E poi ci fu l’operazione Tombòla

La zona di Albinea (RE) – Foto di Giorgio Galeotti del 2011, qui ripresa da Wikipedia

Nel giugno 1944 il Capitano (temporary) Johnston venne paracadutato sull’Appennino modenese presso il gruppo partigiano comandato da Armando (Ricci Mario). Armando, comunista, già combattente nella guerra civile spagnola, aveva creato una zona libera, chiamata “Repubblica di Montefiorino” dal 17 giugno al 31 agosto 1944. Con la conquista della zona libera gli Alleati videro in Montefiorino un punto potenzialmente strategico per un’eventuale infiltrazione alle spalle del fronte tedesco di un gruppo di paracadutisti della “Nembo”. La sua missione era denominata “Envelope” <37, nella stessa zona venne paracadutata la missione “Silentia” del Maggiore E. H. Wilcockson <38. Alla fine di agosto i tedeschi iniziarono le operazioni di rastrellamento, che avrebbe portato alla fine della “Repubblica”, e l’avanguardia dei paracadutisti tornò oltre le linee. Gli ufficiali del SOE, divisi tra Parma, Reggio Emilia e Modena, continuarono ad operare con le formazioni partigiane locali. Alla fine di settembre, dietro le linee operavano alle dipendenze del SOE trentatrè missioni tra inglesi e italiane.
37 NA, WO204/7296, Report on the “Envelope” Mission by V.R. Johnston.
38 NA, HS9/1592, Personal file (fascicolo ancora secretato), Wilcockson Ernest Hulton, nato il 06.02.1917. NA, WO 204/7301, Report written by Major E. H. Wilcockson on the Silentia Mission.
Antonio Martino, La missione alleata “Indelible” nella II^ Zona Operativa savonese, pubblicato su Storia e Memoria, rivista dell’Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell’età contemporanea di Genova, 2011-1

Nel settembre del 1944 le missioni SOE sul campo erano complessivamente 17, di cui 9 britanniche: Flap/Fin [?], Ferulla, B[?], Envelope (che si era divisa in seguito ad un rastrellamento tedesco in Envelope, Envelope Blue e Silentia), Turdus, Blundell Violet, Col[?], e Floodlight, ed 8 italiane Flare, Decolage, Beinstone, Pluma, Winchester, Ant[?], Canopy, e Beacon.
Si tratta comunque di una partizione artificiosa perché derivava dalla nazionalità del comandante. Gli inglesi optarono per questa presenza mista perché la presenza di soli italiani era considerata potenzialmente destabilizzante.
Mireno Berrettini, Le Missioni dello Special Operations Executive e la Resistenza Italiana in QF Quaderni di Farestoria, 2007 – n°3 , Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea della provincia di Pistoia

Dopo il recente attacco a BOSCO, il COMANDO UNICO di PARMA è stato ricostituito: Il comandante unico è ARTA, un ingegnere civile, già alla testa del Comitato centrale di PARMA. Il capo di stato maggiore è LEONARDO TARANTINI, un ufficiale degno di fiducia, già capo della 47a brigata e ex istruttore della scuola di fanteria di MODENA. Il commissario è il professore PELLIZZARI, un democratico cristiano proveniente dall’Università di GENOVA.
Missione Toffee/Envelope blue (SOE), messaggio trasmesso il 29 ottobre 1944 (National Archives di Londra, WO 204/7285, traduzione Isrec Parma).
Redazione, Corniglio (Val Parma) (PR), Resistenza maPPe

Distribuzione dei gruppi partigiani in Appennino secondo il maggiore Roy Farran – immagine qui ripresa da Val d’Asta cit. infra

Toffee è la Missione britannica nel parmense, guidata dal Maggiore Algernon Charles Holland.
La missione Olanda fu paracadutata con il maggiore Davies, Wilcokson e altri come Signal Officer nella squadra avanzata di “operazione Batepits” o “NEMBO”, il lancio mai effettuato di un battaglione paracadutista italiano nella parte posteriore della Linea Gotica (agosto 1944). L’operazione fallì e la squadra avanzata si divise in due, l’Olanda va a ovest e diventa la missione TOFFEE, Wilcockson rimane nell’area e diventa ENVELOPE.
La missione Envelope nasce al termine del grande “rastrellamento” di fine luglio 1944, quando gli Ufficiali britannici paracadutati nei pressi di Montefiorino si dispersero sotto la spinta dei tedeschi.
Il Mag. Charles Holland, con il suo radiotelegrafista Frank Hayhurst, è stato il BLO [n.d.r.: British Liaison Officer, ufficiale britannico di collegamento] della Missione “TOFFEE”, che si muoveva sulle aspre montagne appenniniche tra Parma Est e Reggio Ovest. Il Mag. Wilcockson divenne il BLO dell’area tra Reggio Est-Modena Ovest. Quando Wilcockson tornò dalla parte alleata del fronte, il suo posto fu preso dal capitano Michael “Mike” Lees [n.d.r.: Lees era già stato impegnato in altre missioni anche nei Balcani, ma tra Piemonte e Liguria in precedenza nella missione Flap, di cui a questo collegamento si possono dedurre ulteriori informazioni] e dal suo radiotelegrafista Cpl. Andrea “Berto” Farrimond. Fino alla fine della guerra, divennero la spina dorsale della missione “ENVELOPE/BLUE”.
Altri membri della missione “ENVELOPE” nel febbraio 1945 erano Hugh McGlade (già prigioniero di guerra), Peter Lizza (membro italo-canadese del SOE canadese), Angiolino Orlandini (Brigata Fiamme Verdi), Andrew “Bert” Farrimond (operatore W/T di Lees).
Nella “Envelope Mission” c’era anche il Sig. Bruno Gimpel. Il suo fascicolo è tuttora conservato presso l’Archivio Nazionale, nella sezione SOE, classificato per 87 anni. Bruno era il “Cypher Officer”, addetto al cifrario, della missione.
Da un dibattito in www-specialforcesroh-com

