Fu il veneziano Alessandro Gallo ad organizzare e condurre il primo gruppo di partigiani in terra cadorina

Fonte: adorable.belluno.it

Ma fu proprio in quel 1944 che il nazifascismo, ferito a morte, compì terribili rappresaglie e gli eccidi più mostruosi. Il Governo fantoccio della Repubblica di Salò chiamò alle “sue” armi la classe 1926 (i diciottenni!). Ai renitenti la pena di morte: ultima scadenza il 25 maggio. “C’erano tre strade da seguire: scappare e tornarsene a casa, combattere a fianco dei tedeschi o scegliere di lottare con quella parte d’Europa che da anni combatteva contro il nazismo” (Paride Brunetti). Fu così che molti giovani salirono in montagna dove trovarono coloro che si erano dati alla lotta armata subito dopo l’8 settembre. In Trentino, nel Bellunese e nella provincia di Bolzano, la resistenza trovò una reazione più accanita che altrove: con il decreto di costituzione dell’Alpenvorland eravamo diventati sudditi del Reich!
Giuseppe Sittoni, Il Battaglione Gherlenda, it.cultura.storia, 30 luglio 2002

Dopo il 25 luglio 1943 anche in Cadore giunse l’eco dei fatti drammatici che interessarono l’Italia intera.
L’arresto di Mussolini e la sua sostituzione con Badoglio accrebbero dubbi ed angosce tra la popolazione e si diffuse la speranza che si ponesse fine alla guerra. Ogni attività umana era rallentata, i generi alimentari razionati, il patrimonio boschivo era impoverito e nelle scuole erano stati organizzati gli «orti di guerra» i cui prodotti venivano venduti per raccogliere fondi al fine di procurare il vestiario ai soldati al fronte. Anche in Cadore, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, molti militi in licenza si diedero alla macchia e mentre gli italiani erano invitati a cacciare dal suolo patrio lo straniero, il Generale Badoglio ed il Re Vittorio Emanuele III fuggivano nel Meridione. I tedeschi controllavano le frontiere e tutte le vallate; il 9 settembre del ’43 Franz Hofer <101, capo della comunità di lavoro degli optanti tedeschi, ordinava una chiamata alle armi per sostenere la Germania ed evitare che si formassero gruppi attivi di resistenza <102. Il 10 settembre i tedeschi entrarono a Cortina e l’11 a Santo Stefano di Cadore e successivamente a Pieve. Il 12 settembre occuparono Vigo e il rispettivo forte di Col Piccolo. A Pelos un plotone venne schierato a guardia della centrale idroelettrica di S. Marco ed altri per sorvegliare le dighe di Auronzo, del Comelico e del Centro Cadore. Il 13 settembre l’intera provincia di Belluno era sotto il controllo dei tedeschi, che con un comunicato, pubblicato su vari manifesti esposti in tutto il territorio, diramarono un elenco dettagliato di norme per tutta la popolazione.
Inoltre si ritirarono le armi ai carabinieri e guardie forestali, che poterono mantenere il possesso solo di fucili da caccia. Accanto ai tedeschi agivano i fascisti fedeli alla Repubblica Sociale di Salò. A Belluno venne nominato il prefetto Italo Foschi <103, ma il potere era in realtà concentrato nella persona di Franz Hofer. Foschi invitava i giovani bellunesi ad arruolarsi come volontari per sostenere le milizie germaniche e prometteva impunità agli sbandati dell’esercito italiano, con lo scopo di tenerli sotto controllo ed evitare che si unissero alle bande partigiane locali.
D’altro canto i partigiani cercavano di coinvolgerli nella lotta, sabotavano i centri di raccolta dei repubblichini e bruciavano le carte di leva dei vari comuni. Nel frattempo le province occupate erano state poste sotto il controllo del Reich ed a Bolzano si istituì un tribunale speciale per la cosiddetta «Zona d’operazione Prealpi».
Belluno era sotto la giurisdizione di Bolzano e per monitorare con costanza i paesi della provincia vennero incaricati alcuni rappresentanti delle SS, in seguito sostituiti da gendarmi, residenti in quelle che furono le «Case del Fascio». In Cadore si trovavano diversi posti di gendarmeria ad Auronzo, a Pieve <104, a Lozzo, a S.Stefano ed a Sappada. Nell’inverno del 1943-1944 prese corpo l’idea di formare un Cln anche a Belluno e in Cadore. Fu il veneziano Alessandro Gallo, detto «Garbin» <105, che resiedeva a S.Vito, ad organizzare e condurre il primo gruppo di partigiani in terra cadorina <106. Nell’aprile del ’44 si formò il primo reparto armato nella zona di Pian De Vedorcia tra Pieve e Domegge. I suoi membri erano di diversi orientamenti politici, ma restarono uniti per il comune interesse. In provincia di Belluno in un primo momento i patrioti si organizzarono nelle «Forze armate della Patria», comandate dal capitano Sassi e dal colonnello Bortolotto, ma fu solo una situazione provvisoria. L’attività partigiana più consistente in Cadore cominciò solo nel 1944 e la figura più importante di essa fu quella di Alessandro Gallo, il quale aveva il compito di organizzatore militare del Cadore per conto del Cln di Belluno, in qualità di rappresentante del Pci nell’Esecutivo militare.
