La comunicazione dell’Eni ai tempi di Mattei

Fonte: archiviostorico.eni.com

La comunicazione è un elemento fondamentale e strategico per il settore industriale, così come per molti altri settori economici. Tale è stata (e lo ancora è) anche per l’Ente nazionale idrocarburi, fondato da Enrico Mattei nel 1953.
Il presidente dell’Eni non lesina mezzi e uomini per la realizzazione delle campagne pubblicitarie relative ai prodotti delle sue aziende.
Il volume [n.d.r.: cit. infra] di Elio Frescani completa il discorso che l’autore ha iniziato ne il precedente Il cane a sei zampe sullo schermo, dove analizzava la produzione cinematografica dell’Eni e dell’Agip dalle origini alla metà degli anni Sessanta. Questa volta l’autore si sofferma sulla comunicazione televisiva dell’azienda e del suo presidente e sulla produzione delle riviste aziendali, come a voler chiudere il cerchio relativo ai processi comunicativi ideati dall’Eni, che vedono in Mattei il principale ispiratore.
Dal lavoro di Frescani emerge che quella dell’Eni è una strategia comunicativa a 360 gradi, capace di servirsi di tutti gli strumenti all’epoca disponibili e di farne il migliore utilizzo per le proprie finalità.
Il primo presidente dell’Eni è consapevole dell’importanza della comunicazione delle sue attività e di quelle aziendali al fine di portarle a conoscenza non solo dei lavoratori del gruppo, ma anche all’esterno, verso i detrattori della sua opera. Apprende questo modus operandi dalle grandi compagnie petrolifere che dominano il mercato mondiale, le «Sette sorelle», e lo adatta alla sua azienda statale, bersagliata sia in Italia, dai privati e dai concorrenti economici, sia all’estero. L’obiettivo finale è presentare l’Eni come un partner valido e alla pari delle altre concorrenti.
L’operato dell’Eni è descritto come il motore del miracolo economico italiano e la relativa propaganda aderisce al contesto storico e sociale dell’epoca.
Il volume si sofferma sulla capacità non solo dell’azienda di essere al passo coi tempi attraverso le sue strategie pubblicitarie, ma anche dei prodotti e delle opere realizzate di essere una sorta di specchio dell’universo economico-sociale degli anni del miracolo e dei successivi. E lo fa attraverso l’analisi puntuale e dettagliata degli spot televisivi girati per la rubrica Carosello, andata in onda per un ventennio a partire dal 1957; delle interviste televisive al presidente dell’Eni e delle prime due riviste aziendali, i cosiddetti house organs: «Il Gatto Selvatico» (1955-1965) ed «Eni» (1968-1972).
Lo studio dei Caroselli permette di leggere l’evoluzione tecnologica dell’azienda e dei prodotti che produce, capaci di invadere il mercato e di condizionarne lo sviluppo, ma anche di scoprire la trasformazione di gusti e comportamenti sociali dei consumatori.
Il volume suggerisce che quella che è stata definita una «repubblica di consumatori», con l’allargamento del mercato di massa per diversi prodotti di consumo, deve in parte il suo sviluppo anche al lavoro dell’Eni.
Gli spot seguono i mutamenti sociali e a volte paiono leggere e anticipare il gusto dei telespettatori meglio di altri media. Certamente ciò avviene anche per la centralità che la televisione in questa fase guadagna nei processi di strutturazione, non solo del gusto, ma anche della mentalità, dei telespettatori.
L’analisi delle interviste, non molte in realtà, che Mattei concesse alla televisione e di cui resta traccia nelle Teche Rai, permette all’autore di arricchire la conoscenza dell’uomo che volle tenacemente conservare l’Agip subito dopo la guerra e farne la base per il futuro Ente di Stato. Dalle immagini e dalle parole delle interviste emerge la figura di un uomo certamente timido, come molti dei suoi collaboratori ricordano, ma pure di un manager forte e deciso, che aveva una visione lungimirante alla base del suo agire. La fiducia nel futuro che Mattei condivide con molti uomini della sua generazione lo porta a compiere scelte i cui effetti sono misurabili sulla lunga distanza, e spesso non trovano un ritorno immediato.
Anche per questo molte volte è fatto oggetto di attacchi da parte dei suoi avversari economici e politici. Mattei, però, si difende evidenziando che il suo operato è tutto rivolto al bene del Paese, di cui si sente servitore orgoglioso, e non al tornaconto personale. Anche la politica, che molti credono il suo fine principale, a lui non interessa. Quando viene attaccato dai giornalisti per le sue operazioni “spericolate” (contratti petroliferi con la Russia e con la Cina), Mattei mostra un carattere forte e combattivo. La sua difesa si basa sui vantaggi che derivano all’italia da quelle operazioni, sottolineando che il suo unico scopo è dare al Paese fonti di energia a basso costo, per garantirne l’indipendenza economica e quindi politica.
