Esistono delle attività parlamentari più strategiche per una lunga carriera nelle istituzioni

Già a metà Ottocento, nella Nazione dove nacque il primo parlamento (Pitkin, 2017), si affermava come dalla qualità della classe politica inglese dipendesse il futuro di Westminster.
Bagehot, nel descrivere i doveri della House of Commons, disse che la Camera bassa aveva la funzione di educare i propri cittadini, perché solo con una buona discussione parlamentare si sarebbe potuto trasformare in meglio la società. Come sintetizzava l’autore: “Un grande dibattimento in parlamento fa penetrare i suoi sentimenti su ogni cosa” (Bagehot, 1995, p. 143).
Per raggiungere questo scopo, qualsiasi democrazia necessita di una buona classe parlamentare, ma, stando al giudizio degli Italiani, sembra che noi non la possediamo (Demos & pi, 2021; ISTAT, 2022). Così, mentre ci si interroga su quale sia il destino nei decenni ad avvenire dei parlamenti (Judge & Leston-Bandeira, 2021), più dei tre quarti dell’opinione pubblica non ha fiducia nei partiti politici o nel parlamento (Demos & pi, 2021), con quest’ultimo organo, come suggerito da Pasquino e Pelizzo (2006), che viene disprezzato, perché nell’immaginario collettivo è il simbolo “della casa della politica” o del “luogo di lavoro” dei politici di professione.
Questa sfiducia dell’elettorato si manifesta anche nel dato sull’affluenza delle elezioni politiche del 2022, pari al 63.91% degli aventi diritto e inferiore al 72.94% del 2018.
In questa tesi di dottorato si sono analizzati i Deputati della XVI e XVII legislatura, per determinare quali fossero i loro ruoli all’interno del legislativo italiano e quali fossero le attività politiche strategicamente più remunerative per avere una carriera politica. Per determinare questi aspetti, prima si è inquadrata la ricerca all’interno della letteratura politologica esistente, poi, nella parte empirica, si sono analizzati i ruoli e le carriere dei Parlamentari.
La parte empirica è stata possibile grazie all’ausilio di un database inedito sui Deputati italiani delle ultime tre legislature. Grazie all’impiego di molteplici fonti, quali quelle dei siti della Camera, del governo e di Openparlamento, si sono raccolti i dati sulle attività parlamentari, a cui è stato aggiunto il numero di agenzie ANSA riguardanti ogni rappresentante, fonte impiegata per la prima volta in letteratura. Questo processo ha coinvolto più di mille Onorevoli, sui quali sono state ottenute informazioni per un totale di 63 variabili. Il database ottenuto è stato usato nei capitoli 3 e 4, ovvero per ricostruire i ruoli dei Parlamentari e per stabilire i fattori che favoriscono le carriere. Riguardo alla letteratura esistente sui ruoli, la metodologia della cluster analysis e i risultati del modello sulle carriere hanno confermato che è possibile stabilire i ruoli quantitativamente (Jenny & Müller, 2021; Russo, 2013) e che esistono delle attività parlamentari più strategiche per una lunga carriera nelle istituzioni. Nello specifico, il capitolo 3 ha ricostruito i ruoli dei Parlamentari e descritto come questi sono suddivisi tra i partiti politici, mentre il quarto ha determinato la relazione tra ruoli e carriere parlamentari.
Il capitolo 3 ha stabilito i ruoli nella XVI e XVII legislatura con una two steps cluster analysis, dividendo i Parlamentari a seconda dei valori posseduti nell’indice di territorialità, specializzazione, visibilità e proattività. Questi indici hanno misurato la concentrazione di interrogazioni scritte di carattere localistico o riguardanti un unico tema sul totale di quelle presentate (indici di territorialità o specializzazione), e hanno misurato il totale di proposte di legge o di agenzie riguardanti un Deputato, rispetto a quelle del proprio gruppo parlamentare (indice di proattività) o di tutti gli eletti alla Camera dei deputati (indice di visibilità).
Si è scelto come metodo di divisione la two steps cluster analysis, ovvero l’impiego dei criteri di linkage di Ward e della tecnica delle k-means, perché questo procedimento è stato individuato come quello più adatto, per la distribuzione statistica degli indici che si sarebbero poi impiegati come criterio di ripartizione.
I gruppi emersi hanno messo in luce come i rappresentanti impieghino in maniera differente la “risorsa scarsa” che è il tempo, fra lo specializzarsi su un unico argomento, dedicarsi alle problematiche della propria constituency, apparire sui media nazionali e presentare delle proposte di legge (Strøm, 1997; 2012). La divisione ha così individuato profili di rappresentanti analoghi a quelli osservati in altri parlamenti; in particolare, sono emersi gli Onorevoli che si dedicano solo ai media, ma non all’attività parlamentare (show horses), oppure sono interessati solo a presentare atti localistici (constituency members), oppure producono solo atti generalisti (generalisti), oppure si specializzano, presentando molti atti parlamentari e ottenendo una buona presenza mediatica (lawmakers).
Sia per la XVI che per la XVII legislatura, si è analizzato come questi gruppi si distribuiscono tra i partiti politici e si è affermato che un Onorevole presente in entrambi i periodi tende a non cambiare il proprio ruolo.
Una volta definiti i ruoli, nel capitolo 4, l’analisi si è concentrata sulla scelta dei ruoli. Si è voluto verificare se alcuni di questi sono legati ad una più lunga carriera parlamentare (tenure), tenendo conto dell’effetto di altre variabili. Per gli eletti della XVII e XVIII legislatura, attraverso la stima di un modello mLogit per le 2 legislature, si è stabilito come una maggiore permanenza nel legislativo fosse più associata ai ruoli da show horse e da lawmaker rispetto a quello da constituency members.
