Il suo nome di battaglia è Lola

Angiola Minella nasce a Torino in una benestante famiglia borghese. Il padre, direttore generale della Reale Mutua di Assicurazioni, cade vittima di un attentato fascista nel 1932, e il luttuoso episodio segna in modo indelebile la vita di Angiola allora dodicenne. La ragazza frequenta la migliore scuola di Torino (quel liceo D’Azeglio dove fino a pochi mesi prima aveva insegnato l’antifascista Augusto Monti, maestro di una straordinaria generazione di allievi) e intanto coltiva il sogno di diventare medico. Ma non sarà possibile; il progetto incontra la ferma opposizione materna e, dopo essersi diplomata, Angiola deve ripiegare su studi letterari, che preludono a un futuro di insegnante: è un lavoro che agli occhi della madre è più adatto per una donna.
Intanto è scoppiata la guerra e nei primi bombardamenti la casa di Torino viene danneggiata, così Angiola, insieme alla madre e alla sorella minore, nel maggio del 1942 sfolla a Noli; qui la famiglia possiede un alloggio dove da sempre passa le vacanze estive.
Nel ’43 Angiola entra come volontaria nella Croce Rossa, realizzando in qualche modo il suo desiderio di essere utile al prossimo in difficoltà, e nel ’44 aderisce alla Resistenza, prima in un gruppo badogliano del Cuneese, in seguito nella brigate Garibaldi che operano nel Savonese. Il suo nome di battaglia è Lola, il soprannome con cui viene chiamata in famiglia e dagli amici. Anche la sorella Maria Pia, diciassettenne, segue le sue orme e diventa staffetta partigiana.
In questo ambiente la giovane conosce Piero Molinari, l’ispettore Vela, operante presso la prima divisione d’assalto Garibaldi. Terminato il conflitto, Angiola sposa civilmente il suo partigiano, contravvenendo alle abitudini consolidate dell’ambiente da cui proviene e alle aspettative famigliari. Da questo matrimonio nascerà, nel 1950, la figlia Laura.
Nel primo dopoguerra il Paese è a pezzi: molte fabbriche sono distrutte, mancano le case, molti sono gli orfani abbandonati a sé stessi. Ma le energie non mancano: nel clima fervido del momento Angiola Minella si attiva con passione in favore dei minori in difficoltà. Insieme a Nadia Spano promuove una catena di solidarietà e cinquanta bambini di Napoli trovano ospitalità presso famiglie savonesi. Alcuni vi rimarranno.
L’impegno di Angela si esprime anche nell’azione politica: è responsabile della Commissione femminile nella segreteria della federazione del PCI di Savona e consigliera comunale (le prime elezioni amministrative a Savona si tengono nel marzo del ’46), nonché dirigente dell’UDI.
Tra i suoi interessi vi fu sicuramente l’impegno a favore delle donne (rappresentò il Movimento femminile democratico italiano nella segreteria della Federazione internazionale femminile a Berlino tra il ’53 e il ’58); successivamente si occupò di problemi riguardanti la sanità, come vicepresidente della Commissione Igiene e Sanità dal ‘58, poi come segretaria della stessa Commissione del Senato nel ’63 e infine come vicepresidente della stessa nel ‘68. A Palazzo Madama si dedicò con particolare impegno alla riforma dell’assistenza sanitaria e ospedaliera e del servizio per l’assistenza alla maternità e all’infanzia (Circolo Brandale 2007).
Anna Rita Sarao, Il protagonismo delle donne italiane per la crescita del paese, Tesi di dottorato, Università di Siviglia, 2016

Fonte: ANPI Monza (come indicato in precedente immagine)

Infine abbiamo voluto segnalare due relazioni politico – sociali fatte da Angiola Minella, parlamentare del PCI e Secondo Pessi, Segretario regionale, ai gruppi dirigenti rispettivamente sulla Sicilia e sulla Jugoslavia.
Nel suo lungo manoscritto l’On. Minella, inviata dal Partito in quella Regione a sostenere la campagna elettorale, descrive in modo serio ed efficace la difficilissima condizione politico – economica trovata in Sicilia, fa un’analisi critica del Partito e indica potenzialità da sviluppare.
