Avevate collegamenti con antifascisti genovesi

[…] I due uomini della famiglia – Umberto Lazagna e il figlio ventenne Giambattista <3 – fornirono un significativo contributo alla lotta di liberazione in Liguria e nel Basso Piemonte <4: il più anziano, marchese, infatti, vantava una pluridecennale esperienza di ufficiale dell’esercito regio, e nel 1917 aveva meritato una medaglia al valore e una certa visibilità sulla stampa locale. L’esperienza della Grande guerra lo aveva profondamente segnato ed egli era passato dal convinto interventismo degli anni giovanili a un approccio più maturo e, forse, disincantato.
La competenza dimostrata sulle Prealpi venete gli era valsa l’ammissione alla scuola militare di Torino; lo scoppio del secondo conflitto mondiale lo avrebbe visto nuovamente sotto le armi, in qualità di ufficiale degli autieri.
Patriota ma non nazionalista, la sua preparazione militare, unita a una perseverante avversione al fascismo, rendevano Umberto Lazagna quanto mai adatto ad assumere mansioni di comando nella nascente Resistenza.
Egli organizzò i reparti partigiani contro i grandi rastrellamenti e operò in accordo alle missioni militari alleate; nel Basso Piemonte diresse la difesa del paese di Carrega (Al), dove il nemico era giunto a far fuoco sui comandi. Preparò inoltre il piano d’attacco alla città di Genova ottenendo, nonostante il parere negativo degli anglo-americani, che i partigiani potessero combattere all’interno della città.
Giambattista divenne invece partigiano attraverso un duplice percorso: alla formazione ricevuta in famiglia, che si oppose con fermezza a qualsiasi intromissione del regime in campo educativo, si aggiunse a partire dall’autunno del 1942 il contatto con il gruppo degli studenti comunisti, che faceva capo a Giacomo Buranello, Gaetano De Negri e Walter Fillak <5 […]
3 Nato nel 1923, Giambattista ricevette l’istruzione secondaria a Nizza. Nel 1942 tornò a Genova, dove si iscrisse all’università ed entrò in contatto con l’organizzazione clandestina comunista. Dopo l’8 settembre fu impegnato nella costituzione di una cellula universitaria e nella diffusione dell’“Unità” clandestina e, insieme al padre, tentò di raggiungere le forze alleate al sud. Tornati a Genova, nel 1944 decisero entrambi di salire in montagna: Giambattista raggiunse la brigata Garibaldi insediata a Cichero, dove venne nominato commissario politico del distaccamento Peter e operò tra Pannesi e il monte Fasce. Partecipò all’azione di Cavassolo, in cui vennero disarmati una settantina di marinai della X Mas. Nel luglio dello stesso anno venne gravemente ferito a Gattorna, ma circa un mese più tardi riuscì a raggiungere il distaccamento a Bobbio, dove partecipò ai combattimenti di Pertuso. Successivamente divenne vicecommissario e poi commissario politico della brigata Oreste, prendendo parte a diverse azioni. Nel marzo 1945 venne nominato vicecomandante della divisione Pinan-Cichero e, in questa veste, il 25 aprile ricevette e controfirmò l’atto di resa della guarnigione tedesca di Tortona. Ricevette la Medaglia d’argento al Valor militare. Nel dopoguerra fu collaboratore dell’edizione genovese dell’“Unità” e del periodico “Il partigiano”; scrisse il libro memorialistico Ponte Rotto (pref. di G. Serbandini, “Bini”, Edizioni del partigiano, Genova, 1946). Laureatosi in Giurisprudenza, esercitò la professione di avvocato. Negli anni Settanta fu coinvolto in alcune inchieste sul terrorismo.
4 Sulla Resistenza in Liguria cfr. G. Gimelli, La Resistenza in Liguria. Cronache militari e documenti, a cura di F. Gimelli, 2 voll., Carocci, Roma, 2005; M.E. Tonizzi (a cura di), “A wonderful job”. Genova aprile 1945: insurrezione e liberazione, Carocci, Roma 2006; M.E. Tonizzi, P. Battifora (a cura di), Genova 1943-45. Occupazione tedesca, fascismo repubblicano, Resistenza, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2015.
5 Per un ulteriore approfondimento si rimanda a M. Calegari, Comunisti e partigiani. Genova 1942-1945, Selene, Milano, 2001.
Paola Pesci, La famiglia Lazagna tra antifascismo e Resistenza, Storia e Memoria, n. 2, 2015, Istituto ligure per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea

