In America un anarchico massone lo spiego

Nell’ottobre 1890 il Ministero degli Affari Esteri comunicava alla Legazione d’Italia a Buenos Aires che Arturo Mazzanti, «uno degli anarchici più pericolosi della Romagna» e «amicissimo dei noti anarchici Enrico Malatesta e Francesco Pezzi», si era imbarcato da Genova per Buenos Aires il 16 ottobre 1890, ma nel gennaio l’agente di polizia non aveva trovato le sue tracce e si credeva non fosse sbarcato a Buenos Aires. <567
La prima notizia del Mazzanti si ha da una sua lettera ad Andrea Costa, del novembre 1891, nella quale lo riconosceva come «più buon amico che io abbia mai avuto», «malgrado che da tempo io mi sia persuaso, in materia di principi, in un campo diverso al vostro». La lettera del Mazzanti è particolarmente interessante riguardo alle posizioni che alcuni anarchici avrebbero preso una volta in Argentina. Il ravennate assicurava che per lui una rottura con i socialisti era impossibile, a differenza di «certi intransigenti di Buenos Aires», affermando che se «io dovessi essere anarchico-comunista per la maggioranza dei comunisti anarchici che conosco personalmente, sarei un autoritario del dar punti a Bismark». Diceva inoltre che si era affiliato alla loggia massonica Giordano Bruno, alla quale appartenevano anche i socialisti Valentini e Spada, i più moderati della loggia, ma che gli anarchici «siamo parecchi e godiamo le simpatie della massa» e aggiungeva che «in America un anarchico massone lo spiego, in Italia né in Europa no» e che se fossero considerati dei «rompicolli», avrebbero formato una loggia clandestina, a discapito della massoneria e delle «sue iniziazioni più che ridicole». Infine, faceva qualche considerazione sull’assassinio del Battistini per mano delle «canaglie dei repubblicani» romagnoli. <568
Nel cerchio dei socialisti e anarchici romagnoli, ci fu anche l’imolese Luigi Castellari. Prova di questo è che la cognata di Giovanni Zirardini, a proposito delle differenze che ebbe con sua sorella e moglie dell’anarchico, Giulia, raccontò alla compagna del Castellati su un supposto affare fra Giulia e il Costa quando erano in Francia, ma «nessuno diede fede alle accuse, né Zirardini, né Castellari, né Piazza né Diego». Nonostante questa vicinanza, le differenze politiche affiorarono più di una volta.
Un mese prima delle elezioni politiche del 1890 in Italia, Castellari fece girare fra i compagni il manifesto astensionista degli anarchici socialisti italiani all’estero inviato da Malatesta perché fosse firmato, cosa che il Cappellini si rifiutò di fare per ragioni che Zirardini, Lombardi, Bozzi e altri anarchici compresero, ma invece il Castellari non gli parlò più e «proibì ai suoi soldati di venire a bere nel mio negozio perché sono un legalitario [,] santa intransigenza pazza ed ignorante come rovini gli uomini».
Aggiungeva Cappellini che il Castellari si era messo insieme a una donna «più intransigente di lui e grande ammiratrice della Gigia Pezzi», tanto che si faceva chiamare di nome come lei: «da questo puoi benissimo comprendere come siano accopiati [sic]».
Nell’agosto successivo, in un’altra lettera a Costa, Cappellini chiama il Castellari «cattivo e finto», poiché dopo aver chiamato il Piselli un Rabagas qualche mese prima, era adesso considerato da lui e dall’imolese che aveva portato la lettera di Giannetto, un «fervente anarchico», allo stesso tempo che si vantava dell’incidente del banchetto di Faenza, occasione in cui si dice abbiano somministrato «gialappa» nelle vivande. <569
Sicuramente la visione che i socialisti italiani e in particolare i romagnoli dell’Argentina, avevano sugli anarchici «intransigenti», che ben potremmo identificare con gli antiorganizzatori, non fu affatto condiscendente e anzi, fu piuttosto critica a causa dell’avversione di questi per gli atteggiamenti parlamentaristi e organizzatori dei socialisti.