[…] On. Carlo Russo Dirigente della Democrazia Cristiana (Memoria del 13/12/2002) […] Nella Resistenza feci parte del CLN di Savona ed ebbi occasione di trovarmi con i rappresentanti del Partito Comunista, ricordo Carlo Baldizzone, Agostino Siccardo e soprattutto Emilio Lagorio al quale ero legato già da amicizia precedente. Il 25 aprile io ero presidente del CLN di Celle Ligure, due giorni dopo la Liberazione accolsi Andrea Aglietto e Francesco Bruzzone che uscivano dal carcere di Genova e venivano a Savona a prendere possesso l’uno della carica di Sindaco e l’altro di quella di Prefetto. […] Dopo la Liberazione assunsi la Segreteria provinciale della Democrazia Cristiana. Alla vigilia delle elezioni amministrative del 1946 il Segretario della Federazione comunista Andrea Gilardi propose alla D.C. di fare lista comune con P.C.I. e Socialisti, offrendoci posti in Giunta. Io mi confrontai con Franco Varaldo, Vice Sindaco della Liberazione e Segretario Comunale D.C. […] Ho ricordato che con l’On. Minella avevo avuto posizioni molto dure; ristabilii buoni rapporti successivamente (incontrandoci colleghi in Parlamento), che mantenni sino alla sua morte. Io ritengo che la Minella avesse forti posizioni polemiche perchè, essendo di origine borghese e perciò estranea alla natura operaistica del P.C.I., fosse alla ricerca di maggiore credibilità fra i militanti.
[…] PARTITO COMUNISTA ITALIANO
Federazione Provinciale di Savona
PRIMA RIUNIONE DEI COMPONENTI IL NUOVO COMITATO FEDERALE
La riunione è stata aperta alle ore 9,25 – Sospesa alle ore 13,15
Ripresa alle ore 15 – Terminata alle ore 20,30.
Presidente eletto: Compagno GILARDI Giovanni
Segretario: ZERBINO Edoardo.
Presenti all’appello: GILARDI Giovanni – MOLINARI Piero – LAGORIO Emilio – SICCARDO Agostino – RECAGNO Gerolamo – LUNARDELLI Amilcare – PALLAVICINI Mario – AGLIETTO Andrea – BERTOLOTTO Luigi – BOTTA Armando – AMASIO Giuseppe – VASCHETTO Carlo – MORESCO Valentino – CROTTA Giuseppe – MOLINARI Gio Batta – FERRANDO Giuseppe – MINELLA Angiola – CORNAGLIA Caterina – FOSSARELLO Francesca – FRUMENTO Giacomo – VIGLIECCA Francesco – PONTACOLONE Claudio – SICCARDO Filippo.
Assenti giustificati: MICHELANGELI Anna – MORACHIOLI Pietro (Dei 25 convocati, 2 sono assenti)
[…] La compagna Minella porta la voce di qualche Sezione le quali dicono di essere il compagno Gilardi un buon Segretario, fanno però gli stessi appunti che ha fatto il compagno Recagno, occorre più autorità, più personalità, a ciò si associa anche il compagno Molinari.
[…] 08) 09/04/1947 – Manoscritto dell’on. Angiola Minella alla Federazione del P.C.I. sulla situazione politico-sociale in Sicilia.
(a cura di) Giancarlo BerrutiGuido Malandra, Quelli del P.C.I. Savona 1945-1950, Federazione D.S. Savona, 2003

Nella città [Savona] distrutta dalla guerra la vita è difficile: c’è bisogno di case, manca il cibo, i prezzi sono alti e persiste ancora la borsa nera; migliaia di disoccupati cercano lavoro; il costo delle bollette aumenta; le famiglie piangono i morti e aspettano il ritorno dei soldati caduti prigionieri degli alleati o in Russia, o i reduci dai campi di concentramento tedeschi; tanti bambini sono soli e affamati, così pure tante donne con i figli o con i vecchi impoveriti.
Le donne dell’UDI, come anche di altre organizzazioni (lo sottolinea ad esempio Renato Bramante quando rammenta la vita della sezione del PCI delle Fornaci “Pippo Rebagliati” <13), talvolta insieme con loro, sono pronte a rispondere ai drammatici bisogni del momento sia con la protesta, frequentissime infatti sono le loro delegazioni presso le autorità cittadine, sia organizzando l’assistenza.
