Era specificato che gli inglesi ottenevano informazioni da un certo ‘Signor Quarone’

Il 4 dicembre 1944 il maggiore André R.L. Pacatte, importante membro operativo dell’OSS in Europa, riceveva una dura nota di biasimo, poche stringate righe, dal suo Direttore, William Donovan, per non aver preso le necessarie misure di sicurezza atte a salvaguardare la copia di un Rapporto (redatto dallo stesso Pacatte), sulle attività sue e del Servizio in Italia, dal novembre 1942 all’aprile 1944, sparito tra Lussemburgo e Parigi e del quale era comunque rimasta una copia presso l’Ufficio del Direttore Generale a Washington. […]
Chi era André Pacatte? Un ufficiale francese, originario della Corsica dove aveva vissuto a lungo e che conosceva bene, integrato nel Secret Intelligence-Italian Section, inviato in Teatro d’operazioni europeo, alla fine del 1942 per un progetto d’invasione di quella isola, che non fu poi attuato. Inviato poi in Africa settentrionale aveva viaggiato costantemente fra Tunisi, Biserta e Algeri, partecipando all’invasione alleata in Sicilia e rimanendo sul suolo italiano con vari impegnativi e rischiosi compiti. Nel settembre del 1944 era a Washington e da lì fu nuovamente inviato in Europa per un’altra missione.
Nel suo trasferimento aveva dunque portato con sé alcuni documenti che riteneva necessari ai suoi impegni.
Non appena ricevuta l’informazione sulla perdita del documento, la Segreteria Generale dell’OSS, su ordine di Donovan, chiese notizie in primis al colonnello Archibold Van Beuren, Security Officer dell’OSS in Washington, il quale dichiarava che agli atti del suo Ufficio non vi era alcuna autorizzazione al trasporto di documenti classificati oltreoceano concessa al maggiore Pacatte,
in quanto non risultava che dovesse espletare tale servizio di corriere.
Washington dunque non era al corrente che Pacatte avrebbe portato con sé il Rapporto né era stata posta la questione che questo dovesse essere trasmesso in copia a Parigi con le consuete modalità, perché in realtà era ancora in elaborazione e non definitivo. Forse l’ufficiale, che ne era l’autore, aveva deciso di portare con sé una copia del testo per migliorarlo e eventualmente
aggiungere altre notizie circa le operazioni dell’OSS in tutta Europa.
A conoscenza dell’Ufficio Sicurezza, Pacatte era giunto in Europa e si era recato prima alla Centrale, in Lussemburgo, dove aveva messo al sicuro i suoi documenti nella cassaforte del tenente colonnello Stacey Lloyd, insieme ad altre carte contenute nella sua valigetta personale, pensando appunto di essere previdente nel lasciarle in Lussemburgo per non portarle con sé nelle missioni che doveva espletare al fronte.
Al momento di ritornare negli Stati Uniti, però, Pacatte non era riuscito ad avere l’accesso alla cassaforte del Lloyd e quindi era ripartito senza i documenti lasciando una nota al collega affinché glieli facesse riavere appena possibile.
Perché gli Uffici dell’OSS erano andati in fibrillazione? […]
In effetti, erano stati fatti in chiaro i nomi di ufficiali OSS in servizio oltremare, anche se non vi erano quelli di chi era al di là delle linee (solo gli ‘alias’). Vi erano i nomi di numerosi collaboratori italiani dell’OSS operanti sul territorio italiano e la loro dislocazione; i nomi di ufficiali OSS che
avrebbero dovuto essere impegnati in azioni successive. Era stata svelata anche la circostanza che presso l’Ufficio OSS di stanza a Caserta era conservato l’elenco completo degli agenti con fotografie e altri dettagli interessanti per il nemico; si faceva il nome del colonnello Agrifoglio come capo del SIM. Erano allegati anche alcuni organigrammi dell’organizzazione OSS in Europa. E non era tutto.
