La formazione dei GAP non costituisce un processo del tutto uniforme

I Gruppi di azione patriottica (Gap) nacquero, come diretta emanazione del Pci, dopo gli scioperi del marzo 1943. La linea politica del Partito comunista subì da quel momento una netta accelerata in direzione della lotta armata contro il fascismo e non è un caso che la prima circolare in cui compare il termine Gap, emanata dalla Direzione nord del Pci e indirizzata a tutti i responsabili di federazione, risalga al maggio 1943: il primo compito dei comunisti era quello di dare il via alla lotta armata attraverso piccoli nuclei di arditi che dovevano fungere da sprone alla lotta di massa, sulla scorta dell’esperienza francese dei Franc tireurs et partisans (Ftp) <1. Il richiamo diretto a questa esperienza è dovuto non solo al fatto che molti militanti italiani, inquadrati nella specifica sezione della Main d’Oeuvre immigrée (Moi), diedero un fondamentale contributo alla formazione dei Ftp, ma anche al fatto che, quello francese, era stato l’unico antecedente di guerriglia messo in scena dai comunisti all’interno delle città e dei centri industriali <2.
Nonostante gli sforzi della Direzione nord, la messa in pratica delle direttive fu successiva alla caduta del fascismo e alla rotta dell’esercito. Solo nell’agosto-settembre del 1943 alcuni dei migliori militanti italiani, esuli in Francia, vennero fatti rientrare con lo scopo di dare efficacia alla struttura clandestina che si andava lentamente consolidando: tra loro ricoprì un ruolo fondamentale e preziosissimo Ilio Barontini (Dario) che, nella fase iniziale, compì un vorticoso viaggio nelle città del nord Italia con l’obiettivo di armare ed istruire i primi nuclei di gappisti.
La presenza di rivoluzionari di professione come Barontini, sui quali solo il Pci poteva contare, fu determinante nella cesura che determinò il passaggio da un antifascismo sostanzialmente legalitario ad un antifascismo disposto non solo a praticare la lotta armata ma soprattutto ad accettare la sfida del terrorismo urbano <3.
Lo scopo di queste formazioni era infatti duplice: quello di colpire i nazifascisti laddove si sentivano più forti e sicuri per minare questa convinzione di sicurezza, e quello di combattere “l’attesismo” dei partiti moderati, dimostrando che l’unica strada da imboccare per sconfiggere definitivamente il nazifascismo era quella della lotta armata.
[NOTE]
1 Istituto Gramsci Roma (d’ora in poi IGR), Archivio del Partito Comunista (d’ora in poi APC), Fondo Direzione nord (d’ora in poi DN), Serie Direzione, 1-8-1, Circolare strettamente riservata, dalla segreteria del Pci ai responsabili di federazione e di città, maggio 1943.
2 P. Secchia, Il Partito comunista italiano e la guerra di Liberazione 1943-1945, Feltrinelli, Milano 1971, p. 95, La testimonianza di Antonio Roasio.
3 Ilio Barontini, Dario (1890-1951), dirigente comunista livornese. Emigrò in Francia per sfuggire alle carceri fasciste ed abbandonò la famiglia per dedicarsi completamente alla guerriglia. Organizzò i ribelli in Etiopia, combatté tra le fila dei garibaldini di Spagna e tra i Ftpf. Rientrò in Italia nell’agosto 1943, dal luglio del 1944 divenne comandante del Comando unico militare Emilia-Romagna (Cumer). A liberazione avvenuta venne soprannominato “il cavaliere della libertà dei popoli”. Morì in un incidente d’auto il 22 gennaio del 1951. Per una biografia completa di Barontini cfr. E. Barontini, V. Marchi, Dario, Ilio Barontini, Nuova Fortezza, Livorno 1988.
Mariachiara Conti, Resistere in città: i Gruppi di azione patriottica, alcune linee di ricerca in Fronte e fronte interno. Le guerre in età contemporanea II. La seconda guerra mondiale e altri conflitti, Percorsi Storici – Rivista di storia contemporanea, 3 (2015)

La formazione dei GAP, Gruppi d’azione patriottica, nelle principali città non costituisce un processo del tutto uniforme, variando per quel che riguarda i tempi in cui le strutture diventano operative e i risultati da esse ottenuti.
