Negli anni Sessanta una nuova generazione di intellettuali inizia a esplorare e a costruire un nuovo panorama culturale in cui il fumetto assume una posizione di rilievo e una propria dignità culturale. Alla base di questo processo di rivendicazione c’è l’affermarsi di nuovi paradigmi culturali in cui inquadrare i prodotti della comunicazione di massa, ma anche un forte legame affettivo con l’oggetto di studio.
Se questo movimento investe soprattutto l’Europa è anche perché gli studiosi che animano il dibattito sono cresciuti alimentando le proprie infanzie di sogni e avventure di carta, perché hanno trovato in Flash Gordon, Tim Tyler’s Luck (in Italia Cino e Franco), Mandrake the Magician e in tanti altri fumetti una bandiera generazionale, un luogo magico da cui sfuggire alle retoriche nazionalistiche o a claustrofobiche strategie pedagogizzanti.
Sono emblematiche a tal proposito le parole del designer e giornalista Giuseppe Trevisani il quale non a caso collabora al Politecnico di Elio Vittorini, la prima rivista in Italia a intervenire senza pregiudizi anche sulla cultura di massa e quindi sul fumetto:
“Era un giornale semplice, quasi rozzo, non c’era che la traduzione pura e semplice, molto alla buona, delle parole nei fumetti. I ragazzi che avevano appena finito le elementari e cominciavano quell’anno il ginnasio, con la prima lezione di latino, si buttarono avidamente su quel foglio che era diverso da quanto era stato fino a quel momento consentito e consigliato loro di leggere. Tutti i loro giornaletti, tutti i loro libri, erano stati fino a quel momento edificanti e istruttivi. Questo giornalaccio tutto figure finalmente non insegnava niente. Non piaceva ai genitori, non piaceva a ai professori. Era soltanto divertente, nella sua sciagurataggine, nel suo italiano a volte persino sconnesso. I ragazzi della prima ginnasio lo accolsero senza riserve, fanaticamente, proprio perché non era autorizzato dai grandi. Quel foglio di carta colorata li divise non solo dai genitori e dagli educatori, ma anche dai ragazzi che avevano pochi anni più di loro: erano già più grandi, non capirono i fumetti, e non li hanno capiti mai più. Gli amici di Gordon in Italia sono tutti del 1923 e del 1924, ce n’è forse qualcuno del 1922. Le leve precedenti, per pochi anni di differenza, non vissero quell’episodio-chiave di contestazione: a differenza dei loro compagni appena più piccoli, non ebbero né la capacità né la fortuna di fare di quel foglio una bandiera e una sfida, indipendentemente dal merito delle storie. Persero un autobus. Era la prima volta che un gruppo generazionale prendeva vagamente coscienza di se stesso”. <42
Il legame con l’infanzia – ben romanzato in La misteriosa fiamma della principessa Loana (2004) <43 da uno dei principali animatori di questa stagione, Umberto Eco – è dunque fondamentale e non privo di risvolti teorici: la nostalgia per le letture infantili fa registrare nei contributi di questa generazione la preminenza dei comics statunitensi e in particolare dei prodotti degli anni Venti-Quaranta che diventano un riferimento imprescindibile per teorizzazioni sul linguaggio o per operazioni di tipo storiografico.
I fumetti diventano così un nucleo importante delle nuove riflessioni e di un rinnovato dibattito intorno alle comunicazioni di massa e alle forme dell’industria culturale. Le dittature, la guerra, l’uso strumentale, politico e propagandistico dei mass media, l’espansione dei sistemi televisivi, i diversi modelli di sviluppo dell’industria culturale statunitense ed europea, hanno portato critici e teorici della comunicazione a leggere in maniera diversa tutti questi fenomeni.
Nasce e si sviluppa un lungo dibattito che si articola in anni e luoghi diversi, concretizzandosi in varie scuole di pensiero e metodologie di ricerca, e nel 1964 Umberto Eco riassume tutti i termini di questo lungo e articolato discorso nella riduttiva ma efficace e famosa formula di Apocalittici e Integrati.