Tutti questi aspetti che affiorano dal volume di Frescani apportano un nuovo contributo alle conoscenze di un uomo all’epoca definito più importante del Presidente della Repubblica.
Di notevole interesse è, poi, lo studio delle due riviste interne. A dirigere la prima rivista aziendale, «Il Gatto Selvatico», fu chiamato il poeta Attilio Bertolucci. Già questo aspetto basta da solo a comprendere l’apertura mentale di Mattei, che, sebbene nato ai primi del Novecento e maturato sotto il regime fascista, dimostra una visione non provinciale della cultura e della sua funzione. Il direttore de «Il Gatto Selvatico» riceve carta bianca sui contenuti e sulla struttura del periodico, che riuscirà in pochi anni a far diventare una rivista di notevole spessore culturale e di enorme diffusione, non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche presso un pubblico più vasto.
Bertolucci chiama a collaborare al suo mensile tra i migliori giornalisti, scrittori e uomini di cultura in circolazione. Solo per fare qualche nome, vi scriveranno Carlo Emilio Gadda, Giorgio Caproni, Alfonso Gatto, Leonardo Sciascia, Filiberto Menna, Natalia Ginzburg, Anna Banti e Alberto Bevilacqua.
La rivista si occupa di molti temi di attualità analogamente ai rotocalchi che si vendevano allora nelle edicole. Il fatto che non fosse in vendita, in quanto era inviata a tutti i dipendenti delle aziende appartenenti al gruppo Eni, oltre che a personalità varie e istituzioni, permette a Bertolucci di farne un periodico di qualità.
Egli affida la scrittura dei pezzi a personalità competenti nei più disparati campi, sia tecnici sia umanistici, e prova anche a sperimentare nuove forme di giornalismo. «Il Gatto Selvatico» è stato uno dei pochi periodici dell’epoca in cui, anche se per poco tempo, cultura tecnica e cultura umanistica vanno a braccetto. Come fu per «il Politecnico» di Vittorini, per una breve stagione testimone dell’abbraccio tra industria e cultura.
Dopo la morte di Mattei, però, ricorda il direttore, le cose cambiarono ed egli fu costretto a dimettersi, perché stava cambiando anche il corso della storia dell’azienda.
Quello che non muta, però, è l’impegno economico nel settore della comunicazione che resta fondamentale pure per i successori di Mattei e che continua fino a oggi.
Dopo qualche anno nasce un nuovo periodico che si chiama semplicemente «Eni». Avrà vita breve, ma tenterà di seguire le orme del fratello maggiore e di essere in sintonia con i tempi. Ci riuscirà anche in parte, ma rappresenterà solo un
breve intermezzo rispetto alla nascita di un’ulteriore rivista, «Ecos», che raccoglierà completamente l’eredità de «Il Gatto Selvatico» e durerà per trent’anni, raccontando la vicenda aziendale fino alle soglie del Ventunesimo secolo […]
Mariangela Palmieri, Elio Frescani, Energia, cultura e comunicazione. Storia e politica dell’Eni fra stampa e televisione (1955-1976), Mimesis, Milano-Udine 2020, p. 168, Giornale di Storia Contemporanea, XXIV, n.s., 2, 2020

Nella celebrazione dei cinquant’anni dalla morte di Enrico Mattei è stato raccontato soprattutto (e giustamente) il grande imprenditore-politico. Bisognerebbe ricordare come l’industriale sia riuscito a vedere «oltre» anche in ambito culturale, convinto che la modernizzazione non poteva (non può) essere solo sviluppo economico. Prima della nascita del Giorno, nel 1955 Mattei volle avviare un laboratorio culturale interessato certo all’autopromozione ma anche generosamente aperto alla sperimentazione nel rapporto tra intellettuali e le maestranze per lo più incolte dell’Eni. La sfida era affidata al mensile Il gatto selvatico, la cui direzione fu affidata al poeta Attilio Bertolucci. Non sarà mai eccessivo rievocare la storia e il ruolo dei tanti periodici aziendali che, nel dopoguerra, furono espressione di un ambizioso progetto socio-culturale inteso a orientare il lettore (lavoratore e consumatore) dentro la nuova società urbana.
