Ciapunei, benstaghenti, mùravui, mùratei

Uno scorcio di Ventimiglia (IM), visto dalla zona Nervia: fotografia scattata pochi anni prima la nascita di Raimondo
Archivio: Alessandra Maini di Ventimiglia (IM)

Ma in quale contesto mi trovavo quando aprii gli occhi sul mondo e su Ventimiglia la mia città……certamente di quel momento non ho memoria e mi devo quindi affidare ai racconti dei miei genitori e a quanto ho appreso dai libri……si era in piena era fascista ed eravamo stati colpiti da quelle che furono definite le “inique sanzioni”, poichè il nostro Duce aveva aggredito e conquistato l’Etiopia senza il consenso dell’ONU di allora, che si chiamava Società delle Nazioni ..come vedete la storia si ripete nei suoi flussi e riflussi ….mancavano molti prodotti e dopo poco tempo dalla mia nascita i miei genitori furono costretti a privarsi della testimonianza del loro patto d’amore ,quello che comunemente chiamiamo la fede cioè l’anello di matrimonio per donarlo nella famosa “Giornata dell’oro alla patria…..che doveva sopperire alle necessità di un ‘Italia “che fa da se in barba alle plutocrazie”….cioè le 50 nazioni che avevano decretato le sanzioni
Ventimiglia però godeva di un buon periodo per chi si allineava al regime…..i posti di lavoro non mancavano (anche se poco remunerati ) poichè oltre all’economia basata sulla floricoltura (ancora agli albori poichè il boom sarebbe scoppiato qualche anno dopo ) alcune piccole industrie occupavano ben 700 lavoratori (che mantenevano quindi 700 famiglie).Tra le mini industrie esistenti possiamo ricordare la conceria Lorenzi per il trattamento del pellame,la Taverna che fabbricava scarpe di ottima qualità, il pastificio Ligure che forniva di ottima pasta oltre alla vendita in buona parte dell’Italia del nord anche le numerose caserme della zona (in primis la Gallardi), la fabbrica di pantofole dei fratelli Civallero, quella della liquerizia du sciù Ceriani ed altre che mi sfuggono.
Gli artigiani con le loro botteghe erano anche una parte consistente dell’economia cittadina (allora i prodotti di fabbrica erano minimi e tutto era creato con le mani e la maestria dell’uomo – falegnami, ferrai, bottai, cestai……sarti da uomo e sarte da donna alcune rinomate per la loro capacità di creare modelli….ciapunei (coloro che ferravano i cavalli) …..che provvedevano a tuttti i bisogni delle nostre case e delle nostre persone …..dalla nascita a Freschin Costamagna che gestiva l’impresa di pompe funebri con tanto di cavalli col pennacchio e carrozza col bordo dorato per i funerali di prima classe .
Il turismo era quello di passaggio, che godeva della posizione di città di frontiera (anche se nella zona che va da Latte a Ponte San Luigi sorgevano molte ville signorili che ospitavano famiglie nobili o benestanti e alcuni inglesi che avevano scelto la zona per il clima ) …..poichè Ventimiglia per quanto riguarda la zona centrale non è mai stata città turistica….ma se si considera che tutti i treni internazionali facevano sosta per l’intera notte ……la zona adiacente alla stazione godeva di questa prerogativa e nel tempo erano sorti alberghi per l’epoca “a la page” quali il Francia, il Suisse,il Tornaghi …luoghi di ritrovo come il Ligure e la Maison dorèe…..con cafè chantant e intrattenimenti per i danarosi viaggiatori …..e altri ritrovi .
Poi c’erano i “bitegai” gli esercenti che gestivano i loro negozi con buoni profitti e godevano qundi di un’ottima situazione economica …..dai venditori di calzature (alcuni anche fabbricanti ),ai venditori di tessuti di ogni genere che fornivano alle spose i famosi “corredi” da portare in dote al matrimonio (tipo 12 lenzuoli, 6 tovaglie, 2 copriletti e via divagando), agli alimentari che malgrado le sanzioni anche con prodotti italiani facevano buoni affari …..
Come si vede a stentare un po’ a sbarcare il lunario erano solo i lavoratori dipendenti …specie gli statali lo stipendio dei quali era molto misero …..e quelli come mio padre, che essendo di idee socialiste, non aveva mai voluto prendere la tessera del Fascio e tantomeno munirsi di quella che chiamavamo ironicamente “la cimice” cioè il distintivo da apporre all’occhiello della giacca.
Le classi sociali erano molto ben distinte e difficilmente avvenivano contaminazioni …se non per motivi di lavoro……c’erano quelli che si arrogavano il diritto di essere appellati con il “sciù ” se uomo o a “scia” se donna (praticamente il vossia del nostro meridione) ai quali non si baciava le mani ……ma si sottostava ai loro voleri (tipico l’esempio descritto nel capitolo precedente) ,questo privilegio era di poche famiglie i Notari.(i Lùgari )…i Lorenzi (i Bavùsi) ,i Ceriani..,gli Azaretti …..e pochi altri.

Poi c’erano i benstaghenti, cioè i benestanti, categoria che comprendeva i ventimigliesi che vantavano grazie alle loro attività un buon gruzzolo e che potevano permettersi una vita agiata…i “boi particulà” che erano più o meno la borghesia di oggi e infine gli….altri che erano la maggioranza……dai mùravui (muratori) alle bùgareire (lavandaie), dau mùratei (conduttori di muli ) alle altre numerose categorie di lavoratori……..tra cui quella di mio padre omu da magagliu (cioè lavoratore della terra)
Una categoria a parte era quella dei funzionari del Regime che godevano di un certo potere ma che a Ventimiglia in quel tempo devo dire non lo facevano pesare se non in occasioni istituzionali.

La stazione ferroviaria di Ventimiglia (IM), cui accenna Gianfranco Raimondo in questo articolo

…. si era costruita una stazione degna, moderna e architettonicamente ammirevole…..si cominciava a dar mano al palazzo del Comune (allora situato nella città alta) e alla palestra della GIL (Gioventù Italiana del Littorio ) ancora oggi funzionale …
Questo era il contesto che mi circondava (scusate se mi sono dilungato ma era doveroso fare un quadro della situazione), ma io non me ne accorsi e non vidi altro che un chiarore accecante … era il sole d’agosto che mi dava il benvenuto.

di Gianfranco Raimondo, nato il 15 agosto 1935 a Ventimiglia (IM)