Il MSI delle origini e lo sport

[…] Dopo il secondo conflitto mondiale lo sport italiano ripartì dalle strutture ereditate dal fascismo, riadattate con alcuni parziali aggiustamenti al nuovo sistema democratico <5. L’organismo centrale restava il Coni, guidato da Giulio Onesti <6, mentre ex esponenti del regime mantenevano ruoli importanti ai vertici dello sport.
Il sistema sportivo rimase imperniato su una struttura gerarchica e privilegiò la dimensione professionistica e competitiva rispetto alla pratica sportiva di base. La gestione e la promozione dello sport popolare, affidate durante il fascismo all’Organizzazione Nazionale Dopolavoro e alla Gioventù Italiana del Littorio, vennero assunte dalle forze politiche attraverso la creazione degli enti di promozione sportiva.
Anche nell’estrema destra si fece strada l’idea di costituire una struttura sportiva che mosse i suoi primi passi in stretta connessione con il Movimento Sociale Italiano, il partito neofascista nato nel dicembre 1946. Il Msi si fondava sul richiamo all’esperienza del Ventennio e della Repubblica Sociale Italiana, proponendosi come alternativa al sistema democratico nato dalla Resistenza. Una posizione rafforzata dalla “sinistra” del movimento, ferma sulle istanze antiborghesi e socializzatrici della Rsi, cui si contrapponeva una componente più moderata favorevole all’unione delle forze “nazionali” conservatrici in nome della difesa dal “pericolo comunista”.
Come ha notato Marco Tarchi, sin dalle origini
“convivono nel Msi due componenti speculari ma nettamente distinte. Una, fortemente ideologizzata, respinge simultaneamente i riferimenti ideali del marxismo e del liberalismo e s’intestardisce nella ricerca di soluzioni terzaforziste. Un’altra, attratta dal radicalismo anticomunista, dal culto dell’ordine e dal richiamo all’autorità dello Stato, rimane scettica, quando non apertamente diffidente, di fronte ad ogni progetto di sapore rivoluzionario. Malgrado le ripetute convergenze, occasionate da particolari stati d’animo o contingenze storiche – l’epurazione, la rivendicazione delle ragioni della guerra perduta, l’orgoglio nazionalistico, il timore del comunismo, le tensioni internazionali Est/Ovest –, queste due famiglie di pensiero, schematicamente riconducibili all’ammirazione per gli aspetti movimentistici o per quelli istituzionali del fascismo, restano divise nelle sensibilità e nella determinazione degli obiettivi”. <7
Per un’area che si era autoesclusa non riconoscendosi nei valori costituzionali, ostracizzata dalle forze antifasciste, non era facile rientrare nel gioco politico. Sotto le segreterie di Giorgio Almirante e di Augusto De Marsanich il partito riuscì comunque a rafforzarsi dal punto di vista organizzativo ed elettorale, triplicando il consenso tra il 1948 il 1953, quando il Msi raggiunse il 6%, pari a circa un milione e mezzo di voti8.
Lo sviluppo del Movimento Sociale dipese anche dall’attenzione del partito nei confronti del mondo giovanile. Fu in questo contesto che si delinearono le prime iniziative della destra nell’ambito dello sport.
Nel 1947 la dirigenza del Msi costituì il “Fronte dei Giovani” il cui obiettivo era «“educare spiritualmente e fisicamente” le nuove generazioni per far sì che operino nella società al servizio esclusivo della Patria» <9. Tra il 15 luglio e il 1° agosto nei pressi del Monte Rotondo in Abruzzo l’esecutivo dell’organizzazione promosse un campeggio estivo. Una «pausa dal nostro affannato vivere», una «concessione ai bisogni del corpo avido di riposo», secondo una nota stilata per illustrare gli scopi dell’iniziativa, che evidenziava come il campeggio rappresentasse un’opportunità per elevare lo “spirito” dei giovani” che
“proprio per questo richiede per un tempo sia pur breve dell’anno un distacco dal corso abituale delle cose degli uomini, per purificarsi nella contemplazione di spettacoli naturali che solo la nostra Patria può offrire, per concentrarsi nella solitudine delle vette e dei boschi, per ritemprarsi insieme al fisico e rinnovare le energie per le battaglie che ci attendono, sempre più dure e più belle […]” <10.
