Il 1950 inaugurò per gli Stati Uniti un decennio all’insegna della revisione strategica del containment, e di un crescente impegno per rinsaldare l’egemonia statunitense nel mondo. La logica del containment si era infatti dimostrata inadeguata nell’arginare il pericolo della sovversione comunista e la minaccia di un’aggressività sovietica, soprattutto alla luce di alcuni sviluppi internazionali che avevano provato la pericolosità dell’inattività statunitense e della sottovalutazione delle capacità di Mosca. L’esplosione del primo ordigno atomico sovietico, la nascita della Repubblica popolare cinese e la guerra in Corea alimentarono la paura di ritrovarsi improvvisamente in una posizione di inferiorità rispetto all’Unione sovietica e di concedere al nemico l’occasione giusta per espandere il proprio controllo all’intero continente euroasiatico <408. Questi avvenimenti internazionali ebbero un impatto anche sulla politica interna, principalmente in termini di crescente impopolarità dell’amministrazione Truman, accusata di passività e di aver perso la Cina. Occorreva quindi riaffermare il prestigio dell’amministrazione dimostrando fermezza e determinazione nei confronti comunismo e ribadendo la superiorità del mondo occidentale. Occorreva poi ridare fiducia agli alleati europei. A dispetto delle nuove tensioni internazionali, gli Stati Uniti non li avrebbero abbandonati, ma avrebbero continuato a farsi carico della loro difesa e sicurezza.
Una politica di appeasement (= arrendevolezza) nei confronti di Stalin era fuori discussione. Il fallimento di questa strategia nel contrastare l’aggressività di Hitler, quando anziché frenare le tendenze espansionistiche del dittatore non aveva fatto che incentivarle, costituiva un valido precedente per escluderla nel riesame delle strategie contro il comunismo <409. Era invece necessario aggiornare i piani strategici in senso più dinamico, ed approntare una strategia che garantisse la vittoria del mondo occidentale sul comunismo internazionale, scongiurando al tempo stesso il rischio di nuovo conflitto. In particolare, gli ambienti politici e militari sembravano fermamente convinti dell’inevitabilità di una guerra, tanto da iniziare a definire una dichiarazione congiunta che esprimesse gli obiettivi e le strategie comuni tra Stati Uniti ed Europa nell’eventualità di un conflitto globale <410. Sulla scorta di queste osservazioni, la revisione della politica anticomunista americana passò attraverso due piani principali. Sul fronte politico, gli Stati Uniti emanarono la direttiva del Nsc-68. Con questo documento si ebbe una vera e propria svolta nella politica estera americana, in quanto segnò il passaggio da una logica particolarista e asimmetrica propria della prima fase della guerra fredda, ad una globalista e simmetrica <411. All’aggressività sovietica, gli Stati Uniti si proponevano di rispondere in maniera altrettanto dinamica, predisponendo in particolare un massiccio incremento delle spese militari e di quelle destinate alla difesa, alla sicurezza interna e all’assistenza estera, e il riarmo delle forze convenzionali e nucleari del blocco occidentale. Nel documento era poi ritenuto indispensabile intensificare le attività di intelligence, le covert operations, e tutte quelle iniziative necessarie a rafforzare l’immagine di forza che gli Stati Uniti incarnavano nel mondo, a creare e mantenere quel senso di fiducia nel mondo occidentale ed evitare eventuali defezioni verso Est. Sul fronte militare, invece, gli Stati Uniti diedero avvio allo studio per la realizzazione della bomba all’idrogeno, finalizzata a controbilanciare la netta inferiorità convenzionale del blocco occidentale e il processo di riarmo nucleare avviato da Stalin <412. Sempre su questo piano, gli Stati Uniti promossero una vesta rete di alleanze allo scopo di aumentare il livello di integrazione politica ed economica dei paesi alleati. Di questo sistema di accordi facevano parte anche la Central Treaty Organisation (Centro), la Southeast Asia Treaty Organization (Seato), l’Organizzazione degli Stati americani e il Patto di Colombo, ma soprattutto l’Unione europea. Il processo di integrazione europeo subì infatti una grande accelerazione con l’elaborazione del piano Schuman, la nascita della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (Ceca), e del piano Pleven. Parte della nuova strategia difensiva americana era anche il rafforzamento dell’assetto istituzionale dell’Alleanza atlantica, finalizzato a migliorarne le capacità operative e funzionali <413. Nel 1950 venne creata la Nato (North Atlantic Treaty Organization), la forza militare integrata del Patto atlantico posta sotto il comando supremo americano, e tutti gli organismi di cui ancor oggi