Grass metterà in luce come la macchina del fango è sempre attiva in Germania

Günter Grass riconferma la prossimità agli ideali illuministi in un epistolario con la giornalista e scrittrice Françoise Giroud (1916-2003). Questa volta l’intellettuale ritorna alla matrice e alla Wiege (culla) della civiltà coeva attraverso un percorso difforme, ma non meno controverso. Grass si interroga sul “significato di essere tedesco” oggi e sulla direzione cui volgere lo sguardo per rispondere ad un quesito all’apparenza indiscutibile. Se si guarda al Sud, si rimanda al «sogno romano», al Sacro romano impero. E si comprende donde gli proviene al tedesco la percezione lucida e analitica dei fatti del reale <264. Dall’altro canto, emerge la prospettiva astratta e trasognata dei pensatori astrusi e romantici, debitrice verso il romanticismo della «più bella specie». Questa dicotomia latente nello spirito del tedesco, il conflitto di un’anima nordica in cui è in germe o residuale una Sehnsucht, tensione a ciò che è lontano, latino e mai completamente raggiungibile, è ciò che meglio connota lo spirito tedesco. Del resto, Thomas Mann ha invocato più volte la contraddizione nei suoi personaggi tra essere e dover essere, istinto latino represso e moralità borghese nordica. Il contrasto irrisolto segna già in Mann la fine della ‘Bildung’ e apre uno squarcio nella coscienza contemporanea. Tonio Kröger, protagonista dell’omonimo racconto (1903), assurge nel ‘900 a simbolo universale dell’alternarsi e dello scontro tra spirito dionisiaco e apollineo, tematizzando nel mezzo della Jahrhundertwende il dissidio dell’artista. Un Io scosso e disgregato dal desiderio mai represso di seguire il proprio istinto artistico, entra in collisione con la società, spingendosi ben oltre i dettami della morale borghese del tempo. In ‘Tonio Kröger’ e in Gustav von Aschenbach <265 sono in germe i segni di un progressivo decadimento dell’Io novecentesco, il cui apogeo coinciderà con l’ebbrezza della guerra e lo sterminio della ragione. Oskar Matzerath (TL:1959) diverrà l’emblema dell’irrazionalità che alberga ormai nel profondo dell’uomo. In una società dove l’Io è in cerca del proprio Sé, forgiare una definizione concreta di nazione diviene una pratica complessa, alla stessa stregua di ogni tentativo volto a sistematizzare il discorso sulla vita in una data comunità. La radice del male esistenziale nel XX secolo non è da ricercare solo nella guerra. L’uomo ha abdicato prima di tutto alla propria esistenza. Il senso della vita, offuscato dal sogno del progresso eterno, deve tornare all’attenzione degli intellettuali del XX secolo. Non basta dire che scrivere è una pratica irrealizzabile. Il diktat di Adorno sull’impossibilità di utilizzare la lingua tedesca nell’arte, dopo la violenza impetrata dal nazismo, deve essere aggirato. Lo scrittore ha l’obbligo morale di dare risposte e indicare la via maestra. Nella stessa misura e con il medesimo vigore con cui gli intellettuali illuministi lo hanno fatto due secoli prima. Per Günter Grass, il nodo da sciogliere non è quello avviluppato all’epoca della Jahrhundertwende intorno alla ricostruzione dell’identità germanica più autentica. Il dibattito era al tempo ancora impregnato della querelle tra sostenitori di una genuina Kultur germanica e detrattori di questa ultima, vicini allo spirito francese della Zivilisation. Ciò riflette la portata di un dibattito che, nell’arco di pochi decenni, piega dalla sfera interculturale alla dimensione privata, nella fattispecie, quella di un Io germanico super omnia. A ridosso del secondo conflitto, l’intellettuale è gravato dal compito di investigare non gli effetti dell’ésprit culturale d’oltralpe sull’Io germanico, ma la misura in cui lo spirito germanico può ancora riconoscersi come tale. Il processo della scrittura deve espletare un ruolo primario in tale frangente. La società non può chiudersi in un’aura di autocontemplazione e rifiutare