Il 25 agosto attendevamo papà per pranzo, ma non arrivò

 

Cipriano Scarfò – Fonte: Approdo Calabria cit. infra

Cipriano Scarfò fa parte del Comitato di concentrazione antifascista, un gruppo di artigiani e piccoli commercianti – tra i quali Filippo Zucco, Giuseppe D’Agostino, Filippo Mazzù, Vincenzo Plataroti, Domenico Silipigni e Domenico Sofia – libertari e antifascisti. Uomo di “fervida intelligenza” manifesta sentimenti libertari e insofferenza nei confronti del regime. Abile artigiano gestisce un’officina-negozio di armeria che affaccia su Piazza Concordia e, quando le incursioni aeree spingono la popolazione verso la campagna, cerca casa in Contrada Chiusa per mettere al riparo la sua famiglia. La Contrada Chiusa era caratterizzata da una ricca vegetazione di ulivi secolari, sotto i quali, nella vicina Contrada Micigallo era accampata, secondo alcune ricostruzioni, la 29ª Divisione tedesca Panzer Grenadier. Scarfò si reca ogni giorno al negozio, passando per la stradina interna e, quindi transita più volte a ridosso dell’accampamento tedesco. Il 25 agosto 1943 Scarfò viene arrestato dai tedeschi con l’accusa di sabotaggio per aver tagliato i fili del telegrafo. Catturato in Pizza Duomo e caricato su un autocarro è condotto al campo tedesco e fucilato alle 14.30 dopo essere stato legato ad un albero di ulivo.
(a cura di ) Francesca Gori, Episodio di Micigallo Taurianova 25-8-1943, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia

[…] Taurianova, durante il ventennio fascista, era sede di una delle quattro “Coorti provinciali della milizia”. Qui il rapporto tra fascisti ed antifascisti è stato molto conflittuale. Questi ultimi, insieme a più di venti confinati politici, operavano nella clandestinità ma non esitavano ad uscire allo scoperto per affrontare i ras locali. A Taurianova erano dislocate la 104ª divisione di Fanteria “Mantova” e un reparto della Divisione “Lupi di Toscana”, che facevano parte delle forze italiane a difesa della Calabria. A queste Divisioni, si affiancò dopo lo sbarco alleato, la Divisione tedesca Panzer Grenadier, al cui comando vi era il generale di brigata Walter Fries. E’ in questo frangente che si affaccia la figura di Cipriano Scarfò, membro del Comitato di concentrazione antifascista, un gruppo di artigiani e piccoli commercianti libertari ed antifascisti. Scarfò manifesta sentimenti libertari e insofferenza nei confronti del regime. Abile artigiano, gestiva un’officina-negozio di armeria che si affacciava su piazza Concordia e, quando le incursioni aeree spinsero la popolazione verso la campagna, cercò casa in contrada Chiusa per mettere al riparo la sua famiglia. Tale contrada era caratterizzata da una ricca vegetazione di ulivi secolari, sotto i quali, nella vicina contrada Micigallo era accampata la 29ª Divisione tedesca Panzer Grenadier. La casetta di campagna di Scarfò, era raggiungibile dalla strada provinciale e da una stradina interna che passava tra gli ulivi. Essendo più breve, anche se per un lungo tratto, delimitava la zona militare del campo tedesco, Cipriano la percorreva ogni giorno per raggiungere il suo negozio. Il 25 agosto del 1943, l’uomo però non tornò a casa per il pranzo. Era stato arrestato dai tedeschi con l’accusa di sabotaggio per aver tagliato i fili del telegrafo. Catturato in pizza Duomo e caricato su un autocarro venne condotto al campo tedesco e alle 14,30 di quello stesso giorno, barbaramente trucidato per rappresaglia dopo essere stato legato ad un albero di ulivo. Alcune testimonianze riferirono che Scarfò, al momento della fucilazione sputò con disprezzo contro gli aguzzini, gridando “vigliacchi” […]
Teresa Cosmano, Taurianova ricorda Cipriano Scarfò, Approdo Calabria

