La ballata della piccola piazza

La ballata della piccola piazza, il più bel romanzo ligure degli ultimi anni.
In un piccolo paese dell’alta Liguria sospeso tra cielo e mare vive una comunità di vecchi e di bambini: sono i giorni più duri della guerra in Italia, dall’8 settembre alla primavera del ’45, una metà degli uomini è dispersa in Russia, l’altra metà alla macchia nella Resistenza.

Nicó e Damìn sono cugini e aspettano, con gli altri, il ritorno dei padri e delle madri di cui non hanno più notizie da un tempo che sembra immemorabile. Forse sono rimasti orfani, e lo sanno. Ascoltano le storie che i vecchi del paese raccontano loro per ingannare l’attesa, sprofondati in un paesaggio da fiaba, legati mani e piedi al doppiofondo mitico di sogni e d’incubi sognati da generazioni, la ruota dei desideri e delle pulsioni più profonde.

Così il mondo dell’infanzia è anche l’infanzia del mondo. Portano le pecore al pascolo, i bimbi vecchi della comunità sospesa sui campi alti del cielo, e vedono i film di Ridolini proiettati sul lenzuolo in una lurida cantina. I giorni sembrano lunghi mesi, i mesi anni: è la stagione più intensa e commovente dell’esistenza, e verrà travolta da eventi capaci di segnare una vita in un modo che una vita non basta a decifrarli.

Citazioni

Nicó amava la valle, per lui non c’era altro mondo. Mi diceva a volte passandomi il braccio attorno: «È benedetta questa valle, nell’antichità ci ha cagato un santo di passaggio; guarda, grandi abeti lassù, nei boschi di Furcuin, castagni e pascoli sulle pendici di Prealba, dalle cime scendono torrenti d’acqua per irrigare gli orti, guardala bene, c’è tutto nella nostra valle.»

«Ma Omi e Dones si rifugiavano proprio qui sul poggio?» domandò Nicó.
«Proprio lì sul poggio, dove termina il sentiero e i pini hanno il muschio sui tronchi e se ci si affaccia dallo strapiombo si sente la voce dell’Ubagu che sussurra come in una conchiglia il mare. Dal suo fondo insondabile risalgono gli animali moribondi, si sdraiano sul poggio al sole e guardano con meraviglia per la prima e l’ultima volta il mare.»
Avevamo raggiunto il pianoro, le pecore sazie acceleravano il passo e si avviavano silenziose allo staggio.
L’ultimo sole le tingeva d’oro, lasciando nell’ombra il fondovalle.
«Giacco» chiesi, «batte ancora il cuore dell’Ubagu?»
«Batte, batte.»

Scheda di approfondimento

«Un libro pieno di rimandi e di favole, favole come solo un bambino riesce a raccontare e ascoltare, favole dure, di vita e di morte di una generazione di bambini che hanno giocato durante una guerra. Il periodo è infatti quello della guerra civile, inizia il 9 settembre, con una colonna di soldati che risalgono dalla costa, diretti in Piemonte. Il luogo è la frontiera, vallate a ridosso di scogliere e falesie. Luogo di favole, si diceva, e di metafore, di montagne piene di scalinate che salgono ai campi alti nel cielo, e di alberi che somigliano alla grande nuvola, e di torrenti e anguille e capre.
«Troveremo nella Ballata i cinema muti e le vecchie signore ebree scappate dalla città. Le scimmie nelle gabbie di Voronoff.
«E il mondo di Vincenzo Pardini e Rigoni Stern, con il fine repertorio linguistico caro a Biamonti. Troveremo la musica che a volte manca ai sogni.»

