La banda di Giovanni Porfirio ebbe contatti soprattutto con i partigiani della zona del Sangro

Le bande partigiane esaminate dalla data dell’armistizio, sino all’inizio del giugno ’44, nelle provincie de L’Aquila, Chieti e Campobasso, furono 57, comprendendo anche la banda Popoli (della provincia pescarese) che si è ritenuto includere in questo studio, dati i forti contatti con alcune delle formazioni analizzate. A comporle, secondo la Commissione Regionale Abruzzese che le giudicò assegnando le qualifiche, furono un totale di oltre 4.600 individui, tra partigiani, patrioti ed isolati, tra cui circa 180 caduti per la lotta di Liberazione.
In tutto furono attive: nella provincia aquilana 41 bande, di cui 16 non ottennero la qualifica di riconoscimento; in provincia di Chieti 14 formazioni, di cui 7 non riconosciute; una nella provincia di Campobasso, riconosciuta; nella provincia pescarese la citata banda Popoli, anch’essa riconosciuta. I giudizi negativi vennero espressi con diversa motivazione e variabile esito di giudizio per quanto attenne ai loro componenti.
Considerando schematicamente il territorio aquilano interessato, possiamo suddividerlo in quattro macroaree: conca de L’Aquila, conca di Sulmona, Marsica e zona del Sangro – in merito alle bande riconosciute si è apprezzata una grande varietà di tipologie e forza numerica dei componenti. Nella conca aquilana furono attive: il G.A.P. Aquila <4111, di ispirazione comunista, con a capo Renato Franchi, che stabilì frequenti contatti sia con la banda Giovanni Di Vincenzo con i partigiani romani in quanto facente parte del Raggruppamento Gran Sasso del Comando Bande Italia Centrale il cui comandante fu Ezio De Michelis [n.d.r.: l’allora colonnello De Michelis aderiva al Fronte Militare clandestino di Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo]. Fu attiva soprattutto nella città de L’Aquila nell’assistenza ai soldati renitenti, ma svolse anche importanti azioni di sabotaggio; il C.L.N. Aquila <4112, che intraprese contatti con il C.L.N. romano e fu una formazione pluripartitica <4113 le cui attività furono diversificate in vari ambiti e si sostanziarono soprattutto nella raccolta di armi e nel sostegno alle bande partigiane operanti nella conca aquilana; la banda Giovanni Di Vincenzo <4114, formazione comunista, comandata da Giovanni Ricottilli. Anche se riconosciuta in forma unitaria, fu costituita da 13 nuclei e fece parte del Raggruppamento Gran Sasso alle dipendenze del C.L.N. Aquila. Il raggio d’azione del gruppo partigiano spaziò lungo la conca aquilana avendo tra le sue fila il maggior numero di combattenti della zona e riuscendo ad avere un’attività caratterizzata anche da numerosi scontri a fuoco con i tedeschi; la banda La Duchessa <4115, di nessun colore politico, con a capo Luigi Marrone, fece anch’essa parte del Raggruppamento Gran Sasso. All’interno di essa, caso abbastanza raro tra le bande, furono riconosciuti più patrioti che partigiani. La banda Alcedeo <4116, comandata da Amedeo D’Alfonso, operò nei comuni di Lucoli e Tornimparte ed ebbe tra i suoi combattenti numerosi ex prigionieri di guerra sia russi che jugoslavi ai quali non fu riconosciuta nessuna qualifica, se non a Panto Cemovic che, caduto tra le fila della formazione partigiana il 1° giugno 1944, gli fu intitolata successivamente come secondo nome. La banda Cagnano Amiterno <4117, operante nell’omonimo comune e zone limitrofe, apartitica e con a capo Pasquale Mancini, che, grazie a un’ottantina di elementi attivi, riuscì a portare a termine diverse azioni di sabotaggio nei confronti dei tedeschi. La banda Giacomo Matteotti <4118 operante nel comune di Scopitto, di ispirazione socialista, che fu attiva sotto il comando di Pietro Torelli e che compì una decina di azioni armate. La banda Bruno Buozzi non ottenne alcuna forma di riconoscimento.
