Da quel momento Casoli divenne la sede del Comando Maiella

La Brigata Maiella è oggi l’unica formazione partigiana ad aver ricevuto la medaglia d’oro al valore militare, che spicca sullo stendardo custodito nella Sala delle bandiere all’altare della Patria <23, a testimonianza della peculiarità di tale banda e della sua evoluzione istituzionale: da formazione spontanea quale “Banda Maiella” a “Corpo volontario della Maiella” secondo la denominazione concordata con il Comando britannico, fino a “Banda patrioti della Maiella” con l’inserimento nell’esercito italiano.
Tra i maggiori artefici della nascita del movimento si ricorda Ettore Troilo <24, considerato il massimo esponente dei gruppi militari antifascisti che si organizzarono nelle zone del Sangro e della Maiella tra l’autunno e l’inizio dell’inverno 1943. Cercato e catturato più volte dalla polizia fascista per i suoi legami con l’antifascismo, man mano che i reparti tedeschi cercavano di dislocarsi sulle posizioni più importanti per controllare le zone dalla Maiella al mare, l’avvocato sentì la necessità di organizzare gruppi in grado di svolgere operazioni concrete di guerriglia e capaci di dare inizio alla Resistenza e alla lotta contro gli occupanti. Espose, perciò, al maggiore Lionel Wigram, uno degli ufficiali del Comando Militare inglese, che nutriva profonda ammirazione e fiducia nei suoi confronti, la necessità di formare alcuni plotoni di volontari per aiutare gli Alleati nelle operazioni militari per liberare i paesi delle Valli dell’Aventino e del Sangro.
Da quando, nel mese di ottobre, le famigerate S.S, con gli abituali metodi briganteschi, avevano fatto, a Torricella Peligna, un’improvvisa retata di uomini per deportarli come schiavi a Roccaraso e costringerli ai lavori di interesse militare, coloro che erano riusciti a sfuggire, nascondendosi, avevano cominciato a stringersi attorno a Troilo. Ma le sue richieste non vennero prese in considerazione. Tra le fila britanniche si era diffuso infatti un sentimento di diffidenza e di titubanza verso gli italiani, sia perché non li avevano visti pronti a collaborare con loro, sia perché l’autorizzazione di una cooperazione attiva armata degli italiani doveva essere data dalle autorità gerarchicamente superiori, presenti sulla linea del fronte.
Il Comando britannico, che inizialmente aveva scarsa voglia di portare avanti un’iniziativa estranea agli ordini diramati dal Quartier Generale, venne a conoscenza dell’impegno politico e sociale di Troilo e decise alla fine di affidargli gli affari civili di Casoli e quanto altro potesse interessare i rapporti con l’esercito avanzante e la popolazione.
Il piccolo centro, dove gli abitanti erano riusciti ad impossessarsi delle armi di alcuni tedeschi al fine di organizzare un plotone per difendere il paese dagli attacchi nemici, era diventato il punto di approdo di profughi e sfollati da tutte le circostanti zone di montagna. <25 Con i suoi uomini egli doveva doveva solamente mantenere l’ordine, evitare saccheggi e controllare la distribuzione di viveri e di generi di sussistenza.
Troilo faticò a convincere gli inglesi ad accettare la collaborazione militare dei suoi uomini e, soprattutto, faticò molto per convincere gli Alleati che si trattava di una scelta volontaria, di un impegno d’onore per contribuire alla lotta contro i tedeschi. Essi non erano vincolati alla disposizione del Governo Badoglio di prendere l’iniziativa fino all’arrivo degli Alleati e cercarono di trovare un accordo con il comando americano per ottenere la riattivazione della strada tra Casoli e Torricella e per guidare gli inglesi lungo i sentieri di montagna.
Ma questi ultimi, per paura di una trappola, rifiutarono. Dopo che le autorità civili di Casoli sottolinearono l’urgenza di salvare Torricella, gli inglesi decisero di mandare alcuni ingegneri per riparare la strada. Nonostante ciò il progetto non andò a buon fine poiché il comando diede l’ordine di lasciare Casoli per una missione e Torricella finì nella mani dei tedeschi.
Nel frattempo, il sottotenente Domenico Troilo, fratello di Ettore, riunì volontari a Gessopalena, ma il 4 dicembre i tedeschi diedero l’ordine di sgomberare la città. Troilo decise allora di combattere e riuscì a sottrarre armi ai tedeschi. Inizialmente si trattava di un gruppo composto da poche persone: un ufficiale della regia Aeronautica, Luigi Mancini, contadini, artigiani, giovani e meno giovani,sotto il comando dello stesso Ettore Troilo.
Nacque così, il 5 dicembre 1943, il Corpo volontari della Maiella, nel castello dei marchesi Masciantonio. <26 Sul vettovagliamento vigeva l’arte di arrangiarsi. L’avvocato incontrò degli ostacoli immediati da affrontare, dovuti soprattutto alla necessità e alla contemporanea difficoltà di trovare sussistenza. Ma la motivazione era forte: così completarono i primi plotoni e le operazioni iniziarono. I volontari repubblicani del plotone della Maiella, comandati da Luigi Salvati, salirono, una notte, a bordo di due camion inglesi che si diressero a Casoli al fine di raccogliere altri gruppi e partire per la prima linea.