Il 25 agosto 1943 un uomo, incatenato al tronco di un grande albero d’ulivo, guarda negli occhi i suoi aguzzini già schierati nel plotone d’esecuzione, sputa con disprezzo verso di loro e urla loro “Vigliacchi!”. Poi, una scarica di proiettili mette fine alla sua vita. Il suo nome è Cipriano Scarfò, 54 anni, di professione artigiano armaiolo, libertario e frequentatore del Comitato di concentrazione antifascista di Taurianova, grosso borgo rurale della piana di Gioia Tauro nella Calabria reggina.
Taurianova è “fascistissima”, una città nelle mani di agrari e possidenti di fondi immensi dove tutt’intorno braccianti e raccoglitrici d’olive sopravvivono in condizioni disumane. Qui da vent’anni spadroneggiano le camicie nere e il paese spesso è stato teatro dello squadrismo più aggressivo e violento della provincia.
Tuttavia, Cipriano non fece mai mistero del suo disprezzo verso le prepotenze dei fascisti e il militarismo del regime: “Eravamo riuniti nei locali dell’Unione Contadini (…) per ascoltare le notizie dei bollettini radio. Con noi entrò anche Cipriano Scarfò. All’inizio delle trasmissioni il dott. Rosario Fusaro (…), noto gerarca fascista, intimò ai presenti di alzarsi. Ci alzammo tutti tranne Cipriano Scarfò. Sucesse l’inferno”.
Ma il 25 luglio il fascismo è caduto e gli Alleati preparano lo sbarco.
Per paura dei bombardamenti, Cipriano e la sua numerosa famiglia si rifugiano in una minuscola casupola di campagna, qualche chilometro fuori dall’abitato. Ma Cipriano non può lasciare il lavoro, e la sua bottega è in piazza Duomo, in pieno centro. Così, ogni mattina attraversa il bosco d’ulivi di contrada Micigallo percorrendo una stradina interna che per un lungo tratto costeggia la recinzione del campo tedesco. In quello stesso bosco infatti, sotto gli alberi secolari, è accampata la 29° Divisione Panzergranedier “Falco” ai comandi del generale Fries.
“Il 25 agosto attendevamo papà per pranzo, ma non arrivò”. Era stato arrestato poco prima, presso la sua bottega, e caricato a forza su un autocarro. “Nel tardo pomeriggio un contadino (…) riferì che mio padre era stato accusato di sabotaggio contro le truppe tedesche per aver reciso le linee telefoniche”. In serata la notizia viene confermata dai carabinieri. Ogni tentativo di salvarlo fu inutile, e chi tentò di impedirne l’arresto dovette desistere sotto i fucili puntati dei militari.
È certo che l’accusa di sabotaggio fu la causa della fucilazione. Tuttavia, le responsabilità di Cipriano non furono mai accertate, così come – sebbene le voci di paese fossero concordi nel descriverlo come un attivista antifascista – tale impegno fu sempre negato dalla famiglia […] Cannibali e Re