Questo sembra essere il terreno in cui la donna manifesta doti di particolare sensibilità ed efficacia. Anche Ferruccio Parri, allora Presidente del Consiglio, lo sottolinea intervenendo al I Congresso Nazionale dell’UDI, il 20 ottobre del 1945: “Dicevo, dunque, questa vostra sensibilità va indirizzata verso i problemi dell’educazione e dell’assistenza, i problemi della maternità, che sono i vostri, i problemi dell’infanzia che sono anch’essi i vostri,….” <14
É il riconoscimento positivo di una virtù e l’indicazione di un campo specifico per l’impegno sociale delle donne.
Grandi energie vengono dedicate all’assistenza e all’educazione dei bambini, peraltro questo era uno dei grandi problemi nazionali, e si conseguono risultati importanti. É proprio la savonese Angiola Minella che con Nadia Spano promuove la catena di solidarietà con i bambini di Napoli, 50 bambini vengono ospitati in famiglie savonesi e qualcuno ci rimane; poi ci saranno i bambini del Polesine.
[…] In una riunione del C.F. [del Pci di Savona] Francesca Fossarello dichiara che “i compagni non solo non sono ideologicamente preparati ma sono anche scortesi. La compagna Minella aveva chiesto che una donna fosse nella C.d.L. (Camera del Lavoro) e non si è più avuta risposta”. <30 Allora infatti erano decisioni che si prendevano nel Partito.
[…] Nessuna donna compare tra i funzionari stipendiati in Federazione con incarichi politici, le troviamo solo con compiti amministrativi. Quando nel novembre del 46 si discute della grave situazione economica in cui si trova la Federazione, per poter stipendiare la responsabile del lavoro femminile si propone di tassare le compagne di £ 5 ciascuna; non so se questo accadde; nel 1949 poi, a risanamento economico avvenuto, si trova una donna in Federazione retribuita come responsabile della Commissione Femminile, per mezza giornata.
Quando si trattava di attribuire responsabilità politiche la donna era tenuta da parte, relegata a compiti di settore, quasi in condizioni di minorità. Questo aspetto viene sottolineato anche in alcune testimonianze, come in quella di Maria Giovanna Presotto e Maria Fava.
D’altro canto la giovanissima e brillante Angiola Minella <31 viene eletta all’Assemblea Costituente e poi al Parlamento.
[NOTE]
30 Il documento, senza data, conservato nell’Archivio del P.C.I. di Savona, per quel che si può dedurre, potrebbe essere del 1947, successivo alla crisi di Governo.
31 Su Angiola Minella si veda il volume a lei dedicato dal Circolo Brandale, curato da Luigi Capra e pubblicato nel 2007.
Rita Vallarino, La partecipazione delle donne alla vita democratica a Savona nell’immediato dopoguerra, Quaderni Savonesi. Studi e ricerche sulla Resistenza e l’età contemporanea dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea della Provincia di Savona, ISREC, n. 12 – maggio 2009

[…] Con le prime elezioni del Parlamento Repubblicano, il 18 aprile 1948, Angiola Minella diventò deputata (la 3a per numero di preferenze della lista ligure, preceduta solo da Novella e Pessi, e seguita anche, a qualche distanza, oltre 20.000 preferenze, da Alessandro Natta!) e fu riconfermata in quella carica nel 1958 (dopo la “parentesi” trascorsa in Germania, dove rimase con la famiglia fra il 1953 e il 1957, diventando segretaria generale della Federazione Mondiale Donne Democratiche, un’esperienza che le permise di fare alcuni importanti viaggi all’estero, esercitando, fra l’altro, la sua conoscenza delle lingue – inglese, francese, tedesco – che aveva saputo acquisire durante i suoi anni di studio), per passare successivamente al Senato dove rimase fino al 1972.
Gli anni più intensi della sua attività politica e parlamentare furono soprattutto quelli del dopoguerra, ma molto significativi furono anche altri momenti degli anni ’60, ’70 e ’80.
Non potendo qui ripercorrere tutta la sua vita e ricordare puntualmente quello che fu il suo contributo dentro e fuori il Parlamento, procederò per alcuni “filoni”, soffermandomi su alcuni aspetti della personalità e dell’attività di Angiola Minella che mi hanno particolarmente colpita come donna e – permettetemi – come militante del PCI, al quale, appartenendo ad una generazione successiva, mi iscrissi 20 anni dopo di lei, restandovi fino allo scioglimento.
Angiola Minella era una donna appassionata e “diretta”, che sapeva parlare e ascoltare, farsi capire da tutti, in particolare dalle persone più semplici, che “incantava” con la facilità e l’impetuosità (quando necessario) del suo eloquio, ma anche con la lucidità e la chiarezza del ragionamento e del linguaggio e, non ultima, con la straordinaria capacità di partecipazione personale ai temi e alle vicende di cui si occupava.
