I fascisti della Monterosa sono riusciti a piazzarsi a Piazza di Falcinello e a Prulla

29 novembre 1944. E’ ancora notte, quando una staffetta della Brigata Carrara, giunge a Canepari [frazione del comune di Fosdinovo, nella provincia di Massa e Carrara], sede del comando della Brigata Garibaldi Muccini.  Avverte “Walter” (Flavio Bertone) dell’ammassarsi di truppe naziste e fasciste nella zone di Campiglione e Monzone. Walter sveglia il comandante “Federico” (Piero Galantini). Sopraggiunge allarmato il commissario politico “Brichè” (Dario Montarese), che porta notizie su altre truppe nemiche in arrivo.
A quel punto la situazione diventa drammatica. I fascisti della Monterosa sono riusciti a piazzarsi a Piazza di Falcinello e a Prulla e iniziano a sparare con le mitragliatrici. Spari giungono dal lato di Santo Stefano e da quello di Bardine. Arrivano diversi corrieri dei vari distaccamenti, dappertutto ci sono fascisti e tedeschi.
Cominciano i colpi di mortaio, sparano le batterie di Punta Bianca e dell’isola Palmaria. Vennero particolarmente investiti il distaccamento Cheirasco, comandato da “Beppe” (Giuseppe Pagni) e il Gerini, che, sfortunatamente non aveva il suo comandante Giorgio Cargiolli, impegnato in una brillante azione nella zona di Pallerone, dove era riuscito a far prigionieri un buon numero di fascisti. Il comando venne assunto dal commissario “Fiumi” (Bruno Caleo).
A Ponzano superiore il distaccamento Signanini al comando di “Tullio” difendeva accanitamente il paese, con lo stesso Tullio che sparava con una mitragliatrice dalla sommità del campanile, difendendo le spalle del gruppo di Wampa e Fieramosca. Una squadra guidata da “Gas” Luciano Magnolia con pochi uomini riuscì a fermare i nazisti.
Venne dato ordine che tutti i distaccamenti si ritirassero presso il comando di brigata. Lo fecero tutti, ad eccezione del Righi, il cui comandante era mio padre “Rinà” (Rinaldo Caprioni). Erano a Gorasco. Quando tentarono di raggiungere Canepari, si trovarono la strada sbarrata da reparti tedeschi. Li avevano davanti e dietro, erano circondati, ma, per loro fortuna, erano ben nascosti nella foresta e i tedeschi non li videro. Quando i reparti che erano dietro di loro avanzarono, si trovarono di fatto fuori dell’accerchiamento senza neppure una perdita.
Il giorno 30 seguirono furiosi combattimenti, ove si distinse “Orti” (Lido Galletto), che con pochi uomini riuscì a respingere i tedeschi.
Un attacco nazifascista sorprese i partigiani del Cheirasco a Gignago, che avrà la grande maggioranza dei morti tra i partigiani. Lo stesso commissario Vilmo Cargioli “Stelio”, gravemente ferito con altri verrà nascosto in una caverna e qui curato dal medico partigiano Giacomo Bianchi “dottor Antonio”.
Il movimento partigiano (non solo la Brigata Muccini) nella zona alle spalle della Linea Gotica aveva subito un durissimo colpo. Il proclama del generale Alexander “partigiani tornate alle vostre case”, la fine dell’illusione di un veloce sfondamento della Linea Gotica da parte degli alleati, la mancanza di armamenti e ancor più di equipaggiamenti per affrontare l’inverno, oltre alla difficoltà di reperire il cibo per sfamare i quasi mille effettivi della Muccini, condussero la gran parte della brigata, guidata da “Federico”, al di là del fronte, nella speranza di potersi riorganizzare, riarmarsi e tornare in linea. Un gruppo minore di circa 200 uomini con “Walter”, “Andrea” Paolino Ranieri, “Brichè” Dario Montarese e “Wladimiro” (Goliardo Luciani) rimase in zona e continuò a combattere sino alla liberazione.
Ai partigiani che avevano passato il fronte non fu più consentito di tornare a combattere. Solo mio padre Rinaldo Caprioni, con i suoi due compagni Turriddu Perugi e Giordano Bruno Castiglione, tornò dietro le linee naziste. Furono travestiti da fascisti con documenti falsi e rinviati al di là delle linee, per individuare e segnalare le batterie dell’artiglieria tedesca, che furono, grazie a loro, distrutte dagli americani.
Nicola Caprioni