si compone <414. Nel mutato contesto internazionale, la nuova organizzazione militare rispondeva agli appelli dei governi europei per un maggiore impegno americano in Europa e per la revisione dei piani strategici del Patto atlantico, ancora legato alle esigenze del Patto di Bruxelles. A fronte di tali impegni, all’Europa furono imposte diverse condizioni, a partire dal progressivo consolidamento delle forze armate europee, da realizzarsi attraverso un aumento delle spese militari dei singoli governi, e attraverso il riorientamento del sostegno economico e finanziario statunitense verso la produzione militare. Altre condizioni erano inoltre legate all’approvazione dell’inclusione della Germania nell’esercito atlantico integrato, ad un inasprimento delle azioni contro la sovversione comunista, e alla disponibilità ad ospitare basi americane sul proprio territorio <415. Un altro tassello della revisione strategica operata dagli Stati Uniti in questo periodo fu la creazione dello Psychological Strategy Board (Psb), nato per formulare tutti i programmi nazionali di guerra psicologica e per guidare le varie agenzie predisposte a tal fine. La peculiarità dello Psb consisteva nel fatto che, per la prima volta nella storia, gli Stati Uniti si dotavano di un organismo esclusivamente predisposto al coordinamento delle operazioni di guerra psicologica in tempo di pace <416. Nonostante la carica simbolica e l’importanza dei compiti assegnatigli, questo organismo ebbe vita assai breve. In conseguenza dell’inattività e dello scarso successo conseguito dai suoi programmi, nel 1953 lo Psb fu sostituito dal President’s Committee on International Information Activities e successivamente dall’Operations Coordinating Board (Ocb). Dei circa tredici piani elaborati negli anni di attività, infatti, soltanto tre furono messi in opera: un piano per il Giappone, e due piani per sconfiggere il comunismo in Francia e in Italia, rispettivamente Cloven e Demagnetize <417.
In base al principio per cui “a defeat of free institutions anywhere is a defeat everywhere”, si capisce anche la rilevanza assunta dal caso italiano a partire dal 1950. Dopo la vittoria della Dc alle elezioni del 1948 e l’annessione italiana al Patto atlantico, gli Stati Uniti erano stati portati a concentrare la loro priorità strategica su altre aree dello scenario internazionale e a soppesare più cautamente che nel passato gli allarmi provenienti da Roma rispetto a imminenti crisi di governo e minacce comuniste. Il giudizio degli americani sulla situazione italiana si era fatto più cauto, tanto da constatare la riduzione dei rischi connessi alla forza del Pci rispetto al decennio appena concluso <418. L’Italia tornò in cima agli interessi strategici degli Stati Uniti a causa della sua fragilità economica e democratica, per cui la penisola era ritenuta particolarmente vulnerabile rispetto al pericolo dell’espansione sovietica in Europa. Per questa ragione, Washington iniziò a lavorare alla direttiva Nsc-67, “The Position of the United States with Respect to Communism in Italy”, il cui obiettivo principale era evitare che il Pci arrivasse al potere. Nel documento si tornava a sottolineare l’importanza strategica della penisola, lo stretto legame tra sicurezza interna e internazionale e la necessità di evitare che il governo italiano cadesse nelle mani dei comunisti. Il Pci era il più forte partito comunista al di fuori del blocco orientale, e la sua forza veniva generalmente attribuita a componenti sociali e a caratteristiche organizzative del Pci. In primo luogo, la miseria in cui versava gran parte della popolazione italiana veniva considerata una delle principali leve che la propaganda comunista sfruttava a proprio vantaggio. In secondo luogo, Washington riteneva l’organizzazione paramilitare comunista ben radicata sul territorio dell’intero paese. Gli strumenti che gli Stati Uniti si proponevano di porre in essere per contrastare il comunismo, oltre a quelli di natura politica ed economica, erano di carattere militare. Si trattava in particolare di aiuti legati al Mutual Defence Assistance Program (Mdap), destinati ad armare le divisioni militari da mettere a disposizione dello Shape sulla base del Mutual Defence Assistance Act del 1949, e un incremento della presenza militare statunitense nel Mediterraneo <419. Il testo della Nsc-67 fu poi integrato dalla Nsc-67/1, ove compare la clausola per cui l’invio delle forze armate in Italia dovesse essere deciso “alla luce delle raccomandazioni espresse dai capi di stato maggiore” <420. Questa saving clause (= clausola di salvataggio) fa emergere quanto all’interno del Dipartimento di Stato vi fossero grosse perplessità circa la reale necessità di intervenire in Italia.