Era, ovviamente, un Paese molto diverso da quello attuale, l’Italia della ricostruzione e del boom, delle grandi speranze che si lasciavano alle spalle le miserie contadine del passato. Bertolucci rivendicò un’idea tutt’altro che elitaria, volle fare della rivista un luogo di divulgazione e di intrattenimento che guardasse al presente e al futuro, e chiamò a raccolta scrittori, critici e giornalisti, vecchi e giovani, perché raccontassero a loro modo il paesaggio (anche umano) che cambiava: molti nomi erano già noti (da Gadda a Bassani), altri erano agli esordi e avrebbero trovato spazio, dall’anno dopo, anche nel Giorno. Vennero pubblicati ampi reportage di viaggio dalle periferie e dalle città, rubriche sulla villeggiatura, sulla moda, sulla cucina, sul cinema, sulla tv degli albori, sui fumetti, sullo sport, sulla canzone, consigli sulla spesa, sulle novità linguistiche, sulla salute, sulle tecnologie. È vero che non sempre l’accostamento tra le due culture (umanistica e tecnico-scientifica) trovò una sintesi adeguata, non sempre i linguaggi convivevano in armonia, non sempre gli scrittori si dimostrarono all’altezza della sfida. Senza dimenticare il fastidioso paternalismo sull’azienda come «grande famiglia».[…]
Paolo Di Stefano, «Il gatto selvatico» nel sacco di Mattei, Corriere della Sera, 6 novembre 2012

Lo stesso Bertolucci avrebbe ricordato qualche anno più tardi il primo incontro con Mattei per progettare l’idea della rivista [“Il Gatto Selvatico”]: “… ricordo benissimo l’incontro con Enrico Mattei, in via del Tritone dove allora c’era la sede dell’Agip. Si è cominciato a parlare dell’impostazione, di come si doveva fare. C’erano dei precedenti. Io mi ero un po’ informato e avevo portato, proprio come esempio da non seguire, quello che faceva una grande compagnia petrolifera, la quale realizzava una rivista molto elegante con tre o quattro pezzi complessivamente che parlavano di tutto fuor che di petrolio, valida per le pubbliche relazioni oppure da portare in salotto, destinata alla gente esterna al gruppo. Era destinata soprattutto, non so, ai politici, per quello che sono le pubbliche relazioni. La stessa società faceva un bollettino non illustrato, piuttosto misero, squallido che, invece, andava diffuso ampiamente a tutti i lavoratori, agli impiegati e agli operai. “No!” – Mattei è stato molto preciso – ‘Il giornale che faremo noi deve essere lo stesso, democraticamente possibile, cioè leggibile, dal Presidente della Repubblica al più lontano dei nostri perforatori, anche fuori d’Italia’ ” <5.
“Gatto selvatico” era la traduzione del termine inglese wildcat con cui venivano indicati il pozzo esplorativo e, per metonimia, i ricercatori di petrolio <6.
La creazione della rivista aziendale rientrava in una più generale strategia di comunicazione intrapresa da Mattei fin dai tempi dell’Agip, nell’immediato dopoguerra, e poi soprattutto a partire dal 1952 – nell’imminenza dell’approvazione della legge sull’istituzione dell’Eni e in coincidenza con l’inizio dello sfruttamento del giacimento di Cortemaggiore – e in cui rientravano la ricerca di un marchio identificativo (nello stesso 1952 venne adottato, in seguito ad un concorso, il marchio del cane a sei zampe destinato a segnare la lunga storia dell’Eni), il rinnovo degli impianti di rifornimento sempre a partire dal 1952, la creazione di un moderno Servizio studi (1957) affidato alla direzione di Giorgio Fuà.
Erano del resto alcune caratteristiche proprie dell’industria petrolifera a renderla tradizionalmente sensibile ai temi della comunicazione, dovendo più di altre rafforzare la propria immagine pubblica sia nei confronti degli interlocutori esterni (la necessità di grandi investimenti anticipati e quella di ottenere concessioni per l’utilizzo di risorse demaniali, nonché la dimensione multinazionale la rendevano particolarmente legata agli orientamenti della classe politica e dell’opinione pubblica) che di quelli interni (la necessità di conoscenze specialistiche e le difficili condizioni di lavoro rendevano necessaria una continua azione di legittimazione interna) <7.
L’obiettivo del mensile doveva essere quello di “cementare intorno all’Eni, nel momento espansivo, uomini e famiglie, cui si dovevano dare orgoglio e il senso di un’identità e di un’appartenenza”. Nell’intento di mantenere l’“equilibrio perfetto tra prettamente aziendale e variamente divulgativo” la rivista unì alle rubriche culturali (arte, cinema, teatro, letteratura, scienza, tecnologia) servizi di attualità, una rubrica sui palinsesti Rai, articoli leggeri (costume, moda, sport, gossip) e altri di carattere pratico, istruzioni per la vita quotidiana. Alla rivista collaborarono nomi noti ma anche giovani emergenti destinati poi a fare carriera nei grandi quotidiani e settimanali nazionali, oltre a firme importanti della narrativa contemporanea. Solo per fare alcuni nomi: Anna Banti, Giorgio Bassani, Alberto Bevilacqua, Giorgio Caproni, Carlo Cassola, Giovanni Comisso, Carlo Emilio Gadda, Natalia Ginzburg, Leonardo Sciascia, Mario Soldati <8.