Nell’area marsicana furono attive: la Patrioti Marsicani <4119 comandata da Nicola De Feo e Adriano Salvadori, di ispirazione comunista <4120, facente parte del Raggruppamento Gran Sasso e strinse rapporti con Roma. Fu formata da una galassia di bande e composta da circa 300 elementi tra partigiani e patrioti che compirono azioni di recupero armamenti, sabotaggio e conflitti armati con la Wermacht; la banda Bardo <4121, al comando del sacerdote don Beniamino Vitale che operò nel comune di Sante Marie. Formata da una settantina di partigiani compì sia azioni armate che di sabotaggio; la banda Liberty di Renzo Gulizia e la Tufo di Carsoli di Cesare dall’Oglio, sebbene entrambe operanti nel comune di Carsoli, ebbero un differente percorso di riconoscimento <4122. La prima, a differenza della seconda, fu formata prevalentemente da ex P.O.W.s di diversa nazionalità e svolse principalmente assistenza ai prigionieri alleati fuggiti dai campi di concentramento, mentre la seconda compì soprattutto azioni di propaganda per indurre i chiamati alle armi alla renitenza. La banda Turanense <4123, al comando di Carlo Laurenzi, e la banda Madonna del Monte4124 furono attive nel comune di Poggio Cinolfo. Entrambe le formazioni furono apolitiche, ma ebbero un diverso riconoscimento. La prima ebbe tra le sue fila una cinquantina di elementi e fu attiva soprattutto nella ricerca di armamenti, nelle azioni di sabotaggio e nella sorveglianza del bestiame per evitare i saccheggi tedeschi. La banda Gaetano Di Salvatore <4125, attiva nel comune di Tagliacozzo e zone limitrofe, con a capo Dante Salsiccia, fu affine al Partito d’Azione e si attivò sia nell’assistenza dei prigionieri che in attacchi armati nei confronti dei soldati teutonici. Le bande Ciavarella <4126, comandata da Francesco Ciavarella e successivamente da Bruno Novelli e della Vittoria <4127, con a capo Alvise e Garibaldi Nuccetelli, facenti parte del Raggruppamento Bande Bandiera Rossa, furono ispirati dall’ideologia comunista. La prima formazione operò a Palena e zone viciniori pur avendo contatti con Roma e con oltre cento combattenti attaccò spesso il nemico in scontri a fuoco, la seconda banda fu attiva nella zona di Scurcola Marsicana e portò a termine oltre dodici azioni armate ai danni dei tedeschi; la banda Monte Velino <4128, al cui comando si pose Tullio Carattoli, difese i comuni di Massa d’Albe e Magliano de’ Marsi. La banda Ombrone <4129, il cui capo fu Loreto Di Rienzo, fu ritenuta una cellula della Patrioti Marsicani, dedita soprattutto alla propaganda antinazi-fascista e agli atti di sabotaggio. Il G.A.P. Aielli con a capo Carlo Piccone e la banda Ovindoli di Manfredo Santucci, operanti negli omonimi comuni, non ebbero dalla Commissione nessun riconoscimento, così come le bande Saetta, comandata da don Nazzareno Baroni e la banda Fontamara di Emilio Ferrante, operanti nel comune di Pescina.
Nella valle del Sangro furono attive: la banda Aldo di Loreto <4130, comandata prima da Aldo di Loreto <4131 e successivamente da Evaristo Di Julio, operò a Barrea, nella zona a ridosso della linea Gustav e quindi di grande importanza strategica. Ebbe prevalentemente funzioni di controllo del territorio; la banda Zona Alto Sangro di Ermanno Graziani e il Gruppo Alta Valle del Sangro di Domenico Alessandro Ursitti, operanti nello stesso territorio tra Civitella Alfedena, Villetta Barrea e Opi, non ottennero nessun riconoscimento. La banda Castel di Sangro, al comando di Aldo Murolo, ebbe la stessa risposta negativa dalla Commissione, mentre la banda Monte Rotella <4132, operante a Pescocostanzo e con a capo Salvatore Camamo, nonostante un numero esiguo di partigiani riconosciuti, riuscì ad ottenere un differente e positivo giudizio per l’ottenimento della qualifica.
