lega Antifascista del Belgio e del Lussemburgo»; e quella di Andrea Calderani, <66 studente italo-svizzero, dell’anarchico Natale Cozzucoli <67 e del veterano socialista torinese Filippo Pagani. <68
Ai primi di dicembre la Colonna entrò in crisi. Molti dei volontari erano abbagliati dalle notizie ch’essi leggevano sugli avvenimenti delle Brigate Internazionali ed in particolare del loro «Battaglione Garibaldi», che aveva avuto il battesimo del fuoco in Madrid. Alcuni di loro avrebbero voluto andarsene lì; e subivano inoltre pressioni a farlo.
Alcuni, approfittando del passaggio da Barcellona dell’avvocato comunista Guido Picelli, si recarono a lui per con lui marciare ad incorporarsi nelle Brigate. Tra di essi era il professor Jacchia.
Il fatto che il battaglione «Garibaldi» fosse comandato da Pacciardi <69 – del Partito Repubblicano Italiano – pareva fugare qualsiasi sospetto che potesse trattarsi di una unità controllata dai comunisti.
[…] Finalmente si giunse all’accordo di costituire un nuovo battaglione, che fu chiamato «Gruppo Matteotti» e che continuò a combattere sul fronte di Huesca.
Dopo la battaglia di Guadalajara del marzo 1937, nelle Brigate Internazionali si procedette ad una riorganizzazione che prevedeva la trasformazione del battaglione «Garibaldi» in Brigata costituita da tre o quattro Battaglioni. Per indurre gli italiani che combattevano sul fronte dell’Aragona ad entrare in questa nuova Brigata, Garosci («Magrini») si recò a Barcellona offrendo a Battistelli il comando di uno di quei nuovi battaglioni; ma la missione per il momento non ebbe risultato. Nel frattempo il battaglione «Matteotti» fu impiegato in una operazione al «Carrascal» il giorno 6 aprile, operazione nella quale trovarono la morte l’abruzzese Antonio Cieri e Vittorio Ortone. <73
[NOTE]
63 Cfr. l’«Ordine del giorno della Sezione Italiana della Colonna Ascaso», datato 30 ottobre 1936, in C. Berneri, Epistolario inedito, vol. II, cit., pp. 275-276: «I componenti la sezione italiana della colonna Ascaso, provenienti quali volontari dalle diverse nazioni per apportare il loro contributo alla causa della libertà spagnola e quindi della libertà universale, presa visione del decreto promulgato dal Consiglio della Generalità relativo alla trasformazione della costituzione delle milizie, mentre riconfermano la loro dedizione alla causa che li mosse, tengono a dichiarare: 1) Il suddetto decreto non può riferirsi che a coloro che sono soggetti agli obblighi di mobilitazione emanati dalle autorità promulgatrici del decreto, su l’opportunità del quale ci asteniamo da ogni apprezzamento di principio. 2) Riconfermiamo la nostra convinzione che il decreto in questione non può riguardarci. Noi pertanto teniamo ad affermare con assoluta e doverosa chiarezza che, nel caso si ritenesse da parte delle autorità che anch’essi siano suscettibili di essere compresi nelle disposizioni odierne, si riterrebbero sciolti da ogni impegno morale, rivendicando piena libertà d’azione poiché verrebbe ad essere menomato il patto costitutivo della sezione stessa.» Segnaliamo che il testo di questo «manifesto» – firmato «Per il comitato: Vindice [Rabitti], [Giuseppe] Mioli, [Arturo] Buleghin, [Giuseppe] Petacchi, [Romeo] Pontorni» – venne originariamente pubblicato a Barcellona sulle pagine del giornale Guerra di Classe del 2 dicembre 1936, e successivamente ripreso a New York da L’Adunata dei Refrattari del 9 gennaio 1937 [N.d.r.].
