I partigiani del San Pancrazio…

Orazio Costorella – Fonte: The Magazine Italia

[…] Nato a Misterbianco in provincia di Catania [Orazio Costorella] venne richiamato alle armi giovanissimo a causa della seconda guerra mondiale. Arruolato nel Corpo automobilistico del Regio Esercito, fu inviato a prestare servizio come autiere nel XIV Reggimento di stanza a Treviso. Dopo il Proclama Badoglio dell’8 settembre 1943, decise di tentare il rientro in Sicilia dove era rimasta la madre vedova. L’attraversamento della linea del fronte era però difficile e percorrendo la via Aurelia verso sud, si fermò a Calvi dell’Umbria in provincia di Terni al confine tra Umbria e Lazio. Giunto l’inverno, fu ospitato dalla famiglia D’Achille, che aiutò nel governo degli animali e raccogliendo legna. I D’Achille fiancheggiavano gli uomini della Brigata Garibaldina Antonio Gramsci dell’Umbria, la prima unità di questo tipo ad operare nell’Italia Centrale, precisamente nei territori tra la Valnerina, la zona di Cascia in Umbria, e quella di Leonessa e Poggio Bustone nel Lazio. Malgrado il disaccordo preoccupato della famiglia che lo ospitava, Costorella si unì alla formazione partigiana.
Il 15 febbraio 1944, in previsione di un rastrellamento presso la frazione di Poggio del comune di Otricoli, i partigiani si appostarono pronti per uno scontro a fuoco, ma non arrivando truppe nazifasciste, preferirono ritirarsi lasciando quattro elementi a presidio, tra cui Orazio Costorella. Insieme con lui restarono un maresciallo dei paracadutisti, un altro partigiano soprannominato “Barabba” e l’amico Gaetano Di Blasi, marinaio e anch’egli siciliano di Calatafimi. Lo scontro avvenne il giorno dopo e i 4 partigiani si trovarono coinvolti al tramonto in un violento conflitto a fuoco, rimanendo asserragliati in una abitazione, ma costringendo gli attaccanti a ripegare. Al termine della sparatoria, Di Blasi risultò gravemente ferito alla arteria carotide e morì la sera stessa, vegliato dall’amico Orazio. …”. il 17 febbraio, il paese venne circondato. La preoccupazione di una rappresaglia contro l’abitato e coloro che li avevano ospitati, spinse i superstiti dello scontro a tentare la fuga. “Barabba” e Costorella tentarono di trasportare con sé il corpo di Di Blasi, ma si attardarono al punto da venir spronati dagli abitanti. Catturati dai nazisti, vennero trascinati nella piazzetta del paese e interrogati sommariamente da un ufficiale nazista. Vedendo assenza di collaborazione, il militare uccise sul posto il giovane siciliano esplodendo due colpi di pistola a bruciapelo alla bocca. Il partigiano “Barabba” venne invece caricato su di un camion e non se ne ebbero più notizie. I corpi dei due uccisi vennero tumulati nel cimitero e da lì traslati a guerra finita nella cappella dei Garibaldini nel cimitero di Terni. […]
17 Febbraio del 1944, il partigiano Orazio Costorella dopo essere stato torturato dai nazisti viene assassinato, The Magazine Italia, 17 febbraio 2019

[…] Aveva vent’anni Orazio Costorella, nato a Misterbianco nel 1924 e morto a Poggio di Otricoli (Terni), il 17 febbraio 1944, quando in una fredda mattinata di febbraio 1944 venne trucidato dai nazisti nel piccolo borgo umbro in provincia di Terni. Fu catturato e venne giustiziato per non aver voluto rivelare informazioni sui suoi compagni.
Molti anni dopo, il 24 aprile del 2006, l’estremo sacrificio del giovanissimo partigiano è stato insignito della medaglia d’oro, concessa dall’allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. Nella motivazione, si legge: “Luminoso esempio di elevate virtù civiche, di spirito di solidarietà e di profonda fede nei valori della libertà e della democrazia spinti sino all’estremo sacrificio”.
Il trapanese Gaetano Di Blasi, marinaio di Calatafimi entrò a far parte delle brigate partigiane, operanti in quella zona dell’Umbria, insieme ad Orazio Costorella.
Il 16 febbraio in uno scontro a fuoco, Di Blasi Gaetano restò gravemente ferito: l’agonia durò tutta la notte.
