Il «modello Bicocca» venne replicato anche per altre operazioni di riqualificazione urbana

Milano: un cantiere di 11 anni fa

La metamorfosi milanese
Dal 1997 Milano fu la capitale del berlusconismo, così come lo divenne la Lombardia, che a livello regionale trovava come suo interprete Roberto Formigoni. Il Celeste, come venne soprannominato, forte dei nuovi poteri conferiti ai Presidenti delle giunte regionali con la riforma costituzionale del Titolo V confermata via referendum il 7 ottobre 2001, portò avanti in maniera ancor più decisa la trasformazione del sistema sanitario regionale, mutuando la riforma britannica dei primi anni ’90 di matrice thatcheriana (poi riformata da Blair proprio nel 1997, quando cominciò ad essere introdotta in Lombardia): la Regione diventava un committente che comprava servizi da aziende pubbliche e private, poste su un piano di parità, e mentre gli ospedali pubblici venivano depotenziati per trasferire risorse sulle prestazioni erogate dai privati, quest’ultimi macinavano utili, soprattutto grazie alla costante migrazione dei servizi a maggior contenuto tecnologico e altamente specialistico nelle loro strutture <600.
La sanità diventò quindi un business, ovviamente non solo per gli imprenditori, negli anni teatro di diverse inchieste per mafia e corruzione, che poi determinarono la fine dell’era formigoniana nel 2013, con la giunta regionale colpita anche dallo scandalo di un assessore, Domenico Zambetti, che alle regionali del 2010 aveva comprato 4mila voti dalla ‘ndrangheta.
La metamorfosi dell’ex-capitale morale non fu tuttavia solo etica ma anche estetica: la sudditanza del pubblico alle logiche del profitto privato non permise di cogliere appieno le grandi opportunità di rilancio qualificato delle ampie superfici, dismesse o sottoutilizzate, liberate dalla deindustrializzazione della città, sia nel cuore metropolitano che nell’hinterland <601.
Come abbiamo visto, Milano reagì al tramonto dell’epoca fordista puntando negli anni ’80 su settori non industriali come l’informazione, la comunicazione, la pubblicità, l’informatica, la finanza, lo spettacolo, con una crescita delle attività dei servizi alle imprese e alle persone, con nuove professioni nel terziario avanzato e una rapida modernizzazione di quelle tradizionali.
Il peso sempre più rilevante dell’edilizia e della finanza
A partire dai primi anni 2000 assunse un peso determinante, in parte controbilanciato dalla nuova industria legata alla ricerca nel settore delle biotecnologie e nanotecnologie <602, il settore edilizio immobiliare con le sue estensioni finanziarie e internazionali, che negli ultimi 20 anni ha finito per condizionare il processo di riqualificazione e di rilancio economico della città, con progetti di rigenerazione urbana, in particolare sulle aree ex-industriali, dal contenuto funzionale spesso banale quando non meramente speculativo, sposando un modello neoliberista che trascura ancora oggi il tema dell’uso ottimale degli urban commons e della pianificazione territoriale <603.
La situazione di deregolamentazione urbanistica in cui si trova ancora oggi Milano è uno dei frutti della riconversione degli anni ’80: se già nel 1989 Antonio Calabrò sintetizzava i progetti edilizi per la «Milano del Duemila» approvati dall’allora maggioranza socialista con l’espressione «un grattacielo sul passato» <604, in realtà il capoluogo lombardo, esattamente come per la sanità, importò il nuovo modello di riqualificazione urbana di stampo neoliberista dall’esperienza anglosassone solo a metà degli anni ’90, quando erano già noti i suoi limiti: principale iniziatore e promotore fu Maurizio Lupi, dal 1997 al 2001 Assessore allo Sviluppo del Territorio della prima Giunta Albertini, che inaugurò con i Programmi integrati di intervento una procedura derogatoria che semplificava l’iter di approvazione dei progetti di trasformazione proposti dal privato, sottraendolo all’approvazione del consiglio comunale <605.
Il «modello Lupi» non venne mai più messo in discussione, nemmeno con lo storico cambio di maggioranza nel 2011 e la vittoria di Giuliano Pisapia, venendo applicato anzitutto ai progetti di riuso di grandi aree dismesse, tutti approvati attraverso procedure speditive e senza grandi occasioni formalizzate di ascolto dei cittadini <606. Mentre già alla metà degli anni ’90 il «modello Thatcher» fu ampiamento rivisto e si iniziarono a sperimentare nuovi modelli di partenariato pubblico/privato finalizzati a garantire maggiormente la collettività, a Milano tutto questo non accadde.
Trasformazioni urbane e demografiche
Negli anni ’80 la rivoluzione informatica che aveva investito gli USA e l’Occidente un decennio prima condizionò molti dei progetti di riqualificazione urbana milanese. Il più importante fu quello di Tecnocity, frutto di un concorso internazionale indetto da Leopoldo Pirelli <607 nel settembre 1985 per trovare una nuova destinazione alle ex-aree industriali della Bicocca nella periferia Nord di Milano. Alla base di quel progetto vi era la realizzazione di un centro tecnologico polifunzionale integrato, considerato strategico in vista delle trasformazioni del tessuto economico della città. Fu in quell’occasione che venne firmato il primo protocollo a tre tra la Pirelli, Regione Lombardia e sindacati che inaugurò la stagione delle varianti speciali al Pgt e dei concorsi internazionali di architettura <608. Tuttavia dell’ambizioso progetto rimase ben poco, con l’insediamento nell’area di funzioni che avevano ben poco a che fare con la ricerca applicata e il trasferimento tecnologico a sostegno di piccole imprese. Molte di queste nuove funzioni vennero invece massicciamente finanziate dallo Stato, come ad esempio la creazione dell’Università degli Studi Milano-Bicocca. Ad oggi, nel 2021, il quartiere è noto, oltre che per l’Università, per il Teatro degli Arcimboldi e il centro commerciale Bicocca Village, recentemente raddoppiato, e l’Hangar Bicocca come sede espositiva, per il resto è un centro residenziale praticamente scollegato dal resto della città, problema risolto solo negli ultimi anni con l’apertura della linea 5 della metropolitana.