Nella conca di Sulmona furono attive: la banda Conca di Sulmona <4133, appartenente al Raggruppamento Gran Sasso ed operativa a Sulmona e nella zona della valle Peligna <4134, fu la banda con più elementi attivi, oltre 1.150 tra partigiani e patrioti, se associamo a essa, oltre che ad una costellazione di gruppi, anche la banda Sciuba <4135-Ettore De Corti <4136 e la banda Pettorano sul Gizio <4137, con la quale strinsero fortissime connessioni. Le attività della banda spaziarono dal sabotaggio all’assistenza ai prigionieri, nonché ingaggiarono diversi conflitti a fuoco con il nemico; le bande Giovenco, con a capo Giovanni De Gasperis, operante ad Ortona dei Marsi, i Patrioti di Cocullo, comandata da Dario De Sanctis e Pieretto Risio e il Gruppo d’Azione G. Garibaldi di Prezza, che non ebbero nessun riconoscimento per la propria attività. Le bande Castelvecchio Subequo <4138, guidata da Ercolino Di Paolo ed attiva nell’omonimo comune e zone viciniori, il G.A.P. Aterno <4139 di Molina Aterno, con a capo Renato Giancola, facente parte del Raggruppamento Gran Sasso e la banda Santa Croce di Corfinio <4140 capeggiata da Aldo Di Ninno, che operarono in zone limitrofe, strinsero rapporti con la Conca di Sulmona e con la banda Popoli, e attuarono iniziative non solo di sabotaggio, ma anche di combattimenti contro i tedeschi. La banda Navelli <4141 di Emilio Marano e la banda Leandro Trolla <4142, comandata da Luigi Cucci, nel comune di Capestrano, furono attivi nelle zone dei relativi comuni distanti a pochi chilometri l’uno dall’altro. Strinsero contatti con la banda Giovanni Di Vincenzo e svolsero attività antinazifascista, di sabotaggio ed assistenza agli ex prigionieri di guerra. La banda Lupi del Gran Sasso che non ottenne nessun riconoscimento dalla Commissione.
Nella provincia di Chieti furono attive: la banda Palombaro <4143, formata da diversi gruppi, vide proprio nella carenza di unità e di direzione, la propria debolezza. La formazione non fu ispirata da nessuna corrente ideologica, operò nei comuni di Chieti, Palombaro, Roccamontepiano, Manoppello, Casalincontrada, Fara Filiorum Petri, Rapino e Palena, intrattenne rapporti con l’8a Armata e non ricevette nessun aiuto economico. Le bande Caraceni Ezio e Roccamontepiano, collegate alla Palombaro ed operanti nel comune omonimo, non furono riconosciute; la banda Trentino La Barba4144, facente parte del Raggruppamento Gran Sasso, fu attiva nel comune di Lanciano al comando di Amerigo Di Memmo Di Bucchianico e fu la formazione più numerosa della provincia e arrivò ad avere circa 500 unità tra partigiani e patrioti. Anche se l’attività della formazione fu breve, l’apporto dei combattenti fu fondamentale per la rivolta di Lanciano, in particolare per il coraggio e l’abnegazione di Trentino La Barba, a cui fu poi dedicata la banda, perché nonostante catturato e torturano, non rivelò mai i nomi dei suoi compagni; la banda Francavilla <4145 con a capo Carlo Barbero e Rocco Angelucci, si prodigò nel recupero di armi e nell’ottenere risorse finanziare che permisero ai componenti di affrontare la lotta armata contro il nemico sino al giugno ’44. La banda don Luigi Tollo <4146 che non ottenne il riconoscimento. La banda Rapino <4147, con a capo Erminio Costantini e il G.A.P. Caliari <4148, comandata da don Fausto Caliari, entrambe operanti nel comune di Rapino, ebbero all’attivo circa un centinaio tra partigiani e patrioti e operarono sostanzialmente per difendere il territorio e per fornire assistenza, in termini di armamenti e viveri agli elementi della banda Palombaro. La banda Monte Amaro <4149 di Civitella Messer Raimondo e la Grossi Pietro <4150 di Fara San Martino, furono attivi nei rispettivi comuni posti a pochi chilometri di distanza ed a ridosso della linea Gustav. Le due formazioni ebbero costanti contatti con gli alleati e concordarono in modo peculiare le azioni da effettuare; le restanti bande della provincia, la Fortunato, la Isaia, la Palombi Rinaldo e il Gruppo Allegri non ottennero dalla Commissione nessun riconoscimento di formazione partigiana.
