Fu avviata al suo doloroso calvario

Fonte: ANPI Grosseto cit. infra

[…] Di una massetana è […] il nome più celebrato della Resistenza in provincia di Grosseto: Norma Pratelli Parenti, seviziata e uccisa dai nazifascisti in circostanze ancora non del tutto chiarite, il 22 giugno 1944, medaglia d’oro al valore militare. La fotografia di Norma, che compare in tutte le pubblicazioni locali sulla Resistenza, mostra un sorriso luminoso e dolce, che non sembra accordarsi con l’immagine dell’eroina sofferente o della martire. Manca ancora uno studio accurato sulla vicenda di questa donna, sulla cui fine si è steso a lungo un silenzio, forse motivato dalla consapevolezza di quanto sarebbe stato difficile gestire nel dopoguerra le lacerazioni provocate da un’azione tanto brutale, cui non dovette essere estranea la responsabilità dei fascisti repubblicani locali. […] Ha prevalso, nei primi scritti che ricordano Norma, la retorica del sacrificio, l’immagine della giovane sposa e madre, come in una poesia anonima, datata giugno 1944, o in un opuscolo diffuso dall’UDI, il cui linguaggio è lo stesso della pubblicistica locale sugli episodi luttuosi di stragi ed eccidi (“fu avviata al suo doloroso calvario. Percossa ed ingiuriata, martoriata nel corpo e nell’anima”) e dunque appare fortemente connotato dal clima di una guerra ancora in corso, molto lontano da noi, dalla nostra sensibilità e dai nostri registri linguistici, ma non specchio deformante del clima del momento. Tutta la prima pubblicistica e le memorie più lontane da noi ricordano l’episodio della disobbedienza di Norma al divieto di dare sepoltura al corpo del partigiano Guido Radi, trascinato dai nazifascisti per le strade di Massa Marittima, con una descrizione che evoca più l’archetipo femminile della legge del cuore – il sacrificio di Antigone-– che non un’appartenenza o una adesione pienamente consapevole alla lotta antifascista.
[…] più che una biografia, forse è possibile – e utile – fare una storia della memoria di Norma Parenti e di come è stata letta una Resistenza combattuta sul fronte della solidarietà, nella città dove ha avuto maggiore spazio di tutta la provincia la Resistenza militare, in coerenza con un forte impegno antifascista precoce. Sarebbe utile dare ragione del lungo oblio dei massetani, e confrontarlo con la retorica di quell’opuscolo UDI del 1944, che ne “santifica” il martirio.
Luciana Rocchi, “Voci, Silenzi, Immagini. Memoria e Storia delle donne grossetane”, 2004
Redazione, Norma Parenti, ANPI Grosseto Comitato Provinciale “Norma Parenti”, 24 giugno 2014

