Gli avanguardisti di Calvino

Mentone
Fonte: Wikipedia

«Era il settembre del ’40 e io avevo quasi diciassette anni». Così ricorda Italo Calvino nel racconto autobiografico Gli avanguardisti a Mentone.

A Sanremo, dove abitava Calvino, stavano organizzandosi per visitare Mentone da poco riconquistata dai soldati italiani.

È l’occasione per tornare in quella città senza bisogno di lasciapassare.

La città è quasi disabitata, i mentonaschi sono tutti sfollati, e gli italiani stanno progettando l’accoglienza di un treno di spagnoli che andranno a sfilare davanti a Mussolini.

Mentone è diventata da poco la prima stazione italiana.

È un racconto di vandalismo e barbarie.

Forse l’attività più umana di quei giorni è rimasta la corsa dei ragazzi verso il mare per fare un bagno a poca distanza dalla nuova frontiera con la Francia.

Per capire bastano alcune parole del centurione che guidava i ragazzi nell’escursione: «Ragazzi, non dimentichiamocene, questa è una città conquistata e noi siamo i vincitori. Tutto quel che c’è, è nostro, e nessuno può dirci niente! Adesso abbiamo ancora un’ora e un quarto: potete ancora andare in giro, senza chiasso, senza storie, come avete fatto finora, e cacciare quello che vi pare. Io vi dico questo, – fece, a voce più alta, – che un giovane che si trova oggi qui, e non porta via niente, è un fesso! Sissignore: un fesso, e io mi vergognerei di stringergli la mano!». Un mormorio di plauso seguì queste ultime frasi.

di Arturo Viale in