Il “Salone delle Compere” di Palazzo San Giorgio [a Genova] dopo l’incendio ed il crollo della volta (da: C. Ceschi, I monumenti della Liguria e la guerra 1940-45, a cura della Soprintendenza ai monumenti della Liguria e dell’Ente provinciale del turismo, Genova, A.G.I.S., 1949, p. 169) – Fonte: Ricerche Storiche, n. 2, maggio-agosto 2013
Genova: Palazzo San Giorgio

[    n.d.r.: si è pensato che pubblicare il seguente stralcio – sostanzialmente le note – di Intervista di Gibì Lazagna “Carlo” al padre Umberto “Canevari” su NetPoetry – accrediti ribaditi (S&O) in calce al presente articolo – corrispondesse, nonostante alcune palesi incongruità, ad una sorta di tavola sinottica di tante vicende della Resistenza, non solo di Genova e zone limitrofe   ]

Remo Scappini, Secondo Pessi, Errico Martino, Giulio Bertonelli, Umberto Lazagna, tra gli altri, con dedica del gen. Edward Mallory Almond, Genova, 14 giugno 1945 (Archivio Lazagna) – Fonte: Paola Pesci, art. cit.

Intervista di Gibì Lazagna, “Carlo”, al padre Umberto “Canevari”.
Fasc. 50 – Doc. 4 – By Manlio Calegari, Lorenzo Torre ed Elio V. Bartolozzi: “GiBì Lazagna (Carlo), Vicecom.te della divisione Cichero, intervista il padre Umberto (Canevari), CSM della VI Zona operativa”
[…]
Nota di Manlio Calegari: L’intervista a Umberto Lazagna, “Canevari”, (1886-1977) è stata realizzata a casa sua, a Genova in via Chiodo, attorno alla fine di febbraio 1974. E ha bisogno di una premessa. Le “cassette” con la registrazione fanno parte del mio archivio ma non ero io ad aver organizzato l’incontro e neppure ero l’intervistatore. All’epoca, nel 1974, non mi occupavo di Resistenza o di partigiani come invece ho cominciato a fare dalla fine degli anni Ottanta. L’intervistatore di Canevari è il figlio primogenito, Giambattista (1923-2003), Gibì per noi amici, che, per l’occasione, mi aveva chiesto una collaborazione tecnica (registratore ecc.) e “morale” (ero spesso ospite di casa Lazagna e avevo confidenza con Canevari). A Giambattista Lazagna mi legava anche il mese di febbraio 1974…
Giambattista Lazagna “Gibì”: Vice Comandante Div. Cichero, Decorato di M. d’Argento al V.M.
Sue Opere: Ponte rotto, Ed. Colibrì, 1972; libro di memorie partigiane. Carcere, repressione, lotta di classe, Ed.Feltrinelli, 1974; basato sulla sua esperienza di militante antifascista incarcerato. Il caso del partigiano Pircher. Studio sulla vicenda di Pircher e dei partigiani di lingua tedesca, Ed. La Pietra, 1975, sul caso del partigiano Giovanni Pircher, condannato a 25 anni per fatti di guerra. Rocchetta, Val Borbera e Val Curone nella Guerra, Colibrì, 2000; libro di memorie partigiane. Intervista a “Minetto”, Com.te. Brigata Arzani. Cronache dalla Resistenza, 2002; libro-intervista a Erasmo Marré.
[…]
Gibì È un discorso che abbiamo fatto più volte: il patrimonio di esperienze che hai maturato durante la Resistenza. Forse dovremmo programmare una serie d’incontri. Intanto riassumo brevemente la tua carriera nella Resistenza. Tu eri tenente colonnello nel 15° reggimento autieri di stanza Savona, quando è scoppiato il 25 luglio e poi l’8 settembre.
Canevari E tu in particolare, allora ragazzo, mi hai svegliato a mezzanotte passata per dirmi “È caduto Mussolini. T’è adesciu, t’è adesciu?”. “È caduto Mussolini” (quasi bisbigliando; nda), per uno come noi che… Allora abbiamo cominciato.
Gibì avevate aspettato quell’ora per 20 anni o quasi. Avevate collegamenti con antifascisti genovesi, amici di un po’ di tutte le tendenze. Dopo l’8 settembre c’è stato tentativo tuo assieme a me di passare le linee, siamo arrivati fino a Penne di Piedimonte, in quel di Pescara. Lì abbiamo avuto le notizie dello sfacelo della situazione politica a Sud e abbiamo deciso di tornare indietro e poi, verso la metà-fine di settembre del ’43 è cominciata la costituzione degli organismi della Resistenza. A quel punto, siccome tu eri uno degli esponenti conosciuti dell’antifascismo genovese hai avuto l’incarico di entrare nel Comitato militare del Comitato di liberazione, come indipendente e come ufficiale, per il prestigio che veniva dalla tua esperienza militare e per il grado perché avevi fatto la Scuola di stato maggiore e quindi possedevi…
Canevari …meno ignoranza degli altri. Nel libro di Baccino… Renzo Baccino, “Contributo alla storia della resistenza di Genova”, edito dall’ISRL nel 1955 [1] ci sono i nomi. Ricordo Antolini, Raimondo, Dante Bruzzone [2], e per il Partito d’azione uno di nome Rapuzzi; era colonnello anche lui ma me l’ha detto subito “Io non me ne posso occupare”.
[…]NOTE