64 Joaquìn Ascaso Budría (1906-1977) [N.d.r.].
65 Si tratta del villaggio aragonese di Alcalá de Gurrea [N.d.r.].
66 Non siamo riusciti a trovare alcun dato su questo combattente [N.d.r.].
67 Si tratta dell’anarchico Natale Cuzzucoli (1908-1936) [N.d.r.].
68 In realtà Pagani era originario di Mantova [N.d.r.].
69 Si tratta del repubblicano Randolfo Pacciardi (1899-1991) [N.d.r.].
73 Si tratta dell’anarchico Vittorio Ortore (1904-1937) [N.d.r.].
Giuseppe Bifolchi, La Colonna Italiana sul fronte di Huesca, Rivista Abruzzese di Studi Storici dal Fascismo alla Resistenza, Organo dell’Istituto abruzzese per la storia d’Italia dal fascismo alla Resistenza, a. I, n. 3, L’Aquila, novembre 1980, pp. 141-151

Un’altra “pallottola vagante” colpì Antonio Cieri, anarchico abruzzese, parmense di adozione, anch’egli protagonista delle barricate del 1922 nel quartiere del Naviglio. Rifugiatosi in Francia, con l’esplosione della guerra civile raggiunse la Spagna e si unì alla Sezione italiana della Colonna Ascaso, ne prese il comando, succedendo al conterraneo, l’abruzzese di Balsorano, Giuseppe Bifolchi, fino al 7 aprile 1937, quando a Huesca, «uscito in perlustrazione», venne raggiunto da un proiettile “vagante”. Anche in questo caso si levarono voci e testimonianze «tendenti ad attribuire la sua morte a una spietata esecuzione stalinista, nella scia del “regolamento di conti”», che le truppe di Stalin stavano attuando con chiunque non intendesse sottostare alle loro direttive. <328 I suoi funerali, molto partecipati, furono commentati da un toccante articolo di “Guerra di classe”, il foglio anarchico pubblicato da Camillo Berneri, che pochi giorni dopo verrà brutalmente ucciso a Barcellona. <329
[NOTE]
328 M. Ortalli, Dall’Oltretorrente a Huesca, in “A, Rivista anarchica”, n. 322, dicembre 2006-gennaio 2007. Antonio Cieri, commenta Ortalli, come tanti altri, «fu ucciso due volte. La prima a tradimento, sui campi di battaglia spagnoli, la seconda altrettanto a tradimento, nelle pagine di una storiografia di regime, che ne ha cancellato sapientemente e sistematicamente la memoria.» (Ibidem). Cfr. inoltre, G. Furlotti, op. cit., p. 154-158.
329 I funerali del compagno Antonio Cieri, “Guerra di classe”, 1 maggio 1937.
Mirella Mingardo, Il Partito Comunista Italiano e la guerra civile spagnola tra processi staliniani e disagio popolare. La stampa clandestina (1936-1939), Giornalismo e Storia

Fonte: Il Fatto Quotidiano

Antonio Cieri, ferroviere di Vasto, fu allontanato da Ancona perché “testa calda”, spedito a Parma “tra zanzare, afa e piccioni che cagano dove non potrai far danni”. Salvo incontrare quel Guido Picelli che condurrà lui e i ribelli della Parma Vecchia (presente “Oltretorrente” di Cacucci?) sulle Barricate del 1922, respingendo i fascisti. Anarchico questo Cieri, grande uomo, poi esule in Francia, ma la Guerra Civile di Spagna chiama e lui risponde. Lì morirà ucciso, colpevole di libertà, anche dai partiti.
Zerocalcare parte da Roma, zona Rebibbia, armato di china e matita. Si intitola “Kobane Calling”, reportage memorabile dal confine turco-siriano, storia di oggi, ribelli kurdi contro Isis e indifferenza occidentale. Che ci fa un fumettaro romano laggiù? Ci disegna che Kobane è il centro di tutto, punto. Ma che c’entra con Parma, Cieri e le Barricate? Che quel reportage termina proprio così, con l’orgoglio dell’Oltretorrente di quella Parma di quell’agosto di quel ’22.
