Il S.I.M. aveva interesse a che fossero appoggiate le organizzazioni militari

La nascita di questo comando e di quello, di poco posteriore, delle formazioni Giustizia e Libertà sancisce l’avvio della fase politica del movimento partigiano. I gruppi armati sorti spontaneamente vengono via via inquadrati nei comandi che fanno capo ai partiti del CLN e, accanto alla discriminante regionale [Piemonte], i gruppi partigiani aggiungono quella politica. Segnale di questo cambiamento è la creazione di distaccamenti e brigate che prendono il nome di “Giustizia e Libertà”, “Garibaldi”, “Alpine”, “Autonome”, “Matteotti”. Anche i nomi dei fogli partigiani cambiano: la testata de “Il partigiano piemontese” ad esempio diventa “Il Garibaldino piemontese”. <174
[…] Le accuse nascono dal contenuto di alcune circolari diramate da Operti in cui il generale descrive la guerra partigiana come una guerra «da condursi contemporaneamente contro i tedeschi, gli alleati e “le bande sovversive”». <177 La controversia crea non poche spaccature all’interno del Comitato, che prima convoca il generale per relazionare sull’operato fino ad allora svolto, <178 poi decide di affiancargli alla guida il colonnello Ratti, ispettore delle formazioni per la regione. <179 Ciò però non basta a placare le polemiche, e così, nella settimana di Natale, dopo una lettera di dimissioni di Operti al Comando Militare del Comitato, <180 il 28 dicembre [1943] il CLNRP vota all’unanimità la sfiducia al generale, a cui invia come messaggeri Paolo Greco e il maggiore Creonti. <181
Dopo la sfiducia al generale sorgono discussioni all’interno del CLNRP per designare un nuovo comandante per il Comitato Militare. L’idea di designare un altro comandante unico è osteggiata dai comunisti, che non intendono appoggiare alcun candidato. Per non creare ulteriori frizioni all’interno del Comitato, si opta per una soluzione di compromesso. <182 Pur scegliendo un ufficiale dell’ex esercito, Giuseppe Perotti, al generale viene affidato non il ruolo di comandante ma quello di «consulente incaricato della coordinazione generale». Il Comitato conserva la composizione originaria, con i cinque delegati di corrente, a cui si aggiungono Edgardo Sogno Rata del Vallino (“Eddy”, poi “Franchi”), Sircana e Tancredi Galimberti, a capo della banda “Italia Libera” fino al rastrellamento del gennaio 1944. <183
174 In AISRP, Cartella S I (milit.), Sezione “Il Garibaldino piemontese”, dic. 43, a. I, n. 2
177 M. Giovana, La Resistenza in Piemonte, cit., p. 50. A questo proposito si veda anche la circolare n. 10 contenuta nel Memoriale Operti.
178 Riunione del 7 dicembre ’43, M. Giovana, La Resistenza in Piemonte, cit., p. 50
179 Ibidem
180 Ivi, p. 51
181 M. Giovana, La Resistenza in Piemonte, cit., p. 51. A febbraio del ’44, il generale Operti viene ufficialmente destituito, viene accusato di alto tradimento e disposto il suo arresto, Circolare ai “Comandanti di Valle, di Zona, di Distaccamento, di Gruppo… a tutti i partiti” del Co. Mi., dossier AM/B, Cartella OM/B-V, citato in Ivi, p.60
182 Nessuno dei partiti del CLNRP avrebbe consentito la nomina di un comandante unico membro di un altro partito, in particolare l’ala moderata non avrebbe visto di buon occhio un comunista o un azionista a capo del comando militare, si veda Ivi, p. 55
183 M. Giovana, La Resistenza in Piemonte, cit., pp. 55-56
Giampaolo De Luca, Partigiani delle Langhe. Culture di banda e rapporti tra formazioni nella VI zona operativa piemontese, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Pisa, Facoltà Lettere e Filosofia, Corso di laurea magistrale in Storia e civiltà, Anno Accademico 2012-2013