La rivista ebbe una vita relativamente breve. Le pubblicazioni terminarono nel dicembre del 1964, probabilmente sulla scia della mutata gestione aziendale e della diversa strategia d’impresa introdotte dalla nuova gestione Cefis, dopo la scomparsa prematura di Mattei.
[…] “Il Gatto Selvatico” nasce dunque per rispondere a tre grandi esigenze avvertite con estrema chiarezza dalla dirigenza Eni: coltivare ed indirizzare il sentimento di appartenenza all’azienda, valorizzare il carattere storico dell’impresa e (soprattutto) definire ed inquadrare il carattere istituzionale dell’Eni e la sua strategia aziendale all’interno del quadro nazionale e internazionale <9. Ed è appunto con riguardo a quest’ultimo aspetto che si inserisce l’attenzione riservata alla politica terzomondista dell’azienda, ed in particolare alla politica nei confronti del continente africano.
Racconta Marcello Colitti, che ha a lungo lavorato all’Eni, che il progetto di Mattei di sviluppo dell’Africa poté inizialmente avvantaggiarsi di un sostanziale disinteresse da parte della grandi multinazionali, che non credevano nello sviluppo economico del continente e quindi non lo ritenevano luogo privilegiato di investimento. Da qui l’illuminazione di Mattei di fare di questa debolezza un punto di forza, con la creazione di un sistema africano di raffinazione basato su compagnie miste tra Eni e governi locali. Dal racconto di Colitti emergono aspetti interessanti sul modus agendi di Mattei, anche nel suo rapporto con il continente africano: “eravamo molto ignoranti – confessa Colitti – e cercammo di rimediare sapendone di più […] In poco tempo fummo in grado di produrre un vero e proprio bollettino di notizie, al quale contribuivano tutti i rappresentanti dell’Eni e delle sue società nel continente […] Fino a che durò, potevamo dire di essere informati dell’Africa più di chiunque altro, tanto da essere utilizzati quasi quotidianamente dal ministero degli Esteri come fonte privilegiata e tempestiva d’informazione” <10.
La strategia industriale a lungo termine progettata da Mattei per l’Africa era destinata, per stessa ammissione di Colitti, a fallire, per cause intrinseche ed estrinseche al progetto stesso, non ultime quelle legate agli avvicendamenti ai vertici Eni, e forse ad una latente ingenuità in alcune valutazioni dello stesso Mattei. Eppure, l’idea del presidente dell’Eni rimane uno dei pochi progetti di sviluppo per il continente africano basati su programmi di collaborazione tecnico-economica come alternativa allo sfruttamento coloniale o alla vendita di armi.
Non è un caso che gli articoli su questi aspetti della politica aziendale inizino ad occupare le pagine della rivista soprattutto a partire dal 1957. L’anno precedente aveva visto i primi importanti successi della lotta anticoloniale con l’indipendenza di Marocco e Tunisia. L’espansione africana di Mattei andava dunque a sovrapporsi al processo di indipendenza del continente africano, e questo in qualche modo sottolineò la valenza di tale azione, intrapresa come detto attraverso accordi diretti con i nuovi governi.
Gli articoli narravano le condizioni dei lavoratori negli impianti africani in Marocco, in Algeria, in Tunisia, in Egitto, in Ghana, in Nigeria, in Tanganika. Ma nel momento in cui esaltavano il coraggio e lo spirito di abnegazione, nonché le competenze tecniche degli uomini Eni, gli articoli erano sempre anche l’occasione per tracciare affreschi dei paesi africani di recente indipendenza, da cui ben emergeva la visione anticolonialista del gruppo imprenditoriale.[…]
[NOTE]
5 Si tratta di un’intervista del 1989 riportata recentemente da “Il Sole 24 Ore”. Cfr. A. BERTOLUCCI, Così ho addomesticato il Gatto, in “Il Sole 24 Ore”, 4 settembre 2011 (Dall’Archivio Storico Eni, 28 gennaio 1989).
6 Cfr. P. DI STEFANO, Prefazione, in Viaggio in Italia. Un ritratto del paese nei racconti del “Gatto Selvatico” (1955-1964), Milano, Rizzoli, 2011, pp. 7-27.
7 Cfr. D. POZZI, Molti nemici molto onore? Le strategie di comunicazione dell’Eni di Enrico Mattei, in Comunicare l’impresa cit., pp. 193-225.