In una lettera ad Andrea Costa, il socialista cesenate Rito Balducci sparava: «Che belle cose fanno gli anarchici! non è vero? Predicano il furto e per provarne gli effetti si fottano fra di loro! molto bene! Carini_carini_ Così vedi si fa della Propaganda benefica al partito!… Poveri principii!… figurati quante ne avran dette i giornali borghesi?», e qualche mese dopo in un’altra lettera, sosteneva che «i famosi anarchici vanno perdendo sempre più la testa. Fra l’altre a scopo di propaganda, dicono essi, hanno pubblicata una lettera di un povero pazzo … il nostro caro Cafiero!». <570
In ogni caso, le critiche agli anarchici furono indirizzate soprattutto agli intransigenti e il rapporto con alcuni dei militanti libertari sembra sia stato abbastanza pacifico. Nel dicembre 1890, Cappellini raccontava a Costa che incontrò Francesco Natta a La Plata, insieme a Orazio Iriani – che tentava di fondare un giornale in quella città – con i quali parlò delle elezioni e del Costa e Natta, di fatto, non si mostrò furibondo con il Costa come gli altri «idrofobi». Diceva inoltre che Florido Mateucci aveva una tipografia a Buenos Aires, che Gaetano Grassi era partito per Montevideo, come fece anche Giovanni Domanico dopo che i suoi affari fallirono, che Fortunato Serantoni si dedicava al commercio e che il parmigiano Cino Cordero si trovava a Mendoza – sembra si fosse ammogliato – molto bene. Un anno dopo, lo stesso Cappellini faceva sapere al Costa che il Natta, ancora a La Plata, si dedicava completamente agli affari, che Serantoni e Barbarulli furono a São Paulo, dove fecero un po’ di soldi e poi se ne andarono a Barcellona, con la prospettiva di tornare a Buenos Aires e che Domanico era praticamente sparito, lasciandogli i suoi affari, nei quali erano coinvolti anche Balducci, Lombardi e Castellari, che avevano prestato dei soldi a Domanico.
Infine, alcuni anarchici come Alfredo Cantiello, Emilio Zuccarini e un tale Bozzi, come tanti altri non lavoravano e vivevano «di una buona vita, beati loro», e chiudeva la lettera inviando saluti a Sesto Fortuzzi. <571
Cino Cordero, socialista rivoluzionario a Parma, emigrò da quella città verso il 1887-1888 con direzione a Buenos Aires, dove non si sa quanto tempo rimase, ma è un fatto, come segnalava Cappellini, che lui si trovasse poi a Mendoza, dove fu nominato direttore o ispettore dei pubblici passeggi e successivamente impiegato nella direzione d’imprese per il dissodamento di terreni per conto della congregazione dei Salesiani, secondo la polizia italiana.
Un’altra oriunda del parmense arrivò in quegli anni in Argentina, Romilda Popoli, di Sissa, che in Italia professava «idee socialiste sindacaliste con tendenza rivoluzionaria» e che emigrò nella capitale argentina il 31 novembre 1891. <572
Intanto, l’anarchismo antiorganizzatore dell’Argentina prese il sopravvento e permise la nascita di diversi nuovi giornali, i quali, però, iniziarono a comparire anche nel campo organizzatore. Fra i primi, si contavano «La Liberté» e «Le Cyclone» in lingua francese, «Aurora Social», «El Ciclón», «Caserio», «Ravachol», «El Escalpelo», «La Voz de los Esclavos» di Chivilcoy, «Germinal» e «La Revolución Social» in spagnolo, oltre ai periodici di lingua italiana «Lavoriamo» e «La Riscossa» di Buenos Aires, il «Demoliamo» di Rosario di Santa Fe, «Il Pugnale», «I Malfattori», «Gli Incendiari», «Il Pungolo», diretto da Emilio Zuccarini, e infine «L’Indicatore» di Rio Cuarto. Apparvero anche la «Tribuna del Obrero» a Rosario, «La Lucha» a La Plata ed «El Oprimido» in Cile, mentre le tendenze organizzatrici videro nascere «El Oprimido» di Luján, diretto dal dottor irlandese John Creaghe, e «La Questione Sociale», rivista mensile apparsa a Buenos Aires sotto la direzione di Fortunato Serantoni. <573
Ci furono anche diversi progetti di giornali che non riuscirono a vedere la luce, come «Humanitas» del gruppo Jóvenes Anarquistas di Rosario, che intendeva sostituire lo scomparso «Demoliamo» di lingua italiana e che nel febbraio 1894 raccolse delle sottoscrizioni, ma nel maggio detto gruppo manifestava che il giornale non vide la luce per ragioni esterne al gruppo. Già un anno prima, anche a Rosario, il gruppo La Rebancha aveva fallito nel suo tentativo di pubblicare il proprio giornale. Il periodico «Lotta Umana» sarebbe dovuto uscire a Buenos Aires alla fine del 1893 o inizi 1894, la cui sottoscrizione fu raccolta da Luigi Brunini e pubblicata su «La Riscossa» della capitale, ma non si ebbero più notizie del progetto. Infine, El Perseguido annunciava nel dicembre 1894 l’imminente comparsa de «L’Avenir Social» nello stesso mese, tuttavia sembra che il giornale non fosse mai uscito. <574
