
Nei primi giorni dopo l’armistizio; alcuni piloti, che non avevano risposto alla chiamata del generale Sandalli e che non si erano ritirati dal servizio, in assenza di prospettive chiare su cosa fare e su come sarebbero proseguiti gli eventi bellici decisero di continuare a combattere entrando fra le fila tedesche.
Decine di piloti italiani, come il tenente Giuseppe Rosati a Roma o i sergenti maggiori Nazzari e Sancristofaro nella lontana base di Rodi, […] avevano ricominciato subito a volare per la Luftwaffe, dopo che i loro velivoli erano stati incorporati nell’aviazione tedesca e ridipinti con la croce nera sulle ali e la svastica sulla coda. <282
Al contempo, alcuni ufficiali, fra i quali il famoso colonnello Ernesto Botto (“Gamba di Ferro”), <283 cominciarono a studiare un modo per strutturare una sorta di “legione straniera (italiana) aerea” nella Luftwaffe. Si trattava di una scelta dettata non tanto da simpatie politiche, Botto stesso aveva forti dubbi se collaborare ancora con i tedeschi, ma dalla necessità di evitare a molti piloti, soprattutto ufficiali, di rimanere (nel caso fossero già stati catturati) o diventare prigionieri dei tedeschi col rischio di essere spediti nei lager, oltre all’intento di difendere l’Italia del nord dai bombardieri Alleati. <284 La liberazione di Mussolini il 12 settembre e il messaggio, quattro giorni dopo, da Radio Monaco della volontà dell’ex capo del governo di ricostituire un governo fascista e collaborazionista nell’Italia del nord, simile a quello presente in Francia con Vichy o in Norvegia con Quisling, per Botto e colleghi semplificò notevolmente i piani. La presenza di un governo italiano (almeno nominalmente) avrebbe consentito la costituzione di un’aeronautica indipendente evitando che i piloti italiani, in modo particolare i “cacciatori”, si disperdessero fra le fila della Luftwaffe, con il rischio di essere impiegati in fronti lontani dall’Italia. Fra il 12 e il 14 ottobre, il tenente colonnello Botto, precedentemente designato sottosegretario all’Aeronautica, predispose un bando per i piloti “secessionisti” <285 disponendone l’arruolamento nella nascente “Aeronautica di Salò”. <286 A motivare l’arruolamento nella forza armata si evidenziarono due elementi: il concetto dell’onorabilità dell’Italia nel mantenere la parola data all’alleato tedesco e la necessità di continuare a difendere il territorio dai bombardamenti anglo-americani; per i piloti provenienti dall’Italia centro-settentrionale fu soprattutto il secondo elemento che li convinse a tornare a combattere con i pochi aeroplani ancora in loro possesso. <287
La nascita dell’ANR viene annunciata il 27 ottobre del 1943 dal sottosegretario all’Aeronautica, tenente colonnello Ernesto Botto. Nelle intenzioni di “Gamba di Ferro” […] l’aeronautica della RSI deve strutturarsi in 2 Gruppi caccia (ne sarà costituito anche un terzo nel tardo 1944, mai entrato in azione); 2 gruppi trasporto, che opereranno in supporto ai tedeschi sul fronte orientale; 1 Gruppo Aerosiluranti, quest’ultimo protagonista di attacchi alla testa di ponte americana a Nettunia. <288
[…]
Aerei al limite, il supporto ai partigiani jugoslavi e il riequipaggiamento su velivoli alleati
Agli inizi del 1944, mentre gli Alleati combattevano lungo la linea Gustav, <289 i reparti dell’Aeronautica Cobelligerante Italiana, sotto disposizione alleata, ricominciarono ad operare nella penisola balcanica con missioni di supporto delle operazioni dei partigiani jugoslavi. In quel periodo tutto il personale dell’Aeronautica Cobelligerante, piloti e specialisti a terra, stava riscontrando molteplici difficoltà non solo per le avverse condizioni meteorologiche dalla stagione invernale che spesso costringevano gli equipaggi a terra, <290 ma anche a causa della mancanza di rifornimenti di ogni genere, dal vestiario alle componenti di ricambio per i velivoli, le cui fabbriche si trovavano in prevalenza nell’Italia settentrionale, proprio questa mancanza stava determinando il progressivo logoramento dei macchinari, orami al limite delle capacità operative.