il confronto. Proprio Grass ribadirà l’importanza della reazione da parte dei circoli della vita culturale tedesca. Benché la cultura – consacrata dal sigillo della liberalità – non sia stata in grado di arginare le «esplosioni» della barbarie, non è possibile decretare la fine della trasmissione e della circolazione delle idee. Tale il motivo sottostante la fondazione nel 1947 del Gruppo 47, movimento preposto a riprendere le fila del dibattito culturale e letterario nella Germania postbellica. Contro chi accusa l’intellettuale di essere stato a guardare mentre l’Io germanico crollava e si sfaldava dinanzi a tutti, gli intellettuali non allineati non tardano a denunciare la propria inettitudine di fronte ai presagi prima, e alla funerea forza propulsiva del cambiamento spinto dal nazionalsocialismo dopo. L’intellettuale intende agire, affinché ciò che il suo popolo ha vissuto non si ripeta. L’affermazione sociale dello scrittore e la legittimazione del suo potere di intervento sulla morale del tempo, troveranno la loro espressione più compiuta in un’opera del 1979: ‘das Treffen in Telgte’, “L’incontro di Telgte” <266. Lo scrittore, trasformatosi in precettore e coscienza morale della Germania, ha maturato, grazie all’esperienza del Gruppo 47 e alla scrittura libera con cui si aggiudica il consenso dell’arena internazionale, una visione critica della storia e del cambiamento sociale, inaugurando un nuovo paradigma. Grass intende modificare la storia partendo dalla fiction. Percorrendo trecento anni all’indietro, «a passo di gambero», riporta l’orologio al 1647, inscenando un sodalizio tra gli intellettuali dell’epoca, chiamati a ravvivare il palinsesto culturale e il manifesto letterario tedesco, segnando la storia. Il primo modo con cui gli intellettuali, nelle vesti di un Gruppo 47 seicentesco, possono apportare il cambiamento, è ponendosi in collisione con il passato. Se l’intellettuale riuscirà ad affermare i principi che ritiene moralmente validi, incidendo sulle autorità dell’epoca, la storia potrà cambiare e un nuovo corso verrà inaugurato. Questa visione antitetica all’immobilismo storico segna la seconda parte della produzione di Grass scrittore e intellettuale politicamente impegnato. Mentre la scrittura postbellica palesa il senso del caos e l’esigenza di rifondare totalmente l’Io, nel periodo successivo Grass sembra riconquistare la fiducia verso il presente e il futuro. Modificando la storia nelle sue premesse e azzerandone gli errori, Grass ritiene che l’umanità possa ripartire dalla Stunde null, «ora zero». Il messaggio che lo scrittore veicola nel 1979 è, innanzitutto, un appello alla pace in Germania e alla verità. Prima di intraprendere il cammino di rifondazione del senso storico, al letterato si richiede di rinunziare allo spirito di asservimento nei confronti del padrone [leggasi: l’editore] e del ricco borghese, dal momento che la rigida subordinazione ai poteri e allo status quo dell’epoca non potranno che ridurre l’opera dell’artista in “poema celebrativo ed epitaffio in rima” <267 per raggiungere la gloria eterna. Spostando di prepotenza il presente nel passato, si completa, secondo Bruna Bianchi, un processo da tempo avviato da Grass, consistente nel bypassare il limes tra presente e passato, nonché l’ordinamento triarchico che la storia ha finora osservato. Ciò che Grass tenta di dimostrare a partire dalla “Blechtrommel” (1959) è il sovvertimento dell’ordine naturale delle cose e della storia. La ciclicità della storia, con i suoi corsi e ricorsi, non può essere il principio motore della “filosofia dell’uomo” nel XX secolo. Se la storia ha mostrato una evoluzione discontinua, ricomporne il senso non può avvenire tramite l’ordine logico e consequenziale assegnato dall’uomo agli eventi. Per tale ragione, Grass ricorre a ciò che Bruna Bianchi definisce il sorpasso “dell’irresistibile fluire della storia che trasforma in ieri ogni domani” a favore di un