Orazio non si nascose e restò vicino al compagno di lotta per soccorrerlo. Quando arrivarono i nazisti al Poggio lo presero e lo uccisero davanti alla popolazione. […]
Giocondo Talamonti, Commemorati a Otricoli due giovani partigiani morti per la libertà, Umbria Left.it, 23 febbraio 2017

[…] Orazio Costorella: a 20 anni il 17 febbraio del 1944 fu fucilato dalle forze nazifasciste a Poggio di Otricoli in provincia di Terni e decorato nel 2006 con la medaglia d’Oro alla memoria dal Presidente della Repubblica Ciampi, in quanto arrestato nel corso di un conflitto a fuoco, per non aver voluto abbandonare il suo compagno Di Blasi, ed interrogato per avere informazioni sul nascondiglio dei suoi compagni partigiani della Brigata Garibaldi, rimase in silenzio, sapendo che tutto ciò gli sarebbe costatata la vita. Fu subito fucilato nella piazzetta che oggi porta il suo nome e quello di Gaetano Di Blasi. Momenti tragici ancora vivi nei ricordi di Alfredo Petrini di Narni in provincia di Terni che conobbe il giovane Costorella e che permise, grazie alle sue ricerche, di ricostruire quei momenti e svelare ai familiari il luogo della sua sepoltura.
Agrippino Castania, Orazio Costorella: Misterbianco non ha risanato quella ferita, Metro CT, venerdì 17 Febbraio 2017

[…] I partigiani del San Pancrazio erano stati informati che il 15 febbraio i fascisti sarebbero venuti a Poggio di Otricoli per fare un po’ di “pulizia” e per operare una requisizione di generi alimentari, in prevalenza grassi animali. Si organizzò allora una spedizione, concordata probabilmente con Bartolucci Gildo, composta da Gaetano Menichelli, Edmondo Marinelli, Rengo Enzo e pochi altri. I partigiani presero posizione sulla Provinciale Madonna Scoperta – Calvi, aspettarono tutto il giorno ma i fascisti non vennero. Si decise di tornare in montagna e di lasciare in paese Orazio Costorella, Gaetano Di Blasi, Barabba e un maresciallo dei paracadutisti, che a Poggio godevano di amicizie sicure . Verso sera, Edmondo Marinelli, mentre era sulla strada appena fuori il paese, moschetto in spalla, fu avvistato da un camion di fascisti che gl’intimarono l’ “ALT”, lui non si fermò e così cominciarono a sparargli contro raffiche di mitra. Riuscì a ripararsi dietro un fosso e a mettersi in salvo .
I fascisti arrivarono sul finire del giorno successivo, ed allora accorsero tutti i partigiani che stavano in zona. Lo scontro a fuoco fu violento e quando terminò i fascisti fuggirono portandosi dietro i loro feriti, ripiegarono verso la piazza di Santa Maria e frettolosamente si diressero verso Otricoli.
Gaetano Di Blasi, che durante lo scontro a fuoco aveva scelto come postazione la terrazza della casa di Lorenzo Petrucci – il nostro contastorie – , venne colpito da una pallottola che gli attraversò la gola, ferendolo gravemente alla carotide. Era in una pozza di sangue quando Lorenzo, appena sedicenne, lo trovò sotto la porta finestra che cadendo aveva divelto. Le sue condizioni erano disperate, Orazio e Barabba rimasero con lui per assisterlo nell’agonia. A nulla valsero i soccorsi prestati, alle dieci e trenta di quella sera Gaetano morì. Orazio, si sentiva impotente, tanto più che durante lo scontro non aveva potuto combattere perché si era ustionato una mano nell’esplosione della chiesina di San Pancrazio, alcuni giorni prima. Per tutta la notte i compagni e la famiglia di Lorenzo Petrucci vegliarono Gaetano. Alle prime luci dell’alba, i fascisti con i tedeschi avevano circondato il paese, erano dappertutto, si vedevano nella macchia e per le strade. Orazio e Barabba cercarono di nascondersi in una porcilaia, ma durante il rastrellamento vennero catturati e trascinati sulla piazza del paese per essere interrogati. Tutta la popolazione fu obbligata ad assistere all’interrogatorio. Iniziarono con Orazio, un tenente dei fascisti gli domandò cosa avesse fatto alla mano, ma Orazio non rispose, così come rimase in silenzio quando gli chiese di rivelare il luogo dove stavano i partigiani. Lo freddarono con sei colpi di rivoltella in bocca: aveva compiuto venti anni il giorno prima. Una volta a terra gli spararono il colpo di grazia alla testa ed infierirono sul suo cadavere. Quando iniziarono ad interrogare Barabba, era talmente sconvolto e spaventato davanti a tanta crudeltà, che si dichiarò disposto a parlare. Lo portarono via e di lui si è persa ogni traccia.