[1] Renzo Baccino, “Contributo alla storia della resistenza di Genova”, edito dall’ISRL nel 1955.

[2] Franco Antolini (nome di battaglia Furlini, n. 1907), comunista; Enrico Raimondo (Leonardi, n.1897), democristiano; Dante Bruzzone (Ciravegna, n.1895), socialista.

[3] Paolo Rossi (n.1900), avvocato, genero dell’industriale Attilio Bagnara e figlio di Francesco Rossi (n.1863, avvocato, socialista, deputato per tre legislature dal 1919 al 1926 e poi membro della Consulta nazionale dal 1945 al 1946), a sua volta militante socialista in gioventù e più tardi deputato socialdemocratico dal 1948 al 1968.

[4] Francesco Manzitti (Marchetti, n.1908), liberale; Luigi Accame (n.1903).

[5] Calegari chiede a Canevari di alzare la voce e lui fa la scenetta: “Ah ma questo (il registratore) sente! Ma è un segreto, bisogna cancellare i segreti…” – ridiamo.

[6] Ettore Marchini (Emanuele, n.1900), ingegnere, ex squadrista e fascista in gioventù, figlio di Domenico Marchini (ex podestà di Portofino). Dopo l’8 settembre 1943 iniziò a collaborare con il Comitato militare del CLN; fu ucciso di notte, in località Violara, tra San Lorenzo della Costa e Ruta di Camogli, il 14 luglio 1944.

[7] Alberto Pongiglione (Ghiglione, n.1920, membro del Cln di Chiavari per la Dc e collaboratore della missione Meriden), Erasmo Marré (Minetto, n.1920), Alfonso Tomei (Alfa, n.1920), Mario Franciscolo (n.1923) e Domenico Lano. Marrè e Tomei a Napoli furono reclutati dall’ORI (Organizzazione Resistenza Italiana), struttura promossa al Pda e legata ai servizi d’intelligence americani: addestrati al Sud, nel luglio 1944 furono paracadutati in val Pellice come Team Meriden e poi raggiunsero le montagne genovesi.

[8] Adolfo Omodeo (n.1889), rettore dell’Università di Napoli.

[9] Benedetto Croce (n.1866), filosofo, storico, liberale, antifascista.

[10] Enrico Martino (Parini, n.1907), avvocato, liberale, membro del Cln.

[11] Giovanni Serbandini (Bini, n.1912), insegnante al convitto San Nicola, comunista, promotore della Resistenza nel Tigullio.

[12] Giulio Marchi (Tripoli, n.1885), democristiano, membro del Cln.

[13] Marcello Macchiavelli (Marcello, n.1919), Giuseppe Macchiavelli (Stella, n.1922) e Paolo Machiavelli (n.1925), figli dell’avvocato Narsete (n.1888); socialisti.

[14] Pier Carlo Binasco, democristiano.

[15] G.B. Canepa (Marzo, n.1896), avvocato, comunista, fra i primi partigiani della banda Cichéro.

[16] Canevari forse si riferisce a Giovanni Sanguineti (Bocci, n.1915) che coi fratelli Fico, di Sestri Levante, in quel primo periodo aveva organizzato una banda sulle alture di Lavagna e Sestri.

[17] Eros Lanfranco (Lanata, 1906-1944), avvocato, arrestato dalla polizia tedesca l’8 marzo 1944, deportato a Fossoli (Modena) e quindi a Mauthausen: morì a Melk il 23 novembre 1944.

