Attraverso amici avevo aderito ai gruppi Giustizia e Libertà

Villa Cappa-Legora a Stresa, vista dal Collegio Rosmini
Casa Buridan a Stresa nel giardino di Villa Cappa-Legora

Era l’anno di grazia – o di disgrazia – 1943. Avevo ventidue anni. Tutto un periodo di Storia mi si era rovesciato addosso come un incubo. Ecco: 25 Luglio, caduta del fascismo, capitolo storico, indimenticabile. Ero un antifascista, collegato con i gruppi clandestini di Giustizia e Libertà, emanazione del Partito d’Azione. Bella etichetta! In realtà ero, ancora e soltanto, un ragazzo. Uno dei tanti giovani sconvolti dalla guerra.
Vivevo con i miei nella grande Villa di Stresa, sul Lago Maggiore. Vita apparentemente tranquilla ma per me – giovane di famiglia borghese e antifascista – anni che avrebbero marcato per sempre al mia esistenza.
Poi, 8 Settembre 1943. Disfacimento totale di un Paese, di tutto.
Nella ricca villa con parco di mio nonno, i miei genitori avevano una graziosa casa separata dal pretenzioso villone costruito agli inizi del secolo, perdurante l’orrendo gusto di un falso medioevo, con finestre a bifora, torretta e merli.
La casetta, invece, era come immersa nel verde, quasi protetta da due grandi querce centenarie: costruzione bassa, decorazioni discrete, un poco severe e mitteleuropee.
Tempo difficile: mio padre, allora, era senza soldi e in famiglia si faceva quasi la fame. Si viveva, in pratica, sui cibi schifosi del “tesseramento”, con pochi extra di borsanera. Ma non era questo a tormentarmi, quanto l’apatia di quella strana “vita a parte”, come isolati dal mondo, vita arcaica di famiglia, con raffinate letture e l’ascolto serale di radio Londra con notizie sempre più catastrofiche.
Ecco, allora, senza nessun substrato ideologico, avevo sentito di dover fare qualcosa perché non era possibile, per un ventenne come me, restare lì, apatico, nello splendido isolamento di una villa, a contemplare passivamente il disfacimento dell’Europa, del mondo. Così, attraverso amici, avevo aderito ai gruppi Giustizia e Libertà.
Aderito? Non c’era tesseramento né altro. Uno diceva: sono antifascista, non ne posso più, se volete che faccia qualcosa, eccomi qui. Così “cospiravo” – ma sì, devo proprio usarlo questo verbo carbonaresco e risorgimentale – cospiravo frequentando persone “pericolose”, ex confinati, gente schedata dalla polizia politica. E leggevo avidamente pubblicazioni clandestine come i famosi “Quaderni di Giustizia e Libertà” con gli scritti autobiografici di Carlo Rosselli e di tanti altri.
In vari incontri a Milano, avevo conosciuto alcuni di questi capi antifascisti come Bonfantini, Lombardi, Cianca e quello che sarebbe – di lì a poco – diventato il capo incontrastato di tutta la Resistenza: Ferruccio Parri. Uomo straordinario che non dimenticherò mai. Parri mi aveva detto: “Bisogna organizzare un centro di smistamento di tutta la Stampa clandestina sul Lago Maggiore. Vuoi occupartene tu?”. Me ne ero occupato con l’entusiasmo di un ventenne. In poco più di un mese, avevo “reclutato” alcuni elementi di sicura fede: una infermiera, un avvocato, due altri giovani come me.
Giorgio Buridan, Scritto inedito, www.rosmini.it

Fonte: Rete Parri

La testata Valtoce è organo ufficiale della Divisione autonoma, di orientamento cattolico, Valtoce, che partecipa alla liberazione di Domodossola insieme alla Divisione Valdossola.
Redattore è Giorgio Buridan (Giorgio), su incarico del comandante Alfredo Di Dio, ex ufficiale del Regio Esercito.
Buridan è già stato in precedenza incaricato da Ferruccio Parri di creare un servizio di distribuzione della stampa clandestina tra la zona del Lago Maggiore e del Cusio Ossola e Milano, attraverso un’estesa rete, comprendente i camionisti che fanno la spola sulla tratta. Successivamente, in qualità di Commissario politico del Partito d’Azione, viene assegnato alla formazione di Alfredo Di Dio, che dal 1° luglio assume il nome Valtoce. In seguito si occupa del SIP (Servizio Informazioni Patrioti).
Francesca Rolandi, Valtoce, Rete Parri

Giorgio Buridan era nato nel 1921 a Stresa. Qui nell’estate del 1943 si trovava sfollato da Torino quando all’età di ventidue anni iniziò a rapportarsi con i gruppi di Giustizia e Libertà del Partito d’Azione. Entrato nella Resistenza fin da dopo quel 25 luglio 1943, ricevette da Ferruccio Parri incarichi quali “contatti con antifascisti della zona; distribuzione di stampa clandestina; staffette con il Comando Regionale Lombardo per smistare gli ordini, portare i messaggi della radio clandestina Salem, tra il Mottarone-Stresa e Milano”, per poi divenire commissario Politico per il Partito d’Azione in Val d’Ossola.