Nel luglio 1892, «El Perseguido»mise a disposizione del gruppo libertario di lingua italiana La Libera Iniziativa la propria casella postale, per facilitare il suo tentativo di fondare un giornale comunista anarchico. Il gruppo, che si riuniva in via Callao 160, si scisse verso l’agosto e i militanti impegnati con la pubblicazione del giornale, il nuovo Gruppo di Propaganda Comunista Anarchica, annunciarono la sua uscita per il 20 settembre, con indirizzo presso l’anarchico Miscosi, tuttavia fu solo nel novembre che il giornale vide la luce, con il nome di «Lavoriamo», il cui nuovo indirizzo si fissò presso Luigi Brunini, nel quartiere La Boca. <575
Il «Lavoriamo», giornale in lingua italiana che si dichiarò comunista anarchico in sintonia con la corrente antiorganizzatrice prevalente durante quegli anni, riuscì a pubblicare sei numeri, l’ultimo dei quali apparve il 1° luglio 1893. Nonostante la sua breve vita, questo giornale riuscì a costruire una rete di contatti con diversi gruppi e individui dell’anarchismo internazionale, mantenendo corrispondenza con anarchici di São Paulo, Chicago, Massaua, con il giornale «El Oprimido»de Valparaíso e in Italia con compagni di Pesaro, Peruggia, Marsala, Roma, Fano, Mantova, La Spezia e con Domenico Francolini di Rimini. La rete libertaria che il giornale creò nell’Argentina, inoltre, comprese il gruppo della Libreria International di Émile Piette, Los Invencibles de Barracas e un gruppo costituito per la pubblicazione degli opuscoli Fra Contadini e La Conquista del Pane, gruppi dei quali il giornale pubblicò degli avvisi. Inoltre, inviò corrispondenza a compagni di Córdoba, Rosario, Rufino in provincia di Santa Fe e Trenque Lauquen in provincia di Buenos Aires e ricevette sottoscrizioni da Tucumán, San Cristóbal de Tucumán, Patagones e Romano Blanco, oltre che da São Paulo e Montevideo e dai gruppi Libera Iniziativa e Operai Coscienti di Buenos Aires per un manifesto in occasione delle nozze d’argento dei reali d’Italia. Fra gli anarchici emiliani e romagnoli nel paese sudamericano, Giovanni Ragazzini collaborò pecuniariamente con il giornale e Luigi Brunini fu uno dei sottoscrittori per i funerali dell’anarchico milanese Luigi Gervasini. <576
Le notizie internazionali pubblicate dal giornale riguardarono soprattutto il movimento anarchico e operaio di diversi paesi d’Europa e degli Stati Uniti, anche se furono pubblicate delle informazioni sul movimento anarchico del Brasile, tuttavia la maggior parte delle notizie provennero dalle diverse regioni dell’Italia, inclusi svariati punti dell’Emilia e della Romagna.
[NOTE]
567 Vd. Le note del MAE alla Legazione d’Italia a Buenos Aires, 23 ottobre 1890 e 17 marzo 1891, e la risposta della Legazione, 18 gennaio 1891, ADS-MAE, Polizia Internazionale, b. 8 Rappresentanze italiane a Berlino, ecc. (1885-1896), fasc. Buenos Aires.
568 Lettera Mazzanti a Andrea Costa, Buenos Aires, 27 novembre 1891, BCI, Archivio Andrea Costa, Corrispondenza ricevuta da Andrea Costa 1872-1910, b. 8, fasc. 1263.
569 Vd. le lettere di Secondo Cappellini ad Andrea Costa, datate a Buenos Aires, il 27 dicembre 1890 e il 14 agosto 1891, BCI, Archivio Andrea Costa, Corrispondenza ricevuta da Andrea Costa 1872-1910, b. 7, fasc. 1118 e b. 8, fasc. 1220 rispettivamente
570 Vd. le lettere di Rito Balducci ad Andrea Costa, Buenos Aires, 11 marzo e 24 giugno 1890, BCI, Archivio Andrea Costa, Corrispondenza ricevuta da Andrea Costa 1872-1910, b. 7, fasc. 980 e 1029 rispettivamente. Nella lettera del 11 marzo, Balducci raccontava a Costa che aveva appreso da una lettera inviata da Amilcare Cipriani allo Zirardini sulla polmonite del deputato imolese, situazione che aveva costernato lui, il Cappellini, il Petrignani, la famiglia Zirardini e «tutti quelli che ti amano assai», gli inviava i saluti da Giovanni Domanico e dal Barbarulli e diceva che con Cappellini pensavano di aprire un «casa de comida» per fare pappardelle alla romagnola.