HS 6/844 del 28-2-45, Tac HQ N.1 Special Force, Fascist Secret Politcy Meeting. Il documento riporta un telegramma inviato il 26 febbraio dal maggiore Holland. In esso informava che i partigiani cui era assegnato avevano avuto un incontro con i tedeschi in cui era stato deciso che questi avrebbero lasciato l’Emilia senza essere disturbati e senza distruzioni. La risposta della centrale della Special Force era ferma: «è stato deciso che questo accordo dovrebbe essere proibito e il Comando Unito di Parma [dovrebbe essere] informato che gli Alleati non possono concorrere in nessun accordo». Dopotutto, lo stesso «Comando Supremo Alleato si oppone ad ogni negoziato».
Mireno Berrettini, Op. cit.

«Modena», ten. russo Victor Pigorov, fuggito dal campo di concentramento fu pure ospite della famiglia Cervi, poi di don Borghi a Tapignola, ove si trovava quando avvenne lo scontro con la pattuglia fascista andata per arrestare il prete. Riuscì a circondarsi di un gruppo di ex prigionieri russi, e seguì «Sintoni» nella zona della Val d’Enza, operando con la 32′ Brig. Garibaldi. Avuti altri 30 russi, provenienti dal parmense, il gruppo raggiunse 70 unità e fu costituito in Battaglione. Nei primi di marzo 1945 si porta a Minozzo e prende contatto con «Carlo», che lo mette a disposizione di Mc. Guinty (Cap. Farran, capo di un «Commando» inglese calato sul nostro Appennino). A fine mese assumerà la denominazione di «Compagnia Russi» nel Btg. Alleato.
Redazione, La Resistenza invisibile, lacorsainfinita

L’organigramma dei gruppi partigiani conosciuti dal maggiore Roy Farran – immagine qui ripresa da Val d’Asta cit. infra

Nell’ultimo mese del conflitto, la provincia di Reggio Emilia, per la sua posizione nel retro fronte della Linea Gotica e per la presenza di vie di comunicazione importanti (SS9 e SS63), acquista una rilevanza notevole dal punto di vista strategico tanto per i tedeschi, quanto per gli Alleati. A Botteghe, frazione del comune di Albinea, tra Vezzano sul Crostolo e Montecavolo, si era insediata la V Sezione del comando generale tedesco in Italia, fondamentale nell’ultima fase difensiva. Tra Villa Rossi e Villa Calvi, i tedeschi avevano dislocato, su tre edifici, un ufficio cartografico, una sede per gli ufficiali e, soprattutto, un centralino telefonico collegato direttamente con Berlino; comando di vitale importanza, quindi, per i tedeschi, ma anche obiettivo principale per gli Alleati, quello di interrompere qualsiasi comunicazione tra le armate tedesche, in vista dell’offensiva finale.
L’«Operazione Tombola» si sviluppò proprio con tale fine. Dopo il rifiuto del Comando Unico partigiano al progetto alleato di bombardare la zona, venne pianificata una vera e propria azione militare dal comando inglese e le formazioni partigiane attraverso operazioni di sorveglianza e recupero informazioni tramite guide locali e staffette; stretto collegamento tra il Servizio Informazioni della Missione alleata e i comandi GAP e SAP; e invio di fotografie scattate dagli aerei alleati ai vari comandi partigiani per avere un’idea sull’ubicazione.
La sera del 25 marzo 1945 partirono da Valestra un centinaio di uomini: 40 dalla 26ª e 145ª Brigata Garibaldi comandati rispettivamente da Giovanni Ferri Gianni e Nello Mattioli Antonio; uomini del Battaglione Alleato composto da partigiani della squadra Gufo nero guidati da Glauco Monducci Gordon, partigiani russi guidati da Modena e paracadutisti britannici dal magg. Farran; comandante della missione era il cap. Lees. […]
Chiara Cecchetti, Botteghe di Albinea, 26-27 marzo 1945 in Comando Militare Nord Emilia. Dizionario della Resistenza nell’Emilia Occidentale, Progetto e coordinamento scientifico: Fabrizio Achilli, Marco Minardi, Massimo Storchi, Progetto di ricerca curato dagli Istituti storici della Resistenza di Parma, Piacenza e Reggio Emilia in Rete e realizzato grazie al contributo disposto dalla legge regionale n. 3/2016 “Memoria del Novecento. Promozione e sostegno alle attività di valorizzazione della storia del Novecento”