Le azioni in appoggio della Resistenza, in fase di iniziale organizzazione, non rientravano nei piani dei servizi alleati. Invece il S.I.M. aveva interesse a che fossero appoggiate le organizzazioni “militari” nate dallo sbandamento dei reparti delle Forze Armate e che costituivano una forte opposizione alla tendenza in atto, nel nascente movimento partigiano italiano che andava assumendo connotazioni sempre più politiche di tipo comunista anti-monarchico. Il reclutamento del personale per i Servizi alleati avvenne direttamente oppure, in particolare per quanto si riferisce al personale militare, attraverso il S.I.M. o, a Napoli, attraverso una organizzazione messa in piedi, ai primi di novembre, da Raimondo Craveri, Mondo, genero di Croce, che si definiva Organizzazione Resistenza Italiana (ORI). Tale organizzazione raggiunse un accordo con l’O.S.S. in una apposita riunione che si tenne ad Algeri a fine settembre 1943. Fra i primi ad aderire vi fu il sottotenente medico di Marina Enzo Boeri, Giovanni, figlio di un ex deputato antifascista, che all’armistizio si trovava a Napoli. Giuliano Manzari, La partecipazione della Marina alla guerra di liberazione (1943-1945) in Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Periodico trimestrale – Anno XXIX – 2015, Editore Ministero della Difesa

Raimondo Craveri («Mondo», nella clandestinità), azionista in quanto «giovane tra i giovani» (Croce 2004, 166), realizzò il progetto di Croce di una partecipazione italiana al processo di liberazione dal nazifascismo fondando nel ’43 l’O.R.I. (Organizzazione della Resistenza Italiana) che avrebbe collaborato con l’O.S.S. (Office of Strategic Services, diventato C.I.A. nel 1947) in numerose missioni nell’Italia settentrionale, stabilendo un raccordo tra gli Alleati e la Resistenza partigiana e svolgendo compiti di informazione e propaganda. Cfr. IVESER 1995 (in particolare le testimonianze di Lussi 1995 e di Tompkins 1995).
La vicenda dell’O.R.I. era nata nell’Italia liberata dall’incontro di Craveri con un ufficiale americano, Peter Tompkins, che si era presentato a Croce nel periodo caprese. Tompkins, giornalista di professione e uomo dei servizi segreti, aveva soggiornato a lungo in Italia in anni precedenti e avrebbe mantenuto rapporti d’amicizia con l’ambiente degli intellettuali liberali anche dopo la guerra; ricorderò più avanti la sua collaborazione alle attività letterarie anglo-italiane di Marguerite Caetani. Si veda Craveri 1980 («crociano, filobritannico e filofrancese erano gli ancoraggi del mio essere antifascista», dice in un breve autoritratto); e Tompkins 2005, libro dedicato a Craveri, «e a tutti quei coraggiosi partigiani che hanno sacrificato liberamente la vita per ridare all’Italia una vera democrazia». Democrazia era la parola, diffusa con una nuova verginità dalla propaganda filoamericana, che aveva entusiasmato Craveri: «La democrazia indicava a un tempo libertà più sostanziali rispetto al periodo prefascista, nuove forme di comunicatività sociale e creatività politica» (Lussi 1995, 92).
Serenella Baggio, «Niente retorica». Liberalismo linguistico nei diari di una signora del Novecento [Elena Albertini], Labirinti N. 142, Università degli Studi di Trento, 2012

La spiegazione ufficiale che gli Alleati diedero alla diminuzione, nel numero e nel quantitativo, degli aviorifornimenti per l’Italia nei mesi di settembre e ottobre 1944, fu la seguente: in settembre tale rifornimento era stato assorbito da Varsavia, in ottobre – e questo in modo particolare per l’Ossola – le avverse condizioni atmosferiche avevano impedito i lanci.
Altre spiegazioni possono essere dedotte da una più ampia osservazione complessiva degli eventi bellici di quel periodo.
La liberazione dell’Ossola coincise con l’inizio della grande offensiva di Alexander che sembrava dovesse coronare le vive speranze dell’estate. Ma verso la fine di settembre, e nella prima decade di ottobre, Alexander, indebolito per aver dovuto inviare precipitosamente forze in Grecia, a controbilanciare la rapida avanzata russa nei Balcani, venne arrestato nei pressi di Bologna; la sua offensiva fallì, e la liberazione dell’Alta Italia fu rimandata alla primavera.
Il 26 ottobre infatti venne emanato il triste proclama che esortava i partigiani italiani a starsene tranquilli, passando l’inverno alla meno peggio, tornando alle loro case nell’attesa della primavera. In questo quadro anche l’Ossola non interessava più e fu abbandonata al suo doloroso destino.
Anita Azzari, I rapporti tra l’Ossola e gli Alleati nell’autunno 1944, Atti del 3. Convegno di studi sulla storia del movimento di liberazione ‘Momenti cruciali della politica della Resistenza nel 1944’, Rete Parri