8 Cfr. P. DI STEFANO, Prefazione cit.
9 Cfr. C. CORDUAS, Impresa e cultura. L’utopia dell’Eni, Milano, Bruno Mondadori, 2006.
10 M. COLITTI, ENI. Cronache dall’interno di un’azienda, Milano, Egea, 2008, pp. 130-140.
Eleonora Belloni, L’Eni e il Terzo Mondo. L’anticolonialismo di Enrico Mattei nelle pagine de “Il Gatto Selvatico”, PROGRESSUS, Rivista di storia, Anno I, n. 2, dicembre 2014, Università di Siena

Concludiamo oggi, ringraziando l’autrice per la grande disponibilità e l’approfondita qualità dell’opera messa a nostra disposizione, il dossier di Sveva Bertini sulla figura di Enrico Mattei e sul ruolo politico, economico e sociale dell’Eni nell’Italia della ricostruzione. Oggi parliamo della macchina del “consenso” di cui Mattei, tra mondo politico e opinione pubblica, seppe fare uso per rafforzare il sostegno alle sue scelte strategiche.
In un contesto caratterizzato dalla forte opposizione delle élite politiche nazionali e internazionali, le nuove prospettive di Mattei necessitavano la costruzione di un supporto “dal basso”, di una sorta di “affezione popolare e borghese” all’azienda di Stato e nulla poteva essere miglior veicolo di diffusione di un giornale.
Registrata inizialmente come Società editrice lombarda, la testata giornalistica fondata da Gaetano Baldacci (giornalista del Corriere della Sera), dall’editore Cino Del Duca e da Mattei aveva un capitale sociale di un milione di lire, in seguito aumentato a cento milioni, di cui il 49% sottoscritto da Bruno Giussani, commercialista milanese che rappresentava la quota di Enrico Mattei. Tuttavia, si dovettero aspettare sei mesi perché, dalla sede milanese, il 21 aprile 1956 uscissero le prime copie di un quotidiano chiamato “Il Giorno”.[1]
Gli editori de “Il Giorno” guardavano alla stampa europea, in particolare a formati innovativi come quello del “Daily Express” di Londra, e miravano “sfidare l’egemonia milanese del “Corriere della Sera”.[2] A partire dalle scelte grafiche e in particolare attraverso la penna dei suoi giornalisti, il nuovo quotidiano si fece tramite di una politica orientata al centro-sinistra, cercando di limare il tabù rappresentato dall’apertura ai socialisti; tuttavia, la linea di più radicale cambiamento, rispetto alla stampa corrente, fu l’indipendenza dal governo in materia di politica estera e la critica anti-americana sia in relazione allo scenario internazionale, sia per quanto riguardava l’azione delle multinazionali statunitensi in Italia.
[…] Le strategie comunicative di Mattei, però, non si fermarono alla carta stampata, ma fin da subito conquistarono il piccolo ed il grande schermo.
Pubblicità televisive del cane a sei zampe e sketch dell’Eni con Dario Fo e Franca Rame durante il Carosello erano ormai parte della quotidianità degli italiani. Tuttavia, un momento chiave fu la sera 12 aprile 1961 in cui, in un’intervista Rai[5] in cui avrebbe dovuto essere spiegato il funzionamento dell’Eni e divulgati i nuovi ritrovamenti di idrocarburi in Lucania, Abruzzo e in Sicilia, Mattei fa breccia nel cuore di molti italiani entrando nelle loro case con una parabola semplice ma potente nel suo significato. Egli, infatti, paragonò l’Italia ad un gattino a cui venne impedito l’accesso alla ciotola del cibo da una zampata di un grosso cane affamato, in seguito alla quale morì. Il grosso cane rappresentava gli interessi dei colossi del petrolio anglo-americani, oppressori dell’Italia che voleva ricostruire ed uscire dalla povertà con la via dello sviluppo economico.
[…] L’Eni e l’Italia, come il gattino, sono stati osteggiati in tutti i modi dagli “ingordi” e potenti cani delle Sette sorelle, ma ora, nella visione di Mattei, erano forti, dopo essersi costruiti uno spazio indipendente: in poche parole l’Italia del boom economico era passata da essere gattino indifeso a cane a sei zampe.[6]
Ed è anche con il cinema che l’immagine del “fido” cane dell’Eni entra nell’immaginario collettivo dell’Italia. In molte pellicole, la stazione dell’Agip con i suoi cartelloni pubblicitari diventa quasi parte del paesaggio, come si può notare nel film “Il sorpasso”, in cui il simbolo dell’azienda petrolifera è una costante lungo tutto il percorso dei due protagonisti. Tuttavia, l’azione dell’Eni nel cinema non si ferma alla mera “pubblicità indiretta”, ma si fa produttrice di un tipo particolare di film, il tecnofilm, che iniziava ad andare in voga in Italia, grazie all’European Recovery Program e a svariate iniziative della Presidenza del Consiglio per pubblicizzare la crescita italiana del Dopoguerra all’estero.
[…] Enrico Mattei viene spesso descritto come un uomo determinato, un manager pubblico che, però, è anche tecnico e politico allo stesso tempo, un principe moderno del petrolio il cui fine, non il proprio interesse particolare, ma un’idea di potenza e coesione statale, giustifica una varia quantità di mezzi che vanno, appunto, dal controllo della stampa, della pubblicità, del cinema, alla corruzione.