A Milano, all’inizio dell’ottobre 1943, Francesco Scotti ed Egisto Rubini mettono insieme un primo nucleo gappista, nelle persone di Validio Mantovani <97, Carlo Camesasca <98, Vito Antonio La Fratta <99 e Renato Sgobaro <100: si tratta di uomini non più giovanissimi, sposati, operai provenienti dall’ambiente delle fabbriche di Sesto San Giovanni. In seguito, con l’arrivo a Milano di Vittorio Bardini <101 e Ilio Barontini, le squadre gappiste, sparse nelle diverse zone della città, crescono di numero e si raccolgono nel 17° distaccamento GAP Gramsci <102, divenendo, per numero di azioni svolte e di combattenti arruolati nei primi mesi di lotta, il gruppo più consistente del panorama nazionale <103.
A Torino, l’organizzazione dei GAP scaturisce dalla riunione, tenuta il 10 ottobre 1943, tra Ilio Barontini, Remo Scappini e Ateo Garemi. Il fatto che la prima azione, compiuta il 24 ottobre contro il Seniore della MVSN Domenico Giardina, venga eseguita dallo stesso Garemi e dall’anarchico Dario Cagno è sintomatico delle difficoltà occorse nel reclutare nuovi elementi. La scarsa entità numerica e le numerose problematicità del gappismo torinese restano una costante <104, come evidenziato da Giovanni Pesce, il quale, divenuto comandante dei GAP di Torino, lamenta di trovarsi «senza servizio d’informazioni, senza altri uomini, senza mezzi, senza attrezzature tecniche» <105.
A Firenze, per realizzare la prima azione gappista, il PCI si rivolge, alla fine di novembre, ad un gruppetto partigiano di stanza a Greve, a testimonianza del fatto che l’organizzazione gappista della città non fosse ancora ritenuta pronta. Il tentativo si risolve in una nulla di fatto, ma sono proprio questi partigiani, in primis Cesare Massai <106 e Bruno Fanciullacci, una volta terminata l’esperienza in montagna, a comporre il nucleo principale del gappismo fiorentino.
A Genova, verso la metà di ottobre, prende forma un primo raggruppamento gappista intorno al comandante Giacomo Buranello <107 e a Walter Fillak <108.
A Roma, dove ciascuna delle 8 zone operative <109 in cui i partiti antifascisti hanno suddiviso la città ha un proprio GAP di zona, il «salto di qualità» <110 si ha verso la metà di ottobre con la costituzione di 4 GAP centrali: “Quel giorno decidemmo di separare dalle otto zone alcuni degli elementi più validi, di isolarli completamente […] in modo che agissero clandestinamente, in misura più pertinente e utile, dovevano fare azioni speciali contro i tedeschi, i fascisti, la polizia, contro i mezzi di comunicazione” <111.
I GAP Pisacane e Gramsci, comandanti rispettivamente da Rosario Bentivegna e Mario Fiorentini, sono inseriti nella rete di Carlo Salinari <112, i GAP Sozzi e Garibaldi, invece, fanno parte della rete di Franco Calamandrei <113. Primo comandante dell’intera struttura è Antonello Trombadori <114.
1.7.b Lo sviluppo
Questa prima fase di avvio e sviluppo dell’attività gappista, nel tentativo di operare una generalizzazione, può essere collocata temporalmente tra il tardo autunno del 1943 e la primavera del 1944. I Gruppi d’azione patriottica, malgrado i problemi di reclutamento e la precarietà delle attrezzature a disposizione, mettono a segno un numero elevato di azioni, soprattutto, eccezion fatta per il gappismo romano che rivolge numerosi attentati anche contro le forze tedesche, ai danni di esponenti di spicco della RSI.