Ai reparti non restava altro che “arrangiarsi”. Proprio l’arte di improvvisare soluzioni per sopperire alle mancanze di rifornimenti consentì a molti piloti di continuare ad operare su dei mezzi rimessi in efficienza tramite “cannibalizzazione” di altri velivoli ormai inutilizzabili.
Nelle basi di Lecce-Galatina, Manduria e Brindisi, i meccanici riuscirono a trasformare alcuni MC.202 tossicchianti in assai più prestanti MC.205, data l’estrema affinità e intercambiabilità di componenti fra i due velivoli, sostituendo ove possibile i motori DB.601 coi DB.605 e integrando altri dettagli vitali, come l’elica o l’impianto di alimentazione o il carrello. Fonte dei pezzi, altri MC.205 troppo danneggiati per volare, relitti, quindi abilmente riciclati. […] I meccanici dell’Aeronautica cobelligerante racimolavano per ogni dove ferro e alluminio da rottami, vecchio scatolame e cianfrusaglie assortite ottenute dai contadini meridionali. Raddrizzavano a martellate eliche accartocciate e pannelli ammaccati. E giunsero a costruirsi dei rudimentali forni in cui fondere i metalli, ricavandoli da grossi bidoni d’acciaio rivestiti internamente con uno strato di creta refrattaria. <291
Per fornire supporto ai partigiani jugoslavi si svolsero sia missioni di attacco ad infrastrutture (aeroporti, stazioni ferroviarie, ponti e strade) e mezzi (navi da sbarco, treni, autocolonne) tedeschi; sia trasporto di rifornimenti alle bande presenti sulla penisola, anche a due ex-divisioni del Regio Esercito, la Venezia e la Taurinense riunite in un’unica divisione “partigiana” denominata Garibaldi ed inserita nel 2° Corpus jugoslavo. <292 La presenza di soldati italiani non fu gradita ai partigiani jugoslavi come testimoniato da Paravicini: “Altre azioni, scorta a dei Cant Z. che vanno a rifornire la nostra divisione «Garibaldi», passata sotto il controllo degli slavi. Più della metà dei rifornimenti se li prendono loro, lasciando congelare i nostri soldati su quelle maledette montagne della Croazia. Veniamo a sapere che, durante le azioni, mandano avanti i nostri, dietro i mitra spianati, verso i campi minati”. <293
Fra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, dopo mesi di osservazione da parte dei comandi alleati e dopo una precisa richiesta da parte del nuovo comandante dell’A.C.I., gen. Piacentini, <294 i piloti italiani poterono cominciare ad equipaggiarsi con aeroplani alleati così da dismettere i loro velivoli più logorati. I primi ad effettuare il cambio furono quelli del 4° stormo che ricevettero il cacciabombardiere americano Bell P-39 “Airacobra”.295 Per i “cacciatori” del “Francesco Baracca”, spediti in addestramento a Campo Vesuvio (NA), non fu facile abituarsi al nuovo aereo: “Non siamo più uno stormo da caccia, bensì dei cacciabombardieri, dei distruttori come dicono gli americani. Certo, il P. 39, con il suo poderoso armamento (due armi da 12,7 [mm] in fusoliera, due da 12,7 in gondole alari, un cannoncino da 37, che spara attraverso il mozzo dell’elica), è adatto a condurre attacchi al suolo. Senonché eravamo abituati al 202 ed al 205: il che non ci fa avere in estrema simpatia il nuovo aeroplano assegnatoci. […] gli aerei, alti sulla gamba del carrello anteriore, lunga e sottile (per noi, il carrello triciclo anteriore è una novità), con la loro forma inusitata, erano uno schifo! Per non parlare dell’abitacolo. Con quella porta di accesso laterale, identica a quella delle automobili, e l’affare del motore posteriore… Insomma, è una macchina dalle caratteristiche tecniche ed esteriori decisamente rivoluzionarie. Sarà, senz’altro, un bell’assaltatore; i russi che li hanno ricevuti in gran quantità, sembra li usino con successo, ma per noi abituati all’apparecchio da caccia puro, almeno per ora il P. 39 rimane un aereo che non «sentiamo». Poi, dovrà farsi perdonare i nostri tre morti ed i vari feriti, causati quasi sempre da «piantata» di motore, che abbiamo avuto nel periodo di addestramento”. <296