Ci hanno assaltato all’improvviso, stavamo dormendo. Uomini da tutte le parti: erano invasati, ispirati da un folle che suonava nel bosco” riferì il soldato, leggermente ferito a un braccio. “Suonava nel bosco? Chi diavolo suonava nel bosco?” chiese sbalordito Hauck. “Sì, con una cornamusa”».
Compare così, nel libro “Il suonatore matto” di Matteo Incerti (Imprimatur), il leggendario David Kirkpatrick, detto appunto mad piper, il «cornamusiere folle» che, paracadutato il 24 marzo 1945 con il kilt a quadrettoni e lo strumento musicale scozzese sull’Appennino reggiano, partecipò tre giorni dopo alla cosiddetta «Operazione Tombola ». Cioè l’assalto a Villa Rossi e Villa Calvi, due antiche e nobili ville di Albinea occupate dalla Wehrmacht per ospitare la V Sezione del Comando generale tedesco in Italia e il quartier generale del Corpo alpino tedesco sulla Linea Gotica occidentale.
Aveva già avuto degli eroi, Albinea. Ragazzi che avevano dato la vita nella guerra ai nazisti. Su tutti cinque tedeschi: Erwin Bucher, Martin Koch, Erwin Schlunder, Karl-Heinz Schreyer e Hans Schmidt, un giovane socialista berlinese arrestato e incarcerato nel 1935 perché ostile al Führer, arruolato a forza verso la fine della guerra e inviato alla compagnia trasmissioni della Luftwaffe lì, nella cittadina reggiana. Dove appena possibile aveva preso contatto coi partigiani. «Voleva consegnarci il centro trasmissioni, con le armi, le radio e tutto il materiale che per noi sarebbe stato prezioso», avrebbe raccontato Oddino Cattini, della 37ª brigata Gap. «Lui, e altri soldati d’accordo con lui, sarebbero venuti in montagna, come nucleo iniziale di una formazione che raccogliesse altri disertori tedeschi». All’ultimo momento erano stati traditi, catturati, torturati, giustiziati, buttati in una fossa comune. «Prima di ritirarmi dal cimitero mi avvicinai al comandante chiedendo se potevo avere i nomi. Mi rispose seccamente di no», avrebbe ricordato il parroco, don Alberto Ugoletti. «Uscendo un soldato mi si avvicinò e mi disse: domattina ritorni sulla tomba e sotto le zolle troverà dei biglietti col nome. Sono figli di un dio ignoto, prete».
Era la fine di agosto del 1944. L’anno delle stragi naziste sull’Appennino tosco-emiliano. Delle mattanze a Sant’Anna di Stazzema, a Marzabotto, a La Bettola di Vezzano sul Crostolo… Carneficine decise per rabbiosa rappresaglia contro la guerriglia dei partigiani che dalle montagne scendevano a colpire a sorpresa le truppe tedesche. E proprio per evitare l’ennesimo eccidio, alla fine di marzo del 1945, un mese prima del 25 aprile che avrebbe visto l’insurrezione in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti, David “mad piper” Kirkpatrick fu paracadutato sull’Appennino… Occorreva dimostrare assolutamente, per evitare l’ennesima ritorsione nazista sulla popolazione civile, che l’attacco dei parà alleati alle ville occupate dai comandi tedeschi era un attacco condotto da militari in divisa. Tra i partigiani che tra quelle montagne facevano i basisti della «Tombola operation» c’era un uomo che se ne è andato a novant’anni proprio in questi giorni. Si chiamava Bruno Gimpel e dopo la guerra sarebbe diventato un celebre revisore dei conti e stretto collaboratore di Enrico Cuccia. Figlio di reggiani, nato e cresciuto a Londra, era stato costretto a venire in Italia dopo lo scoppio delle ostilità, quando Churchill aveva lanciato contro i nostri emigrati un ordine scellerato: «Acciuffateli tutti». Senza eccezioni. Un ordine che aveva colpito perfino ebrei rifugiati a Londra dopo le leggi razziali ed era costato la vita a 446 nostri connazionali prigionieri, col filo spinato alle porte, sulla nave Arandora Star, affondata da un siluro tedesco.
[…] Quando don Pasquino Borghi, un prete che aveva fatto il seminario ad Albinea e conosceva la sua famiglia, venne fucilato per aver dato ospitalità a partigiani in fuga, Bruno e il fratello Franco si decisero. Entrarono in contatto prima con la Resistenza e poi, grazie all’inglese fluente che parlavano, con il Soe, il servizio segreto di guerra britannico, per il quale il sedicenne Bruno, bravissimo in matematica, traduceva i codici segreti. Sbocco finale: l’ingresso nella squadra speciale «Gufo Nero» di Glauco «Gordon» Monducci, il partigiano che insieme coi militari britannici portò a termine l’«Operazione Tombola».
L’idea di portarsi dietro uno «zampognaro» scozzese, tra i paracadutisti che dovevano sorprendere i tedeschi dando l’assalto alle due ville, racconta Incerti nel libro, venne al maggiore Roy Farran: «Facciamoci paracadutare un suonatore di cornamusa, e che porti con sé anche il kilt. Sarà il nostro sigillo sull’azione, la nostra arma segreta». E spiegò ai perplessi: «Sarà di fondamentale importanza. Chi penserà mai che cento pazzi, per lo più irregolari, scenderanno per miglia e miglia a valle per attaccare il quartier generale tedesco alle porte della città di Reggio Emilia e che chi avrà salva la pelle da quell’inferno se ne ritornerà a gambe levate sui monti? Penseranno che gli Alleati abbiano sfondato le linee nemiche, li getteremo nel panico… Chi penserà che a questo attacco parteciperanno in massa anche partigiani italiani e russi? Vedranno i nostri baschi, quel suono si propagherà ovunque. Per noi le note della vittoria, per loro quelle del capitolazione. Sarà il nostro sigillo. Dovrà sembrare, anzi, essere un assalto militare britannico in piena regola. Suonerà Highland Laddie». Un’antica ballata popolare.
E fu così che la notte dell’assalto alle due ville, tra i colpi delle granate e le raffiche delle mitragliatrici, tutti sentivano in lontananza, nel bosco, il suono della cornamusa dentro la quale David “mad piper” Kirkpatrick soffiava tutto il fiato che aveva nei polmoni. La mattina dopo un camion si fermò davanti alla chiesa di Albinea. Nel cassone c’erano i cadaveri di tre soldati in divisa. «Li lasceremo nella cappella mortuaria. Provveda lei alla sepoltura», disse un sergente della Wehrmacht. Il parroco, quel don Ugoletti che l’anno prima aveva sepolto Hans Schmidt e gli altri «figli di un dio ignoto» che avevano salvato un pezzetto dell’onore tedesco ribellandosi al nazismo, si sentì gelare: «Ci sarà un’altra rappresaglia?» No, rispose il sottufficiale. Era stata un’operazione di militari britannici. C’era perfino un matto che suonava la cornamusa…
Gian Antonio Stella, E la cornamusa beffò i nazisti, Corriere della Sera, 3 Novembre 2017