[18] Mario Zino (Lorenzo, n.1893), insegnante di lettere, colonnello riservista degli alpini.

[19] Adriano Agostini (Ardesio, n.1911), piccolo industriale.

[20] Giulio Bertonelli (Balbi, n.1892), commissionario di borsa, ex tenente colonnello dell’esercito, rappresentante del Pda all’interno del Comitato militare del Cln ligure.

[21] Antonio Zolesio (Umberto Parodi, n.1909), ufficiale di marina, comandante delle formazioni di Giustizia & Libertà (Pda) prima nello spezzino e poi nel genovesato.

[22] Gaetano Basevi (n.1907), membro del Pli nel Cln di Chiavari, ed Edoardo Basevi (Antonio, n.1912); i due in realtà erano cugini.

[23] Severino Bianchini (n.1902), carpentiere, comunista.

[24] Mario Ginocchio (n.1923), contadino, operaio tornitore all’Ansaldo.

[25] Athos Bugliani (n.1903), carpentiere, comunista.

[26] Mario Della Valle, sposato a una francese, aveva una accademia di ginnastica. Oltre che di Lorenzo “Lole” Delpino, concessionario Fiat a Genova, era amico di vari comunisti. Delpino aveva una tenuta a Cassinelle dove produceva il vino che Umberto imbottigliava (testimonianza di Anna Lazagna).

[27] Paolo Emilio Taviani (Pittaluga, n.1912), docente universitario, democristiano; Vannuccio Faralli (Repetto, n.1891), piccolo industriale, socialista; Secondo Pessi (Maffi, n.1905), parrucchiere, comunista – tutti membri del Cln Liguria.

[28] Remo Scappini (n.1908), operaio, comunista.

[29] Giuseppe Bianchini (n.1894), architetto, comunista.

[30] Antolini venne arrestato dai tedeschi il 18 marzo 1944.

[31] Giacomo Buranello (Pietro, n.1921), studente universitario di Ingegneria, sergente del Genio marconisti; comunista, gappista, arrestato il 2 marzo 1944 e ucciso in Questura il giorno dopo.

[32] Neda Fiesoli (Rita, n.1915), impiegata all’Ufficio Servizi militari del Comune di Genova, fidanzata di Buranello.

[33] Aldo Gastaldi (n.1921), studente universitario di Economia, impiegato al Cantiere Navale dell’Ansaldo a Sestri Ponente, sottotenente del Genio marconisti a Chiavari; comandante della banda (poi divisione) Cichéro.

[34] Giancarlo Odino (Italo, n.1894), liberale, ufficiale riservista dei granatieri.

[35] Il 12 gennaio 1944 una banda di dodici partigiani assalì il posto d’avvistamento dell’aviazione repubblicana di Monte Zùccaro, sopra Pietrabissara, disarmò i nove militi e li fucilò (uno di essi rimase soltanto ferito e sopravvisse). Il superstite, al quale in Questura fu mostrata una serie di fotografie, poté identificare tra quei partigiani il comunista Saverio De Palo (1899-1944): quella banda non era che la brigata garibaldina “Liguria”, promossa dal Pci di Genova.

[36] Tomaso Merlo (n.1920), manovale, alpino, insieme al tenente di complemento degli alpini Giuseppe Merlo (n.1921) organizza nell’ottobre del 1943 la banda di Voltaggio, che nel febbraio 1944 viene inquadrata nella brigata Alessandria comandata dal capitano Odino; il 15 febbraio 1944, accusato pretestuosamente di furti e rapine, Punni fu ucciso con altri due compagni dai partigiani comunisti della brigata Liguria, di cui non intendeva riconoscere l’autorità.

[37] Mario Albini (n.1906), ingegnere navale, liberale, sfollato a Voltaggio.

[38] Lorenzo Picco (Renzo, n.1898), agente di cambio, socialista, capitano riservista dell’esercito.

[39] Edmondo Tosi (Ettore, n.1910), capitano di complemento degli alpini, comandante della brigata Liguria.

[40] Renato Martorelli (Renato I, 1895-1944), avvocato, socialista, membro del Comitato militare piemontese e poi ligure; arrestato il 30 luglio 1944, torturato e ucciso un mese dopo.

[41] I componenti del Comitato militare del Cln piemontese furono arrestati il 31 marzo 1944 all’interno del Duomo di Torino e fucilati il 5 aprile al poligono di tiro del Martinetto.

[42] Vittorio Podestà (n.1896), medico chirurgo, di Chiavari, sfollato a La Villa.