La sera di nuovo tutti gli uomini furono costretti a presentarsi in piazza, davanti ai gerarchi fascisti, alcuni vennero malmenati e ad alcuni vennero tolte le scarpe, circa 25 persone furono arrestate e portate alle carceri di Terni. L’elenco era stato stilato con ogni probabilità da Matticari Natale, membro della Milizia repubblicana, fratello di Lorenzo, segretario del Fascio di Poggio . Nelle carceri di Terni le persone arrestate subirono violenze e torture tanto che uno di loro, il mulattiere Marco Di Rocco rimase per una settimana tra la vita e la morte, e c’è chi si ricorda che dalle carceri i familiari di “Fiocco” riportavano indietro i panni insanguinati.
Si viveva nella paura e nel sospetto, i delatori erano il nemico peggiore, il timore delle ritorsioni falsava gli atteggiamenti e le decisioni che si dovevano prendere. La popolazione civile era stata coinvolta così tanto nel meccanismo della guerra, che più la guerra diventava fratricida, tanto più era funzionale al sistema.
Gaetano Di Blasi, era nato a Calatafimi (Trapani), il 20 gennaio del 1923 , ex marinaio, dopo l’8 settembre 1943 arrivò a Poggio di Otricoli, e si unì alla lotta partigiana. […]
Le notizie sono tratte dal libro Fischia il vento… Narni, 8 settembre 1943 – 13 giugno 1944, edito dal Comune di Narni, a cura di Carla Mariani, al tempo responsabile dell’Archivio Storico Comunale di Narni.
Carla Mariani, Orazio Costorella e Gaetano Di Blasi partigiani, ANPI Catania, 18 gennaio 2015

Otricoli (Terni) – Fonte: Wikiwand

[…] A Misterbianco, Costorella è ricordato con una piazza a lui intitolata e con un monumento che ne immortala l’eroico gesto. Ma di lui si erano perse le tracce. Anche il fonogramma che ne annunciava la morte alla famiglia non arrivò mai a destinazione.
Le vicende di quel periodo sono state ben descritte da Sergio Bellezza, nel volume “Dal fascismo alla Repubblica”. Dal quale conosciamo lo scenario in cui si svilupparono gli avvenimenti che videro protagonista Orazio Costorella, nato a Misterbianco nel 1924 e morto a Poggio di Otricoli (Terni), 17 febbraio 1944.
Il giovane Costorella parte da da Misterbianco, chiamato alle armi per la guerra in corso. Presta servizio come autiere nel XIV Reggimento della Regia Fanteria Sabauda di stanza a Treviso. Dopo l’8 settembre 1943, in seguito allo sbandamento dell’Esercito, fa parte di quell’immenso gruppo di disperati che, a piedi e di notte, cercano un modo per tornare a casa. Nella sua, ad aspettarlo c’è la madre vedova e anziana.
Ma, in quel periodo, superare le linee nemiche è impresa così ardua da risultare impossibile. Orazio trova rifugio presso la famiglia D’Achille, a Calvi dell’Umbria. Di ciò si trova traccia nella notifica che fanno i Carabinieri al Distretto Militare di Catania. Il giovane si dà da fare nei campi, bada agli animali e raccoglie legna nei boschi attorno. I D’Achille tutti i giorni salgono in montagna per portare pane ai partigiani. Una mattina ci va Orazio.
Lì ritrova il comandante Marinelli, con cui ha già avuto un contatto, e incontra il trapanese Gaetano Di Blasi, marinaio di Catalafimi. È lì che Orazio decide di partecipare alla Resistenza e di arruolarsi nelle brigate partigiane, contro la volontà della sua nuova famiglia umbra.
A febbraio del 1944, è in corso un inverno particolarmente rigido: l’Appennino umbro-marchigiano è imbiancato da abbondanti nevicate; cime e valli erano spazzate da forti venti di tramontana. Nella parte di Italia occupata dalle truppe tedesche, la guerra partigiana acquista sempre più corpo. In Umbria operano varie formazioni: la brigata Proletaria d’Urto, la Garibaldi e la Gramsci.