Il maggiore Roy Faran – a destra – con una mitragliatrice tedesca alla mano in occasione di un’ispezione del generale Montgomery – Fonte: Wikipedia dove la fotografia appare con la dicitura “…This is photograph E 26182 from the collections of the Imperial War Museums”

Il 27 marzo 1945, il Battaglione Alleato sferrò un attacco a sorpresa al suono di cornamusa al comando generale tedesco dislocato a Villa Calvi e Villa Rossi nei pressi di Albinea. I tedeschi credettero che si trattasse di una operazione militare e non partigiana, e non attuarono alcuna rappresaglia contro la popolazione civile.
Non tutti sanno però che l’Operazione Tombola partì dalle montagne reggiane, dove nel periodo 4-24 marzo 1945 furono paracadutati armi e munizioni e 50 uomini del 3° squadrone del 2° Reggimento dello Special Air Service, comandati dal maggiore Roy Alexander Farran (nome in codice McGinty). Fra questi, il cornamusiere scozzese David Kirkpatrick, che si lanciò con il kilt, e suonò il suo strumento durante l’attacco di Albinea. Per sessantacinque anni fu tormentato dai ricordi di quei giorni, finché grazie a una lettera giunta dall’Italia da parte del giornalista Matteo Incerti venne a sapere che per gli abitanti di Albinea il “Mad Piper” (Suonatore Matto) David Kirkpatrick era considerato un eroe. Da quel momento strinse una forte amicizia con il giornalista e tornò in Italia per essere onorato come un eroe. I comuni di Albinea e Villa Minozzo gli conferirono la cittadinanza onoraria.
Qui raccontiamo brevemente la sua partecipazione a Operazione Tombola. Volutamente abbiamo tralasciato i dettagli della missione, episodi collegati, nomi e altri fatti, per i quali si rimanda alla bibliografia specifica.
[…] Quando il capitano Walker Brown dell’esercito inglese convocò i soldati suonatori di cornamusa del 2nd High Light Infantry, David non ci pensò due volte e subito si offrì volontario per partecipare alla missione segreta denominata “Operazione Tombola”, in cui avrebbe dovuto suonare la cornamusa durante l’attacco del Battaglione Alleato contro il comando militare tedesco stanziato a Botteghe di Albinea.
Il diversivo doveva servire a far credere ai tedeschi di essere attaccati dall’esercito inglese, anziché da un battaglione composto da un centinaio di uomini fra paracadutisti britannici, partigiani italiani della Brigata Garibaldi e partigiani russi.
“You are mad!”, (Tu sei matto!) lo apostrofarono i commilitoni, ma a David proprio non andava giù di rimanere in fureria a fare inventari e a pelar patate. Lui, ex boy scout ventenne dal carattere un po’ turbolento, punito più volte per ingiurie nei confronti dei superiori ed altre cose, aveva bisogno di adrenalina nel sangue, la guerra passata nelle retrovie non era per lui.
Da lì a un’ora si ritrovò quindi sulla jeep che lo avrebbe portato alla base aerea di Cecina per imbarcarsi sull’aereo che lo avrebbe paracadutato oltre la Linea Gotica, alle pendici del Cusna, ancora imbiancato dalla neve. E da bravo scozzese, la sua divisa fu il kilt a quadri.
Case Balocchi. 24 marzo 1945 e giorni seguenti.
Il rombo di un aereo, un paracadute che si apre, e uno strano personaggio in gonnella che si cala dal cielo.
Gli abitanti di Case Balocchi l’avevano scambiato per una donna, ingannati dalla distanza e dal kilt che svolazzava in cielo mettendo a nudo le sue gambe e tutto il resto. Per fortuna, per proteggersi dal freddo aveva utilizzato dei fogli di giornale che gli coprivano le parti intime… La divisa del cornamusiere non comprendeva infatti le mutande.
“L’e là c’al piga al tel e a me a’m per na dona
Perché al post dal breghi lo’ al ga la gona!”
(“Al pivarol c’al vin dal ciel” – Modena City Ramblers, 2012)
In pochi minuti lo scozzese David “Mad Piper” Kirkpatrick atterrò nella piccola radura a monte di Case Balocchi, subito raggiunto dai montanari locali e da un primo gruppo di partigiani e SAS (unità speciali aviotrasportate britanniche). Fra questi Gordon, il comandante della squadra Gufo Nero, e il maggiore Roy Farran a capo del 2° Reggimento SAS, che avevano stabilito il loro quartier generale nel borgo di Secchio, un agglomerato di vecchie case in pietra a pochi chilometri dal Cusna. Estrassero la cornamusa da una cassa che era stata paracadutata insieme ad altre cose e la consegnarono a David che iniziò a suonarla, e le note armoniose dello strumento si diffusero nelle stradine della piccola borgata sotto il Cusna.