[43] Don Giacomo Sbarbaro (Don Gigetto, n.1902).

[44] Alfredo Moglia (n.1922), comandante di un distaccamento della brigata Monte Penna legata al Cln di Parma che per un certo periodo si unì ai distaccamenti liguri per formare la 57ª brigata, poi brigata Berto.

[45] Il generale Graziani emanò un bando che prometteva l’amnistia a quei ribelli che entro il 25 di maggio si fossero presentati alle autorità e arruolati nelle forze armate della Repubblica sociale.

[46] Girolamo Cadelo (n.1906-1944), comandante del Gruppo esplorante della divisione alpina “Monterosa”, ucciso dai partigiani della brigata Berto il 27 settembre 1944, nei pressi del passo della Forcella.

[47] In realtà la liberazione di Roma avvenne un mese prima, ai primi di giugno del 1944.

[48] Antonio Muzzi (Dino, 1912-1945), comunista, vice-comandante della divisione Cichéro.

[49] Raffaele Pieragostini (Lorenzo, 1899-1945), operaio metallurgico, dirigente comunista, vice-comandante del Cmrl, e Cesare Rossi (Carli, 1892-1945), generale di brigata dell’esercito, comandante del Cmrl: entrambi arrestati all’inizio dell’inverno 1944/1945 e rimasti uccisi il 24 aprile 1945 nei pressi di Bornasco, in provincia di Pavia, nel corso di un bombardamento aereo alleato durante il quale avevano tentato di sfuggire al controllo dei militari tedeschi che li stavano trasportando a Milano.

[50] Michele Campanella (n.1922), luogotenente di Bisagno a Cichéro, poi comandante della brigata volante Severino.

[51] Don Luca Cella (n.1907).

[52] Paolo Risso (Gino, n.1911) ed Emanuele Strasserra (Manuel, n.1909), dell’organizzazione “Otto”, curarono personalmente il trasferimento via mare in Corsica di alcuni militari alleati fra il novembre 1943 e il febbraio 1944; rientrarono in Liguria, presso Riva Trigoso, sbarcando a Punta Baffe il 23 giugno 1944, alla testa di due missioni OSS (servizi segreti americani), diretti verso la val d’Aveto e la Sesta zona operativa. Strasserra poi si trasferì sulle Alpi biellesi con quattro uomini, insieme ai quali fu giustiziato dai partigiani garibaldini, che li scambiarono per spie e li uccisero il 26 novembre 1944.

[53] Sergio Podestà (Dan, n.1915), comunista, ispettore delle brigate garibaldine liguri; in seguito fu commissario politico della brigata Caio e della divisione Val Nure, della XIII Zona piacentina.

[54] Gianni Moglia (Golico e poi Scarpa, n.1919 a Bedonia), comandante della brigata Monte Penna, sindaco di Bedonia dal 1956 al 1965.

[55] Giuseppe Prati (Liberatore, n.1914), comandante della divisione Val d’Arda.

[56] Paolo Cappa (n.1888), giornalista, avvocato, fondatore del Partito popolare di don Sturzo.

[57] Achille Pellizzari (n.1882); il sodalizio tra Canevari e Pellizzari risaliva, secondo Gibì, a prima dell’8 settembre quando Canevari era stato richiesto da Pellizzari di un viaggio a Roma per la presa di contatto con un cardinale di Curia. Nel novembre del 1943 Gibì aveva accompagnato il padre a Berceto in casa Pellizzari dove aveva assistito a una conversazione circa il salvataggio d’una ebrea polacca. Lo stesso Gibì, insieme al figlio di Pellizzari avevano accompagnato due bambini figli della stessa a Borgotaro e da lì in treno fino a La Spezia e poi a Genova dove, a San Lorenzo, li avevano consegnati ad un prete (dichiarazione rilasciata a M. Calegari, il 27 marzo 1995).

[58] Canevari, confermando le parole della moglie, esclude l’ipotesi da cui ha preso le mosse l’inchiesta di Gibì: esclude cioè che la DC sin dall’inizio della guerra partigiana avesse il credito necessario per contrastare la presenza comunista nelle formazioni cercando collegamenti coi comandanti non comunisti. La posizione di Carlotta approvata da Canevari non muterà però il corso dell’intervista.