I primi attentati non comportano grandi difficoltà per chi li esegue, per il fatto che le vittime vengono colte del tutto impreparate. Si pensi alle uccisioni di Gino Gobbi e di Aldo Resega, i quali, nonostante la posizione ricoperta, essendo rispettivamente comandante del distretto militare di Firenze e commissario federale di Milano, girano senza scorta e si recano a lavoro in tram. La descrizione delle due azioni evidenzia, da una parte, la mancanza di precauzioni dei fascisti, dall’altra, la relativa facilità dell’atto gappista. La soppressione di Gobbi, avvenuta la sera del 1° dicembre 1943 a Firenze, è: “[…] condotta in una precarietà incredibile. Erano in quattro e disponevano solo di due vecchie biciclette. Avevano quattro pistole così malandate che decisero di usare solo le due meno vecchie e malgrado ciò una di esse si inceppò. Attesero il Gobbi all’uscita del Distretto Militare in Piazza S. Spirito. Due salirono sul tram dietro a lui mentre gli altri due, con le biciclette, seguivano il convoglio. Quando il Gobbi scese dal tram, vicino alla sua abitazione, in via Pagnini, i gappisti che lo seguivano appiedati aprirono il fuoco con le loro pistole. […] Dopo aver ucciso il colonnello i due che avevano sparato salirono sulla canna della bicicletta dei loro compagni e con tale mezzo abbandonarono la zona” <115.
A Milano, la mattina del 18 dicembre 1943, in modo simile, Resega viene ucciso dal quartetto composto da «Barbisùn» Camesasca, «Ninetto» Mantovani, «Totò» La Fratta e «Lupo» Sgobaro: “Ninetto e la compagna si mettono poco discosto dalla porta ove lui deve uscire conversando tranquillamente, al momento giusto ci avrebbe fatto il segnale levando il cappello in segno di saluto alla compagna che con indifferenza si sarebbe allontanata, Totò come protezione si trovava all’angolo di Via Bronzetti con Corso 22 Marzo, e precisamente alla fermata del tram io e Lupo che dovevamo operare […] la manovra riesce meravigliosamente, e così ci troviamo all’angolo proprio contemporaneamente con lui, che ingannato dalla nostra tattica è costretto per sorpassarci passare in mezzo a noi due, non si aspettava che questo momento, così io che avevo la pistola sotto il giornale fingendo di leggere, a non più di 10 cm. dal suo dorso lascio partire 4 colpi, egli cade in avanti senza un grido, fulminato all’istante Lupo per non essere a meno, gli scarica pure lui 4 colpi mentre è steso per terra, dopo di che in quattro salti attraversiamo la strada, inforchiamo le nostre biciclette e ci allontaniamo indisturbati […]” <116.
Con il passare dei mesi, l’aumento di misure cautelari prese dalle autorità fasciste nelle città, ed il conseguente innalzamento del coefficiente di difficoltà dei colpi, vanno di pari passo con il miglioramento dell’efficienza dell’organizzazione gappista.
Il 3 febbraio 1944 i gappisti milanesi attentano alla vita del questore Camillo Nicolini Santamaria, impresa particolarmente impegnativa per il fatto che la sua abitazione è sempre sorvegliata da 4 agenti e i suoi spostamenti avvengono con una macchina che, scortata e preceduta da un motociclista, ogni giorno cambia itinerario: “Guardato bene il lavoro si decise che non si poteva fare altro che operare in macchina (alla gangster) come ci hanno poi chiamati i fascisti. L’unica difficoltà era che la macchina tutti i giorni cambiava strada, si scelse un punto ove con una macchina, si sarebbe arrivati in tempo a raggiungerla, da tute [sic] le direzioni che avrebbero preso […] ci mettiamo nella scia e lo raggiungiamo, prima di arrivare all’altezza di Via Giulio Umberti, l’attacchiamo senza perder tempo, parte una scarica diretta al finestrino posteriore (ove si trova lui e suo cognato con le spalle appoggiate) i vetri vanno in frantumi, l’autista suo con una brusca manovra cerca di fermare la macchina, mentre stiamo per sorpassarlo piantiamo una scrica [sic] sul fianco sinistro; una terza davanti poi via a tutta velocità […] E lui deve la sua vita all’autista, che avuto sentore del pericolo che correva alla prima scarica, con la sua brusca frenata, ha provocato la caduta in avanti, dei due che stavano di dietro, di modo che rimasero fuori dalle successive scariche […]” <117.