Come già specificato per la provincia di Pescara è stata inserita nello studio solo la banda Popoli <4151 al comando di Natale Camarra, che lavorò in stretta connessione con le bande della provincia de L’Aquila, in particolare con la Patrioti Marsicani. Nella provincia di Campobasso, operò soltanto una banda riconosciuta, ossia quella di Giovanni Porfirio <4152 con all’attivo oltre 50 elementi. Il suo raggio d’azione spaziò anche nella zona della provincia de L’Aquila ed ebbe contatti soprattutto con i partigiani della zona del Sangro.
Dal punto di vista ideologico, alcune bande dichiararono esplicitamente il loro pensiero ispiratore <4153, altre si affermarono «di nessun colore politico», ma tutte accolsero al loro interno soggetti appartenenti ad aree di fede differente, riconoscendosi con un unico collante: l’anti-nazifascismo. Importante per l’epoca, anche la partecipazione femminile <4154, non dimenticando il ruolo che la società aveva loro relegato anche nella vita politica, ossia il non diritto al voto. Era il preludio alle successive evoluzioni politico-istituzionali, a iniziare dal pieno riconoscimento della vita pubblica, grazie al suffragio universale e all’importante partecipazione in occasione del referendum costituzionale del 2 giugno 1946.
Ad accumunare grossomodo tutte queste bande, pur con gli inevitabili distinguo, furono: un esordio precoce – nella maggior parte dei casi si formarono tra il settembre e l’ottobre 1943 – una costante mancanza di armamenti sufficienti a contrastare, almeno in parte, un nemico dalla preponderante forza militare (uomini, armi e mezzi); gli scarsi collegamenti con il C.L.N. romano che, anch’esso all’esordio, non riuscì immediatamente ad organizzarsi per supportare materialmente ed economicamente le già formate bande partigiane abruzzesi; la difficoltà di comunicazione con gli alleati e la conseguente mancanza di aiuti; un percorso esteso a tutto il periodo di occupazione nazifascista durato massimo nove mesi; una composizione caratterizzata per la presenza di militari sbandati <4155 che in alcuni casi ne furono anche capi e promotori; un carattere di stanzialità, operando nel distretto stesso in cui si costituirono, oppure nelle zone circostanti; un importante apporto dato dagli ex prigionieri stranieri liberati nei campi di concentramento che in molti casi invece di passare le linee nemiche, si unirono nelle varie bande partigiane.
In conclusione, trova piena conferma l’ipotesi di ricerca iniziale, secondo la quale una parte apprezzabile della lotta partigiana, soprattutto per quel che riguarda il Mezzogiorno d’Italia, non fosse stata mai pienamente messa in luce dalla storiografia nazionale. E molto lavoro di chiarificazione, approfondimento e distinzione resta ancora da compiere.
[NOTE]
4111 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 14/06/1943 al 13/06/1944. Tutti i riferimenti presenti in questa nota e in quelle successive sono stati dedotti dai documenti presenti nel fondo versato del Ministero della Difesa presso l’Archivio Centrale dello Stato, denominato Ricompart – Abruzzo.
4112 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 01/03/1944 al 13/06/1944.
4113 I cui componenti fecero parte del partito comunista, socialista, partito d’azione e partito della sinistra cristiana.