[59] A questo punto Gibì si rende conto che l’ipotesi alla base della sua inchiesta – movimenti dei cattolici democristiani per tenere a bada o sabotare la leadership comunista – se non è superata è però da considerarsi poco rilevante rispetto allo storico evolversi delle vicende. I democristiani non essendo il cavallo su cui puntavano gli alleati agivano solo nella prospettiva di un loro tornaconto e la loro azione risultava inevitabilmente poco incidente sugli sviluppi della situazione. Ciò malgrado persevera nell’indirizzo dato alla sua inchiesta.

[60] Sin dall’inizio Gibì ha indicato in Raimondo e Gigetto due dei cospiratori anticomunisti di cui s’è messo alla ricerca. Pur trovando poco spago ha ottenuto da Canevari alcune ammissioni – i due erano “intriganti”. Ammissioni cui Gibì ha fatto seguire le domande “Questo loro intrigo a cosa mirava? Quali possibilità aveva?” Così un’ipotesi che nello sviluppo dell’intervista ha decisamente perso peso riprende quota solo perché altri e più significativi argomenti vengono esclusi.

[61] Il 29 luglio 1944, durante una prova di tiro con il nuovo mortaio, una squadra di partigiani russi comandati da John (Giuseppe Quartino, n.1915) ebbe due morti e due feriti a causa dello scoppio del proiettile inserito al contrario. Alcune settimane dopo la Questura di Genova, bene informata, scriveva che a Loco, in val Trebbia, i partigiani avevano un mortaio “che però non sanno adoperare, perché giorni fa durante un’esercitazione lo hanno caricato a rovescio e vi sono state tre vittime”.

[62] Carlo Farini (Manes, n.1895), dirigente comunista, ispettore delle Brigate garibaldine, vice-comandante del Cmrl.

[63] Augusto Solari (Sassi, n.1912, avvocato, democristiano).

[64] Enrico Martinengo (Durante, n.1896), generale di brigata, comandante del Cmrl designato dal Cln dopo l’arresto del generale Rossi.

[65] Costante Bianchi (n.1908).

[66] Aurelio Ferrando (Scrivia, n.1921), compagno di studi e commilitone di Bisagno al Genio marconisti, comandante della brigata Oreste e poi della divisione Pinan-Cichero.

[67] Mario Franzone (Ugo, n.1913), comunista, ispettore delle Brigate Garibaldi, vice-commissario politico della Sesta zona.

[68] Angiola Berpi (Marietta, n. 1911), ostetrica presso la mutua dell’Ansaldo, comunista.

[69] Eugenio Sannia (Banfi, n.1917), ufficiale di carriera, comandante della brigata Berto.

[70] Edilio Maltese (Franco, n.1908), barrocciaio, comunista, commissario politico della Berto.

[71] Ernest Gordon Appleford Lett (n.1910), maggiore inglese, l’8 settembre 1943 fuggì dal campo di concentramento di Veano di Vigolzone, sulle colline di Piacenza, e giunse a Rossano di Zeri, in provincia di Massa Carrara, ai piedi del monte Gottero dove si stabilì.

[72] Gordon Thomas Gore (n.1895), colonnello inglese accompagnato in Corsica da Paolo Risso e dalla organizzazione “Otto” il 1° novembre 1943.

[73] La missione americana Walla Walla partì dall’aeroporto di Brindisi la sera dell’11 agosto 1944 e fu paracadutata sul Monte Aiona la mattina seguente: la comandava il capitano William Calvin Wheeler ed era composta da altri quattordici militari.

[74] Anton Ukmar (Miro, n. 1900), comunista, sloveno, comandante della Sesta zona operativa.

[75] Paolo Zanettin (Madrid, n.1893), marittimo, combattente antifranchista nella guerra di Spagna.

[76] La missione Walla Walla ripartì il 21 dicembre 1944 e passò il fronte cinque giorni dopo.

[77] Peter McMullen (n.1914), tenente colonnello del Soe, il servizio segreto britannico, a capo della missione inglese “Clover”.

[78] Basil Davidson (n.1914), giornalista, maggiore del Soe, operò in Egitto e in Jugoslavia prima di essere paracadutato in Italia al fianco di McMullen.

[79] Leslie Vanoncini (Van, n.1917), maggiore americano di origini brianzole, è il comandante della missione “Peedee” composta da altri quattro militari italo-americani: intervistato, ricordava di aver visto Canevari sul campo a riceverli. Barba lunga, pelerine nera e bastone, l’aveva scambiato per un pastore.

[80] Giorgio Righetti (Oliver, n.1925).

[81] Giuseppe Siri (n.1906), vescovo ausiliare di Genova.