Per rinvigorire il corpo e lo spirito la vacanza doveva essere improntata ad uno stile di vita regolato dalla disciplina e da un comunitarismo “virile”. Chi non sa sfuggire per pochi giorni alla «promiscuità» tra maschi e femmine, «chi non sa privarsi […] di quel senso di querula leggerezza (gridolini, scherzetti ecc.) che infonde ogni comitiva mista di ragazzi e ragazze», affermavano i dirigenti del Fronte, «non venga con noi»: «venga con noi chi ama e chi ha amato la tenda e la siesta serale accanto alla cucina all’aperto, mentre si incrociano i discorsi; e i racconti di cose passate, racconti di guerra, il più spesso sembrano quasi avvicinarsi nel tempo, divenire presenti, proiettarsi nell’avvenire facendosi ansia e intima promessa»11.
Mentre era in corso il campeggio, «La Rivolta Ideale», organo ufficioso del Movimento Sociale, annunciò che il Fronte aveva da poco costituito l’Associazione sportiva Fiamma (una torcia tricolore era il simbolo del Msi) con il compito di formare le sezioni di alcune discipline sportive: «calcio, pallavolo, scherma, pugilato, lotta giapponese, tennis» <12.
3. L’eredità del fascismo. I “padri fondatori” della Fiamma
Secondo una testimonianza di Luigi Meschini, uno dei fondatori della Fiamma sportiva,
“i riferimenti storici della costituzione del “Fiamma” risalgono alla fine della guerra, quando un gruppo di amici, combattenti della Repubblica Sociale Italiana, vollero contribuire anche attraverso gli ideali sportivi a risollevare la bandiera dell’orgoglio e dell’onore italiano che era stata avvilita dalla guerra civile. Già allora l’idea del “Fiamma” aveva preso forma, rifacendosi all’esperienza dell’Opera Nazionale Balilla di Renato Ricci. Su quelle tracce, personaggi del valore di Lando Ferretti (antesignano dello sport in Italia), di Puccio Pucci, insieme ad alcuni giovani fondarono a Roma e in altre città d’Italia gruppi sportivi Fiamma. […] Lando Ferretti qualificava in modo incontrastato il nostro ente: per la sua grande esperienza e per il prestigio acquisito all’interno del Coni […]. Il primo presidente del “Fiamma” fu Pino Romualdi” <13.
Gli “ideali sportivi” a cui si riferisce Meschini rimandano esplicitamente al regime di Mussolini sia per il richiamo all’Onb guidata da Renato Ricci – nominato presidente onorario del Centro Fiamma nel dopoguerra – sia per il ruolo di personalità come Ferretti e Pucci, due importanti esponenti dello sport fascista, e Romualdi, figura di spicco della Rsi.
Nato a Predappio nel 1913, Pino Romualdi aveva partecipato alla guerra d’Etiopia e combattuto nella Seconda guerra mondiale come volontario sul fronte greco-albanese per poi aderire alla Rsi, in cui aveva ricoperto il ruolo di vicesegretario del Partito Fascista Repubblicano, rimanendo, dopo la Liberazione, un punto di riferimento per tutto il neofascismo <14 e, fino al 1956, presidente della Fiamma sportiva.
Puccio Pucci, nato a Firenze nel 1904, vantava invece un passato nel mondo dello sport. Atleta di discreto valore, aveva gareggiato sugli 800 metri nelle Olimpiadi di Parigi del 1924. Iscritto al Partito fascista dal 1921 e ufficiale dei “moschettieri” di Mussolini, nel 1930 era stato nominato segretario della Federazione Italiana di Atletica Leggera, arrivando ad assumere nel 1940 la carica di segretario generale del Coni. La sua carriera era poi proseguita sotto la Repubblica sociale come responsabile dell’Ufficio Servizi Speciali del Pfr e, dal marzo del 1944, come presidente del Coni “repubblichino” <15.
Legati dalla comune appartenenza ai vertici della Rsi, Pucci e Romualdi collaborarono dapprima alla costruzione della rete del neofascismo clandestino, quindi facendo parte del cosiddetto “senato”, il gruppo che diede un impulso decisivo per un ricollocamento dell’estrema destra nel quadro politico italiano attraverso la costituzione del Msi <16.