capovolgimento del senso in grado di “attribuire il futuro allo ieri, il passato al domani”. La traduttrice giustifica lo sconvolgimento dei nessi storico-causali nel rifiuto totale all’hegelismo che lo scrittore ha sempre perseguito, scorgendo in esso la radice del totalitarismo e di ogni moderna concezione finalistica della storia. Grass non ha mai fatto mistero della sua avversione nei confronti dell’idealismo, arrivando a definirlo il vero male della Seele (anima) tedesca. L’idealismo avrebbe fomentato lo spirito combattentistico del non-popolo [non-ancora popolo] tedesco, intravedendo nella «ragione del più forte» la strada maestra verso un futuro glorioso e imperituro. Il fine dello scrittore e della sua produzione letteraria deve risiedere nel contrasto alla «cultura dell’oblio», la Vergessenheit. Riabilitare una tradizione storica millenaria va sì nella direzione del progresso umano, ma deve accompagnarsi al senso di una rifondazione sociale dell’uomo e della sua scala di valori. Altrettanto dura si fa la requisitoria di Grass contro i capitalisti, «imbonitori del popolo», ai quali non stanno a cuore le basi della moderna società civile ma la logica impietosa del profitto e del guadagno facile. Nel 2004 Grass dà alle stampe una raccolta di saggi ‘Das Unrecht des Stärkeren’, “Il torto del più forte”, in cui torna a ribattezzare lo spirito guardingo e critico dello scrittore che non dimentica e “scrive contro il tempo che passa”. L’opera compendia il fulgido spirito combattivo e le teorizzazioni [pressoché immutate] di un intellettuale che torna a rivendicare il senso illuministico della verità, dimostrando di voler ricoprire ancora il ruolo di istanza morale e coscienza del paese. Grass riabilita lo scrittore, conferendo alla sua opera una vetrina unica. Al pari dell’intellettuale illuminista, il suo compito consiste nel favorire il progresso sociale. Tuttavia, l’intellettuale del XX secolo si vede caricato di una responsabilità non comune: “aprire ferite troppo presto rimarginate, portare alla luce cadaveri nascosti in cantina, introdursi in stanze proibite (…)” <268. Grass crede nella funzione messianica della scrittura. Mentre tutti fanno un passo indietro dinanzi ai poteri forti, l’intellettuale ha l’obbligo di andare controcorrente. Ciò rende quell’autorevole strumento che è la scrittura un’attività temuta e rispettata. Il clamore suscitato dal verbo può far tremare le stanze del potere. Un libro è in grado di sortire effetti esplosivi quando dà finalmente voce a chi per troppo tempo è rimasto in silenzio. Il silenzio rappresenta uno dei mali che affligge la società del nostro tempo. Troppo spesso è senza voce proprio colui che reca in pectore le forze propulsive di un cambiamento nella società: l’«eroe debole». Abdicando al proprio Io, l’eroe debole lascia il campo libero a coloro che, dal «podio dei vincitori», si compiacciono di immolare l’ennesima vittima come offerta sacrificale al proprio dio. Lo scrittore di Danzica si scontrerà, in tutte le fasi della sua esperienza narrativa, contro coloro che reggono le sorti politiche della comunità, imputando loro la colpa più grave: aver sottratto la democrazia al cittadino. Inoltre, egli avanzerà il messaggio della ricostruzione e della “via” (der dritte Weg) per riunificare il paese. Posto che la riunificazione non è da intendersi quale mero processo di riconfigurazione in senso spaziale delle due Germanie, abbattendone i confini naturali, per Grass l’operazione più complessa porta sull’azione da compiere per invocare e sedimentare lo spirito nazionale. Dopo i disastri del nazionalsocialismo, ogni volta che il dibattito sulla nazione prende piede in Germania, sono in molti, intellettuali compresi, a mostrarsi intimoriti dalle proiezioni che il dibattito stesso è in grado di sortire sulla società coeva. Anche Grass giunge a nutrire dubbi sulla possibilità effettiva che i tedeschi si riconoscano nel concetto di nazione, che