[…] Elenco delle vittime decedute:
1. Parenti Norma, nata il 01/06/1921 a Massa Marittima. Nota per la sua forte fede cattolica (militava nell’Azione Cattolica), dal febbraio 1941 risiedé per un anno a Villa Santa Regina (Siena) per il probandato nella Compagnia delle figlie dimesse di S. Angela Merici. Ritornata a casa per motivi di salute, il 31 marzo 1943 si sposò con Mario Pratelli, uno sbandato ricercato dai fascisti durante il periodo della RSI. Norma lavorava presso la trattoria “Roma” di Massa Marittima, di proprietà della madre, svolgendo al contempo il compito di staffetta partigiana della 3. Brigata Garibaldi “Camicia Rossa”. Bella, vivace e decisamente moderna per il periodo storico in cui visse, in tutte le
testimonianze Norma è stata descritta come una donna esuberante, insofferente a regole e schemi, intraprendente e temeraria. Se non le si può attribuire un’appartenenza politica definita, di certo fu rigida e decisa nello schierarsi a fianco delle bande partigiane e contro il nazifascismo. Con la sua audacia accorreva ovunque ci fosse bisogno, svolgendo azioni di propaganda, rifornendo di armi e viveri i partigiani, incoraggiando la diserzione dei prigionieri tedeschi e l’afflusso alle bande dei giovani renitenti, nonché sfidando il divieto di sepoltura per i “ribelli” uccisi dai nazifascisti.
[…] A Massa Marittima, l’intensa partecipazione della popolazione alla guerra di Liberazione si deve alla compenetrazione tra la tradizione repubblicana ottocentesca e quella anarchica,  socialista/comunista. Già verso la fine del settembre 1943 si costituì il CLN comprendente tutto lo schieramento antifascista, da subito in contatto col primo gruppo partigiano della zona, la “Banda del Massetano” guidata da Elvezio Cerboni. Per migliorare l’organizzazione delle bande, il CLN di Massa pose alla loro guida un militare, il capitano Mario Chirici, repubblicano. Da qui nacque la 3. Brigata Garibaldi (gennaio 1944), dalla quale si staccarono progressivamente per divergenze col comandante – legate alla fede politica, alle modalità di conduzione della lotta e alla visione dell’Italia del dopoguerra – vari elementi che costituirono nuclei poi confluiti nella 23. Brigata Garibaldi “Guido Boscaglia”, alle Carline, tra le province di Grosseto e Pisa. Altre formazioni attive in zona erano la “Camicia Bianca” e l’11. Banda Autonoma, d’ispirazione monarchica.
Quella di Massa fu dunque una Resistenza forte e partecipata, che limitò il controllo nazifascista del territorio ma si dimostrò anche divisa, come testimoniano le polemiche successive ai rastrellamenti (su tutti quello del Frassine del 16 febbraio 1944) e i conflitti fra “militari” e “politici”, sfociati perfino in divergenze di vedute sulle strategie da adottare nei giorni della Liberazione. La ritirata tedesca fu particolarmente dura per la popolazione civile: oltre alla strage dei minatori della Niccioleta (83 morti, 13-14 giugno 1944), durante il passaggio del fronte si registrarono altri 14 morti civili. Alla vigilia della liberazione da parte degli Alleati (24 giugno 1944) si assistette a un crimine orrendo: la staffetta partigiana Norma Parenti, nota per il suo forte impegno in favore della Resistenza, fu prelevata dalla sua abitazione insieme alla madre e condotta al podere di Coste Bostrelli, dove i nazifascisti la seviziarono e uccisero.
Roma Camerini, madre di Norma, era stata rilasciata in precedenza. […]
Marco Grilli, Epidodio di Coste Bostrelli, Massa Marittima, 23.06.1944, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia

La mattina dell’8 maggio 1944 la squadra della XXIII Brigata Garibaldi comandata da Marcello Vecchioni venne inviata a sabotare le linee elettriche e telefoniche per disturbare l’azione del nemico.
Dopo aver fatto saltare un traliccio dell’alta tensione ed avere interrotto i cavi del telefono i partigiani vennero a sorpresa ingaggiati da militi fascisti. Nello scontro a fuoco furono gravemente feriti il giovane Guido Radi, detto “Boscaglia”, e Alvaro Betti, detto “Ciocco”.
Guido Radi venne dapprima colpito alle gambe e impossibilitato alla fuga. Raggiunto dai fascisti venne accerchiato e gli fu imposto di rivelare i nomi dei compagni, per risposta esplose l’ultimo colpo del moschetto sui fascisti e questi lo finirono.
La squadra partigiana rientrò velocemente alla base e “Ciocco” venne affidato alle cure del medico partigiano Giorgio Stoppa, ma non riuscì a salvarlo: morì alle 4 del mattino del giorno successivo.
Il corpo di Guido Radi venne sepolto sul posto dello scontro dai fascisti, successivamente però i tedeschi recuperarono il cadavere e lo straziarono nel trasporto verso Massa Marittima.
Il nome “Boscaglia” verrà successivamente ripreso dalla 23° Brigata, cui apparteneva Radi, che continuò a operare fra le province di Pisa, Siena e Grosseto per tutta la durata della guerra.
Giovanni Baldini, La morte del giovane “Boscaglia”, ResistenzaToscana.it, 27 settembre 2004