Dalla prefazione di Marino Magliani al romanzo

Elio Lanteri, classe 1929, era nato a Dolceacqua (IM) ed è scomparso nell’amata Liguria, ad Imperia, Costa d’Oneglia, nel 2010.
Amico di Francesco Biamonti, profondo conoscitore di Guido Seborga, di René Char, di Rulfo, di García Lorca, aveva esordito, dopo un riserbo durato vent’anni, con La ballata della piccola piazza (Transeuropa 2009), con cui nel 2010 aveva vinto il premio Biamonti e ricevuto la menzione speciale al premio Città di Cuneo.
La conca del tempo è il romanzo che stava ultimando prima di morire.
Ancora Marino Magliani in data 16 ottobre 2018 su Facebook:
Una notizia importante su Elio Lanteri, ad esempio, è che grazie alla Fondazione Novaro e a Maria Novaro, Adriana, Anfossi Franca, Antonio Mameli, Corrado Ramella, Giorgio Loreti, Lorenzo Muratore, Il Circolo Belgrano di Costa d’Oneglia, Simone Caridi, Claudio Panella, Laura Hess, Matteo Lanteri, Luigi Berio, Bruno Quaranta, Alfredo Luzi, Francesco Improta, Marco de Carolis, Sergio Ciacio Biancheri, Gianluca Picconi, Piero Falco, di Cuneo, che aveva premiato Elio, i ragazzi degli anni trenta di Dolceacqua, amici di Elio, il Comune di Dolceacqua e forse quello di Imperia, (e vorrei dire grazie al mio amico Vincenzo Pardini, che scrisse su Elio), il 9 e il 10 novembre, a Dolceacqua e a Oneglia si terrà un convegno su Elio Lanteri. Per l’occasione si ripubblicheranno i suoi libri (grazie Giulio Milani), usciti entrambi per Transeuropa, e si rivedranno in un documentario molto bello realizzato da Antonio Mameli, con la collaborazione di Simone Caridi, i luoghi lanteriani. Un grande grazie in particolare a Maria Novaro e alla sua Fondazione e a lei l’onore a suo tempo di pubblicare locandine e materiali ben più curati di questa nota.”
Fonte: Atti impuri

Quando Elio è mancato, è stata Adriana [Fornacca, la moglie] a recuperare i suoi testi scritti su quaderni come quello che gli aveva regalato nel 1961 con una dedica in cui si legge tra l’altro “perché scriva ciò che ha in mente”. E così mentre lei, specialista di letteratura e poesia spagnola, traduceva interi volumi a macchina usando il retro dei volantini della Camera del Lavoro dove lui lavorava, Elio, con calma, nel corso di quattro o cinque decenni, tra il loro matrimonio del 1962 e il nuovo millennio, si è messo a scrivere. E nel 2011, grazie ad Adriana, sono comparsi due suoi altri racconti postumi, favolosi, che su consiglio di Marino Magliani lei concesse di pubblicare in Atti impuri, vol. 3, cosa di cui le saremo sempre riconoscenti. Dopo aver partecipato con Elio a tante iniziative dell’Unione culturale democratica di Ventimiglia/Bordighera che negli anni Cinquanta e Sessanta tenne a battesimo i giovani Francesco Biamonti e Lorenzo Muratore (altri esordienti tardivi da mozzare il fiato), Adriana ed Elio scompigliarono la sedentarietà quasi patologica di quei liguri di ponente andandosene a vivere per lunghi periodi in Spagna. A nutrirsi di musica e Garcia Lorca, scritte sui muri da cui trarre neologismi iberico-franco-italiani con cui giocare, versi di Juan Rulfo e Goytisolo da mandare a memoria… per poi ritrasferirsi a Costa d’Oneglia intorno al 1993. Atti impuri

Sergio Ciacio Biancheri (1), Elio Lanteri – Fonte: Atti impuri

La conca del tempo, edito con una prefazione di Bruno Quaranta e una postfazione di Marino Magliani, era il romanzo cui Elio Lanteri stava lavorando quando è mancato, nel 2010. Dal risguardo di copertina: “In una caletta chiusa da tre lati e aperta sul mare, quattro personaggi vivono dei ricordi della loro vita passata nelle viscere della natura aspra: quella Liguria di Ponente già protagonista de La ballata della piccola piazza e che ancora una volta non si limita a fare da sfondo, ma è elemento essenziale del racconto. Damìn, Viturìn, Bellagioia, Rosy, Badulìn e gli altri personaggi gravitano intorno a un ecosistema apparentemente immobile ma in cui sono proprio i minimi movimenti, i tempi infinitesimi della natura, a dettare il ritmo dell’esistenza. E proprio gli elementi naturali – una cornacchia, un vecchio ponte – parlano e pensano per ripercorrere in vesti nuove la leggenda di un nuovo Sisifo e del suo destino, non imposto da una divinità ma scelto consapevolmente. Perché Damìn ogni giorno risale verso la vecchia casa sulla scogliera? Quale scelta lo condanna, quale dolore lo tiene vivo? Un racconto che respira tra la danza leggera delle foglie d’autunno e il mare in miniatura che, di notte, culla i sogni fantasiosi di una gioventù lontana”. Atti impuri,  12 luglio 2012