Seppur non ci siano prove certe di questa attitudine del Presidente dell’Eni, Guido Carli riferisce:
“Era un ossesso, un invasato […] pervaso da spirito anticapitalistico, contrario alla concorrenza […]. Non faceva mistero della sua opera di corruzione.”[8]
Mentre Maugeri riporta la sua nomea di “corruttore incorruttibile” e di “primo artefice della corruzione di Stato” presso la stampa dell’epoca. Anche i servizi segreti americani dipingevano Mattei come segmento centrale di un ingranaggio di rete corruttiva, iniziato con lo sfruttamento dei fondi neri del metano e sfociato nello sfuggente sistema di finanziamento di partiti. […]
[NOTE]
[1] Mauro Forno, Un «sorvegliato speciale»: «Il Giorno» di Mattei nelle carte degli informatori di polizia, Contemporanea, Vol. 16, No. 2 (aprile-giugno 2013), pp. 261-264.
[2] Ibidem.
[5] Mattei 50 anni dopo, 1962-2012, Rivista italiana del petrolio, giugno 2012, pp. 52-53, Roma.
[8] Alessandro Aresu, Enrico Mattei, una figura di manager pubblico, Rivista italiana di Public Management, Vol. 3, No. 1, 2020, pp. 47-49.
Sveva Bertini, Stampa, cinema, pubblicità: l’Eni di Mattei e la costruzione del consenso, osservatorioglobalizzazione.it, 19 febbraio 2021

[…] Domenica 3 febbraio 1957, alle ore 20.50 si apre il sipario del primo Carosello, composto di quattro cortometraggi[3]. Inizia l’era della pubblicità televisiva anche in Italia.
All’Eni[4] da subito si decide di reclamizzare i prodotti nella rubrica televisiva, come fanno Shell[5] ed Esso[6]. Gli spot per Carosello rientrano nella più ampia strategia di comunicazione aziendale iniziata nel 1953 con la nascita del logo del cane nero a sei zampe, che include la cartellonistica stradale, la pubblicità su quotidiani, riviste e radio, la rivista aziendale Il Gatto Selvatico[7], Il Giorno e la produzione dei documentari[8]. Enrico Mattei comprende appieno le potenzialità della televisione come strumento per la diffusione dei messaggi pubblicitari e non esita a dare il suo consenso ai Caroselli, le cui sceneggiature vedeva e approvava egli stesso, ricorda il regista Alfredo Angeli[9]. Qualcuno dice che il presidente non preferiva i cartoni animati per pubblicizzare i prodotti petroliferi[10], ma per la pubblicità del detersivo Super Trim, prodotto dall’Agip, il disegno animato Angelino della Paul Film sarà uno dei maggiori successi[11], oltre che il primo cartone animato, assieme all’omino Bialetti, ad andare in onda nel 1958[12]. Lo dimostra anche la longevità della serie dei caroselli del «sapone per bucato Supertrim», nata nel 1957 e durata fino al 1965[13].
Durante i vent’anni di carosello l’Eni produce diverse serie di scenette, dal vivo o di animazione, ingaggiando personaggi dello spettacolo cinematografico e televisivo, dello sport e del varietà. Dalle ricerche effettuate negli archivi aziendali e in quelle delle società di produzione si sono ritrovate circa quaranta scenette per Carosello, alcune delle quali in copia unica, ma di certo vi saranno state altre copie delle serie che, per regolamento, dovevano cambiare di continuo. In genere si giravano diverse varianti dello stesso carosello. L’intervento esamina i caroselli girati dalla nascita della trasmissione fino al 1967. Un decennio che racchiude in pieno gli anni del miracolo[14], in cui avvengono sostanziali cambiamenti nell’economia italiana, mutamenti che si riflettono in forme e modi diversi nella società, alterando radicalmente molti aspetti consolidati da tradizioni secolari. Proveremo a leggere tra le righe degli intermezzi pubblicitari televisivi il modo in cui il mutamento della mentalità viene rappresentato e come la stessa azienda si mostra artefice e interprete di tali cambiamenti e li presenta ai telespettatori. Tutto ciò senza dimenticare che si tratta di opere pubblicitarie, con un punto di vista ben determinato e nate con il preciso scopo di reclamizzare un prodotto.