A Firenze, il 29 aprile 1944, due settimane dopo l’uccisione di Giovanni Gentile, viene giustiziato il comandante provinciale della Guardia Nazionale Repubblicana, Italo Ingaramo. Si tratta di un’iniziativa ben più ardua della precedente, in quanto viene deciso «di agire al mattino quando il colonnello usciva dall’Hotel Arno, in pieno centro ed in pieno giorno, sulla porta di un albergo pieno zeppo di fascisti e di tedeschi» <118. L’azione «fulminea e micidiale» <119 viene eseguita dagli sparatori Antonio Ignesti e Giuseppe Martini, con Luciano Suisola che ne copre la ritirata tramite il lancio di una bomba.
1.7.c La crisi e le cadute
Le prove di forza sopra descritte rappresentano l’apice, il punto più alto dell’attività gappista, dopo il quale non segue un ulteriore sviluppo. Anzi, nel giro di poco tempo, il rafforzamento degli apparati polizieschi fascisti e tedeschi, il venir meno di molte cautele cospirative e una serie di delazioni o confessioni estorte attraverso la tortura, costituiscono una combinazione letale che conduce a cadute e arresti a catena tra le file dei guerriglieri urbani, causando lo sfaldamento di intere strutture e una brusca conclusione, entro la primavera del 1944, della prima, e più feconda, stagione del gappismo.
[NOTE]
97 Validio Mantovani (1914-1944). Operaio alla Pirelli, fu capogruppo del primo nucleo gappista milanese. Venne fucilato a fine luglio 1944 insieme al padre, Rotilio, anch’egli collaboratore dei GAP milanesi con la funzione di recapito e intendenza, in Borgomaneri, Li chiamavano terroristi, cit., pp. 63-64.
98 Carlo Camesasca (1912-1945). Durante il servizio di leva, fu uno dei tiratori scelti della squadra del 7° Reggimento bersaglieri che, alle gare nazionali di tiro a segno del 1933, si aggiudicò il titolo di campione d’Italia delle Forze armate. Assunto alla fabbrica Breda di Sesto San Giovanni, nel 1942 passò alla Marelli, dove entrò in contatto con elementi della cellula di fabbrica. Fu componente dei GAP di Milano, fino al suo passaggio in Val d’Ossola. Fu internato nei campi elvetici del Lago Nero. Rientrato a Milano nei giorni dell’insurrezione, fu, per ragioni poco chiare, ucciso con un colpo alla nuca da uno dei suoi stessi compagni, in Ibid., pp. 65-66.
99 Vito Antonio La Fratta (1908-1944). Appena sedicenne, fu arrestato a Torino per propaganda comunista. Operaio specializzato alle acciaierie Falck, fece parte dei primi GAP milanesi. Fu arrestato il 1° maggio 1944 e morì nel carcere di San Vittore, in Ibid., p. 64.
100 Renato Sgobaro, nato nel 1906, residente a Sesto San Giovanni dal 1924, fu operaio alla fabbrica Breda. Fece parte dei GAP milanesi. Individuato, riuscì a sottrarsi alla cattura e fu trasferito in provincia di Varese, in Istituto per la storia dell’età contemporanea (d’ora in poi Isec), Fondo Renato Sgobaro, b. 1, f. 1, Biografia del gappista Sgobaro Renato (Giulio).
101 Vittorio Bardini (1903-1985). Comunista, arrestato più volte e costretto ad espatriare, frequentò la scuola leninista in Unione Sovietica, combatté in Spagna, fu internato in Francia, estradato in Italia nel 1941 e trasferito al confino. Con la caduta del fascismo, fu inviato a Milano a dirigere i primi GAP. Catturato, fu internato nel campo di Mauthausen. Rientrato in Italia dopo la Liberazione, fu membro del Comitato Centrale del PCI e segretario della federazione comunista di Siena, in Donne e Uomini della Resistenza, ad nomen, consultato il 27-06-2019.
102 Luigi Borgomaneri, Due inverni, un’estate e la rossa primavera. Le Brigate Garibaldi a Milano e provincia 1943-1945, Franco Angeli, Milano 1985, pp. 23-29.