Quando il maggiore Enrico Martini, futuro comandante “Mauri”, a capo dei gruppi di ex militari che avevano combattuto nelle valli alpine nel primo semestre di guerra partigiana, giunge nelle Langhe, la primavera è appena cominciata. Dopo aver patito il freddo e una guerra alla quale non era abituato, da ufficiale degli alpini qual era, “Mauri” non poteva che accogliere benevolmente un paesaggio che si stava lentamente risvegliando dal rigido inverno e che prometteva di essere il palcoscenico ideale della fase trionfale della guerra e della riscossa partigiana sul nemico nazifascista […] L’arrivo del maggiore Neville Darewski “Temple” presso il comando di “Mauri”, nell’agosto del ’44, preceduto da una visita alle formazioni nelle valli Stura, Grana e Gesso e in val Ellero presso Piero Cosa, offriva agli occhi di garibaldini e GL l’impressione che “Mauri” potesse ottenere un vantaggio da quella circostanza; tanto più che il comando della VI divisione non otteneva lo stesso interessamento da parte inglese, almeno fino a quando “Temple” non concorderà con “Andreis” un regolare lancio di armi, interrotto poi verso la fine del ’44. Con l’arrivo del colonnello John Stevens e del capitano Edward Ballard il 19 novembre, il contesto non sembra cambiare. Il primo, in veste di capo delle missioni alleate in Piemonte, si sposta continuamente tra le Langhe e Torino, dove giunge una prima volta il 20 dicembre per esporre il suo progetto di organizzazione delle forze partigiane per la regione, lasciando Ballard quale capo missione presso la I divisione alpina comandata da Bogliolo. A questo poi si aggiunge un altro capitano inglese, Patrick O’Regan “Chape”. I due ufficiali restano nelle Langhe in modo continuativo, stabilendo contatti con tutte le formazioni dell’area. Per ripristinare gli accordi tra missione inglese e garibaldini, si deve attendere la riunione del 27 gennaio 1945 tra comandanti partigiani e ufficiali alleati […]
Giampaolo De Luca, Op. cit.

Ci fu anche chi, per scelta, preferì non dare peso alla propria posizione e al proprio stato e partecipò alla lotta come semplice partigiano; è questo il caso dell’ammiraglio di squadra Alberto Marenco di Moriondo, padre del sottotenente di vascello, decorato di Medaglia d’Oro al Valore Militare alla memoria, caduto sul sommergibile Glauco. L’ammiraglio, nonostante la non più giovane età, senza comunicare a nessuno il proprio grado, prese parte alla lotta armata, nelle formazioni autonome di Mauri, dal giugno 1944 fino al termine delle ostilità, adattandosi a svolgere i più semplici servizi; nell’inverno 1944-1945, assunse l’incarico di giudice supremo delle brigate Mauri, che per controllare e reprimere i crimini nelle zone dove operava applicavano il codice militare di guerra.
Giuliano Manzari, Op. cit.

Con la creazione di questa divisione [I^ Divisione “Camillo di Cavour-Piemonte”] si avvia, nelle file maurine, una strategia militare che ha come scopo quello di unire formalmente tutto il movimento partigiano del Cuneese in un nuovo esercito, più volte indicato da “Mauri” con il nome di «Esercito Italiano di Liberazione Nazionale», creando di volta in volta organismi utili a tal fine.
Se prendiamo in considerazione la successione degli organismi militari creati e gli accordi che li sottendono, potremo notare una certa progressione nelle scelte di “Mauri”.
Infatti, da gruppi ristretti formati esclusivamente da ex militari, o comandati da ex ufficiali, si passa alla creazione di macro-organismi che uniscono formazioni diverse, accomunate dall’appartenenza a un medesimo territorio.
Giampaolo De Luca, Op. cit.