Il 24 maggio 1944, in un discorso alla Camera dei Comuni, il primo ministro inglese Winston Churchill si complimentò con gli aviatori cobelligeranti italiani promettendo che avrebbe provveduto affinché potessero ottenere efficienti velivoli di fabbricazione alleata. <297 Gli inglesi fornirono alcuni Spitfire che furono assegnati al 20° gruppo del 51° stormo, come testimoniato da Paravicini: “Finalmente arrivano gli Spitfire. Gran gioia al 20° gruppo. Sono stati assegnati a noi. […] Siamo tutti felici. Ne arrivano 24. Naturalmente Fanali si prende il più bello, quello con la punta delle ali tagliate, ed è anche il più veloce. 17 settembre. Oggi ho fatto il primo passaggio. È un aeroplano facilissimo. Un giocattolo in confronto al MC.205. È di una grande manovrabilità, docile. Purtroppo non cammina molto dato che è il tipo V, ed è già in linea da un paio di anni. Possiede una radio meravigliosa con cinque canali in VHF (Very High Frequency), di una limpidità e modulazione sorprendente. L’arrivo e la consegna degli Spitfire inglesi determina un profondo cambiamento in tutta la nostra situazione militare. […] I nostri Macchi 202 vengono consegnati all’8° gruppo autonomo. Il 51° Stormo (mio) viene ristrutturato con un gruppo di 24 Spitfire. Ai due gruppi rimanenti del 51° vengono assegnati i Macchi 205”. <298
[NOTE]
282 Cit. Molteni, L’aviazione italiana 1940-1945, p. 453.
283 Cfr. punto 1.10.2
284 Cfr. Molteni, L’aviazione italiana 1940-1945, p. 453.
285 In confronto ai piloti che avevano seguito il re al sud e che nominalmente facevano ancora parte della Regia Aeronautica.
286 Cfr. Molteni, L’aviazione italiana 1940-1945, p. 457; Il proclama del colonnello Botto è riportato in: Lazzati, Ali nella tragedia, pp. 147-148.
287 Si rimanda alla testimonianza dell’asso emiliano serg. magg. Luigi Gorrini in: Molteni, L’aviazione italiana 1940-1945, p. 601: «Noi non avevamo nessun partito, noi difendevamo le città italiane dai bombardamenti dei liberatori [sic.], le nostre case e il nostro onore. La guerra sapevamo tutti che era persa con El Alamein»; Per un’analisi sull’adesione al fascismo da parte del personale della Regia Aeronautica e il processo di epurazione dopo la guerra si veda: Grassia, L’8 settembre 1943 e la Regia “fascistissima” Aeronautica, pp. 12-18.
288 Cit. Petrelli, A difendere i cieli d’Italia, p. 30; Appendice, Il dopo 8 settembre 1943, Figura 24.
289 Linea di fortificazioni difensive organizzata dai tedeschi che si estendeva dalla costa tirrenica alla costa adriatica, nello specifico dalla foce del fiume Garigliano alla foce del fiume Sangro; Cfr. «https://www.treccani.it/enciclopedia/linea-difensiva_%28Enciclopedia-Italiana%29/».
290 Paravicini, Pilota da caccia, p. 98: «L’inverno è di un umido impressionante e piove quasi tutti i giorni. Il campo si è trasformato in un pantano.»
291 Cit. Molteni, L’aviazione italiana 1940-1945, p. 476.
292 Cfr. Ivi, p. 449-450.
293 Cit. Paravicini, Pilota da caccia, p. 99.
294 Cfr. Molteni, L’aviazione italiana 1940-1945, p. 486-487.
295 Appendice, Foto di alcuni aerei citati nella tesi, Figura 19.
296 Cit. Lazzati, I soliti quattro gatti, p. 248-249.
297 Il discorso di Churchill si può consultare online sul sito della Camera dei Comuni: «https://api.parliament.uk/historic-hansard/commons/1944/may/24/foreign-affairs#S5CV0400P0_19440524_HOC_300».
298 Cit. Paravicini, Pilota da caccia, p. 122.
Daniel De Roit, Quelle poche ali. I piloti italiani nel secondo conflitto mondiale, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno accademico 2021-2022