Entrava un’aria fine, piena di ombre e tremolii d’argento

Francesco Biamonti ritratto da Ario Calvini – Fonte: Atti impuri

Due giorni dopo il tempo era mutato. Entrava un’aria fine, piena di ombre e tremolii d’argento.
Edoardo ripuliva l’area di caduta delle olive: ben presto si sarebbero dovute stendere le reti. Era con Sirio, un suo compagno. Sirio aveva fatto un po’ di carriera nella marina da guerra e per passare il tempo lavorava in nero. Erano nati degli arbusti, lentischi, allori e alaterni, e li toglievano col picco.

Mi rincresce. Sarebbero belli.
Imbarazzano, e crescono a spese degli ulivi.
Sui margini si potrebbero lasciare.
Togli tutto, ce n’è tanti nel bosco.
Piacciono dentro i vasi.
A chi?
Alle donne.
Non certo a quelle che andavano a segare il fieno sulla montagna.
Hai una strana visione delle falciatrici, delle nostre madri.
Ogni tanto sul mare me le vedevo davanti e mi dicevo: hanno fatto una vita peggiore della nostra. Tu non ci pensavi?
In questo momento non mi viene in mente, – disse Edoardo.
Gli venivano in mente tante altre cose, ma non quel ricordo.
Entravano soffi più forti e vagavano ombre argentate.
Sirio era un lavoratore scrupoloso; e nella foga calpestava minuscoli fiori che, nella loro tinta, facevano concorrenza al cielo.
Fa’ con calma.
A novembre dobbiamo abbacchiare: stanno già uscendo le mosche dal verme di San Luca. Meglio prendere le olive acerbe che punte. O vuoi prenderle come Dio le manda?
Le ombre argentate si posavano sugli alberi, poi ripartivano. Passavano nuvole traforate, resti di cirri davanti al sole.
Sta per venire il vento da ponente.
Non è un vento freddo.
Forse stasera piove.
Se il tempo ci lasciasse finire questo lavoro.
A me piace sempre quando piove. Mi sembra di bere insieme agli alberi.

Francesco Biamonti, Il silenzio, Torino, Einaudi, 2003

Foto di Ario Calvini – Fonte: Atti impuri