Gli ufficiali britannici, anche grazie ai contatti con gli ospitali abitanti abruzzesi, si resero conto di come ci fossero italiani degni del massimo rispetto, che avevano scelto di collaborare con gli Alleati in completa libertà e consapevolezza e alla fine il Comando alleato arruolò i gruppi nell’VIII armata sottoscrivendo la seguente formula: “I sottoscritti volontari italiani dichiarano di essere disposti a partecipare alle azioni ed operazioni militari per la liberazione dei paesi della Maiella, obbligandosi a sottostare a tutte le leggi militari del superiore comando alleato”. <27 L’azione era limitata entro limiti territoriali ben definiti, tra il medio e l’alto Sangro e alle falde della Maiella.
Durante tutto l’inverno ad azioni di disturbo avevano fatto seguito scontri importanti a Torricella, Lama dei Peligni, Civitella, fino alla battaglia di Pizzoferrato. La naturalezza e la semplicità degli italiani che avevano accumulato odio verso i fascisti ed erano pronti ad offrire se stessi per difendere i valori della libertà, della patria e della giustizia, avevano indotto gli Alleati, precedentemente orientati verso sentimenti di contrarietà e diffidenza, a valutazioni più favorevoli degli italiani, al punto di accettare il loro arruolamento. Lo Stato Maggiore italiano dichiarò inoltre l’intento di regolarizzare la posizione dei gruppi di volontari nell’ambito delle forze armate regie. Ma Ettore Troilo respinse la proposta, ritenendosi pienamente in grado di mantenere la piena autonomia dei corpi volontari e sottolineando che egli e la sua banda rimanevano fedeli all’Italia. <28
Il Corpo Volontario si trasformava così in “Banda Patrioti della Maiella”, (con un nastro tricolore, ma senza stellette), inserita nell’esercito italiano ai fini dell’inquadramento formale-amministrativo, ma operativamente dipendente dall’VIII armata britannica e autonoma nell’organizzazione e nella disciplina. Con l’inquadramento della Banda della Maiella nell’esercito regolare, i suoi componenti possedevano la qualifica di soldati ed erano provvisti di un tesserino di riconoscimento, ma erano dotati di assoluta autonomia e non erano soggetti né alla disciplina, né all’addestramento dell’esercito e al codice penale militare.
Ma, d’altro canto, la Banda aveva le sue regole precise di rispetto e di disciplina nei confronti degli ufficiali superiori. L’umanità dei combattenti si fece inoltre notare persino nei confronti dei nemici, numerosi sono infatti gli esempi di soldati tedeschi salvati da partigiani abruzzesi. I volontari mantennero quindi l’autonomia rispetto all’esercito regolare, ma continuarono a battersi senza porre pregiudizi sul futuro assetto del Paese e senza proselitismo politico. Significativo del senso di identità e di appartenenza alla patria fu il tricolore presente sul bavero dei combattenti.
Da quel momento tutti i nuclei della resistenza abruzzese nella zona della Maiella si unificarono. Domenico Troilo venne nominato vice comandante della Banda, con il grado di tenente, assumendo il ruolo di comandante militare di tutta la Banda. <29
Nacque così ufficialmente un’unità militare, la “Banda Patrioti della Maiella”, che rappresentò un caso unico della guerra di liberazione italiana e molto probabilmente dell’intera seconda guerra mondiale. Ne fecero parte 450 uomini, divisi in sei plotoni. Da quel momento Casoli divenne la sede del Comando Maiella, deposito di armi e munizioni e centro di coordinamento per l’azione delle squadre. I componenti ricevettero persino dei mitra e qualche mitragliatrice pesante, segno di ulteriore fiducia da parte degli inglesi.
Le azioni degli Alleati al fronte erano rese ancora più problematiche a causa della frammentarietà del fronte e della dislocazione eterogenea dei reparti tedeschi. Le truppe anglo-americane avevano quindi bisogno dei patrioti della Maiella poiché questi ultimi conoscevano a fondo la morfologia del territorio. Di fronte alle rappresaglie dei tedeschi che arrecavano sempre più danni alla popolazione, ormai in preda al panico totale <30, la Brigata Maiella continuò la sua azione con mirabile impegno e coraggio.