Era stato proprio Farran insieme al capitano Michael Lees a creare una unità militare, il Battaglione Alleato, composto da paracadutisti britannici, partigiani italiani e russi, per sferrare un attacco importante contro il quartier generale del LI Gebirgkorps, il 51° corpo alpino tedesco della Wehrmacht, che era dislocato tra trincee, bunker e presidi in un’area dal mare agli appennini compresa fra La Spezia e Bologna. Da alcune settimane infatti stavano progettando l’attacco contro i tedeschi, ed era stato sempre Farran a richiedere un suonatore di cornamusa. L’idea poteva sembrare ridicola, ma in effetti nessun soldato nemico avrebbe potuto immaginare che dietro una cornamusa si celava in realtà un gruppo di cento pazzi per lo più irregolari, pronti a dare il colpo mortale al cuore della Linea Gotica. David venne subito trasferito nel borgo di Deusi dove passò la notte presso il piccolo oratorio insieme agli altri soldati. L’indomani venne condotto nel vicino borgo di Secchio presso una famiglia del luogo che ospitava anche il dottor Giampellegrini, medico e partigiano al servizio delle Fiamme Verdi e della missione inglese, al quale regalò il suo paracadute di seta bianca che sarebbe servito ad Albertina, la fidanzata del dottore, per realizzare il suo abito nuziale. Avrebbero dovuto infatti sposarsi alla fine della guerra.
l momento dell’attacco si avvicinava. In appennino erano già partiti rastrellamenti da parte di tedeschi e fascisti. Gli uomini del Battaglione Alleato che dovevano prendere parte all’operazione avevano ricevuto l’ordine di radunarsi nella località di Montelago di Valestra, da dove in serata sarebbero partiti alla volta delle colline di Botteghe di Albinea caricati su alcuni autocarri. La marcia proseguì poi in silenzio attraverso i boschi, campi e strade secondarie. All’alba si trovavano ormai a un’ora di cammino dal comando tedesco. Per fortuna la nebbia li aiutò celando all’occhio nemico i loro spostamenti. Si rifugiarono nelle abitazioni di Casa del Lupo e imposero ai civili di non uscire dalle case per non destare sospetti.
A metà giornata, le staffette Libertà, Noris, Tundra e le altre ragazze furono inviate a Botteghe per raccogliere informazioni. Al loro ritorno finalmente fu svelato a tutti l’obiettivo dell’attacco: Villa Rossi e Villa Calvi, sede del comando tedesco da dove venivano pianificate le operazioni del lato occidentale della Linea Gotica. A Villa Rossi alloggiavano gli alti ufficiali, mentre a Villa Calvi era conservato tutto il materiale cartografico e ubicata la centrale radio collegata direttamente con Berlino.
Dopo aver assegnato a tutti i loro compiti senza nascondere che nell’operazione molti sarebbero caduti sul campo, Farran si rivolse a Kirkpatrick: ‘Piper, sarai la nostra arma segreta. Faremo fuoco di copertura, mentre tu suonerai la carica muovendoti verso il bosco di Villa Calvi con gli altri. Sarà il suono della tua cornamusa ad annunciare il via dell’operazione. Andremo all’assalto al suono di Highland Laddie. Dovranno sentirti in tutta la valle’.
Botteghe di Albinea, 27 marzo 1945 ore 2.
Tre colonne di soldati si avviarono a piedi da Casa del Lupo verso l’obiettivo armati fino ai denti. Erano circa le due di notte quando giunsero nei pressi delle ville. David tirò fuori la cornamusa dallo zaino e si preparò all’attacco. Un cartello “Achtung Minen!” disorientò per qualche istante i soldati, ma le staffette spiegarono che si trattava di un bluff.
Il paracadutista armato di bazooka era pronto a far saltare la porta di Villa Calvi, ma anziché un boato si sentì un click: il colpo non partì e in quel momento si sentì il calpestio degli stivali di quattro sentinelle tedesche che da lì a poco li avrebbero scoperti. Sfruttando l’effetto sorpresa il Battaglione Alleato attaccò le sentinelle uccidendone tre. Si scatenò l’inferno. David iniziò a suonare il suo strumento e il suono di Highland Laddie iniziò a mescolarsi fra colpi di mitra e bombe a mano. I tedeschi, svegliati di soprassalto iniziarono a sparare alla cieca, mentre i colpi precisi dei mitragliatori alleati andavano diritti al bersaglio. […]
Redazione, Operazione Tombola, Lo scozzese che venne dal cielo, Val d’Asta