già troppe sofferenze ha procurato al paese e alla comunità internazionale. Ciò che Grass troverà più inammissibile è il processo messo in atto dal Cancelliere Helmut Kohl. L’intellettuale, con estrema delusione, dovrà assistere al concretizzarsi dell’esatto rovescio di ciò che va postulando sin dal 1953, anno in cui si erge la cortina di ferro tra le due Germanie. La riunificazione avrà luogo con un programma che scandisce obiettivi radicali da realizzarsi in undici mesi. Parimenti, il processo si compirà con procedure coattive, riavvicinando i due popoli con lo strumento meno inviso ai potenti: la moneta unica. In questo frangente storico, Grass tornerà ad occuparsi di politica, dopo l’avventura maturata qualche anno prima con il sostegno alla campagna elettorale del candidato SPD, Willy Brandt. Tuttavia, il vigore e l’ardore del cambiamento, utili a ravvivare lo spirito e il desiderio di servire la causa del bene comune, perderanno l’afflato iniziale. L’impegno politico, recepito come attività controversa, dà adito a speculazioni che l’intellettuale si vede costretto a contrastare, difendendo la tesi dell’impegno civico e sociale di chi produce cultura. Gli attacchi della stampa ufficiale nelle vesti dello «Springer di turno» non indeboliranno la sua posizione. Del resto, Grass ha sempre denunciato la semplificazione del ruolo dello scrittore in Germania. Con il suo impegno politico, gli riuscirà di dimostrare quanto il suo paese sia ancora culturalmente ingessato e quanto la fruizione e la ricezione della cultura sia avviluppata a sovrastrutture ideologiche di stampo barocco, ostative rispetto al confronto critico e ad un sano sviluppo dialogico della cultura. Peraltro, lo scrittore invoca l’assenza di frapposizioni tra chi produce e chi fruisce l’opera dell’intellettuale. Grass non accetta l’angolino in cui viene relegato l’intellettuale, così come ha aborrito la posizione di tutti coloro che vaticinano dalla propria turris eburnea, senza aver mai instaurato un legame diretto con il reale e le sue criticità. All’inizio della sua esperienza politica, che ribattezzerà “viaggio elettorale”, Grass coglierà l’occasione per ridisegnare l’identikit dello scrittore. Premettendo l’assunto fondamentale che la sua opera e l’attività di cui si rende autore rifuggono ogni categorizzazione, Grass intende ritagliarsi lo stato di «libero cittadino». Posto che il suo lavoro non è vincolato da un processo di arida ipostatizzazione ideologica né rientra in un profilo accademicamente inquadrabile, Grass ritiene di poter infrangere lo schema tradizionale del passato, collocando lo scrittore “tra i fumi della birra, sudato e impelagato in mille particolari concreti (…)” <269. Questo spettacolo si rivela «inammissibile». Tale il giudizio espresso da una fetta molto congrua della sinistra, che non intende rinunciare al tradizionale encadrement sociale della borghesia. Ancora più grave è rilevare l’astio di quella sedicente sinistra illuminata, fin troppo lontana dai problemi del proletariato, della classe operaia vicina al sogno di trasformarsi in bürgerlich, piccolo borghese. Dinanzi a tanta ambiguità e ipocrisia imperante in Germania, Grass preferisce rinunciare ad applicare categorie universali all’opera dello scrittore. Preservando la propria libertà di espressione, il libero cittadino-scrittore può fronteggiare e criticare le storture della società, senza arretrare dinanzi al parere o al veto dell’Accademia e dell’establishment. Tra i compiti dello scrittore figura la salvaguardia dei diritti e degli interessi dei più deboli. Il riferimento non volge esclusivamente nella direzione dei meno abbienti, bensì anche dei cittadini della DDR. Per Grass essi sono esposti da anni all’usurpazione delle proprie terre e della dignità da parte del tedesco dell’Ovest. Questi tedeschi, trattati come cittadini di seconda classe, soffrono due volte le conseguenze della guerra. Innanzitutto, partecipano