4114 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal settembre 1943 al giugno 1944. Il nome ricorda il caduto Giovanni Vicenzo, molisano di Sepino, morto nelle fila della banda il 5 maggio 1944, a cui per un errore, modificarono il nome.
4115 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 15/09/1943 al 13/06/1944. Il nome deriva dal gruppo montagnoso omonimo al confine tra l’Abruzzo e il Lazio, dove si svolse l’attività della banda.
4116 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 08/09/1943 al 13/06/1944.
4117 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 01/02/1944 al 13/06/1944.
4118 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 01/10/1943 al 13/06/1944.
4119 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 20/11/1943 al 11/06/1944. Operò nei comuni di Carsoli, Avezzano, Collelongo, Pescasseroli, Collarmele e Celano.
4120 Tra le sue fila annoveriamo anche Bruno Corbi e Ferdinando Amiconi entrambi e successivamente eletti deputati per il Partito Comunista.
4121 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 20/11/1943 al 11/06/1944. Il nome voluto dal comandante si rifaceva agli antichi bardi che insegnavano la libertà al popolo.
4122 La Liberty venne riconosciuta e la Tufo di Carsoli no.
4123 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 15/09/1943 al 10/06/1944. Il nome deriva dalla valle, al confine tra Abruzzo e Lazio, dove scorre il fiume Turano.
4124 Banda non riconosciuta.
4125 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 01/10/1943 al 10/06/1944.
4126 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 09/09/1943 al 10/06/1944. Deve il suo nome al partigiano caduto Francesco Ciavarella.
4127 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal settembre 1943 al giugno 1944.
4128 Banda non riconosciuta.
4129 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 08/09/1943 al 10/06/1944. Il suo nome fu ispirato dal capitano dell’antica Celano, zona in cui operò la banda.
4130 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 25/09/1943 al 16/06/1944.
4131 Venne fucilato dai tedeschi a Villetta Barrea il 12/11/1943 e da quel giorno la banda prese il suo nome.
4132 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 08/09/1943 al 10/06/1944.
4133 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 08/09/1943 al 10/06/1944.
4134 Anversa degli Abruzzi, Bagnaturo, Campo di Giove, Cansano, Introdacqua, Pietransieri, Pettorano sul Gizio, Bugnara, Marane, Pacentro, Raiano e Roccacasale.
4135 Enzo Sciuba fu il comandante della banda.
4136 Banda riconosciuta. Ettore De Corti fu un partigiano morto in combattimento tra le fila della banda il 21/10/1943.
4137 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 13/09/1943 al 10/06/1944.
4138 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 08/09/1943 al 10/06/1944.
4139 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 20/09/1943 al 16/06/1944.
4140 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 01/12/1943 al 12/06/1944.
4141 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 15/09/1943 al 10/06/1944.
4142 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 28/09/1943 al 10/06/1944. La banda fu dedicata al dodicenne Leandro Trolla di Capestrano, ucciso dai tedeschi mentre giocava con dei bossoli vuoti.
4143 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 08/09/1943 al 09/06/1944.
4144 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 14/09/1943 al 03/12/1944.
4145 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 12/09/1943 al 10/06/1944.
4146 Banda non riconosciuta ed operante nella vicina Tollo. Il nome deriverebbe con buona probabilità da Luigi Ivovic.
4147 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 20/09/1943 al 08/06/1944.
4148 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 08/09/1943 al 10/06/1944.
4149 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 12/09/1943 al 08/06/1944.
4150 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 12/12/1943 al 15/06/1944. Il nome della formazione fu dedicata al partigiano Grossi Pietro, caduto nelle fila della banda il 16 maggio 1944.
4151 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 08/09/1943 al 23/06/1944.
4152 Banda riconosciuta. Periodo di attività dal 13/09/1943 al 15/01/1944.
4153 Di cui 9 di derivazione comunista, una socialista, 2 vicine al Partito d’Azione, una «pluripartitica», ed una affine all’esperienza della Giovine Italia mazziniana.
4154 La presenza femminile nelle bande partigiane è stata del 4,6% rispetto agli uomini. Tra i patrioti la percentuale sale al 5,8%.