103 Peli, Storie di Gap, cit., p. 43.
104 Ibid., p. 44.
105 Giovanni Pesce, Soldati senza uniforme. Diario di un gappista, Edizioni di cultura sociale, Roma 1950, p. 18.
106 Cesare Massai (1911-1995). Operaio fiorentino di San Frediano, divenne comunista nel 1938. Fu arrestato e rimase in carcere fino al 1943. Dopo una breve esperienza partigiana, fu comandante dei GAP fiorentini. Individuato, venne trasferito nel maggio 1944 a Pisa, in Donne e Uomini della Resistenza, ad nomen, consultato il 27-06-2019.
107 Giacomo Buranello (1921-1944). Studente di ingegneria con Walter Fillak. Fu organizzatore di una cellula comunista studentesca, per la quale fu arrestato nel 1942. Fu comandante dei GAP genovesi. Braccato, venne trasferito in montagna. Tornato in città per lo sciopero generale del marzo 1944, fu arrestato, torturato e fucilato il 3 marzo, in AA. VV., Ear, vol. I, cit., pp. 403-404.
108 Walter Fillak (1920-1945). Espulso dal liceo scientifico di Genova per attività sovversiva, fu arrestato nel 1942 in quanto promotore, con Giacomo Buranello, di una organizzazione comunista studentesca. Entrò a far parte dei GAP di Genova e, in seguito, fu comandante partigiano in Piemonte. Catturato dai tedeschi nei pressi di Ivrea, fu impiccato il 5 febbraio 1945, in AA. VV., Ear, vol. II, cit., p. 348.
109 La prima zona Prati, la seconda zona Trastevere, la terza zona Flaminio, la quarta zona Centro, la quinta zona Macao, la sesta zona San Giovanni, la settima zona Ostiense e l’ottava zona Prenestino.
110 Fiorentini, Sette mesi di guerriglia urbana, cit., p. 52.
111 Ibid., p. 53.
112 Carlo Salinari (1919-1977). Laureato in Lettere all’Università di Roma nel 1941, fu militante comunista e partecipò alla Resistenza romana dirigendo una delle due reti dei GAP centrali. Nel maggio 1944, a causa della delazione del gappista Guglielmo Blasi, fu arrestato, torturato e condannato a morte. L’arrivo degli Alleati a Roma nel giugno 1944 lo salvò. Nel dopoguerra, fu responsabile della sezione culturale del PCI e insegnante universitario, in AA. VV., Ear, vol. V, cit., pp. 317-318.
113 Franco Calamandrei (1917-1982). Militante nel PCI a partire dal 1943, durante la Resistenza a Roma fu responsabile di una delle due reti dei GAP centrali. Catturato il 28 aprile 1944, riuscì a fuggire dalla pensione Jaccarino, sede della banda Koch. Nel dopoguerra, fu membro del Comitato centrale del PCI e senatore dal 1968, in AA. VV., Ear, vol. I, cit., p. 404.
114 Bentivegna, Senza fare di necessità virtù, cit., p. 107.
115 Fagioli, Partigiano a 15 anni, Edizioni Alfa, Firenze 1984, p. 198.
116 Isec, Fondo Antonio Mantovani, b. 4, f. 1, Autobiografia del compagno Camesasca Carlo (Barbisùn).
117 Ibid.
118 Fagioli, Partigiano a 15 anni, cit., p. 160.
Gabriele Aggradevole, Biografie gappiste. Riflessioni sulla narrazione e sulla legittimazione della violenza resistenziale, Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2018-2019

Gli organigrammi del PCI a Trieste in questi mesi vedranno dei cambiamenti: parte il dirigente Giordano Pratolongo nel dicembre ’43 per raggiungere il Piemonte. Al suo posto da gennaio arriva Giorgio Iaksetich, Luigi Frausin è il segretario politico, Lino Zocchi quello organizzativo <12.