Spostandosi tra i paesi di S. Vito, di Tai e di Borca (dove fu ospitato presso il rifugio S.Marco), il «Garbin» cercò di coinvolgere nella lotta partigiana numerosi giovani, tra cui alcuni soldati tornati a casa dopo l’armistizio, che si nascondevano in una baracca ai piedi del Monte Pelmo <107. Il suo lavoro di reclutamento permise di creare un raggruppamento di uomini armati nella zona del Monte Pizzoc, a S.Giustina di Serravalle, che successivamente andò a confluire con la divisione «Nannetti».
Ma fu solo il 25 aprile del 1944 che si venne a costituire il primo nucleo armato di patrioti cadorini, composto da cinque uomini e da un caposquadra reduce dalla guerra di Spagna. Già dal marzo del ’44 si era però formato il Distaccamento Cadore, primo nucleo della Brigata Pietro Fortunato Calvi, la cui base era il Cason de Tita Barba dislocato a 1821 m sul livello del mare, a Domegge di Cadore <108.
La Resistenza cadorina alle sue origini non fu un fenomeno spontaneo di massa, bensì un elaborato lavoro di organizzazione la cui forza erano i partiti Comunista e quello d’Azione, mentre fu esigua la partecipazione della Democrazia cristiana, del Partito socialista e di quello Liberale. Alessandro Gallo era contro l’atteggiamento attendista ovvero limitarsi alla difesa delle persone e dei beni in attesa dell’avvento delle forze alleate. Per la sua volontà di azione dovette spesso scontrarsi con le forze conservatrici cadorine nonché con la riottosità della popolazione nei confronti del Cln. Anche se il Cln del Cadore era funzionante dal novembre del 1943, solo dall’aprile del 1944 i primi partigiani salirono ai monti e diedero inizio alla lotta sotto il vessillo del Distaccamento Calvi. Il nome di Pietro Fortunato Calvi venne scelto per ricordare lo spirito del Risorgimento italiano poiché vi era la convinzione che la resistenza al nazifascismo fosse l’ultimo atto di riscossa risorgimentale <109. La formazione comandata da «Garbin» prese invece il nome di «Garibaldi» in memoria dell’eroe nazionale, di cui il comunista Gallo era grande estimatore. I
più dei trecento membri della Calvi non erano mossi esclusivamente da intenti politici; molti infatti presero la decisione di farne parte per non dover combattere al fianco dei tedeschi oppure per contrastare il dilagare del potere di altre brigate, come quelle carniche con prevalenza di formazioni titine, sul proprio territorio.
Anche se nei partigiani della Calvi maturò una coraggiosa scelta di lotta e di impegno sociale, non mancarono le iniziative smorzate dalla paura di incorrere nelle pesanti ritorsioni tedesche. A partire dalla fine del 1943 molti giovani cadorini erano stati chiamati al servizio di leva per entrare a far parte dell’organizzazione Todt (conosciuta anche come Ot), che comprendeva i servizi di sicurezza del Sod e del Cst <110. Con grande probabilità i tedeschi ritenevano che il nuovo governo fascista non fosse in grado di contribuire alla vittoria finale, perciò si premurarono di arruolare dei giovani in cambio di paghe piuttosto cospicue per impedir loro di andare a rinforzare le fila dei partigiani.
Agli inizi del 1944 nella provincia di Belluno i tedeschi erano riusciti ad arruolare 1.300 uomini, che vennero di lì a poco trasferiti in Friuli. Mentre a Belluno di questi, ne vennero lasciati 600 al fianco di 96 soldati della Deutsche Gendarmerie e 180 della Polizia Tedesca, più un manipolo di veterani ultracinquantenni provenienti dalla Carinzia, coadiuvati dai carabinieri e da gruppi della milizia fascista <111. Il 31 maggio 1944, l’esercito tedesco convocò con appositi manifesti preparati dalla Prefettura di Belluno, i giovani nati tra il 1912 e il 1927 (di 17 anni) con lo scopo di avviarli al servizio ausiliario in Germania, ma in pochi risposero all’appello <112. Nel giro di qualche giorno questa chiamata di leva si estese in tutti i paesi della provincia, ma una mobilitazione collettiva dei podestà permise di scendere a patti con il nemico e le operazioni di leva vennero sospese per tutte le classi ad eccezione di quella del 1925.
[NOTE]
101 Il quale fu nominato prefetto di Bolzano dopo l’8 settembre 1943 ed il 6 novembre 1943 istituì il tribunale dello Sondergericht für die Operationszone Alpenvorland. Con lo scopo di giudicare ogni cittadino del Reich. Si veda Luigi Dall’Armi, Passato prossimo, la Resistenza bellunese, Isbrec, Belluno, 2007, p. 12.