Aver stabilito che il ruolo da show horse o da lawmaker è associato ad una maggiore permanenza nel legislativo, è un’evidenza positiva rispetto all’approccio di Strøm (1997; 2012) alla teoria dei ruoli, perché nella sua teoria si postulava come un ruolo fosse un “game plan” scelto opportunisticamente dai rappresentanti, per tornaconti personali, ovvero per ottenere più facilmente la rielezione, la ricandidatura, un incarico di partito o un incarico di governo.
Il limite che può tuttavia emergere dal seguire esclusivamente questa teoria, è che non si è in grado di spiegare perché tutti i Parlamentari non diventino show horses o lawmaker, ruoli che garantiscono una lunga carriera nelle istituzioni. Se gli eletti agissero in maniera opportunistica e razionale, tutti dovrebbero ricoprire questi ruoli, ma a questo punto perché, ad esempio, esistono altri tipi di Parlamentari, come i constituency members? Delle possibili risposte possono essere che questo non accade perché non tutti riescono ad accedere ai media, o perché, per via di prassi interne, è consuetudine che i rappresentanti neofiti si dedichino alle attività localistiche (Matthews, 1960).
Un’altra spiegazione potrebbe essere che, in virtù di un principio di appropriatezza, i rappresentanti con passate esperienze territoriali interpretino più facilmente il loro mandato come dei “membri del collegio”, interessandosi con maggiore spontaneità a queste tematiche (Russo, 2021b).
Considerando queste dinamiche si può integrare l’approccio strategico di Strøm (1997; 2012), affermando che la scelta delle attività da svolgere nel mandato dipende anche da fattori esogeni rispetto alla rielezione. Per alcuni, come affermano Payne (1972) o Searing (1994), le attività politiche non remunerative potrebbero essere condotte per motivazioni personali e un Deputato diventerebbe constituency member, perché in passato ha avuto un incarico negli Enti Locali.
Per approfondire questo aspetto, un metodo potrebbe essere quello di affiancare la teoria di Strøm (1997; 2012), con quella motivazionale di Searing (1994), affinché, tramite delle interviste su un numero ristretto di Deputati, si possano individuare le ragioni per le quali parte dei rappresenti scelgono di svolgere delle attività non remunerative per la propria carriera.
In ogni caso, il risultato emerso al termine del capitolo 4, per il quale, nella XVII, il ruolo da show horse è associato ad una lunga carriera nelle istituzioni, evidenzia dei potenziali rischi per il collocamento del parlamento all’interno del sistema politico italiano. Come affermato da Payne (1972), altri Deputati, scoprendo il vantaggio di apparire nei media rispetto a quello di svolgere attività parlamentari (come avviene per il ruolo da show horse), potrebbero emulare questi rappresentanti, compiendo attività politiche analoghe. Quindi, se i Parlamentari che controllano i governi dovessero diventare una esigua minoranza, gli esecutivi acquisirebbero un maggiore potere e sarebbero più liberi di mettere in atto qualsiasi politica pubblica essi desiderano.
La distribuzione dei ruoli tra i Parlamentari nella XVI e XVII legislatura ci ha indicato tuttavia come si sia lontani da questo epilogo, perché solo una minoranza degli eletti è show horse. Essi sono solo 64 Deputati su 536 nella XVI (11.94%) e solo 44 su 547 nella XVII (8.04%). La loro inattività è di conseguenza compensata dall’attivismo dagli altri ruoli di constituency member, generalista e lawmaker, che, essendo in maggioranza, contribuiscono al corretto funzionamento dell’organo. Riprendendo Bagehot (1995), la presenza dei constituency members comporterà sempre che venga portata avanti la funzione informativa delle Camere, con i governi che potranno conoscere quali sono i problemi presenti sul territorio; viceversa, la presenza dei lawmakers, ovvero di Deputati specialisti, farà in modo che la legislazione sempre più complessa prodotta dagli esecutivi venga controllata.
Queste figure, così come anche quella dei generalisti, per la loro capacità di controllare il governo sui temi maggiormente dibattuti dall’opinione pubblica, impediranno al potere in carica di diventare ‘assoluto’ e libero di agire come vuole.
In base a questo aspetto, non si ritiene che sia un fattore di pericolo per il parlamento l’evidenza che i Deputati da più tempo nel legislativo sono più facilmente anche degli show horses.
Se i parlamenti sono nati con il motto “no taxation without representation”, ovvero per far sì che dei rappresentanti dei cittadini controllassero le leggi, o le imposizioni fiscali dei governi (Pasquino & Pelizzo, 2006), si reputa che la funzione di controllo dell’operato del governo continuerà ad essere svolta, perché garantita dai ruoli di constituency member, di generalista e di lawmaker.
Oltre a questo, anche se in futuro la classe parlamentare dovesse peggiorare e se le elezioni dovessero produrre governanti pessimi, il risultato che queste producono, ovvero l’esistenza di un’Assemblea rappresentativa, resta in ogni caso positivo, perché garantisce la tenuta democratica di un Paese. Come suggerisce Sartori (1989, p. 255), un parlamento, anche se mal funzionante, solo per il fatto di esistere, è indispensabile “non per quello che fa, ma per quello che impedisce di fare ai governanti”.
Insieme a questa funzione, questa ricerca ha evidenziato l’utilità della teoria dei ruoli per comprendere il funzionamento del parlamento e l’agire dei Parlamentari. Complessivamente, si può terminare questo lavoro, guardando con ottimismo al collocamento dell’Assemblea legislativa nel sistema politico italiano.
Paolo Gambacciani, I Deputati italiani delle tre legislature dal 2008 al 2022: un’analisi empirica dei ruoli, Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano, Tesi di Dottorato, Anno Accademico 2022-2023