A questo punto ricostruire brevemente le principali linee di pensiero può essere utile per comprendere entro quali paradigmi teorici si va a inquadrare il fumetto in questo processo di rivendicazione culturale. Il concetto di industria culturale, a cui abbiamo fatto riferimento più volte nelle pagine precedenti, nasce alla fine degli anni Quaranta con un’accezione negativa all’interno delle raffinate e sapienti analisi di Theodor Adorno e Max Horkheimer, importanti esponenti della Scuola di Francoforte.
I due teorici, pur rifiutando e denunciando la pericolosità dei meccanismi messi in moto dall’industria culturale, riescono a cogliere la peculiare natura di sistema integrato delle forme di comunicazione di massa:
“La civiltà attuale conferisce a tutto un’aria di somiglianza. Film, radio e settimanali costituiscono un sistema. Ogni settore è armonizzato in sé e tutti fra loro. Le manifestazioni estetiche anche degli opposti politici celebrano allo stesso modo l’elogio del ritmo dell’acciaio. […] Ogni civiltà di massa in sistema di economia concentrata è identica, e il suo scheletro, l’armatura concettuale fabbricata da quello, comincia a delinearsi. I dirigenti non sono più così interessati a nasconderla; la sua autorità si rafforza quanto più brutalmente si riconosce. Film e radio non hanno più bisogno di spacciarsi per arte. La verità che non sono altro che affari, serve loro da ideologia, che dovrebbe legittimare gli scarti che producono volutamente. Essi si autodefiniscono industrie, e le cifre pubblicate dei redditi dei loro direttori generali troncano ogni dubbio circa la necessità sociale dei loro prodotti”. <44
Funzioni e strumenti dei mezzi comunicativi sono colti con acume all’interno di una visione negativa dei processi di standardizzazione, mercificazione e democratizzazione dell’industria del divertimento; nelle teorie di Adorno e Horkheimer possiamo cogliere l’eco dello sconcerto e della protesta dei rappresentanti di una cultura alto-borghese nei confronti dell’intrusione della tecnica nel mondo della cultura.
“Per tutti è previsto qualcosa, perché nessuno possa sfuggire; le differenze vengono coniate e diffuse artificialmente. Il fatto di offrire al pubblico una gerarchia di qualità in serie serve solo alla quantificazione più completa. Ognuno deve condursi […] e rivolgersi alla categoria di prodotti di massa che è stata preparata per il suo tipo. […] I consumatori sono gli operai e impiegati, farmers e piccoli borghesi. La totalità delle istituzioni esistenti li imprigiona talmente corpo ed anima che essi soggiacciono senza resistenza a tutto ciò che viene loro offerto. E come i dominati hanno preso sempre la morale che veniva loro dai signori più sul serio di questi ultimi, così oggi le masse ingannate soggiacciono, più ancora dei fortunati, al mito del successo. Esse hanno tutto quello che vogliono, e richiedono ostinatamente l’ideologia con cui le si asserve”. <45
I due intellettuali non riescono a non cogliere una inquietante continuità tra il totalitarismo politico ed estetico del regime nazista, da cui erano stati costretti a fuggire, e la logica di dominio sulle masse espressa dai media del sistema democratico e capitalista degli Stati Uniti. Il pensiero francofortese, al cui interno si distinguono le riflessioni di Walter Benjamin, esercita per anni una forte egemonia nel mondo culturale tanto da influenzare e indirizzare gli sviluppi delle nascenti scienze sociali.
[NOTE]
42 Giuseppe Trevisani, “Nota sull’autore” in: Alex Raymond, Flash Gordon, Milano, Garzanti, 1974, pp. 13-16.
43 Il titolo del romanzo, pubblicato da Bompiani, riprende quello di una celebre avventura della serie Cino e Franco (Tim Tyler’s Luck) di Lyman Young, pubblicata in Italia da Nerbini a partire dal 1933; nel 1935 l’editore dedicò una testata alla serie, “Il Giornale di Cino e Franco”.
44 Max Horkheimer e Theodor W. Adorno, Dialektik der Aufklärung. Philosophische Fragmente, Querido, Amsterdam, 1947, trad. it. di L. Vinci, Dialettica dell’illuminismo, Einaudi, Torino, 1966, pp.130,131.
45 Ivi, pp.133,134.
Lorenzo Di Paola, L’INAFFERRABILE MEDIUM. Una cartografia delle teorie del fumetto dagli Anni Venti a oggi, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Salerno, Anno Accademico 2017-2018