alla condivisione della colpa collettiva. La Schuldfrage viene a bussare anche alle porte della loro coscienza. In più, essi sono vittime della divisione e del regime comunista in perenne lotta con il capitalismo vigente oltre il confine. Il problema prefigurato da Grass non è esclusivamente lo scontro ideologico, dal quale non è il solo comunismo a uscirne leso. Sono le conseguenze sociali dell’assetto postbellico nella DDR a destare preoccupazioni fondate nello scrittore. Quando Grass, praeceptor nationae, si rivolge all’Ovest, lo fa in modo particolarmente critico, ammonendo i cittadini borghesi di Bonn a non guardare i propri compatrioti con leziosità. Essi hanno dovuto e debbono soffrire «anche per noi», dirà Grass in diverse occasioni. Più volte lo scrittore invocherà il principio della “perequazione sociale”, per evitare che i danni della Spaltung si ritorcano integralmente contro i cittadini dell’Est. Nei confronti degli ultimi, Grass manterrà un atteggiamento perennemente improntato alla compassione (Mitleid). Pur non essendo più un cittadino residente nell’Est, lo scrittore non mancherà di esaltare in tante occasioni la cultura primigenia e priva di vezzi che l’altra Germania è riuscita a custodire, senza soccombere al capitalismo e alla macchina del progresso. D’altro canto, Grass invita il regime a fare ammenda di ciò che ha provocato: isolamento, arretratezza nelle strutture e negli apparati statali. La povertà e l’arretratezza contraddistinguono la DDR prima della Vereinigung. A onor del vero, va ricordato il notevole apporto che Grass ha cercato di prestare alla crescita intellettuale della DDR, accompagnando la produzione letteraria occidentale oltre la cortina e valicando il limes culturale. Grass, come altri scrittori, finirà nei fascicoli della Stasi. Egli appoggerà la scrittrice Anna Seghers nel momento più difficile della sua vita e della carriera, per dissipare dubbi sull’attività di spionaggio della studiosa. Grass metterà in luce come la macchina del fango è sempre attiva in Germania e pronta a colpire a ogni piè sospinto. In una lettera alla Seghers <270, in tempi non sospetti, Grass avrebbe lanciato il suo appello a non gettare la spugna e lottare per la libertà nella DDR. La Repubblica democratica viene riconosciuta come terra che ha dato i natali a poeti, scrittori e gente ordinaria che, segnata dalle sofferenze e dalle dure condizioni di vita, è stata in grado di lasciare una traccia indelebile nella storia della Germania unita e dell’umanità. Grass crede in tali valori e intende condividerli, portando anche i cittadini dell’Ovest a conoscenza delle insopportabili condizioni di vita dei connazionali. Grass punterà sempre il dito contro l’ipocrisia borghese, di chi finge di non vedere e non sentire le grida di aiuto che giungono dall’altra parte del paese. La sua promessa è continuare a lottare senza indugio dall’Ovest perché la situazione, un giorno, possa cambiare e ai cittadini sia dato procedere mano nella mano verso un futuro di integrazione graduale. Grass non parlerà mai di riunificazione tout court, ritenendo che non siano state approntate le premesse storiche e politico-istituzionali per introdurre un siffatto cambiamento epocale. Nella raccolta di articoli e saggi “Discorso di un senza patria” (DSP:1990), Grass introduce e difende alcune tesi che, applicate gradualmente, consentirebbero di porre le basi per un’autentica ‘Vereinigung’ tra le due Germanie <271. Lo scrittore sostiene che tra i concetti di Einheit (unità) e Vereinigung (unificazione) viga una distinzione netta. Grass si è sempre mostrato scettico nei confronti dell’unità. Per questo sogno millantato i tedeschi hanno già combattuto, dando prova di essere inadatti alla coabitazione sotto l’egida di una sola struttura nazionale. Anche la comunità internazionale dovrebbe iniziare a temere i contraccolpi della Einheit e il giorno in cui la Germania intenderà ripresentarsi unita nello