Zerocalcare chiama Kobane, che chiama Oltretorrente, che chiama Antonio Cieri, che risponde Savino Paparella.
Savino viene dal sud, non so di preciso. E’ uno di quei meridionali la cui gavetta sarebbe capace includere l’aver venduto asparagi in un mercato rionale di Milano. Ma oggi è attore teatrale di talento e racconta (sull’impeccabile testo di Matteo Bacchini) Antonio Cieri “Al Forestér – Vita accidentale di un anarchico”, senza recitarlo in quanto gli riesce d’esserlo e ne suda la vita in sessanta minuti, macina chilometri e anni di vita in pochi metri di scena, ribalta tavolo e sedia come mondi capovolti. Savino vive Antonio provocando un dubbio profondo: basterà essere spettatori di questo spettacolo?
Tre uomini venuti da fuori Parma mi ritrovano un pezzo di memoria, storia che il presente chiama in causa (non invecchia e non galleggia sulla quella propaganda politica che alle Barricate preferisce il monumento).
Quelli erano anni in cui ci si ribellava per carattere e la politica era ancora distante. Come noi oggi da Kobane.
Fogliazza Disegnatore, Zerocalcare, Antonio Cieri e Savino Paparella: cent’anni di gioventù, Il Fatto Quotidiano, 1 agosto 2015

Fonte: www.antifascistispagna.it

Una cerimonia in memoria di Antonio Cieri – Fonte: Wikipedia

Caduti di guerre:
Antonio Cieri
Antifascista e dirigente anarchico
(Vasto, 10 nov. 1898 – Carrascal di Huesca Spagna, 7 aprile 1937)
Una lapide apposta a Piazza Rossetti
Omaggio all’anarchico vastese Antonio Cieri
Una lapide apposta a Piazza Rossetti per ricordare l’anarchico vastese Antonio Cieri e un convegno a Palazzo DAvalos per la presentazione del volume di Giorgia Sisti, a cura di Piermichele Pollutri, presenti esponenti dell’Anpi.
“Lo stranier – vita anarchica di Antonio Cieri” – 2012 pag. 139 – questo il titolo del libro che ripercorre l’avventurosa vita di Antonio Cieri, combattente e decorato nella grande guerra, disegnatore delle ferrovie ad Ancona; attivo nei moti popolari, punito e trasferito a Parma dove aderì al gruppo anarchico partecipando alle barricate del 1922 quale comandante del settore Borgo Naviglio. Trasferito in Spagna qui morì combattendo per la libertà.
stralcio da articolo apparso su “il Giornale del Vastese”, per. d’info. – n. 1 – dic. 2012/genn.2013
La Città di Parma ricorda il vastese Antonio Cieri
Domenica 22 Ottobre 2006 a Parma, nella strada a lui dedicata, è stata posata una lapide in ricordo del vastese Antonio Cieri.
La cerimonia organizzata dalla Federazione Anarchica Italiana (FAI) si è tenuta nello storico e popolare Borgo Del Naviglio.
Proprio in questo borgo Cieri, assieme al comandante comunista Guido Picelli, si distinse, all’interno dell’organizzazione “Arditi del Popolo”, nell’opposizione alle squadre fasciste guidate da Italo Balbo intenti ad occupare la cittadina parmigiana (dove entrarono solo a marcia su Roma avvenuta contrastate dalle note Barricate d’Agosto).
Cieri è stato ricordato da una colorata e numerosa presenza di gruppi, associazioni ed anche rappresentanti istituzionali antifascisti che nella prima mattinata hanno portato fiori. Erano presenti studiosi e ricercatori storici di fama nazionale da tempo impegnati nel ricostruire la sua storia che lo hanno visto attivo nel riscatto sociale in Italia, Francia e Spagna.
stralcio da art., a firma Piermichele Pollutri, apparso su “Vasto domani”, giornale degli abruzzesi nel mondo – n.10 nov.’ 06
Antonio Cieri
Nasce a Vasto il 10 Novembre 1898.
