La questione del confine orientale nonostante fosse una questione marginale nel grande progetto di ristrutturazione democratica e di riacquisto del prestigio internazionale dell’Italia, assunse comunque molto rilievo nello scontro ideologico tra le democrazie occidentali e i regimi comunisti orientali.
La crisi giuliana fu un banco di prova tra gli anglo-americani e i sovietici. In un territorio liberato dalla dittatura nazista si erano riversati tutti i disequilibri delle diverse mentalità: l’una liberal democratica e l’altra comunista. Su un terreno come quello giuliano lo scontro lasciò cicatrici che iniziarono a fare infezione una volta che l’URSS si era ritirata dalla disputa in seguito alla rottura tra Stalin e Tito. Gli USA, nel loro disegno internazionale di politica di contenimento del comunismo voluta da Truman, si trovarono con una questione ancor più scottante, vista la funzione che avrebbe potuto ricoprire la Jugoslavia una volta uscita dal Cominform <43.
Dopo la firma del trattato di pace, l’Italia dovette affrontare una riedificazione sia a livello di politica internazionale che di politica interna. Fu un momento cruciale in cui i nuovi partiti di massa, antagonisti del fascismo, avrebbero dovuto conquistare una nuova base elettorale che rappresentasse le fondamenta per la neonata Repubblica. Il Presidente del Consiglio Alcide Degasperi cercò di utilizzare lo strumento della politica estera per influenzare la politica interna. In quest’ottica uno degli obiettivi principali della politica degasperiana fu il continuo impegno a recuperare lo status di potenza internazionale che l’Italia aveva perso dopo il ventennio fascista; quell’autonomia privata che era mancata da dopo l’armistizio del 1943.
La questione della Venezia Giulia diventò uno strumento nelle mani del governo italiano. I grandi partiti di massa cercarono di legare le loro posizioni politiche alle forze in campo sul confine orientale. Proprio per l’unicità della questione, lo scontro ideologico presente in una porzione di terra così piccola permetteva di riversare sull’opinione pubblica le battaglie internazionali che si combattevano nella Venezia Giulia. Momenti salienti di questa commistione furono le elezioni politiche italiane dell’aprile 1948, la nota tripartita del marzo precedente e le elezioni amministrative a Trieste nel 1949. Degasperi «ebbe la consapevolezza della centralità del nesso tra politica estera/politica interna […] e capacità di cogliere con sufficiente prontezza i radicali mutamenti delle coordinate internazionali del dopoguerra» <44.
Un momento di cambiamento nella condizione italiana si ebbe con la firma del trattato di pace, che definì la situazione dell’Italia e di tutti gli altri paesi. Il trattato firmato da Antonio Meli Lupi di Soragna <45 il 10 febbraio 1947, ai sensi dell’art. 90 dello stesso, entrò formalmente in vigore all’atto del deposito simultaneo delle ratifiche dei quattro grandi (USA, URSS, Gran Bretagna e Francia) e dell’Italia, avvenuto al Ministero degli Esteri francese il 15 settembre 1947. Nell’autunno del 1947 la situazione internazionale fu chiara e l’Italia poté cominciare a programmare una ripresa economica, sociale e di riconquista del prestigio perduto con la sconfitta subita nella Seconda guerra mondiale. Fino alla piena operatività del trattato la politica seguita dagli stati alleati, in particolare da Washington, fu quella della solidarietà del tempo di guerra, sostenuta da Byrnes <46. «E’ in questo intersecarsi di una logica di appeasement in via di esaurimento con l’avanzare invece della nuova strategia del containment, che si trovano le ragioni dapprima dell’invenzione e poi dell’abbandono dell’ipotesi del Territorio Libero di Trieste» <47. Se nel 1946 durante la conferenza di Parigi i paesi occidentali e l’URSS erano scesi a compromessi riguardo la questione del Territorio Libero di Trieste (TLT), poiché gli alleati avevano ancora la speranza di poter risolvere il trattato di pace con Austria <48 e Germania <49 in tempi brevi, lo stesso non si può dire nel 1948. La soluzione della questione austriaca e tedesca avrebbe portato allo sgombero degli eserciti alleati occupanti dell’Austria e della Germania, ma anche lo sgombero delle armate sovietiche dai cosiddetti stati satelliti. Nel 1946 l’accordo avrebbe previsto la collaborazione delle potenze in causa, mentre nel 1948 si sarebbe trattato di accordo unilaterale compiuto dalle potenze occidentali, ma soprattutto avrebbe lasciato vulnerabili le truppe stazionanti in Austria e indebolito la posizione occidentale nella ormai presente logica di guerra fredda. L’idea di istituire il TLT fu pensata anche per cercare di evitare uno scontro tra Italia e Jugoslavia, poiché la Jugoslavia aveva manifestato più volte la propria insoddisfazione riguardo le definizioni territoriali. Per gli anglo-americani Trieste era un posto strategico da preservare come ultimo baluardo politico della democrazia occidentale prima dell’URSS, di cui la Jugoslavia era emanazione. Un’importanza strategica enorme che volevano controllare di propria mano per tutelare attraverso una frontiera sicura gli interessi occidentali dalla minaccia di un blocco sovietico ad oriente.