Della cinquantina di commandos del 2nd SAS paracadutati in Val d’Asta per l’operazione TOMBOLA, ben 3 o 4 erano ex repubblicani spagnoli che dopo varie vicissitudini (campi di concentramento della Francia e di Vichy, Algeria, Legione Straniera, Siria e Palestina) finirono nel secondo reggimento SAS quasi tutti sotto falso nome. Uno di loro, Ramos, è ricordato da un membro italiano della missione inglese di Mike Lees per un caratteristico “sputazzo” che effettuava prima di ogni raffica.
Da un dibattito in miles.forumcommunity.net

L’avventura straordinaria di Algernon Charles Holland si chiude alle tre di ieri pomeriggio nella chiesa anglicana di via Solferino. Era stato un soldato delle forze speciali inglesi, e di missioni difficili per Sua Maestà ne aveva portate in fondo più d’ una. Ma la missione più lunga se l’era scelta da solo, tornando a Milano in abiti civili alla fine della guerra: la missione di insegnare agli italiani, se non ad ascoltare, almeno a sentire. Eh sì, perché  l’inglese dagli occhi azzurri il cui funerale viene celebrato ieri pomeriggio in via Solferino era l’uomo che sugli apparecchi acustici aveva costruito un suo impero personale, trasformando una piccola ditta creata nella Milano ancora intronata dalle bombe del 1950 nel leader mondiale della vendita di apparecchi acustici, 750 miliardi di fatturato all’anno. Algernon Charles Holland era mister Amplifon. «Partigiano e navigatore», lo definisce uno dei necrologi apparsi ieri.
[…] Ma l’avventura di mister Amplifon in realtà inizia molti decenni prima. Algernon Charles Holland, per così dire, era «nato avventuroso». Sua madre era una scozzese nata in Argentina, suo padre era a sua volta un ufficiale britannico morto nelle trincee della prima guerra mondiale mentre Algernon era ancora nella pancia della mamma. Così a due anni d’ età, nel 1921, il piccolo Holland aveva attraversato per la prima volta l’ Atlantico per andare a vivere con la madre a Buenos Aires. Era cresciuto bilingue, studiando al college inglese della capitale argentina. Ed era tornato in Europa giusto in tempo per catapultarsi nella bolgia che sarebbe divenuta il massacro della guerra. Entra nelle special forces di Sua Maestà. E il primo incarico, visto che parla lo spagnolo perfettamente, è ovvio. Lo mandano in Spagna, accanto alle truppe repubblicane come l’ inglés di Hemingway. Poi in Grecia, ad organizzare il sostegno alleato alla resistenza contro l’ invasione dei nazifascisti. E infine, per questo affascinante fratello maggiore di James Bond, l’ incarico che avrebbe cambiato tutta la sua vita successiva: la missione in Italia, accanto ai partigiani. Holland [*] è viene paracadutato nel 1944 sull’ appennino a sud di Parma come ufficiale di collegamento con la Resistenza italiana. Per un anno vive insieme ai partigiani, combatte accanto a loro, li istruisce, li aiuta a ricevere i rifornimenti di armi che gli alleati fanno piovere dal cielo. Sono mesi feroci, sono gli ultimi mesi del regime e dell’ occupazione nazista. In primavera, Holland entra a Parma con i partigiani. Se uno è un uomo di un certo tipo, sono cose che non si dimenticano. Finisce la guerra, Charles diventa responsabile delle telecomunicazioni dell’ esercito alleato prima in Lombardia, poi in tutta Italia. Quando l’esercito lo congeda, per qualche tempo torna a Londra. Ma qualcosa dell’Italia gli è entrato dentro. Forse la lingua, certi cibi, o certe facce. Insomma, continua a pensarci. E alla fine decide che non c’è nulla che gli impedisca di tornarci. Sbarca a Milano all’inizio del 1948, senza sapere bene cosa farà. È un ingegnere, ma che se ne fa di un ingegnere inglese un’Italia che si sta ancora leccando le ferite? […]
Luca Fazzo, Il partigiano che sconfisse la sordità, la Repubblica, 17 marzo 2001