Quest’ultima opera nella zona della Valnerina e l’alto Lazio. Si tratta di un’area montana, ritenuta come una “terra di nessuno”, ai margini della quale si trova il ‘teatro’ del sacrificio di Costorella: Poggio di Otricoli. Il posto diventa presto un punto di rifornimento e di rifugio per i partigiani, un centro di reclutamento di volontari per la Resistenza. Vengono accolti anche militari sbandati. Tanti. Proprio come il ventenne Orazio Costorella.
Il borgo di Poggio viene ogni tanto rastrellato dai plotoni fascisti. Cercano partigiani e generi alimentari. Il 15 febbraio si aspetta un’altra loro sortita. Ecco perché i partigiani scendono dalla montagna: vogliono proteggere la popolazione. S’appostano sulla strada provinciale: non arriva nessuno. Così, la sera, a presidiare resta una pattuglia con soli quattro uomini: un maresciallo dei paracadutisti, un volontario noto come ‘Barabba’, Gaetano Di Blasi, col nome di battaglia “Aldo”, e Orazio.
I fascisti arrivano la sera del giorno dopo: è il 16 febbraio e si scatena un violento scontro a fuoco. Alla fine, i partigiani hanno la meglio: le truppe si ritirano e lasciano sul campo armi, munizioni e mezzi di trasporto. Di Blasi, però, resta gravemente ferito: un colpo di rimbalzo della mitraglia lo ferisce alla carotide e l’emorragia è subito copiosa.
Il marinaio viene portato dentro un casolare. L’agonia dura tutta la notte. Orazio lo veglia fino alla fine, con Barabba. Anche il giovane misterbianchese è ferito: la mano destra è rimasta ustionata dall’esplosione che giorni prima aveva scoperchiato la chiesetta di S. Pancrazio.
All’alba del 17 febbraio, scatta la rappresaglia dei nazisti: Poggio di Otricoli viene circondato. Orazio e ‘Barabba’ trascinano il corpo di “Aldo” per strada. Ma il misterbianchese non scappa e si attarda accanto al cadavere dell’amico. Le grida delle donne di Poggio lo scuotono, fugge e trova riparo in una porcilaia. Ma è troppo tardi: lo scoprono e, assieme al compagno, lo portano davanti alla popolazione. Un ufficiale nazista lo interroga, ma Orazio risponde con disprezzo e si rifiuta di tradire i compagni. Viene abbattuto a bruciapelo, con due colpi di pistola in bocca. Il giovane cade a terra in una pozza di sangue accanto all’amico.
Le spoglie sue e di Di Blasi vengono tumulate nel cimitero di Poggio. Da lì, saranno riesumate dopo la Liberazione e sepolte definitivamente in quello di Terni nella cappella dei Garibaldini. I Carabinieri di Calvi informano la madre di Orazio della sua morte. Ma il fonogramma si perde e non arriverà mai: la famiglia perde le tracce del partigiano.
Da qui, la storia si fa quasi romanzo. A Misterbianco, infatti, molto tempo fa, a Costorella era stata dedicata una piazza, davanti alla stazioncina della ferrovia Circumetnea. Proprio “piazza Orazio Costorella” indirizza le ricerche di un vecchio socialista narnese, Alfredo Petrini. Questi, sfollato poco più che ragazzo a Poggio di Otricoli, aveva conosciuto i due giovani partigiani. Nel 2004, Petrini si mette in contatto con l’amministrazione comunale di Misterbianco, che fa da tramite con la famiglia Costorella.
È così che nel mese di febbraio del 2005, 61 anni dopo, congiunti di Orazio, sindaco e amministratori comunali di Misterbianco arrivano a Poggio a visitare il luogo del martirio e a Terni la cappella dei Garibaldini. Sono accolti dalle autorità civili e militari, dall’ANPI provinciale e da Petrini. Così, dopo anni di oblio, il partigiano Orazio riscopre l’affetto dei propri cari e la gratitudine dei suoi conterranei.
Da qui, gli avvenimenti si susseguono quasi a recuperare il tempo perduto. L’amministrazione comunale misterbianchese fa formale richiesta per la concessione della medaglia d’oroNel 2006, il Presidente della repubblica consegna al nipote Orazio Costorella jr. la medaglia d’oro al valor civile. L’anno dopo, in memoria del giovane partigiano viene inaugurato, nella omonima piazza, un monumento.
Rosario Nastasi, catania.blogsicilia.it, 25/04/2014

[…] Le vicende di quel periodo sono state ben descritte da Sergio Bellezza, nel volume “Dal fascismo alla Repubblica”. Dal quale conosciamo lo scenario in cui si svilupparono gli avvenimenti che videro protagonista Orazio Costorella, nato a Misterbianco nel 1924 e morto a Poggio di Otricoli (Terni), 17 febbraio 1944.