102 Cfr. Walter Musizza e Giovanni De Donà, Guerra e Resistenza in Cadore, cronache di venti mesi di lotta tra Pelmo e Peralba (1943-1945), Istituto storico bellunese della resistenza e dell’età contemporanea con il patrocinio del comune di Pieve di Cadore, Isbrec, 2005, p. 14.
103 Cfr. Ivi, nota n. 62, p. 24.
104 A Pieve di Cadore venne anche istituito un posto della Gestapo nel mese di aprile del 1945. Si veda Musizza e De Donà, Guerra e Resistenza in Cadore, p. 15.
105 Alessandro Gallo nacque a Venezia il 30 maggio 1914, fu fin dal liceo un convinto antifascista, si laureò in Giurisprudenza all’Università di Padova nel 1936, divenne insegnante di scuola superiore e d esercitò la professione prima all’Istituto professionale di Pieve di Cadore, poi al Liceo Scientifico «Benedetti» di Venezia. Venne arrestato per aver litigato con un fascista la notte di capodanno del 1942 e poi venne mandato al confino, prima ad Avezzano (vicino l’Aquila), poi in carcere a Roma per aver ascoltato le trasmissioni radio degli alleati e infine nelle Isole Tremiti, terminato il periodo di reclusione forzata fondò il Comitato di Unione Antifascista a Venezia. Si trasferì a S.Vito di Cadore per curare un’infezione polmonare. Assunse nel 1943 il nome di «Garbin» (va ad indicare il vento di Libeccio in dialetto veneto) e l’incarico di guidare la Brigata Calvi della Divisione Nannetti. Il 20 settembre 1944 assieme a quattro garibaldini attaccò una colonna motorizzata tedesca, venne catturato ed ucciso. Egli ottenne la medaglia d’argento al valor militare. Si veda Musizza e De Donà, Guerra e Resistenza in Cadore, pp. 35-44.
106 I primi aderenti al Cln del Cadore furono: i cortinesi Carlo Orler, Enrico Pioggerella, Celso Gaspari, Fassina, Giuseppe De Gregorio, i sanvitesi Tito Cin De Lotto, il Dottor Ferrero, i cittadini di Borca Bortolo Donin Sala, Rocco Donin Sala, Ugo Tuzze Sala, Riccardo De Luca, Luigi Perini, Mario De Nard, i cittadini di Pieve Masi, l’ufficiale postale Donato Serafini, il professor Mario Torre, Davide Cargnel, Mirko Da Cortà (di Pozzale), Benedetti, il professor Zadra, i calatini Carlo Larese, Armando Toffoli e il cittadino di Domegge Riccardo Teza. Ibidem, p. 26.
107 Ibidem, p. 42.
108 I primi a salire furono Lino De Luca (che aveva il compito di occuparsi del vettovagliamento del reparto e si riforniva presso l’osteria «Piazza» di Valle di Cadore, presso Attilio Monti di Auronzo e presso Gino De Meio di Lozzo di Cadore), G.Battista Sala, Vittorio Sala, Attilio Stiz (era un ex carabiniere), Beniamino Da Cortà, Renato Frescura, Arturo Fornasier (detto «Volpe»), Giampaolo Gallo (fratello di «Garbin»), Giuseppe Inchingaro (detto «Bepi Dinamite») ed Eugenio Vecellio (che era reduce dalla guerra di Spagna e fungeva da responsabile degli uomini ed aveva il nome da combattimento di «Marte»). Ad essi si aggregarono Ludwing Karl Ratschiller di Bressanone detto “Ludi”, Arrigo Papazzoni (il più giovane del gruppo), Pio Peis Sparin, Gino De Martin, Ugo Festini, G.Battista Tabacchi e Pietro Paolo De Martin. Si veda Musizza e De Donà, Guerra e Resistenza in Cadore, pp. 45-49.
109 Cfr. Le ragioni della Resistenza bellunese, interviste raccolte da Ferruccio Vendramini, Feltre, Pilotto, 1968, pp. 20-22.
110 Il Sod era il «Servizio di sicurezza ed ordine» nella provincia di Bolzano, mentre il Cst era il «Corpo di sicurezza trentino». Cfr. Musizza e De Donà, Guerra e Resistenza in Cadore, p. 64.
111 Si veda Musizza e De Donà, Guerra e Resistenza in Cadore, pp. 64-65.
112 Si presentò un solo ragazzo ed il Comando tedesco invitò i parroci ed i podestà a convincere i giovani ad arruolarsi per evitare possibili ritorsioni e così il numero delle reclute si fece più consistente. Ibidem, p. 66.
Vittorio Lora, Terenzio Baldovin e Lozzo di Cadore. Public history e stratificazioni della memoria in una comunità di montagna, Tesi di laurea, Università Ca’ Foscari Venezia, Anno accademico 2011/2012