571 Vd. le lettere di Secondo Cappellini ad Andrea Costa, datate a Buenos Aires, il 27 dicembre 1890 e il 3 dicembre 1891, BCI, Archivio Andrea Costa, Corrispondenza ricevuta da Andrea Costa 1872-1910, b. 7, fasc. 1118 e b. 8, fasc. 1264 rispettivamente. Secondo la polizia italiana, Alfredo Cantiello di Firenze e Emilio Zuccarini di Livorno erano partiti per l’Argentina nel febbraio 1890 insieme ad altri quattro anarchici, mentre nell’aprile dello stesso anno segnalava che Francesco Natta aveva un’officina meccanica a La Plata e con i figli ventenni partecipava spesso alle riunioni socialisti di quella città e di Buenos Aires, essendo «uno degli oratori più considerati ed applauditi in tali riunioni. Vd. la nota del MAE alla Legazione d’Italia a Buenos Aires, 28 febbraio 1890, e il rapporto della Legazione al MAE, 27 aprile 1890, ADS-MAE, Polizia Internazionale, b. 8 Rappresentanze italiane a Berlino, ecc. (1885-1896), fasc. Buenos Aires. Dall’altra parte, nel luglio 1892 gli anarchici bonaerensi ricevettero una circolare sull’uscita del giornale La Tribuna di Barcellona, con indirizzo presso Fortunato Serantoni. Vd. Cosas varias, in «El Perseguido», Buenos Aires,
a. III, n. 44, 10 luglio 1892.
572 Romilda Popoli, casalinga, nacque a Sissa, provincia di Parma, il 20 maggio 1868 da Luigi e Corina Maccarini. Vd. ACS, CPC, b. 4085, fasc. Popoli Romilda, in particolare il rapporto della prefettura di Parma alla DGPS, 5 giugno 1936. Su Cino Cordero, vd. ACS, CPC, b. 1471, fasc. Cordero Cino, in particolare il rapporto della Prefettura di Parma alla DGPS, 17 dicembre 1901.
573 Cfr. G. ZARAGOZA, op. cit., pp. 141-142; R. FALCÓN, op. cit., pp. 124-125. Secondo Zaragoza, molti di questi giornali non sono stati trovati ed è probabile che si trattasse dei nomi di alcuni gruppi. Vd. G. ZARAGOZA, op. cit., p. 142. Vd. Anche «El Perseguido», a. IV, n. 59, 7 maggio 1893; a. V (1894): n. 71, 11 novembre; 72, 22 novembre. El Perseguido chiamò l’attenzione dei compagni sul giornale «La Lucha» de La Plata, e nel suo numero 72, rispondendo ad una lettera di P. J. Rojo, direttore di quel periodico, suggeriva che nella redazione ci sarebbe stato qualcuno pagato dalla polizia. Il giornale «Il Pungolo» è menzionato da Secondo Cappellini in una lettera del febbraio 1893 ad Andrea Costa, al quale, inoltre, invitava a Buenos Aires, assecondato da un tale Lombardi, per fondare un periodico socialista, poiché mancava «un giornale onesto e ben fatto» in lingua italiana. Vd. la lettera di Secondo Cappellini ad Andrea Costa, Buenos Aires, 17 febbraio 1893, BCI, Archivio Andrea Costa, Corrispondenza ricevuta da Andrea Costa 1872-1910, b. 10, fasc. 1422.
574 Su «Humanitas», vd. «El Perseguido», a. V (1894): n. 68, 18 febbraio; n. 70, 31 maggio. Sul giornale del gruppo La Rebancha, vd. «El Perseguido», a. IV (1893): n. 56, 26 febbraio; n. 61, 18 giugno. Su «Lotta Uman»a, vd. «La Riscossa», Buenos Aires, 1893: n. 1, 14 ottobre 1893; n. 2, 11 novembre 1893; «Demoliamo», Rosario de Santa Fe, a. I, n. 2, 11 novembre 1893. Su «L’Avenir Social», vd. «El Perseguido», a. V, n. 73, 12 dicembre 1894.
575 Vd. «El Perseguido», a. III (1892): n. 44, 10 luglio; n. 46, 14 agosto; n. 47, 4 settembre; n. 52, 27 novembre
576 Vd. «Lavoriamo», Buenos Aires, a. I (1893): n. 2, 1° gennaio; n. 3, 8 marzo; n. 6, 1° luglio. Cfr. L. BETTINI, op. cit., pp. 6-7. Luigi Gervasini, tipografo milanese, uno dei fondatori del «Lavoriamo» e collaboratore de «El Perseguido», morì a Buenos Aires il 13 giugno 1894 per una polmonite. Vd. Luigi Gervasini, in «Lavoriamo», Buenos Aires, a. I, n. 6, 1 luglio 1893.
Jorge Ariel Canales Urriola, Le valigie dell’anarchia: Percorsi e attivismo degli anarchici emiliani e romagnoli in Argentina e Brasile nella svolta di fine Ottocento, Tesi di Dottorato, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, 2016