(1) Sergio “Ciacio” Biancheri nasce a Bordighera nel 1934, ama dipingere maggiormente marine, ed i suoi temi principali, nelle sue opere sono il mare e le palme. I due soggetti che più rappresentano la nostra terra. Oltre che un artista della tela è un bravo incisore, scultore e ceramista.
Allievo di Giuseppe Balbo ha avuto incontri significativi con altri artisti come, Giuseppe Ferdinando Piana, Guido Seborga, Giancarlo Vigorelli, Giacomo Natta, Ennio Morlotti, Francesco Biamonti, Emile Marzè, Graham Sutherland, Roman Bilinski, Enzo Maiolino.
La sua prima esposizione avviene nel 1953 al Premio le “5 bettole” di Bordighera.
L’amore per il mare è facile da capire nelle sue tele, una passione che nasce già da bambino, anche perchè discendente da una famiglia dedita alla pesca. Dopo un’infanzia felice, la sua vita viene molto influenzata da un fatto di guerra che riguarda la sua famiglia, suo padre e suo nonno usciti con la barca per pescare, vengono raggiunti da una raffica tedesca, dove suo padre rimane ferito, mentre suo nonno ucciso.
Questo episodio colpisce la personalità dell’uomo che si ripercuote sulle sue opere.
Nel 1953, Ciacio Biancheri rimane fortemente influenzato dall’esposizione di “Pittori Americani in Europa” svolta a Bordighera su un’idea del suo maestro Giuseppe Balbo e grazie all’intervento di Peggy Guggeheim. Giunta alla seconda edizione dove vengono esposte opere di Clifford Still, Arshile Gorky, Marc Rothko, Robert Motherwell e Jackson Pollock. Colpito in particolare modo dall’action painting di Pollock che ritroviamo in alcune sue opere.
Nel 1960 è stato insignito del Premio San Fedele di Milano per la giovane pittura italiana con particolari drippings in “Grovigli”. Ha studiato nudo all’Accademia di Brera e all’Ecole des Arts Plastiques de Monaco e litografia a La Spirale di Milano.
Dal 1970 si è dedicato anche alla scultura e dal 1993 a seguito di un incontro con la ceramista americana Daphn Corregan a Monaco si appassiona alla ceramica.
Con il suo amico Guido Seborga espone, nel 1968 a Bordighera, nel 1973 a Mentone e nel 1986 a Sanremo. Nel corso degli anni partecipa ad innumerevoli esposizioni in Italia ed all’estero, tra le quali, le più importanti sono: quattro edizioni del premio “Le cinque bettole” a Bordighera, 1972-1974-1976 alle Biennali Internazionali d’Arte di Mentone, nel 1972 nei musei di Linz, Klagenfurt, Barcelllona. Nel 1996 nella Chiesa francescana di Berlino, 2005 Palazzo Ducale a Genova, 2010 A Messina,ecc.
Numerosi i premi e riconoscimenti assegnati a Ciacio Biancheri.E’ stato per otto anni presidente dell’Accademia Riviera dei Fiori ”Giuseppe Balbo” dal 1985 al 1993. E’ presidente dal 2013, della Società di Mutuo Soccorso dei Pescatori con sede nel Paese Alto.
Di lui il mai dimenticato poeta del nostro entroterra ligure, Francesco Biamonti diceva: “La storia della pittura di Biancheri è breve e lineare. Da fondali di alghe e grovigli, segni nervosamente tracciati su pianure di silenzio, giunge ora alle marine di solidificata malinconia. Ma anche in questo secondo tempo esso ha una sua vicenda: mari oscuri, piste di tenebre oltrepassano i crepuscoli e si convertono in chiare ragioni della memoria. Si è sempre capito che Biancheri era alla ricerca di “mari perduti” e allorché rappresentava fitte boscaglie di palme tendeva a tradurre in vortici acquorei”.
“Ed è proprio nelle rappresentazioni del mare che l’artista riesce a dare il meglio di sé, grazie ad un rapporto tutto simile a quello che lega due amici tra i quali il dialogo scorre sereno ed intenso, in una pulita confidenza prossima al trasporto totale” (Saverio Napolitano).
Morlotti ed io eravamo già d’accordo sul giovane Biancheri, dicevamo “In un epoca di imitatori, d’informatissimi, questo giovane non imita, ha dentro di sé la pittura, la sua pittura, la sua vita, il suo mondo quotidiano a cui è legato….Sergio Biancheri ha saputo non tagliarsi le radici, ma anzi approfondirle maggiormente per far nascere i suoi grovigli (Guido Seborga).
Giancarlo Traverso