Lando Ferretti era un fascista della prima ora <17. Nato a Pontedera nel 1895, aveva partecipato alla marcia su Roma, divenendo ispettore generale dei Balilla e militando nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Direttore de «La Gazzetta dello sport» fra il 1923 e il 1924, nel 1925 assunse la presidenza del Coni che lasciò nel 1928 per guidare l’Ufficio stampa di Mussolini. Nello stesso anno fondò il mensile «Lo sport fascista», uno dei più importanti strumenti di propaganda sportiva del regime, scrivendo personalmente numerosi saggi e articoli dando un contributo decisivo alla definizione del progetto sportivo fascista fra gli anni Venti e Trenta.
Ferretti prese parte alla Seconda guerra mondiale come tenente colonnello e dopo l’8 settembre aderì alla Repubblica Sociale proseguendo l’attività giornalistica come editorialista del «Corriere della Sera» e collaborando alla radio della Rsi.
Al termine del conflitto partecipò alla costituzione del Msi, entrando nei vertici del partito. Venne eletto senatore nel 1952 e fu nominato presidente onorario della Fiamma sportiva nel 1956, alla morte di Renato Ricci.
In un volume pubblicato nel 1949 <18 – con una fascetta che reca la scritta: «Tutto lo sport di venti anni in un libro; fierezza degli anziani, monito per i giovani» – Ferretti ripercorreva la sua esperienza sportiva durante il regime e ricostruiva la teoria fascista dello sport finalizzata alla costruzione dell’”uomo nuovo” mussoliniano e della “Nazione sportiva e guerriera”.
L’ex gerarca esaltava le imprese sportive del fascismo (dai successi nelle competizioni internazionali alla crescita della pratica sportiva, dalla diffusione dell’impiantistica alla creazione di strutture per la formazione fisica dei giovani), difendendo la dottrina fascista dello sport e mostrando quanto il regime fosse debitore delle teorie da lui elaborate e messe in pratica come presidente del Coni.
Una tesi di fondo del libro è la continuità tra Italia liberale, fascismo e postfascismo in ambito sportivo. Come il regime aveva inglobato le strutture dello sport prefascista – debitamente “bonificate” dalle scorie liberali nonché potenziate e piegate all’ideologia fascista – così l’Italia repubblicana manteneva un legame con il Ventennio: il filo che legava passato e presente, notava Ferretti, consisteva nella piramide Coni-federazioni-società sportive, mantenuta nell’impianto legislativo postbellico che, riaffermando il primato gerarchico del Comitato Olimpico Nazionale, costituisce «la prova di continuità dello sport italiano» inteso come «campo di prove cavalleresche, manifestazione di vita dove la giovinezza non conosce l’onta del tempo, speranza viva e operante di concordia tra le classi e tra i partiti per la rinascita fisica e spirituale della Patria»19.
In questa chiave di lettura la “continuità” assumeva una valenza positiva ed era funzionale alla legittimazione della centralità della fase fascista nella costruzione del sistema sportivo italiano e nella trasmissione di valori indicati da Ferretti come “perenni”, ma che in realtà rimandavano alle coordinate ideologiche della concezione sportiva del Ventennio. Ne conseguiva un giudizio positivo sull’operato del presidente del Coni Onesti e sulla presenza di figure di primo piano dello sport fascista negli organismi sportivi italiani <20.
Per completare la riorganizzazione dello sport italiano, Ferretti proponeva di valorizzare «il colossale patrimonio» dell’ex Gil – «costituito con un fine ben preciso che nessuno ha il diritto di ignorare» – e di sostituire «le organizzazioni giovanili del passato regime» con appositi «organi nazionali» allo scopo di sviluppare «lo spirito agonistico di grandi masse di giovani» <21. […]
[NOTE]
5 Sulla questione delle persistenze e delle discontinuità istituzionali del sistema sportivo italiano nella transizione dal fascismo alla Repubblica cfr. F. Fabrizio, Storia dello sport in Italia. Dalle società ginnastiche all’associazionismo di massa, Rimini-Firenze, Guaraldi, 1977; F. Bonini, Le istituzioni sportive italiane: storia e politica, Torino, Giappichelli, 2006; F. Mazzarini, Il miracolo di Onesti. Dalle fiamme di guerra alla fiaccola olimpica, «Lancillotto e Nausica», n. 1-2, 2010; Il CONI nella storia dello sport e dell’Italia contemporanea, a cura di F. Bonini, A. Lombardo, Roma, Studium, 2015; N. Sbetti, La transizione dal fascismo alla Repubblica nelle istituzioni sportive, in Dal fascismo alla Repubblica: quanta continuità? Numeri, questioni, biografie, a cura di M. De Nicolò, E. Fimiani, Roma, Viella, 2019, pp. 203-219; S. Giuntini, La storia del Coni: un libro con alcuni capitoli ancora da scrivere, in «Clionet», n. 3, 2019; [http://rivista.clionet.it] (salvo diversa indicazione tutti gli url sono stati controllati il 3 ottobre 2019).