Angiola Minella è stata definita “deputato delle donne” e senza dubbio ella seppe interpretare ed efficacemente combattere tutte le battaglie di quella che, nel dopoguerra e negli anni ’50, era chiamata la lotta per “l’emancipazione femminile”, la vera e propria “liberazione della donna dalla schiavitù” del pregiudizio e della discriminazione in cui era stata tenuta per troppo tempo nella arretrata società italiana ( e non solo italiana, ovviamente).
Ma la condizione della donna è vista dalla Minella non a sé, bensì inserita in quella della società italiana, in particolare nella condizione delle classi più povere, veramente tragica soprattutto nel dopoguerra.
Voglio qui citare uno dei suoi primi discorsi pubblici, quello pronunciato nella seduta del Consiglio Comunale di Savona il 18 agosto 1946, in cui parlò non a caso (Minella non lo dimenticava mai) a nome delle donne savonesi, sollevando con parole vibranti, davanti al Ministro Romita, il problema della casa (le distruzioni della guerra costringevano troppe famiglie alla coabitazione coatta), insistendo sul dramma della mortalità infantile (salita al 40%), della diffusione della TBC, della mancanza di acqua e delle miserabili condizioni di chi viveva soprattutto nelle periferie.
Voglio ricordare un articolo di qualche mese prima apparso su “Noi donne” il 25 novembre 1945 sotto il titolo Donne nel momento attuale, dove è descritta la “situazione di miseria di migliaia e migliaia di famiglie proletarie” che pesava soprattutto sulle spalle delle donne, nelle quali però si stava facendo strada, a poco a poco, la presa di coscienza dei propri diritti, per i quali vale la pena di lottare solidarmente con i propri simili; e dove si affermava che dalle sofferenze di quegli uomini e di quelle donne “germinerà un avvenire socialmente più giusto e sereno”.
La solidarietà è uno dei temi ricorrenti della Minella, quella solidarietà su cui si basa la nuova concezione dell’assistenza da lei propugnata, che si distingue e anzi si contrappone all’idea della “beneficenza” come “grazioso dono” offerto dall’alto ai più poveri da parte delle “dame di carità” o comunque dalle classi più abbienti, ben gelose custodi tuttavia dei propri privilegi, che non devono essere toccati o messi in discussione.
Di qui la “vis polemica” di due “inchieste” dell’on. Minella, di cui dà notizia “L’Unità” nel settembre del 1947. Basta citarne i titoli, già di per sé eloquenti: Si appoggiano le organizzazioni assistenziali ( ma solo quelle dei preti) e Aumentano gli stanziamenti per l’assistenza, ma diminuiscono le assegnazioni alle periferie. I due articoli sono accomunati – oltre che dal riferimento alle inchieste della Minella – dallo stesso “occhiello”: I misteri del governo nero, che testimonia l’ormai avvenuta rottura dell’unità antifascista e la cacciata dal governo dei socialisti e dei comunisti.
Ma non si può dimenticare l’impegno a favore del movimento delle donne casalinghe, delle donne capofamiglia e soprattutto non si può tacere del commosso e documentato discorso pronunciato alla Camera il 1° luglio 1949 sulle pensioni di guerra, incentrato sull’attacco alla “politica del pareggio” del governo Pella, in nome della quale mezzo milione di pratiche restavano ancora inevase e non si volevano ritoccare i miseri compensi delle pensioni già erogate (530 lire al mese!) a fronte dei milioni stanziati per l’Anno Santo (1950) e dell’enorme baratro che separava la condizione delle classi più povere (le più colpite anche dalla guerra e dalle sue conseguenze) dalle classi privilegiate: “Far pagare i ricchi!” proponeva con forza la Minella, intendendo fra di essi in primo luogo i grandi industriali.
Quando si parla di solidarietà una pagina particolare, nello scorrere le testimonianze e i documenti sull’operato di Angiola Minella, va però riservata ai problemi dell’infanzia, allo slancio e alla dedizione che ne caratterizzarono, da sempre, un impegno che non venne meno neppure negli ultimi anni della sua vita: da parlamentare aveva presentato, fin dal 1948, una proposta di legge per la tutela della maternità, con altre parlamentari del calibro di Teresa Noce, Giuliana Nenni, Nilde Jotti (come lei già giovanissima “costituente”), Marisa Cinciari Rodano, Gisella Floreanini, Camilla Ravera; aveva proposto l’istituzione di asili nido; e, in anni più recenti, aveva redatto una pubblicazione del Senato: Dall’ONMI alle Regioni l’assistenza all’infanzia.