La formazione dei primi GAP a Trieste è resa possibile dall’attività di Kolarič e Frausin. <13 Dal loro ritorno dal confino, grazie all’armistizio, essi riallacciano i contatti con l’organizzazione in città e a Muggia e con i partigiani alla macchia. <14 Per rendere operativa l’organizzazione, è necessario avere il controllo del territorio. La conoscenza approfondita del centro urbano in cui si opera, soprattutto per quanto concerne le insidie che vi si nascondono (caserme, presidi, sedi di polizia tedeschi e fascisti), è di primaria importanza. I GAP hanno la funzione di veri e propri “commandos” che devono rintuzzare il nemico e il loro lavoro deve relazionarsi strettamente con la lotta in montagna. Per facilitare i contatti tra la città (in gergo il “terreno”) e la montagna vengono creati dei posti di tappa (karavle <15), usualmente mobili, intermedi tra le due località. Inoltre, la federazione triestina del PCI organizza un gruppo GAP che verrà comandato da Silvio Marcuzzi-Montes che opererà con funzioni di intendenza per il rifornimento e vettovagliamento di formazioni sia italiane che slovene dal Friuli al Carso. <16
La particolarità di Trieste, la sua multietnicità che per gli sloveni è binazionalità, si riflette anche nella lotta politica: a Trieste operano sia il PCI che il PCS, oltre all’OF (Osvobodilna Fronta/Fronte di Liberazione) sloveno. Le differenze di strategia tra i due PC si delineano con chiarezza in rapporto ai referenti della loro azione: quello italiano punta sulle concentrazioni operaie dei centri urbani; quello sloveno alla lotta armata partigiana che parte e si sviluppa dalle campagne contro l’occupatore.
[NOTE]
12) L’azione determinante dei comunisti triestini nella lotta all’occupatore nazista, in Fondo Iaksetich, busta 2.
13) Luigi Frausin (Muggia 28/6/1898 – Trieste, settembre 1944). Aderì alla Gioventù Socialista prima e al Partito Comunista poi, come uno dei fondatori. Diede un contributo determinante alla creazione del PC a Trieste e in tutta la Venezia Giulia. Con i proletari affrontò lo squadrismo fascista. Nel 1927 partecipò all’insurrezione operaia di Vienna. Dal 1929, come membro dell’apparato comunista, ristabilì i collegamenti con l’organizzazione clandestina a Trieste e in Slovenia. Fu nel comitato centrale del PC dal 1930. Arrestato nel marzo 1932, il 20/9/1933 fu condannato a 12 anni di reclusione. Amnistiato nel 1937 fu confinato alle Tremiti e a Ventotene. Cfr. P. Secchia, Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza, op. cit., alla voce Frausin. Natale Colarich-Božidar Kolarič (Muggia 24/12/1908 – Trieste 18/9/1944). La sua attività politica si svolse in particolare verso lo sviluppo del movimento antifascista
tra le popolazioni di lingua croata e slovena. Condannato a 12 anni di reclusione, fu detenuto prima a Civitavecchia e poi confinato a Ventotene. È autore di una relazione, poco conosciuta, sulla questione nazionale slovena, indirizzata nei primi anni ’30 alla Direzione del PCI. Cfr. P. Secchia, Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza, op. cit., alla voce Colarich. Cfr. anche Gino Fontanot, Muggia: 1889-1945: appunti per una ricerca storica, Tip. Riva, Trieste, 1973, p. 46.
14) Ucci Laris è il comandante dei primi 7 GAP Di Muggia. Verrà poi ucciso dalla polizia di Collotti davanti casa. Cfr. Il ruolo della classe operaia di Trieste, Muggia e Monfalcone nella lotta contro il fascismo e l’occupatore nazista (1941 – 1943) in VG 106 B29, in Fondo Iaksetich, busta 3. Ufficialmente i GAP si costituiscono nel dicembre del ’43. Cfr. VG 106 B22, in Fondo Iaksetich, busta 3.
15) In queste postazioni partigiane in movimento c’era scambio di combattenti con i GAP. Ciò non veniva considerato positivamente in assoluto dal comando di Brigata che voleva stabilizzare i ruoli. Le karavle ebbero la funzione di depositi intermedi per tutto ciò che doveva essere inviato in montagna. Cfr. anche Nasce la Brigata, in Fondo Iaksetich, busta 4.
16) Cfr. Mario Pacor, op. cit., p. 201.
Sergio Mauri, Partigiani a Trieste. I Gruppi di Azione Patriottica e Sergio Cermeli, Hammerle, Trieste, 2014