[*]  Anche qui [nel romanzo di Ubaldo Bertoli, La Quarantasettesima, Torino, Einaudi, 1961], non sono i destini dei singoli a interessare ma la dimensione collettiva e comunitaria della 47° Brigata Garibaldi nella sua totalità, come il titolo mette ben in evidenza. Le vicende del gruppo sono seguite dall’ottobre 1944 fino alla Liberazione. La brigata compare subito in apertura di romanzo come un corpo unico, compatto e inscindibile. Si parla della formazione garibaldina come di una persona in carne ed ossa, nel cui carattere predominano l’avventatezza e la mancanza di disciplina: “Un mattino dell’ottobre 1944, il maggiore Arnold Charles Holland, discutendo col commissario della 47a su certe innovazioni strategiche che egli riteneva indispensabili, colse l’occasione propizia per affermare che la brigata «aveva la testa calda». Nativo del Sussex, il Maggiore, che si esprimeva unendo alle parole gesti dalla sconcertante lentezza, intendeva riferirsi al temperamento impetuoso che la 47a effettivamente mostrava di avere anche nei riguardi della disciplina militare. […] In seguito, il Maggiore ornò quel giudizio di un accrescitivo suggeritogli probabilmente da alcune circostanze in cui la 47a dimostrò una particolare intraprendenza, e, sino al giorno che, sotto lo sguardo cerimonioso e attento di autorità militari e civili, depose le armi, la 47a Garibaldi, operante nell’Est Cisa, fu sempre conosciuta per «una brigata dalla testa troppo calda»”. <26
Nello svolgimento del romanzo, l’impostazione corale lascia spazio ai singoli attori – si potranno conoscere Ilio, William, Spumino e altri partigiani – ma la brigata nella sua unità rimane la vera protagonista del romanzo.
Il racconto, condotto da un narratore onnisciente ed esterno che domina l’intera tematica e spesso si svincola dal tempo della storia per inserire prolessi sui singoli destini dei combattenti, non lascia spazio a reticenze. Il romanzo assume a tratti le sembianze di un resoconto <27 militare sui movimenti del gruppo all’interno del quale sono inseriti episodi relativi ai singoli componenti la brigata, così che i due livelli narrativi coinvolti, umano-privato e militare, si possano fondere in modo equilibrato, senza sovrapporsi uno all’altro e contendersi dello spazio.
L’immagine della Resistenza che il romanzo propone è diametralmente opposta al ritratto quasi idilliaco di Tobino: la guerra partigiana appare infatti come un conflitto combattuto secondo regole spesso crudeli, capace di sdoganare istinti ferini e lontani dalla moralità umana. Bertoli conduce, inoltre, una riflessione profonda sull’uso della violenza, legittimo e non, che è stato fatto durante la guerra partigiana. I suoi attori non sono soldati ma semplici uomini
comuni che combattono per la propria libertà: il continuo contatto con la morte, di cui sono attivi esecutori, apre in loro momenti di crisi morale. Se a caldo i partigiani di Bertoli sembrano vendicatori dei torti perpetrati dai fascisti e si atteggiano ad attenti strateghi, a freddo cercano giustificazione e assoluzione per gli atti violenti a cui sono costretti, in modo da potersi sentire ancora parte di una società civile e non di un mondo bestiale. Si veda, in questo brano, l’angoscia dei ribelli posti di fronte all’ex maestro, fascista e colpevole di razzie, che deve essere giustiziato: “Per un momento il condannato parve umile e consapevole delle sue colpe e tra i partigiani pronti a sparare calò fredda l’angoscia per quanto erano costretti a fare. Le fiammelle oscillavano dentro i vetri polverosi, più cupa pareva la notte e di là dai campi più neutrale il silenzio. Il maestro stava immobile, la testa piegata sulla spalla. I partigiani sollevarono i fucili”. <28
Il bisogno di mantenere vive le normali pratiche della società civile in una dimensione disumana quale è la guerra partigiana si manifesta anche nella scena in cui la staffetta Maddalena recupera e seppellisce, facendolo benedire, il corpo del suo comandante Juan, condannato alla fucilazione dal Comando.
[…] L’anormalità di un conflitto che ha per protagonisti attivi i civili emerge in modo più marcato rispetto ai romanzi precedenti poiché è posta qui a confronto con la guerra “regolare” dei due personaggi appartenenti ad un esercito: il maggiore Holland e Michael Tyler. I due ufficiali inglesi sono stati inviati in Italia dal comando alleato per controllare e disciplinare l’operato della brigata imponendo regole che i ribelli non possono seguire. Tra loro e i partigiani si creano rapporti conflittuali che non si risolveranno mai in un dialogo paritario poiché viaggiano su lunghezze d’onda diverse. Gli ufficiali inglesi sono privi di un coinvolgimento individuale attivo poiché combattono per ubbidire agli ordini e svolgere un compito per il quale vengono pagati, in luoghi che lasceranno per fare ritorno alle loro case. Per i partigiani invece, che non sono legittimati da nessun potere statale se non da loro stessi, combattere è l’ultima ratio per difendere quanto loro appartiene, senza avere la garanzia di un futuro chiaro verso cui guardare e con la consapevolezza che porteranno su di sé, in quel futuro, la responsabilità del sangue versato.
I partigiani appartengono al territorio nel quale combattono e conoscono personalmente i loro nemici: anche la dimensione civile della guerra, quindi, emerge in tutta la sua prepotenza.
25 UBALDO BERTOLI, La Quarantasettesima, Torino, Einaudi, 1961, che cito dall’ed. Torino, Einaudi, 1976.
26 Ivi, p. 4.
27 La cronaca è pienamente verificabile, nella sua fedeltà a fatti storicamente avvenuti: Bertoli non storpia toponimi o nomi di battaglia ed è preciso nella descrizione degli scontri.
28 U. BERTOLI, La Quarantasettesima, cit., p. 40.
Sara Lorenzetti, Narrativa e resistenza: “invenzione” della letteratura e testimonianza della storia, Tesi di dottorato, Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro” – Vercelli, Anno Accademico 2014/2015