scacchiere internazionale. Esistono «patrie difficili» e non si può ignorare che la Germania sia una di esse. Con l’aggregazione di sistemi politico-culturali eterogenei – anche in ragione dei modelli ideologici in auge -, si richiederebbe di sconfessare il capitalismo da una parte, il comunismo dall’altra. Nessuno dei due apparati precostituiti cederebbe, però, alla richiesta totalitaria dell’altro. Grass non dimentica la lezione che l’autorità e il militarismo hanno consegnato, quando si è trattato di accrescere la potenza propria o altrui. Lo scrittore ammonisce i fautori risoluti della Einheit a ponderare le conseguenze, in termini di tenuta sociale, dell’inconciliabilità politica tra le due nazioni tedesche. Se l’idea di Nation è naufragata, occorre trarre una lezione dal recente passato e contemplarla nell’atto di rifondazione del presente. Il nuovo concetto di Nation dovrà ancorarsi agli imperativi dell’oggi: la coesistenza pacifica e l’allineamento alla politica distensiva in Europa. Al pari di Kenzaburō Ōe, Günter Grass mostra tutta la propria avversione al militarismo e al riarmo. La corsa alla difesa dei propri confini da parte delle nazioni moderne non conferirà mai un senso nuovo alla nascente Europa. Lo scrittore attaccherà tutti quei governi che, come la Francia, ritirano le promesse formulate in termini di difesa militare e di riconversione verso un futuro energetico lungi dal nucleare. Se all’interno dei paesi vigono nazionalismi non sopiti e non si fanno «prove» di riappacificazione, i loro amministratori difettano della maturità necessaria al concetto di Einheit. All’imperativo del disarmo si accompagna quello di una politica di assistenza ai paesi del Terzo Mondo. Una Nation autentica deve contrastare ogni rigurgito “di quel modo di pensare neocolonialista”, residuale rispetto agli strumenti di cui oggi occorre dotarsi. Grass non rinunzierà mai all’impegno e all’attenzione che le moderne nazioni civili devono ai continenti meno sviluppati. Nella terza fase della produzione letteraria, il Grass che aborrisce l’impegno politico e prende a disinnamorarsi della socialdemocrazia di Willy Brandt, darà libero sfogo alla propria empatia verso gli indigenti del mondo e le tematiche ecologiste. Deluso dagli esiti della Vereinigung e in cerca di una patria di adozione, l’intellettuale tedesco si rifugerà in India, paese ove prenderanno forma e contenuto romanzi come “Mostrare la lingua”, cronistoria di un crescendo di miserie e insuccessi dell’uomo nell’affrontare i mali endemici dell’umanità. In una Calcutta mefitica, ove gli eventi che si dispiegano preannunciano visioni apocalittiche, Grass mette in scena ancora una volta il fallimento di un mondo che seguita ad ignorare il concetto di perequazione sociale e di Lastenausgleich (condivisione e condono dei debiti) <272.
[NOTE]
264 Françoise Giroud, Günter Grass, Quale Europa, Roma, Lucarini, 1990.
265 Thomas Mann, Tonio Kröger, La morte a Venezia, Cane e padrone, Milano, Garzanti, 2008.
266 Günter Grass, L’incontro di Telgte, Milano, Einaudi, 1982.
267 Ivi, pp. 167-172.
268 Günter Grass, Il torto del più forte, Napoli, L’Ancora, 2004, pp. 19-36. Tale identikit dello scrittore, ispirato dall’esigenza di narrare ciò che l’uomo ordinario non è in grado di esprimere, ritorna con una formulazione pressoché invariata nel romanzo del 1974, “Dal diario di una lumaca”.
269 Günter Grass, Viaggio elettorale, Torino, Einaudi, 1973.
270 Günter Grass, Lettera aperta ad Anna Seghers in Grass G. Discorso di un senza patria (DSP), Milano, Archinto, 1990, pp. 7-11.
271 Günter Grass, Sette tesi per un socialismo democratico, in DSP, pp. 103-113.
272 Günter Grass, Deutscher Lastenausgleich: Wider das dumpfe Einheitsgebot, Luchterhand, 1993.
Gianluca Sorrentino, Occidente incontra Oriente. Trascrizioni e image di un Io sofferente nell’opera di Günter Grass e Kenzaburō Ōe, Tesi di dottorato, Università IULM Milano, Anno accademico 2016/2017