« […] Ci si spostava da un paese all’altro della Val d’Ossola e, quando era possibile, si facevano piccole azioni di commando per prendere ai nemici le armi che non avevamo. […] Eravamo dei vagabondi armati, una specie di santa canaglia…», questi gli inizi della guerra armata, come scrisse in In cielo c’è sempre una stella per me. Diario di guerra partigiana.

Fonte: Rete Parri
Fonte: Rete Parri

Il racconto racchiuso nel diario prende avvio nell’estate del ’44 e tra le figure che maggiormente spiccano vi è quella del fondatore della Divisione Valtoce Alfredo Di Dio, cui il libro è dedicato, già Tenente carrista dell’Esercito, giovanissimo comandante di particolare prestigio personale e morale, che riuscì a tenere unite le tre anime della Divisione: quella monarchica, quella cattolica e quella liberal-socialista di ispirazione mazziniana, sotto il motto “La vita per l’Italia”.
Dal comandante “Marco” (Di Dio) Giorgio Buridan, riceve la nomina di Commissario politico (o di guerra) di Brigata, il comando di un gruppo di guastatori, durante la Repubblica ossolana, l’incarico di scrivere il volantino-giornale “Valtoce” e l’assegnazione al SIP (Servizio Informazioni Patrioti).
Alla lucida e puntuale cronaca di guerra per la liberazione e la difesa dell’Ossola, al racconto dell’espatrio in Svizzera e del ritorno in Italia, segue quello degli ultimi combattimenti e della liberazione di Milano. Momenti personali ed emozionanti sono narrati in pagine intense che già rivelano lo scrittore che Giorgio Buridan sarà: «È una scena indimenticabile: la popolazione è tutta nelle vie e ci accoglie con lancio di fiori. La nostra allegria è enorme. […] Una bionda fanciulla mi abbraccia e mi fa dono di un mazzo di fiori che non so proprio dove mettere. La ringrazio ma le faccio presente che da circa dodici ore non mangio e che gradirei un omaggio un po’ più commestibile. Ritorna di lì a poco con quattro bastoni di pane e del formaggio. Questa volta sono io che l’abbraccio, poi ci mettiamo a divorare con enorme appetito». Sono parole tratte dal racconto di quanto avvenne il 10 settembre 1944, all’arrivo delle formazioni partigiane a Domodossola liberata, dove si insediò La Giunta Provvisoria di Governo dell’Ossola, più conosciuta come Repubblica dell’Ossola, primo esperimento di quello che sarà la Repubblica democratica italiana.

Fonte: Rete Parri
Fonte: Rete Parri
Fonte: Rete Parri
Fonte: Rete Parri

Il libro, oltre a essere una testimonianza diretta, scritta in prossimità degli avvenimenti raccontati, si presenta anche come uno strumento di ricerca storica per le molte e approfondite note, per le numerose immagini, per l’inquadramento storico in un’ampia premessa, per gli indici analitici e la vasta bibliografia.

Giorgio Buridan termina la partecipazione alla guerra di liberazione con la qualifica di “Commissario del Raggruppamento Divisioni Partigiane ‘Cisalpine'”. Egli fu poi scrittore, autore di teatro, di radiodrammi, di narrativa; lavorò ai Culturali della Rai e della RTSI. Ha vissuto i suoi ultimi dieci anni di vita a Caraglio, fino alla morte avvenuta nel 2001
Laura Hess