Ciò che è importante sottolineare in questa sede è che il «modello Bicocca» venne replicato anche per altre operazioni di riqualificazione urbana di ex-aree industriali, con l’annuncio di avanzate funzioni proposte sulla carta e poi subito abbandonate (si pensi al progetto di Orto Botanico Planetario mai realizzato con Expo2015) e un grande investimento in comunicazione e pubblicità per nascondere le ben più modeste operazioni di rilocalizzazione delle funzioni pubbliche e di speculazione edilizia da parte di gruppi privati <609.
Sul fronte demografico, Milano dagli anni ’70 ha continuato a perdere abitanti <610 a favore del suo hinterland, il quale tuttavia non ha trovato una sua caratterizzazione economico-produttiva integrata con la città, finendo per generare crescenti flussi di pendolari verso il centro-città <611. Del resto, anche il boom edilizio registratosi tra il 2001 e il 2011 e gli interventi di riqualificazione urbana che hanno modificato lo skyline milanese, dal Diamantone a City Life ai grattacieli di Porta Nuova, rispondevano a una domanda internazionale a carattere prevalentemente finanziario che comunque non è stata sufficiente a colmare un’offerta largamente sovradimensionata rispetto alla domanda, mentre il disagio abitativo in città si fa sempre più drammatico <612.
Certo, la città soprattutto dopo Expo2015 è diventata maggiormente attrattiva, merito anche della maggiore internazionalizzazione che ha prodotto anche un marcato aumento dei flussi turistici, così come, per usare le parole di Aldo Bonomi <613, Milano può vantare anche «un carsico pullulare di luoghi di resilienza, di riuso creativo del costruito, di “produzione di spazio” di segno diverso dai grandi progetti elaborati dall’alleanza tra la finanza e il real estate», con un tessuto economico dinamico che la pone al primo posto in Italia per numero di startup <614. Tuttavia questa dinamicità nasconde problemi sociali gravi come quelli legati ai diritti nel mondo del lavoro (si pensi alla precarietà che permea l’economia cittadina, il cui simbolo sono divenuti i riders), oltre all’addensarsi sulla città di presenze tutt’altro che dinamiche, competitive e innovative che hanno molteplici interessi criminali, di cui si dirà più avanti.
Si può ben dire, quindi, che la «mutazione genetica» impressa dal craxismo prima e dal berlusconismo poi hanno trasformato talmente in profondità lo «spirito di Milano», e di conseguenza anche il contesto sociale, economico e persino urbanistico della metropoli, che nemmeno l’avvento di maggioranze politiche diverse ha dato inizio a pratiche culturali alternative che disattendessero certi interessi speculativi, vera costante di tutto il processo di terziarizzazione prima e di globalizzazione finanziaria-immobiliare poi della città dell’ultimo trentennio. Mostrando in maniera drammatica un’assenza di leadership e di classe dirigente, nonché di visione della città sul lungo periodo che si discostassero dagli attori egemoni dagli anni ’90 in poi.
[NOTE]
600 I contenuti della riforma Formigoni, e le sue criticità, sono stati analizzati dalla Prof.ssa Maria Elisa Sartor dell’Università degli Studi di Milano in un articolo apparso sul sito del Centro Studi Sereno Regis, intitolato “Niente è in grado di sostituire la sanità pubblica, nemmeno in Lombardia”, venerdì 6 marzo 2020
601 GIBELLI, M.C. (2016). “Milano: da metropoli fordista a mecca del real estate”, in Meridiana n. 85, 1, p. 61
602 Nel settore delle biotecnologie e delle nanotecnologie, grazie anche alle startup, Milano e la Lombardia hanno il primato nazionale, cfr Rapporto BioInItaly 2020, redatto da Federchimica-Assobiotec ed Enea
603 Gibelli, op.cit., p. 62
604 CALABRÒ A. (1989). Un grattacielo sul passato, la Repubblica, 8 agosto
605 Gibelli, op.cit., p. 64
606 Ibidem
607 Fabio Zanchi, Addio alla gloriosa Bicocca, ora nascerà Tecnocity, la Repubblica, 8 luglio 1988.
608 Gibelli, op. cit., pp. 65-66
609 Ivi, p. 66
610 Stando ai dati dell’Unità Statistica del Comune di Milano, nel 1973 si ebbe il massimo di popolazione residente (1.743.427): dall’anno successivo questa continuò a calare in maniera progressiva fino al 2004 (1.299.439) per poi tornare a crescere nel 2005. Al 31 dicembre 2019 erano 1.404.431 gli abitanti della città (di cui 281.582 stranieri).
611 Gibelli, op.cit., p. 69
612 Ivi, p. 70
613 Aldo Bonomi, Comunità, prossimità, simultaneità, citato da Bigatti, op.cit., p. 237.
614 Stando al Cruscotto di Indicatori Statistici – Report con dati strutturali startup, relativo al 1° trimestre 2020, la provincia di Milano con 2198 startup era al primo posto in Italia, così come la Lombardia con 3.038.
Pierpaolo Farina, Le affinità elettive. Il rapporto tra mafia e capitalismo in Lombardia, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano, Anno Accademico 2019-2020