L’archivio aziendale dell’Eni ha recuperato e censito circa sessanta filmati tra caroselli e spot per il cinema nel decennio in esame. Dei caroselli si occupa l’Ufficio Pubblicità il cui responsabile è Leonardo Sinisgalli, chiamato da Mattei nel 1958 per occuparsi della pubblicità dell’Agip. Sinisgalli vi rimarrà fino al maggio del 1961, quando verrà sostituito da Manlio Magini[15], che racconta di aver inventato nuovi slogan per il rilancio commerciale dell’Azienda[16]. Dal gennaio 1961 l’ufficio è alle dirette dipendenze del «Servizio Relazioni Pubbliche, Studi Economici e Stampa» coordinato da Giorgio Ruffolo e i suoi compiti sono quelli di «Assicurare la rispondenza dei programmi pubblicitari alle esigenze del Gruppo e alle necessità operative, curando l’impostazione e l’attuazione dei programmi pubblicitari tramite stampa, radio, televisione e cinema, fiere e mostre, manifestazioni pubblicitarie, cartellonistica stradale, oggetti e pubblicazioni di propaganda, deplianti [sic], calendari, carte automobilistiche ecc. […]»[17]. A metà degli anni Sessanta il Servizio Relazioni Pubbliche, coordinato da Franco Briatico, che si occupa della programmazione pubblicitaria dei prodotti di tutte le aziende del Gruppo Eni, afferma di prendere considerazione anche le altre forme di reclame per i prodotti più diffusi sul mercato, per contrastare le vendite delle aziende concorrenti, ma accanto alla pubblicità sulla stampa che viene considerata ancora «il veicolo principe»[18]. Sembra quasi un’ammissione di minore importanza della pubblicità televisiva, o probabilmente è solo la rivendicazione di priorità per il proprio ambito lavorativo. Resta il fatto che gli investimenti per i caroselli non mancano e se ne produrranno per vent’anni. I primi cortometraggi risalgono all’anno di nascita di Carosello. I prodotti da reclamizzare sono la benzina, l’olio per motori e i detersivi prodotti dalle aziende petrolchimiche dell’Agip. Dalle pagine del Radiocorriere Tv dedicate alla programmazione televisiva si ricava lo schema e i tempi della messa in onda della prima serie dei caroselli Agip, in quanto nel palinsesto viene riportata la scaletta di Carosello, in seguito anche il produttore.
Nella prima serie i protagonisti sono Dario Fo e Franca Rame, chiamati a reclamizzare l’Agipgas. Si intitola Dramma coniugale in Via del Cavallone e va in onda otto volte a distanza di otto giorni, con posizione variabile dalla prima alla quarta, dall’undici luglio al cinque settembre 1957[19]. Questo lo schema di massima che in seguito subirà minime variazioni. La seconda serie del 1957 pubblicizza l’olio per motori Energol: Cinegiornali di tempi passati. Nel finale compare una donna appoggiata a un’auto e lo slogan: «Che meraviglia, con una piccola spesa difendo un grande capitale» che si trova anche sulla carta stampata, come si rileva ne L’Espresso di marzo[20]. Una strategia precisa di advertising. Sul Radiocorriere Tv sono registrati sette passaggi tra l’11 settembre e il 12 novembre del 1957[21]. Tra luglio e agosto 1958 va in onda il carosello I rivali che reclamizza la miscela Mas (Miscela Agip Super)[22], girato dallo jugoslavo Liubo Crt, «esperto di pupazzi», da un’idea dello scrittore Luigi Malerba che ne è anche soggettista e produttore[23]. Il codino con scene dal vero mostra motociclisti che fanno rifornimento. Allo stesso anno risale lo sketch dell’olio Energol e della Supercortemaggiore con disegni animati e modelli meccanici, prodotta dalla Incom e intitolata I segreti del motore, con regia di Vittorio Carpignano[24]. Ricorda molto i primi film documentari aziendali, molti dei quali avevano una funzione didattica e illustravano le fasi del lavoro con dovizia di particolari tecnici[25]. In rete si trova una versione che mostra un motore vero con pistoni animati[26] sullo stesso stile del documentario Servizio nelle stazioni di rifornimento (1955), un cartone animato che illustra la corretta gestione di una stazione di rifornimento. Nello stesso anno Luciano Emmer dirige Dario Fo nella serie I gangster di cui abbiamo due caroselli Il sarto di classe e La cassaforte («Corro di più e consumo di meno»). Anche in questo caso lo slogan è ripreso dalla carta stampata di qualche anno prima, infatti si trova su Oggi e L’Espresso del 1956 e del 1957[27]. È la sinergia tra le varie forme di propaganda che gli uffici armonizzano per ottenere maggiori risultati in termini di diffusione. Allo stesso 1958 risale una serie di caroselli per la benzina girata da Giulio Briani (che aveva già diretto il documentario 3000 metri sotto il suolo nel 1950[28]) dal titolo Causa ed effetto, di cui era anche sceneggiatore, ma non ne abbiamo traccia finora[29]. Esistono anche spot che reclamizzano la margarina Flavina, con la regia di Carpignano su sceneggiatura di Dario Fo, interpretati da Fo, Franca Rame e Giacomo Furia, dal titolo La storia si ripete[30]. […]
[NOTE]
[3] P. Dorfles, Carosello, il Mulino, Bologna 1998, pp. 7-8; L. Ballio, A. Zanacchi, Carosello story, cit., pp. 65 ss.