Medaglia di bronzo al V.M. durante la Prima Guerra Mondiale (motivazione della concessione della medaglia a Cieri Antonio di Domenico, del Vasto, Caporale del Genio:
“Quale capo stazione di telegrafia ottica scoperta, in una zona intensamente battuta dall’artiglieria nemica, sprezzante del pericolo, compreso dell’importante servizio affidatolgli, compiva, con serenità, entusiasmo e zelo ben raro, il proprio dovere, mantenendo ininterrotte le comunicazioni con le stazioni ottiche” – Monte Pallone, 15-18 giugno 1918.
Nel 1920 è in servizio presso la sede ferroviaria di Ancona quando, dal 26 al 30 giugno, scoppiando la sollevazione popolare contro l’invio delle truppe in Albania, vi partecipa attivamente. Nel luglio dello stesso anno costituisce, sempre nel capoluogo marchigiano, una sezione degli Arditi del Popolo.
Viene trasferito a Parma il 13 dicembre del 1921. In questa città è protagonista delle cinque giornate dell’agosto del 1922 come comandante degli Arditi del Popolo. E’ il capo militare della difesa vittoriosa dei quartieri popolari dall’attacco delle squadre fasciste.
Il 25 settembre 1923 viene licenziato dalle ferrovie.
Nel 1925 giunge a Parigi dove prosegue nella sua attività tra le fila anarchiche, fondando e dirigendo con Camillo Berneri il periodico “Umanità Nova”.
Nel 1936 si trasferisce in Spagna per partecipare alla guerra civile spagnola nelle file delle Brigate internazionali. Prende parte alla costituzione della colonna italiana Ascaso che comanda dal dicembre 1936 fino al 7 aprile 1937, quando cade in combattimento nella battaglia del Carrascal di Huesca.
stralcio da art., a firma L. Murolo, apparso su”Vasto domani”, giornale degli abruzzesi nel mondo – n. 9 – ott.’06
[…]
Biografia di personaggi: Antonio Cieri
È la figura più alta e rappresentativa dell’antifascismo vastese, sebbene abbia operato quasi sempre fuori dalla città natale.
Tra gli abruzzesi che parteciparono alla guerra di Spagna dalla parte repubblicana, egli raggiunse i più alti gradi.
La sua formazione politica era maturata durante la Grande guerra, nella quale combattè da ufficiale degli Arditi e fu pluridecorato, e poi con il lavoro di disegnatore (nelle carte di polizia viene talvolta qualificato come architetto) presso le Ferrovie dello Stato, ad Ancona prima ed in seguito soprattutto a Parma, dove si traferì nel 1921. A Parma, quale comandante degli «Arditi del Popolo» del quartiere Borgo del Naviglio, a fianco di Guido Pacelli, nell’agosto del 1922 diresse la memorabile battaglia che ricacciò oltre torrente le squadracce di Italo Balbo. E’ una delle pagine più gloriose — in ambito nazionale — della lotta popolare contro l’incalzante fascismo.
Esule per molti anni a Parigi, fu parte attiva del movimento libertario. Risulta infatti tra i principali animatori di giornali politici come «La Protesta», «La Lotta Anarchica» e «Umanità Nuova». Tirò avanti improvvisandosi anche imprenditore edile.
Dalla “comoda” vita della capitale francese lo distolse la guerra di Spagna (1936-39), dove divenne un coraggioso condottiero dei battaglioni internazionali che combattevano in difesa della Repubblica, aggredita dall’insurrezione franchista con l’aiuto dei nazisti e dei fascisti. Morì eroicamente col grado di capitano nell’aprile 1937, durante l’offensiva di Aragona, di fronte alla città di Huesca.
Della sua caduta parlarono radio e giornali di tutto il mondo.
stralcio dal libro di Costantino Felice “Vasto – Un profilo storico (economia, società, politica, cultura )” 2001 – La Ginestra Editrice – L’Aquila
Redazione, Antonio Cieri, Vasto e dintorni del mondo