Ecco che, la logica di appeasement attuata dagli alleati nei confronti dell’URSS era de facto cessata poiché perdere una base importante come Trieste senza avere alcuna contropartita sarebbe stata una scelta estremamente penalizzante per le forze alleate. Il nuovo punto in comune tra politica estera italiana e politica estera americana in particolare, fu il containment che allacciò l’Italia al blocco occidentale nella neologica di guerra fredda. Degasperi vide in questo nuovo approccio una possibilità di rilancio per l’Italia e in quest’ottica decise di propendere verso gli USA. Già il fatto che l’Italia fosse uno dei paesi beneficiari del piano Marshall <50 portava con sé un significato più largo visto che aderendo al piano avrebbe partecipato ad un progetto insieme ad altre nazioni occidentali il che in un certo senso l’avrebbe messa sullo stesso loro livello avendo così la possibilità di recuperare agli occhi internazionali il proprio status, quantomeno di potenza regionale.
[NOTE]
43 Ufficio d’informazione dei partiti comunisti e operai, è stata un’organizzazione internazionale che ha riunito i partiti comunisti di vari Paesi europei dal 1947 al 1956. Ebbe un ruolo chiave nel delineare la linea del movimento comunista nella fase nascente della guerra fredda.
44 Pupo R., Guerra e dopoguerra al confine orientale d’Italia (1938-1956), Del Bianco Editore, Udine, 1999, p. 149.
45 Antonio Meli Lupi di Soragna (Milano, 23 gennaio 1885 – Vigatto, 24 agosto 1971) è stato un ufficiale e diplomatico italiano, sottoscrisse, a nome dello Stato italiano, il Trattato di Parigi fra l’Italia e le potenze alleate (1947).
46 James Francis Byrnes (Charleston, 2 maggio 1882 – Columbia, 9 aprile 1972) è stato un politico e statistico statunitense. Tra il 1945 ed il 1947 fu il quarantanovesimo segretario di Stato degli Stati Uniti, sotto il presidente degli Stati Uniti d’America Harry Truman (33º presidente). Sostenitore della logica cosiddetta di appeasement.
47 Pupo R., Guerra e dopoguerra al confine orientale d’Italia (1938-1956), op. cit., p. 161.
48 Il trattato di Stato austriaco fu firmato il 15 maggio 1955 a Vienna al Castello Belvedere tra le potenze occupanti alleate: la Francia, il Regno Unito, gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica e il governo dell’Austria che avrebbe assunto la pienezza delle sue funzioni dal 27 luglio 1955.
49 Il trattato sullo stato finale della Germania fu negoziato nel 1990 fra la Repubblica Federale di Germania (RFT) e la Repubblica Democratica Tedesca (DDR) da una parte e dall’altra le Quattro Potenze che occuparono la Germania alla fine della Seconda guerra mondiale in Europa: la Francia, il Regno Unito, gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica.
50 Il Piano Marshall, ufficialmente chiamato piano per la ripresa europea (“European Recovery Program”), fu annunciato in un discorso del segretario di Stato statunitense George Marshall, il 5 giugno 1947 all’Università di Harvard. A seguito della sua attuazione, fu uno dei piani politico-economici statunitensi per la ricostruzione dell’Europa dopo la Seconda guerra mondiale. Questo piano consisteva in uno stanziamento di oltre 12,7 miliardi di dollari.
Tommaso Cortivo, Politiche ufficiali ed ufficiose condotte dall’Italia nel biennio 1947-1948 al confine orientale, Tesi di Laurea, Università “Ca’ Foscari” – Venezia, Anno Accademico 2019-2020