4155 Nella misura del 42,4% sul totale dei partigiani.
Fabrizio Nocera, Le bande partigiane lungo la linea Gustav. Abruzzo e Molise nelle carte del Ricompart, Tesi di Dottorato, Università degli Studi del Molise, Anno Accademico 2017-2018

Giovanni Porfirio – Fonte: primonumero

A Trivento, tra il ’43 e il ’44, ci fu una banda di partigiani riconosciuta dal Governo nel dopoguerra, che faceva capo a Giovanni Porfirio e a sua moglie Mary Neiman. Un gruppo di circa cinquanta persone che ebbe diversi conflitti a fuoco con i tedeschi contribuendo alla cacciata dal territorio molisano e nazionale nei pressi della ‘Linea Gustav’.
Episodi storici che sono stati raccontati e soprattutto studiati a lungo e in modo approfondito dal prof. dell’Unimol, Fabrizio Nocera, che ne ha fatto il suo argomento di tesi nel dottorato di ricerca conseguito proprio all’Università degli Studi del Molise. Il titolo è emblematico: ‘Le bande partigiane lungo la linea Gustav. Abruzzo e Molise nelle carte del Ricompart’. Un lavoro che gli è valso un doppio riconoscimento: l’ambito e prestigioso premio ‘Matteotti’ e il riconoscimento ‘Acqui Storia’. Il motivo? Eccolo spiegato: “L’autore, con il suo metodico e dettagliato lavoro di ricerca, ha focalizzato la sua tesi sull’attività partigiana in Abruzzo e Molise, un contributo alla valorizzazione del ruolo della Resistenza nel Sud Italia, tutt’oggi sottovalutato rispetto al Centro Nord”.
Bisogna dire che l’unico libro che ha trattato l’argomento è stato finora ‘E fu guerra in Molise’ di Ada Trombetta. Ma la precisione con cui Nocera parla di cosa successe in territorio molisano in quei tragici mesi è una novità assoluta. Come detto, quella di Giovanni Porfirio di Trivento fu l’unica banda partigiana riconosciuta, in quanto ebbe diversi scontri a fuoco con i tedeschi e rimase in vita oltre il limite dei tre mesi, stabilito dal Governo per il riconoscimento ufficiale.
Ma chi era Giovanni Porfirio e come fondò la banda? “Era un militante comunista di Trivento, appunto, schedato dai fascisti e dunque sotto la lente delle autorità locali – spiega Fabrizio Nocera –. Viaggiò molto: in America conobbe la polacca ebrea Mary Neiman, che poi divenne la sua compagna. I due si trasferirono per un periodo anche in Russia prima di tornare nel paese d’origine dove, dopo l’armistizio, decisero di fondare la banda”.
Giovanni Porfirio partigiano
Si combatteva in quei mesi del 1943 sui rilievi trignini e del chietino. Tra l’altro, la banda ‘Porfirio’ recitava un ruolo preciso e delicato: “Essendo Mary una quasi madrelingua inglese – prosegue Nocera – il loro compito principale divenne quello di agevolare la fuga dei prigionieri alleati che erano riusciti a evadere dai campi di concentramento per soldati prigionieri di Sulmona. Attraverso sentieri segreti e nascosti, riuscirono a portare in salvo circa 1500 soldati prigionieri”.
Un’attività del genere non poteva sfuggire ai tedeschi che presentarono il ‘conto’ al comandante dei Carabinieri di Trivento: “Se non ci consegnate Giovanni e la sua banda – minacciarono – prendiamo dieci giovani del paese e li fuciliamo”. Il comandante Cattari si recò a casa Porfirio, raccontando tutto a Mary, che gli rispose: “Non ti dirò mai dov’è Giovanni ma al suo posto prendi me”. Una frase che colpì così tanto il carabiniere da fargli prendere una decisione da vero patriota: si unì anche lui alla banda dei partigiani per combattere gli ‘invasori hitleriani’.
Franco de Santis, Partigiani in Molise: a Trivento unica banda riconosciuta, primonumero, 28 novembre 2020