[82] Dubito che tali colloqui risalgano ai tempi di Gorreto e non piuttosto ad un periodo successivo. Ricordo anche come Gibì contestasse con forza a Minetto le sue relazioni con Taviani e la Curia anche durante la loro collaborazione per la stesura della “Intervista a Minetto” (Giambattista Lazagna, “Intervista a Minetto”, Colibrì 2001).

[83] Giuseppe Balduzzi (Marco II, n.1922), studente di giurisprudenza, capo del Sip (il Servizio di informazioni e polizia) della divisione Pinan-Cichéro.

[84] Franco Anselmi (Marco, n.1915-1945), sottotenente dell’aeronautica, volontario nel 1935 per la guerra d’Etiopia e nel 1937 per la guerra di Spagna, dopo l’8 settembre 1943 organizzò nella val Borbéra uno dei primi gruppi partigiani. Comandante della brigata Arzani, nella primavera del 1945 fu trasferito nell’Oltrepò pavese e morì a Casteggio in combattimento il 26 aprile 1945.

[85] Renato Bracco (Duè, n.1910), marittimo, comunista, commissario politico del distaccamento della divisione Cichéro incaricato della custodia dei prigionieri.

[86] Mario Biggio (Walter, n.1924), operaio elettricista al Cantiere navale dell’Ansaldo di Sestri, partigiano alla Benedicta, comandante del distaccamento prigionieri della Cichéro: criticato dal comandante Miro per i metodi brutali che adottava coi prigionieri, alla fine di dicembre del 1944 lasciò la montagna, tornò in città e si portò dietro la cassa del distaccamento. Arrestato dalla polizia fascista ai primi di gennaio del 1945, rilasciò una serie di dichiarazioni a carico di un gran numero di comandanti e partigiani ed accettò persino di accompagnare i tedeschi nei rastrellamenti, al termine di uno dei quali fu ucciso nei pressi di Cabella Ligure.

[87] Bruna Persiani (Loana, n.1926).

[88] Amino Pizzorno (Attilio, n.1909), impiegato all’Ansaldo Artiglieria di Fegino, comunista, capo del Sip della Sesta zona operativa.

[89] Pietro Boetto (n.1871), cardinale, arcivescovo di Genova.

[90] Siri giunse a Rocchetta Ligure il 13 aprile 1945 accompagnato da Achille Malcovati (n.1897), commerciante, ufficiale dell’esercito pluridecorato nella Prima e nella Seconda guerra mondiale, che non aveva aderito alla Rsi e collaborava con l’Auxilium, organizzazione assistenziale presieduta da Siri e impegnata nella raccolta di derrate alimentari in Emilia, in Lombardia e in Piemonte da distribuire in città. Marco Balduzzi in una intervista del 18.4.2012 raccontava di aver risposto duramente, su Il Secolo XIX, ad un articolo del cardinal Siri che vantava un ruolo e dei meriti nella resa finale dei tedeschi. Marco riteneva che Siri non avesse avuto alcun ruolo perché manteneva i contatti con una sola delle due parti (con i tedeschi e non con i partigiani); definiva Malcovati “un personaggio losco e ambiguo, uno di quegli affaristi della politica che vediamo spesso anche oggi” e accusava Siri di “nascondere dietro scuse annonarie” la vera ragione della visita, ossia la proposta di tregua avanzata dai tedeschi e impossibile da accettare per i partigiani, anche perché vietata espressamente dal Cvl.

[91] Elvezio Massai (Santo, n.1920), distaccamento Alpino, brigata Jori, divisione Cichéro.

[92] Giorgio Bo (Berti, n.1905), democristiano.

[93] Giovanni Trombetta (Tomasi, n.1915), vicecomandante del Cmrl.

[94] Natale Moretti (Ras, n.1920), comandante del battaglione Po.

[95] Giuseppe Pollarolo (n.1907), cappellano partigiano con Duccio Galimberti nel cuneese, arrestato e liberato a Torino, ritornò in montagna in Oltrepò pavese e trascorse anche un periodo nella Sesta zona; portava con sé una piccola cinepresa e poté produrre alcuni documentari sulla vita partigiana.