La Seconda Guerra Mondiale scrisse a suon di bombe e mitragliamenti offensivi “alleati” pagine di sangue e terrore anche in punta al Regno di Italia, in Calabria e Sicilia, Reggio Calabria e Messina con bilanci pesantissimi. Reggio Calabria capoluogo (24 bombardamenti) ma anche centri limitrofi, come Villa San Giovanni, Bagnara Calabra, Gioia Tauro, Palmi, Cittanova, Condofuri Marina, Locri, Roccella Jonica, furono i più colpiti della regione. Il culmine, nel 1943, viene descritto dallo scrittore di Maropati, in provincia di Reggio Calabria, Fortunato Seminara nel suo Diario: “La costa tra San Ferdinando e Rosarno è stata arata, come dicono in contadini, zappata dai proiettili”. Prima dello sbarco degli alleati particolarmente cruenti, nel 1943, furono i bombardamenti di Cittanova il 20 febbraio (5 bombe, 147 vittime civili di cui 63 donne e 26 bambini anche sotto i cinque anni), di Reggio città nel maggio ( 8 raid aerei, 3.986 morti, 12.043 feriti) e la strage ferroviaria di Condofuri marina il 15 agosto in cui persero la vita oltre 1000 soldati. La Calabria fu anche teatro di una strage nazista, a Rizziconi, nel settembre successivo.
Il ferragosto di sangue nel piccolo centro jonico di Condofuri Marina fu una delle pagine più disastrose. Dodici vetture e due locomotive a vapore, su cui viaggiavano disarmati oltre mille soldati appartenenti a diversi reparti e reduci dalle battaglie nella piana di Catania, in Sicilia, furono bombardate dagli aerei inglesi che, a gruppi di quattro, volarono a bassa quota per rifornirsi di acqua sulla costa jonica tra il 10 ed il 15 agosto 1943. L’incendio di una vettura innescò il rogo di tutte le altre. Le fiamme imperversarono per giorni. Quel che restò di quei corpi carbonizzati ebbe degna sepoltura solo sette anni dopo quando, nel 1950, un comitato di cittadini chiese il supporto del ministero della Difesa per riesumare i resti e deporli nel cimitero di San Filippo dove in seguito fu posta una lapide alla memoria.
Ma i giorni nella violenza della provincia reggina non erano terminati. Sull’altro litorale, quella tirrenico, a Taurianova, sede di una delle quattro Coorti provinciali della milizia del Fascio, territorio in mano alla 104° divisione di fanteria “Mantova” ed al reparto della divisione “Lupi di Toscana”, particolarmente tesi furono i rapporti tra fascisti ed esponenti della Resistenza. Al momento delle incursioni aeree dell’agosto 1943, la popolazione civile cercò riparo nelle campagne interne. A cercare riparo vi furono anche i componenti del comitato di concentrazione antifascista di cui facevano parte artigiani e piccoli commercianti, tra cui l’armiere Cipriano Scarfò che con la sua famiglia cercò riparo in contrada Chiusa, vicino alla contrada Micigallo, sede dell’accampamento della 29° divisione tedesca “Panzer Granadier”. Attraversava gli ulivi della fitta vegetazione della zona per recarsi al lavoro ogni giorno. Tagliò i fili del telegrafo per ostacolare le attività dei tedeschi e quando fu scoperto, fu arrestato e condannato a morte per fucilazione, senza processo, con l’accusa di sabotaggio. Legato ad un albero di ulivo, fu sparato al petto. Aveva 54 anni e sei figli che aveva portato in salvo tra quegli ulivi dove lo colse, il 25 agosto 1943, la rappresaglia tedesca. Una storia di resistenza civile dimenticata per oltre 70 anni, ha sottolineato l’ Istituto “Ugo Acri” per al Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea in provincia di Reggio Calabria (Centro culturale polivalente, piazza Calvario) con sede a Cittanova (RC).
L’armistizio sarebbe arrivato il 3 settembre 1943 – firmato a Cassibile e ufficializzato dal maresciallo Badoglio l’8 settembre – ed il giorno dopo avrebbe avuto luogo l’avanzata inglese nel Sud della Calabria e l’ingresso dei britannici nella città devastata dai raid. Nell’ambito della cosiddetta operazione BayTown, i mezzi anfibi inglesi dalla costa siciliana approdarono in Calabria, dove l’Asse perse il controllo dei territori già alle prime battaglie a Reggio Calabria, Villa San Giovanni e Melito Porto Salvo. Alla devastazione sono sopravvissute alcune delle palazzine edificate a Reggio città proprio in epoca fascista come palazzo Piacentini, adesso in fase di ristrutturazione ed ospitante il museo Nazionale della Magnagrecia, e la cosiddetta Casa del Fascio che oggi ospita la sede staccata del Tribunale Amministrativo Regionale (Tar), proprio accanto a piazza del Popolo dove il 31 marzo 1939 Benito Mussolini aveva pronunciato il suo discorso in occasione della sua prima visita in città.
Proprio nei giorni dello sbarco ebbe luogo in Calabria l’unica strage nazista, impunita e dimenticata dalla Storia. Quella di cui non vi è traccia negli archivi ufficiali, quella che si consumò nel florido centro agricolo di Rizziconi, nella piana di Gioia Tauro nella provincia tirrenica di Reggio Calabria, il 6 settembre 1943, mentre le truppe tedesche, sotto il comando di Walter Fries, si concentravano nel territorio della XI divisione costiera (Rizziconi, Cittanova e Taurianova).
Una rappresaglia nazista a seguito dell’interruzione, ad opera degli inglesi, dei collegamento radio tra la popolazione civile ed i tedeschi del 53° reggimento, seminò morte e distruzione. I tedeschi in ritirata distrussero a cannonate la zona, uccidendo 17 persone e ferendone 56. Un bombardamento violento che si protrasse per ore. L’unica strage nazista della Calabria e la più cruenta del Mezzogiorno d’Italia.
Anna Foti, Memorie…, strill.it, 14 agosto 2013