Nella primavera del 1944 la Brigata fu impegnata nella ricognizione e nel rallestramento del massiccio della Maiella, fino a quando, in concomitanza con la liberazione di Roma (4 giugno 1944) e lo spostarsi del fronte verso nord, il piano di avanzata coordinato dagli inglesi e da Domenico Troilo, il 9 giugno, entrò nella fase operativa, liberando una dopo l’altra Pacentro, Cansano, Roccacaramanico, Sant’Eufemia, Popoli, Tocco Casauria, Bussi, Pratola Peligna, per puntare su Sulmona. Nell’arco di cinque giorni, tra il 10 e il 15 giugno, Chieti, Sulmona, L’Aquila e Teramo si liberarono dal giogo tedesco. Si chiuse così il primo ciclo del Corpo volontari della Maiella, il ciclo della “guerra in casa”. <31
La solidarietà con i propri commilitoni e la maturata consapevolezza che l’esaurirsi della battaglia in Abruzzo non aveva concluso lo scontro, indussero i volontari ad andare avanti, proseguendo la guerra “fuori casa”. Alle motivazioni iniziali si aggiungevano motivazioni nazionali. Dopo la liberazione di Sulmona la Brigata procedette verso nord, attraversando il confine tra l’Abruzzo e le Marche: si trattava della prima banda di partigiani non più solo nel proprio territorio, ma anche in quello straniero. Tra giugno e luglio, alle dipendenze del II Corpo d’armata polacco, i partigiani, dopo gli scontri con la settantunesima divisione di fanteria tedesca a Filottrano e a Cingoli, liberarono rapidamente una decina di comuni limitrofi precedendo le formazioni avanzate dello schieramento alleato. Collaborando strettamente con i polacchi si apriva la terza fase operativa della Brigata, che perdeva il nome di “Banda” per appropriarsi di quello di “Gruppo patrioti della Maiella”. Nella risalita verso nord, l’assalto a Brisighella, la conquista del Monte Mauro, fino all’impresa di Ozzano, per poi puntare su Bologna, furono le ultime tappe di quel cammino che portò i partigiani antifascisti dal Sangro alla linea del Senio. L’azione della Brigata Maiella non si esaurì neppure a Bologna: l’effetto dei “maiellini”, infatti, si fece sentire anche sulla Wehrmacht in ritirata fino alle linee
avanzate del Veneto. La sezione motorizzata dal tenente Oreste Molini il primo maggio entrò ad Asiago, raccogliendo l’euforia della popolazione liberata, appunto, dagli italiani del “lontano” Abruzzo.
In conclusione di quest’ultima parte, ci tengo a citare le parole del Generale Mc. Greery, comandante dell’VIII armata britannica, che rivolgendosi alla fine della guerra al gruppo “Patrioti della Maiella”, si esprimeva così: “Voi siete stati i pionieri di quel movimento partigiano italiano che tanto ha contribuito al successo della campagna d’Italia e grazie al quale potrà essere ricostruita la nuova Italia. Ora che tornate alle vostre case mantenete vivo quello spirito e quella purezza di intenti che avete dimostrato in guerra, nell’opera di ricostruzione del vostro Paese, di questo vostro Paese che ha tanto sofferto per le rovine e i lutti causatigli dal fascismo prima e dalla guerra poi. É questo lo spirito che farà dell’Italia ancora una volta un paese libero e democratico e le ridarà il posto che le spetta per la sua antica civiltà, nel quadro di quella nuova Europa per la quale tutti abbiamo combattuto e che tutti auspichiamo”.
[NOTE]
23 Cfr M. PATRICELLI, I banditi della libertà, op. cit, p. 292.
24 Nacque in Abruzzo, a Torricella Peligna, e dopo essersi arruolato come volontario nel 1916 e aver conseguito la laurea in giurisprudenza, si avviò all’attività forense prima a Milano e poi a Roma. Grazie al suo impiego ebbe legami con il mondo politico e culturale dell’antifascismo. Tuttavia, a causa di questi legami divenne sorvegliato politico negli anni della dittatura. Nel 1943 riuscì quindi a riprendere la sua attività politica e si aggregò al Partito d’Azione. Cfr. C. VALLAURI, Per la terra e per la patria. Nascita e attività della brigata Maiella in Abruzzo, in C. Felice, La guerra del Sangro, ed. Angeli, Milano, 1986, pp. 327-330.
26 M. PATRICELLI, I banditi della libertà, op. cit, p. 92.
27 Cfr. VALLAURI, Per la terra e per la patria, op. cit, pp. 340-341.
28 Idem, pp. 344-347.
29 Domenico Troilo fu il protagonista dell’organizzazione, colui che concretizzò ciò che teoricamente era stato già concepito dall’avvocato Ettore Troilo, e sarà proprio grazie a lui che la Brigata Maiella, il 13 giugno 1944, giungerà a Sulmona. Egli rappresentò l’elemento di continuità tra la prima e la seconda fase della Brigata, colui che riuscì a far coesistere le differenti mentalità degli elementi appartenenti alla formazione originaria e dei nuovi plotoni che via via si aggiungevano alla Banda e che mostravano un diverso atteggiamento in campo politico e militare.
30 Sono noti diversi episodi di rappresaglie tedesche contro i civili a Onna, nei pressi de L’Aquila (vennero uccisi quattordici uomini e quattro donne nel giro di pochi giorni e venne raso al suolo l’intero paese), a Capistrello morirono trentatré uomini perché ritenuti partigiani), a Filetto ci furono quattro vittime durante un attacco partigiano e in seguito l’arresto e l’esecuzione di altre quindici persone.
Cfr. M. PATRICELLI, I banditi della libertà, op. cit, pp. 163-168.
31 Ibidem, p. 161-162.
Valeria Marras, La resistenza partigiana in Abruzzo, Tesi di dottorato, Université Stendhal Grenoble 3, 2013