[96] La riunione in cui Bisagno attacca Miro avviene nell’ultima decade di febbraio del 1945; una seconda riunione presenti Martinengo e Trombetta avviene pochi giorni dopo, sempre a febbraio e sempre a Fascia, mentre l’episodio cui si riferisce Gibì (l’ammutinamento di Santo) andò in scena il 7 marzo 1945, quando la decisione di mandare via Bisagno rientrò e si decise soltanto per la costituzione della nuova divisione Pinan-Cichero; infine, l’episodio di Ras sembra che sia avvenuto più tardi, durante un’altra riunione a Fascia il 2 aprile 1945 (v. Comunisti e partigiani).

[97] Anelito Barontini (Rolando, n.1912), operaio tornitore, comunista, condannato nel 1937 dal Tribunale speciale fascista a quattro di carcere; partigiano sui monti di Sarzana, passa a Genova e assume l’incarico di commissario politico della Sesta zona operativa.

[98] La riunione che sancì la nascita della Pinan-Cichero si svolse a Fascia il 7 e l’8 marzo 1945.

[99] Lilio Giannecchini (Toscano, n.1925), operaio all’Ansaldo Meccanico di Sampierdarena, partigiano alla Benedicta, gappista in città, vice-comandante della brigata Oreste.

[100] Ruggero (n.1922) e Bruno Colombo (n.1924), ebrei, partigiani della Cichéro.

[101] Vinicio Rastrelli (Dedo, n.1924), comandante del distaccamento Forca, brigata Berto.

[102] Marino Mascellani (Scalabrino, n. 1920), comandante del distaccamento Guerra, brigata Jori.

[103] Ferruccio Parri (Maurizio, n.1890), rappresentante del Pda al Clnai, vice-comandante del Cvl; Raffaele Cadorna (Valenti, n.1889), generale di brigata, comandante del Cvl; e Rodolfo Morandi (n.1903), rappresentante del Psiup al Clnai.

[104] Canevari si riferisce a Dino (Antonio Muzzi), vice-comandante della divisione Cichéro, processato e condannato a morte dal Comando zona e fucilato il 28 marzo 1945.

Redazione, Intervista di Gibì Lazagna “Carlo” al padre Umberto “Canevari”, NetPoetry, 9 giugno 2018

Genova: Sottoripa

Il VAI [Volontari Armati Italiani] era organizzato in sezioni e nuclei sparsi nel nord Italia ed aveva un regolamento peraltro approvato a Genova agli inizi del 1944. Nell’ambito del VAI furono reclutati anche civili, molti dei quali, anche per volontà di Kulczycki, compirono numerose attività di carattere informativo a favore degli Alleati anglo-americani, ma anche azioni di sabotaggio. I componenti del VAI erano ricercati dalle milizie della Repubblica sociale italiana convinti che il VAI era da considerarsi un’organizzazione pericolosa, una spina nel fianco, e per questo si interessò personalmente il sotto segretario di stato per la Marina della Repubblica Sociale, il comandante Ferrini. Fu proprio lui a segnalare ai tedeschi le operazioni clandestine dell’ufficiale di origini polacche. Nel confronti di Kulczycki, infatti, venne emessa una taglia considerevole, pare di circa mezzo milione di lire, che ai tempi era una grossa somma. Questo moltiplicò l’impegno dei collaborazionisti della Rsi e dei soldati del Terzo Reich con la conseguenza quasi immediata di numerosi arresti di persone vicine a Kulczycki. Tuttavia, nonostante i rischi e il pericolo sempre dietro l’angolo, l’ufficiale della Regia Marina, continuò la sua attività senza sosta mettendo a punto un piano di sabotaggio della città di Genova e degli snodi ferroviari. Un’operazione che doveva essere attuata nel giugno del 1944. Purtroppo, però, all’interno del gruppo formato da Kulczycki si infiltrò una spia che, pur di accaparrarsi la taglia, fece arrestare dalle SS altri uomini del comandante “Sassi”. Un colpo che portò pian piano a risalire anche agli altri capi del VAI di Milano. Kulczycki, invece, venne catturato a Genova, il 15 aprile 1944 e rinchiuso nel carcere di San Vittore a Milano. Non pagò, anche da lì riuscì a proseguire la sua attività patriottica, ma anche lui come molti suoi compagni venne trasferito nel famigerato campo di concentramento di Fossoli.
Qui non mancarono torture e sevizie da parte dei nazisti con l’obiettivo di farsi rivelare preziose informazioni, ma Jerzy non cedette e restò fermo nelle sue idee e convinzioni senza tradire nessuno. Il 14 luglio 1944 venne fucilato. E’ stato decorato della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria.
Redazione, Jerzy Sas Kulczycki. Una vita per l’Italia, Giorni di storia, 1 maggio 2021