[NOTE]
408 Frus, 1950, Vol. I, Memorandum by the Secretary of The Army (Pace) the Secretary of the Navy (Mathhews), and the Secretary of the Air Forces (Finletter) to the Secreatry of Defence (Johnson), Washington, August 1, 1950, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1950v01/pg_353.
409 M. P. Leffler, D. S. Painter, Originsof the Cold War. An Internazional History, New York, Routledge, 2005, p. 171.
410 Frus, 1950, vol. I,NSC 73/4, The Position and Actions of the United States With Respect to Possible Further Soviet Moves in the Light of the Korean Situation, Washington, August 25, 1950, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1950v01/d121; Frus, 1950, vol. I, Memorandum by the Joint Chiefs of Staff to the Secretary of Defence (Johnson), Washington, August 22, 1950, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1950v01/pg_390.
411 Nella Nsc-68 si affermava che i russi non avevano provocato una guerra fino a quel momento perché non avevano l’assicurazione di poterla vincere. Una volta che le loro capacità militari nucleari si fossero ingrandite a sufficienza, si stimava che ciò sarebbe avvenuto entro il 1954, sarebbe stato conveniente per loro scatenare una guerra, magari attraverso un attacco a sorpresa tale da devastare gli Stati Uniti. J. L. Gaddis, Strategies of Containment, cit. pp. 87-126.
412 L. Sebesta, Two Scorpions in a Bottle. Genesi di una scelta difficile: la bomba H tra strategia e politica, in “Storia delle relazioni internazionali”, 2, 2 (1986): pp. 329-366.
413 M. Del Pero, L’alleato scomodo, cit. p. 101.
414 Ad esempio l’Allied Command Operations (ACO), responsabile per la pianificazione e l’esecuzione delle operazioni Nato, il cui quartier generale – Supreme Headquarters Allied Powers Europe (Shape) – è coordinato dal Saceur (Supreme Allied Commander Europe) ed è situato in Belgio.
415 E. Cerquetti, Che cos’è la Nato, Milano, Jaca Book, 1969, p. 66; G. De Lutiis, Storia dei servizi segreti in Italia, cit. p. 40.
416 Fino ad allora le operazioni psicologiche erano stato assegnate all’Oss, il servizio segreto operante durante la seconda guerra mondiale, oppure all’Ifio (Interagency Foreign Information Organization), organismo creato da Truman nel 1949, e preposto all’esecuzione di operazioni psicologiche durante il conflitto in Corea. M. E. Guasconi, L’altra faccia della medaglia, cit. p. 409; E. Lilly, Foreign Policy Coordination. The Psychological Strategy Board and Its Predecessors, in G. Vincitorio (a cura di), Studies in Modern History, New York : St. John’s University Press, 1968, pp. 377-382; J. Prados, Keepers of the Keys, New York, William Morrow & Co, 1991, pp. 50-56.
417 J. Prados, Keepers of the Keys, op. cit. p. 55.
418 Policy planning staff, Intelligence Report, n. 6141, Communism Developments in Italy in 1951-52, 6 gennaio 1953.
419 Il Mutual Defence Assistance Act prevedeva la concessione di aiuti militari gratuiti necessari per mettere i paesi beneficiari dell’assistenza militare nelle condizioni di difendersi da una eventuale aggressione. P. Angelini Rota, Gli aiuti americani all’Italia dal 1948 al 1953, cit. p. 67; M. Del Pero, L’alleato scomodo, cit. pp. 87-88.
420 “Any commitment of United States armed forces to the Italian area (beyond that contemplated in paragraph 10.c) will be considered in the light of recommendations by the Joint Chiefs of Staff at the time”. Frus, 1950, III, Report by the National Security Council, top secret, Nsc 67/1, Washington, 21 aprile, 1950, pp. 1486-1491, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/Frus1950v03/pg_1486.
Letizia Marini, Resistenza antisovietica e guerra al comunismo in Italia. Il ruolo degli Stati Uniti. 1949-1974, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Macerata, 2020