Fonte: Rete Parri
Fonte: Rete Parri

La testata Valtoce viene inizialmente stampata nella tipografia Stefanini di Domodossola e subisce una breve interruzione delle pubblicazioni tra il n. 2 e il n. 3, quando il proprietario della tipografia è accusato di collaborazionismo da membri di altre formazioni. Tale episodio viene presentato dalla testata come un pretesto, motivato dal fatto che la stessa avrebbe dato fastidio a molti, anche nel Comitato di liberazione. Dal n. 3 in poi il foglio è stampato nella tipografia Porta.
La linea politica tende a sottolineare l’autonomia della Divisione, i cui vertici sono militari convinti che le diatribe politiche debbano avvenire a liberazione conclusa e respingono ogni intromissione politica; nel n.5 del 30 settembre si rivendica il fatto che il rifiuto di assumere un colore politico non deve essere inteso come “qualche recondito imboscamento” ma come segno della volontà di “mitigare certi estremismi che riteniamo dannosi per tutti” e portare verso l’unità. Frequenti sono le polemiche con la Giunta, accusata di prendere posizioni di partito e di essersi autonominata come organismo di governo, e porta avanti polemiche con altre formazioni.
La testata è destinata ai combattenti della Divisione e ai simpatizzanti.
Il primo numero è dedicato alla memoria dei caduti Antonio Di Dio e Filippo Beltrami.
Nei giorni della liberazione, in un incontro presso il consolato americano di Lugano, Buridan viene incaricato da Eugenio Cefis (Alberto), comandante della ricostituita Divisione Valtoce, di riesumare la testata omonima, il cui primo numero esce come foglio non numerato, in formato manifesto, probabilmente il 27 aprile 1945, dedicato ad Antonio e Alfredo Di Dio, e stampato tra Baveno e Milano.
Bibliografia:
-La stampa ed i mezzi di comunicazione dei partigiani e della Repubblica dell’Ossola, Domodossola, Anpi 2006.
-H. Bergwitz, Una libera repubblica nell’Ossola partigiana, Milano, Feltrinelli 1979.
-G. Buridan, In cielo c’è sempre una stella per me. Diario di guerra partigiana, Verbania, Tararà 2004.
-G. A. Cerutti, Alla scoperta della democrazia nell’Ossola liberata, in “Rivista di storia dell’Università di Torino”, vol. 5, n. 2, 2016.
-M. Giarda, G. Maggia (a cura di), Il governo dell’Ossola, S. Pietro Mosezzo (NO), Grafica novarese 1989.
-G. Maggia (a cura di), I giornali dell’Ossola, Magenta, Lit. Olca : Fot. Airaghi – Novara, Grafica novarese 1974.
Sottotitoli del periodico: Volantino quotidiano della Divisione e degli aderenti alla formazione Di Dio; organo del Raggruppamento divisioni patrioti cisalpine Alfredo di Dio
Francesca Rolandi, art. cit., Rete Parri

Tutta intera, la vita di Buridan dall’infanzia alla giovinezza, dal tempo della lotta clandestina a quello delle collaborazioni radiofoniche o degli scritti per il teatro… una biografia così ricca di fatti, incontri, persone, da farci ripercorrere un po’ tutta la storia civile e letteraria del ‘900… una folla di personaggi, tra cui molti di primo piano. Suddiviso con molta semplicità in tre tempi (Anteguerra, Resistenza e Dopoguerra), il racconto si articola in ventisei capitoli, densi di fatti e di esperienze. Anche i lontani ricordi dell’infanzia o della fanciullezza non toccano solo genitori e parenti, ma si allargano dall’ambito familiare a note figure di poeti o di scrittori (come Carlo Emilio Gadda, guardato con infantile curiosità prima, e solo più tardi con grande ammirazione). E più importante di tutte, la conoscenza con Ezra Pound, dal quale riceve una indimenticabile lezione sulla poesia e sullo stile. Ancora più vari i capitoli sulla Resistenza. Qui le figure celebri si susseguono numerose, dalla vita politica (Ferruccio Parri, Umberto Terracini, Edgardo Sogno, Leo Valiani…) al teatro (Anton Giulio Bragaglia e il Teatro degli Indipendenti); dal mondo della cultura (Franco Antonicelli, Massimo Mila) a noti esponenti della poesia del ‘900. E a molti di questi illustri nome (Clemente Rebora, David Turoldo, Vittorio Sereni) viene dedicato un capitolo molto denso, con precisione di note e con rievocazioni puntuali, che fanno rivivere ai nostri occhi – specie nelle scene di dialogo – quelle singolari figure … Ci resta la suggestiva testimonianza di una vita intensa tesa a metter in luce volti e incontri che hanno segnato un’esistenza operosa sino alla fine e impegnata a lottare per i valori in cui fermamente credeva…
Carlo Luigi Torchio, Buridan in Cuneo Provincia Granda, Ammin. prov. Comune di Cuneo, Edizioni L’Arciere, Cuneo, n. 1, 2002, p.35
Giorgio Buridan (Stresa 1921 – Caraglio 2001). Scrittore, commediografo. Ultimo discendente del filosofo francese Jean Buridan. Trascorse la sua infanzia e giovinezza tra Stresa e Torino. Aderendo al Partito d’Azione, tra il 1943 e il 1945 partecipò alla lotta clandestina tra Stresa e Milano, poi alla lotta armata nell’Ossola. Autore di teatro fu accolto dal consenso della severa critica del tempo: nel 1957 la prima rappresentazioni di un suo testo. Lavorò per il Terzo Programma della Rai e per la Rsi (Radio Svizzera Italiana). Dopo la morte della moglie, si trasferì nel 1991 a Caraglio, dove partecipò attivamente alla vita culturale, fino alla morte, avvenuta il 28 luglio 2001.
(a cura di ) Maria Silvia Caffari, Giorgio Buridan, Fatti e persone della mia vitaNerosubianco, 2021