Un “Gufo Nero” è volato in cielo. Nella serata di venerdì, all’ospedale di Milano, dove era ricoverato da qualche giorno per un’infezione, si è spento Bruno Gimpel uno dei partigiani che prese parte a “Operazione Tombola”, il leggendario attacco anglo-partigiano al quartier generale tedesco che comandava la Linea Gotica occidentale da Botteghe d’Albinea. Gimpel aveva 90 anni, compiuti a metà settembre. Entrò nella Resistenza quando era adolescente. Nato a Londra da madre reggiana originaria di San Pietro, allo scoppio delle ostilità tra Italia e Gran Bretagna fu costretto a lasciare la City e tornare in Italia con i fratelli. «Il primo giorno di scuola arrivato a Reggio mi chiesero di commentare una frase di Mussolini: “È l’aratro che traccia il solco ma è la spada che lo difende – ricordò – Lasciai il tema in bianco. Non capivo né il senso né lo scopo di un esercitazione su un tema del genere. Lo ritenevo uno slogan senza senso e idiota per me che venivo dalle scuole inglesi ed ero cresciuto con la democrazia nel sangue».
A Reggio lui e la sua famiglia frequentarono don Pasquino Borghi, il prete fucilato dai fascisti il 30 gennaio 1944. Fu proprio dopo quel barbaro assassinio che Bruno e suo fratello Franco, oggi 93enne e residente a Milano, ottimi conoscitori della lingua inglese entrarono in contatto con la Resistenza venendo poi in contatto con le missioni del SOE, il Servizio segreto di guerra britannico, che li utilizzarono anche come interpreti. Bruno, abilissimo nella matematica, a poco più di 16 anni divenne l’addetto ai codici segreti della missione Soe Envelope a Secchio (Villa Minozzo), guidata dal capitano inglese Mike Lees. Da lì poi entrò nella squadra speciale “Gufo Nero” di Glauco “Gordon” Monducci, svolgendo anche il ruolo d’interprete. Tutti i messaggi cifrati e in lingua inglese venivano tradotti da Gimpel. Dalla sua intelligenza passarono gli ordini organizzativi di “Operazione Tombola” e tantissime altre azioni anglo-partigiane. Fu lui ad accogliere i paracadutisti del 2nd SAS guidati dal maggiore Roy Farran appena atterrati ai piedi del Cusna.
E fu sempre lui a lanciare il messaggio in codice per chiedere l’invio del suonatore di cornamusa David “Mad Piper” Kirkpatrick , che con il suo suono evitò una rappresaglia contro i civili di Albinea. Nel primo dopoguerra Gimpel fece da interprete alla cerimonia di riconoscimento della cittadinanza onoraria a Reggio per il capitano Mike Lees, ferito durante l’Operazione Tombola. Su quell’attestato ironizzava: «Lees era un anticomunista viscerale e l’unica città che lo ha premiato è stata la più comunista d’Italia».
[…] Dopo la guerra si trasferì a Milano dove si laureò e iniziò la sua carriera lavorativa. Una carriera che gli ha fatto scrivere pagine importanti a livello economico. Negli anni divenne uno dei più importanti collaboratori di Enrico Cuccia in Mediobanca, ricoprendo il ruolo di revisore dei conti. Tradusse dall’inglese e importò in Italia principi contabili internazionali e di revisione del bilancio, fondando la “Reconta Ernst&Young”. In pratica fu il primo revisore dei conti d’Italia, tanto che era presidente onorario della società italiana dei revisori dei conti.
Matteo Incerti, Addio al partigiano Bruno Gimpel, Gazzetta di Reggio, 30 ottobre 2017

Durante la seconda parte della missione Tombola, vi fu uno scontro a fuoco il 21 aprile presso Torre Maina di Maranello, dove venne ucciso il parà del SAS Justo Balerdi, conosciuto con il nome di battaglia “Robert Bruce”, originario dei Paesi Baschi. Repubblicano e antifascista già nella Guerra di Spagna del 1936/39, arruolatosi poi nella Legione straniera francese, Bruce fu l’unico basco ma non l’unico spagnolo antifascista ad aver combattuto nelle file del SAS durante la seconda guerra mondiale.
L’operazione Tombola continuò fino al 23 aprile, con l’interruzione di strade e il sabotaggio di diverse installazioni. Come conseguenza di ciò, vi furono circa 300 tedeschi uccisi e 200 catturati. Inoltre, diversi militari dell’aeronautica alleata, che erano stati nascosti dalla popolazione, poterono rientrare nelle linee amiche.
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