6 Il 22 giugno 1944, su indicazione del Partito Socialista, Giulio Onesti era stato nominato reggente provvisorio del Coni con l’incarico di liquidarlo. Divenuto in ottobre presidente dell’istituzione, Onesti decise invece di mantenere in vita il Comitato Olimpico con una scelta motivata sia in funzione della natura dell’organismo che, pur essendo stato fascistizzato, non era una creazione del fascismo, sia per il rischio di un’esclusione dell’Italia dal movimento olimpico. Cfr. AA.VV. Giulio Onesti. Sport, politica e cultura nella storia di un grande italiano, Roma, Edizioni Sds, 2018.
7 M. Tarchi, Esuli in Patria. I fascisti nell’Italia repubblicana, Parma, Guanda, 1995, p. 40 e Id., Le Destre, l’eredità del fascismo e la demonizzazione dell’avversario, in L’ossessione del nemico: memorie divise nella storia della Repubblica, a cura di A. Ventrone, Roma, Donzelli, 2006, pp. 115-135.
8 P. Ignazi, Il polo escluso. Profilo del Movimento Sociale Italiano, Bologna, il Mulino, 1989, pp. 37-82; A. Baldoni, La Destra in Italia 1945-1969, Roma, Editoriale Pantheon, 1999, pp. 257-259 e 415-418.
9 Ivi, p. 219.
10 Il Fronte Giovanile organizza un campeggio estivo, in «MSI. Circolare settimanale», n. 16-17, 14-21 giugno 1947, cit. in Ivi, p. 221.
11 Ibidem.
12 «La Rivolta Ideale», n. 29, 17 luglio 1947.
13 Intervista a Luigi Meschini, in «Primato», n. 5, maggio 1988, (numero speciale dedicato ai quarant’anni di vita dell’associazione), p. 4. Nel 1936 Meschini era stato inserito come giovane promessa dell’atletica leggera nella rappresentativa dell’Opera Nazionale Balilla per le Olimpiadi di Berlino, cfr. [www.atletiazzurriroma.it/dettagliAtleta.asp?idAtleta=1142].
14 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini. Le origini del neofascismo in Italia, 1943-1948, Bologna, il Mulino, 2006, pp. 79-80 e 156-157.
15 Ivi, p. 76. Per Coni “repubblichino” si intende il Comitato Olimpico passato sotto il controllo della Rsi. Invece, come si è accennato, sotto la guida di Onesti nella parte d’Italia liberata dal nazifascismo operava l’altro spezzone dell’organismo.
16 Ivi, pp. 76-79 e 174-176.
17 Sulla figura di Ferretti e il suo ruolo nella politica sportiva fascista cfr. F. Fabrizio, Sport e fascismo. La politica sportiva del regime 1924-1936, Rimini-Firenze, Guaraldi, 1976, pp. 18-27, 83-84 e 101-102; A. Bacci, Lo sport nella propaganda fascista, Torino, Bradipolibri, 2002, pp. 37-52, 129-198 e 223-227; G. Colasante, Miti e storie del giornalismo sportivo. La stampa sportiva italiana dall’Ottocento al fascismo, Roma, GarageGroup, 2013, pp. 114-123.
18 L. Ferretti, Lo sport, Roma, L’Arnia, 1949.
19 Ivi, p. 153.
20 Ivi, pp. 362-363 e 378.
21 Ivi, pp. 379-382.
Alberto Molinari (Istituto Storico di Modena), Il Neofascismo italiano e lo sport (1947-1966). Vol 2 No 1, Clueb casa editrice, 2020, pubblicato in Storia dello Sport. Rivista