Ma tutta la sua attiva e commossa partecipazione si riassume nel più volte ricordato libro “Cari bambini, vi aspettiamo con gioia”, pubblicato con Nadia Spano e Ferdinando Terranova nel 1980 (prefazione di Giovanni Berlinguer). Vi si ripercorre l’indimenticabile e fondamentale esperienza di solidarietà all’infanzia concretizzata nell’iniziativa promossa e realizzata in prima persona dal PCI (con il sostegno dell’UDI, della CGIL e spesso di associazioni ed enti non di sinistra o estranei alla politica, come la Croce Rossa) a favore dei bambini usciti distrutti dalla guerra: si partì dalle città più colpite come Milano, Torino, Roma, per arrivare a Cassino, Napoli e alla Sicilia organizzando, dal ’46 ai primi anni ’50, l’ospitalità di molte decine di migliaia di bambini da parte di famiglie di lavoratori dell’Emilia, della Toscana, della Liguria e via via di molte altre regioni e località d’Italia.
Un’esperienza che incontrò non poche difficoltà , soprattutto negli anni ’50, per l’ottuso atteggiamento del governo (ministro dell’interno il “famigerato” Mario Scelba) e del clericalismo reazionario, ma che non per questo si dimostrò meno incisiva.
Un’esperienza che può sembrare incredibile nell’Italia di oggi, l’Italia del benessere, nonostante tutte le sue contraddizioni e nuove tensioni; l’Italia in cui sembrano prevalere la difesa egoistica del proprio stato e scomparsi certi valori di solidarietà umana. Ma se, al momento del bisogno, all’indomani della tragedia della guerra, fu possibile affrontare tanti sacrifici per alleviare la sofferenza altrui, c’è da pensare (o da augurarci) che questo spirito, in un futuro speriamo non lontano, possa riaffiorare e riaffermarsi per portare a compimento quella “ricostruzione” dell’Italia che, almeno dal punto di vista morale, non è ancora compiuta.
Animata da questo spirito di solidarietà e da un senso profondo della giustizia sociale, Angiola Minella combattè molte altre battaglie occupandosi, fino agli ultimi anni del suo impegno parlamentare, di problemi ancora oggi purtroppo attualissimi: un tema per tutti fu quello della sicurezza sui posti di lavoro.
Mi limiterò a ricordare, fra le altre, una sola iniziativa: quella di una mozione presentata con altri parlamentari del PCI, ma illustrata al Senato proprio dalla Minella nel febbraio 1967, con la solita efficacia sia per gli argomenti portati a sostegno delle proposte avanzate sia per l’evidente partecipazione personale sia per la ricchezza e la puntualità dei dati, ricavati da più fonti, anche di carattere ufficiale: è impressionante raffrontare quei dati con quelli, ancora drammatici, di oggi; e la descrizione delle condizioni inumane di lavoro di alcune categorie di lavoratori di allora con quelle che oggi sono costretti a patire immigrati e lavoratori irregolari (ma talvolta anche regolari!) sul suolo del nostro Paese.
Scorrendo la documentazione che gentilmente mi ha messo a disposizione la figlia di Angiola Minella, dott.ssa Laura Molinari, ha attirato la mia attenzione un aspetto forse marginale ma inedito (per quel che mi risulta), sul quale mi piace soffermarmi: il suo atteggiamento verso la religione e la Chiesa.
In due articoli del 1° agosto 1945 apparsi su un giornale di Noli, “Falce e martello”, Minella esalta quel simbolo (insieme a quello della bandiera rossa), accostando curiosamente e un po’ ingenuamente la croce formata dai due strumenti del lavoro in esso presenti alla croce del Cristo: l’una non si contrappone all’altra né intende negarla, quasi alla ricerca di una comune radice, o meglio di una comune finalità, il bene dell’uomo.
Anche la Chiesa dell’immediato dopoguerra viene vista con una certa indulgenza dalla Minella che, pur dichiarando la volontà di “opporsi decisamente ad ogni interferenza della Chiesa nel campo politico e civile “(quanta attualità anche in questa affermazione!) esprime fiducia nella sua capacità di rinnovarsi, come dimostrerebbero, al di là di qualche “incidente locale di conservatorismo”, “molti sintomi di progresso, che fanno ben sperare” – secondo Minella – “nella sua democratizzazione effettiva”.