[4] La bibliografia sull’Eni e Mattei è vasta. Tra i lavori più recenti N. Perrone, Enrico Mattei, il Mulino, Bologna 20122; D. Pozzi, Dai gatti selvaggi al cane a sei zampe. Tecnologia, conoscenza e organizzazione nell’Agip e nell’Eni di Enrico Mattei, Marsilio, Venezia 2009.
[5] M. Giusti, Il grande libro di Carosello. E adesso tutti a nanna…, Frassinelli, Milano 2004, pp. 516-519.
[6] Ivi, pp. 219-221.
[7] E. Frescani, «Una rivista per tutti. Il Gatto Selvatico di Attilio Bertolucci nell’Eni di Enrico Mattei», in Memoria e Ricerca, n. 1, 2016, pp. 161-179.
[8] Id., Il cane a sei zampe sullo schermo. La produzione cinematografica dell’Eni di Enrico Mattei, Liguori, Napoli 2014.
[9] M. Giusti, Il grande libro di Carosello, cit., p. 30.
[10] G. Croce (a cura di), Tutto il meglio di Carosello. 1957-1977, Einaudi, Torino 2008, p. 45.
[11] P. Ambrosino, D. Cimorelli, M. Giusti, a cura di, Carosello. Non è vero che tutto fa brodo. 1957-1977, Silvana editoriale, Cinisello Balsamo 1996, p. 92. L. Ballio, A. Zanacchi, Carosello story, cit., p. 96.
[12] P. Ambrosino, D. Cimorelli, M. Giusti, Carosello. Non è vero che tutto fa brodo, cit., p. 155.
[13] M. Giusti, Il grande libro di Carosello, cit., pp. 33-34.
[14] A. Cardini, a cura di, Il miracolo economico italiano (1958-1963), il Mulino, Bologna 2006.
[15] M. Magini, Mattei, l’immagine e la pubblicità, in F. Venanzi, M. Faggiani, a cura di, Eni un’autobiografia. La storia di una grande impresa raccontata dagli uomini di Enrico Mattei, Sperling & Kupfer, Milano 1994, p. 204.
[16] Intervista ing. Magini, 19 novembre 1986, pp. 20 ss, in Archivio Storico Eni (in seguito ASE), Fonti orali.
[17] Ordine di servizio n. 99, 13 gennaio 1961, in ASE, b. 45, f. 2CCO.
[18] F. Briatico, Promemoria per il vice presidente. Problemi della programmazione pubblicitaria, 28 settembre 1965, in ASE, b. 277, f. 46DA.
[19] Cfr. Radiocorriere Tv, 11 luglio p. 40, 19 luglio p. 43, 27 luglio p. 46, 4 agosto p. 28, 12 agosto p. 31, 20 agosto p. 34, 28 agosto p. 37, 5 settembre p. 40.
[20] Pubblicità Energol, in L’Espresso, n. 11, 17 marzo 1957, p. 13 e n. 12, 24 marzo 1957, p. 10.
[21] Cfr. i palinsesti del Radiocorriere Tv.
[22] Cfr. in Radiocorriere tv del 10, 18 e 26 luglio 1958 e del 3 e 11 agosto 1958, rispettivamente pp. 40, 43, 46, 28, 31.
[23] M. Giusti, Il grande libro di Carosello, cit., p. 35.
[24] Ivi, p. 30.
[25] E. Frescani, Il cane a sei zampe sullo schermo, cit., p. 17.
[26] https://www.youtube.com/watch?v=mNEc8pczgo0 (4 aprile 2016).
[27] Pubblicità Supercortemaggiore, in Oggi, n. 20, 17 maggio 1956, p. 44; in L’Espresso, n. 24, 10 giugno 1956, p. 10. E poi l’anno successivo, es. in L’Espresso, n. 19, 12 maggio 1957, p. 14; n. 21, 26 maggio 1957, p. 10 e n. 26, 30 giugno 1957, p. 12. In Oggi, n. 28, 18 luglio 1957, p. 56; n. 33, 15 agosto 1957, p. 56; n. 35, 5 settembre 1957, p. 56.
[28] Cfr. E. Frescani, Il cane a sei zampe sullo schermo, cit., p. 149.
[29] M. Giusti, Il grande libro di Carosello, cit., p. 30.
[30] Ivi, p. 35. Un carosello all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=JlEZcs0giAg (4 aprile 2017).
Elio Frescani, Il miracolo economico nei Caroselli dell’Eni (1957-1967), OS Officina della Storia, 17 ottobre 2017