Il giovane Costorella parte da Misterbianco, chiamato alle armi per la guerra in corso. Presta servizio come autiere nel XIV Reggimento della Regia Fanteria Sabauda di stanza a Treviso. Dopo l’8 settembre 1943, in seguito allo sbandamento dell’Esercito, fa parte di quell’immenso gruppo di disperati che, a piedi e di notte, cercano un modo per tornare a casa. Nella sua, ad aspettarlo c’è la madre vedova e anziana.
Ma, in quel periodo, superare le linee nemiche è impresa così ardua da risultare impossibile. Orazio trova rifugio presso la famiglia D’Achille, a Calvi dell’Umbria. Di ciò si trova traccia nella notifica che fanno i Carabinieri al Distretto Militare di Catania. Il giovane si dà da fare nei campi, bada agli animali e raccoglie legna nei boschi attorno. I D’Achille tutti i giorni salgono in montagna per portare pane ai partigiani. Una mattina ci va Orazio.
Lì ritrova il comandante Marinelli, con cui ha già avuto un contatto, e incontra il trapanese Gaetano Di Blasi, marinaio di Catalafimi. È lì che Orazio decide di partecipare alla Resistenza e di arruolarsi nelle brigate partigiane, contro la volontà della sua nuova famiglia umbra.
Nel febbraio del 1944, è in corso un inverno particolarmente rigido: l’Appennino umbro-marchigiano è imbiancato da abbondanti nevicate; cime e valli erano spazzate da forti venti di tramontana. Nella parte di Italia occupata dalle truppe tedesche, la guerra partigiana acquista sempre più corpo. In Umbria operano varie formazioni: la brigata Proletaria d’Urto, la Garibaldi e la Gramsci.
Quest’ultima opera nella zona della Valnerina e l’alto Lazio. Si tratta di un’area montana, ritenuta come una “terra di nessuno”, ai margini della quale si trova il ‘teatro’ del sacrificio di Costorella: Poggio di Otricoli. Il posto diventa presto un punto di rifornimento e di rifugio per i partigiani, un centro di reclutamento di volontari per la Resistenza. Vengono accolti anche militari sbandati. Tanti. Proprio come il ventenne Orazio Costorella.
Il borgo di Poggio viene ogni tanto rastrellato dai plotoni fascisti. Cercano partigiani e generi alimentari. Il 15 febbraio si aspetta un’altra loro sortita. Ecco perché i partigiani scendono dalla montagna: vogliono proteggere la popolazione. S’appostano sulla strada provinciale: non arriva nessuno. Così, la sera, a presidiare resta una pattuglia con soli quattro uomini: un maresciallo dei paracadutisti, un volontario noto come ‘Barabba’, Gaetano Di Blasi, col nome di battaglia “Aldo”, e Orazio.
I fascisti arrivano la sera del giorno dopo: è il 16 febbraio e si scatena un violento scontro a fuoco. Alla fine, i partigiani hanno la meglio: le truppe si ritirano e lasciano sul campo armi, munizioni e mezzi di trasporto. Di Blasi, però, resta gravemente ferito: un colpo di rimbalzo della mitraglia lo ferisce alla carotide e l’emorragia è subito copiosa.
Il marinaio viene portato dentro un casolare. L’agonia dura tutta la notte. Orazio lo veglia fino alla fine, con Barabba. Anche il giovane misterbianchese è ferito: la mano destra è rimasta ustionata dall’esplosione che giorni prima aveva scoperchiato la chiesetta di S. Pancrazio.
All’alba del 17 febbraio, scatta la rappresaglia dei nazisti: Poggio di Otricoli viene circondato. Orazio e ‘Barabba’ trascinano il corpo di “Aldo” per strada. Ma il misterbianchese non scappa e si attarda accanto al cadavere dell’amico. Le grida delle donne di Poggio lo scuotono, fugge e trova riparo in una porcilaia. Ma è troppo tardi: lo scoprono e, assieme al compagno, lo portano davanti alla popolazione. Un ufficiale nazista lo interroga, ma Orazio risponde con disprezzo e si rifiuta di tradire i compagni. Viene abbattuto a bruciapelo, con due colpi di pistola in bocca. Il giovane cade a terra in una pozza di sangue accanto all’amico. […]
Rosario Nastasi, La storia di Orazio Costorella il partigiano etneo ‘ritrovato’ da: blog sicilia, ANPI Catania, 25 aprile 2014