Forse Angiola Minella, di profonda educazione cristiana, si sarà in parte ricreduta negli anni della rottura dell’unità antifascista, soprattutto in quelli successivi al 18 aprile 1948, come affiora anche da suoi interventi già da me citati: come è noto, la Chiesa arrivò non solo a condannare ma addirittura a scomunicare socialisti e comunisti e la guerra fredda determinò un notevole inasprimento dei rapporti politici nel nostro Paese.
Ma lunga è la strada della storia e, nei decenni successivi, altri segnali di cambiamento sono venuti, pur nel succedersi di cicli che attestano, in altri momenti, un ritorno al passato.
Un ultimo tratto del personaggio Angiola Minella, che mi sta a cuore ricordare, è la sua grande passione politica, che la accomuna – e anche in questo la sua figura resta “esemplare” – a molte figure di donne (e di uomini) militanti nella sinistra negli anni del suo massimo impegno pubblico.
Voglio anch’io citare, in particolare, due discorsi vibranti di passione e testimoni della sua notevole capacità comunicativa. Il primo è il suo intervento sul Patto Atlantico (1949), già ripreso nella pubblicazione a cura del Circolo Brandale, dove rimprovera alla maggioranza (e alla DC in particolare) di essere venuta meno alle promesse di pace, alla promessa di non aderire per il futuro a patti militari, promessa fatta al popolo italiano in occasione delle elezioni del 18 aprile: l’adesione al Patto Atlantico è invece secondo Minella un atto di asservimento allo straniero, un impegno militare, l’adesione a quello che è soltanto un pericoloso strumento di provocazione e di guerra nelle mani delle “forze aggressive dell’imperialismo”.
Parole forti, pronunciate in nome dei lavoratori e delle donne della Liguria, che l’hanno chiamata a rappresentarli alla Camera dei Deputati.
Il secondo intervento è quello sulla cosiddetta “legge truffa “ del 1953: Avete tradito il popolo italiano, così titola un resoconto de “L’Unità” di quei giorni. E infatti le ragioni del fiero no opposto dalla Minella a quel primo tentativo di far passare un sistema elettorale maggioritario nel nostro Paese erano certo nel giudizio complessivo sul governo e su quello specifi co a proposito di quella legge, ma stavano soprattutto nel giudizio di tradimento nei confronti del popolo italiano e dello spirito che informava la Costituzione nata dalla Resistenza.
E in quel caso – come è noto – il popolo italiano, a differenza di quello che era avvenuto nel ’48 e di quello che avverrà anni dopo, disse no.
La grande “verve” dimostrata dalla Minella in questi due discorsi evidenzia, forse, il tratto della sua personalità che la rese più popolare, efficacemente espresso – e con questo voglio davvero chiudere – particolarmente da due episodi: il primo – ricordato da Mario Pallavicini su “L’Unità” del 9 aprile 1948, è quello in cui Angiola Minella, indignata per le cariche della polizia contro i lavoratori romani in sciopero, irruppe nell’Aula di Montecitorio puntando diritto al banco del governo su Andreotti allora sottosegretario alla Presidenza per chiedergli, piuttosto energicamente, di far cessare ciò che stava accadendo a pochi passi dall’Assemblea.
Il secondo, (ma si tratta probabilmente di un altro momento della medesima occasione), è riassunto in una celebre foto pubblicata dal settimanale “Oggi” che accosta la nostra Angiola alla famosa “onorevole Angelina” (portata sullo schermo da una indimenticabile Anna Magnani), la quale, “mani sui fianchi”, arringa un agente cercando di persuaderlo a “non rendersi complice di Scelba”, l’allora ministro degli interni che si distingueva per le violente repressioni ordinate contro i lavoratori che scendevano in piazza in difesa dei propri diritti.
Figura esemplare, dunque, ancora oggi, questa donna tenace e combattiva, che seppe mettere al servizio della causa cui si era votata le sue migliori capacità e la sua intera vita.
Franca Ferrando, Sen. Angiola Minella in Furono eletti il 18 aprile 1948. Ricordo dei parlamentari savonesi della prima legislatura repubblicana, Quaderni Savonesi, n. 12 – maggio 2009, cit.