Si accennava alla compromissione della Santa Sede nella Resistenza romana, confermando che
alcuni messaggi OSS ai patrioti e alle ‘bande’ erano stati ricevuti attraverso una radio vaticana tramite un operatore ‘corrotto’, favorevole agli alleati. Altra notizia ghiotta per il nemico: l’Ufficio inglese per i prigionieri di guerra controllava una speciale tipografia, della quale era indicato il recapito, per la produzione di documenti falsi, inclusi i buoni per le razioni alimentari. Erano altresì
indicate con precisione le basi dell’inglese SOE lungo l’Adriatico. Era specificato che gli inglesi ottenevano informazioni da un certo ‘Signor Quarone’, dichiarato capo del SIM in Afghanistan e al momento ambasciatore italiano a Mosca. Veniva rivelata la presenza di un ‘Comitato dei Sei’ che era una organizzazione clandestina in Roma e il modo usato per introdurre radio clandestine in territorio occupato dai nazi-fascisti, nascondendole in carri che trasportavano concimi animali…era descritto il progetto di rapire un ammiraglio della RSI da parte degli inglesi.
Poiché la sparizione delle carte era avvenuta in Francia, dopo alcune rapide consultazioni tra le sedi di Londra e Parigi era stato deciso di non mettere in allarme i francesi se il Direttore dell’OSS non avesse inviato istruzioni al proposito.
La sparizione di una valigia contenente il Rapporto e altri documenti (oltre ad effetti personali di un ufficiale) era stata scoperta il 10 novembre precedente: il materiale contenuto non era ufficialmente ‘classificato’ ma quanto meno avrebbe dovuto essere etichettato come “confidenziale”.
L’Ufficio Sicurezza a Washington ne era stato informato 48 ore dopo il fatto ma fino al 20 novembre non aveva trovato nulla di riprovevole al riguardo non essendo al corrente o non avendo compreso l’importanza delle carte ivi contenute.
Resosi conto della notevole e pericolosa perdita aveva immediatamente richiesto che Pacatte fosse sottoposto alla corte marziale; Donovan per il momento aveva deciso per la nota di biasimo scritta […] Lloyd confermò che il Rapporto gli era stato consegnato il 15 ottobre dell’anno precedente proprio dal maggiore Pacatte (in quel momento integrato nella Unità da lui comandata), in procinto di andare a Nancy. Il documento era rimasto custodito nella cassaforte del suo Ufficio fino al 10 novembre quando aveva chiesto al sottotenente Yerkes di portarlo a Parigi per consegnarlo
a un corriere che lo riportasse a Washington.
Lloyd e Yerkes erano arrivati nella capitale francese il 10 novembre alle sette di sera: non solo il Rapporto ma anche altri documenti amministrativi furono custoditi in quella che era la val-pak (una speciale valigia pieghevole usata dagli ufficiali per viaggiare con gli aerei militari), stivata nel retro della jeep che era stata messa a loro disposizione. I due ufficiali si avviarono al ristorante-mensa dell’OSS, il ‘Doucet’ (al n. 4 di Rue Marbeuf) per la cena: lasciarono il mezzo di fronte al locale chiedendo al sergente Bena che custodiva un’altra jeep (a disposizione del tenente colonnello Sutherland… la precisione innanzi tutto in una vicenda decisamente spinosa), lì parcheggiata di dare un’occhiata alla loro mentre all’interno del locale trovavano il modo di assicurarne il controllo durante la cena. Il gestore della mensa presentò un civile francese, Edouard Legrand che si presentò in divisa americana, il che trasse in inganno Lloyd e Yerkes: pensarono infatti si trattasse di un militare, sentendosi rassicurati, ed era invece più semplicemente un impiegato civile dell’OSS. I due ufficiali cenarono ma al loro ritorno al veicolo dovettero constatare che solo la val-pack era scomparsa insieme a colui che doveva custodire il veicolo, mentre nulla era stato toccato riguardo ad altri effetti personali lasciati nella jeep. Momento di panico. Fu interrogato l’autista di un veicolo
lì parcheggiato che sostenne di non aver notato persone che avessero preso qualcosa dalla jeep militare ma di aver visto il guardiano della jeep che insieme ad altre persone si avviava verso un caffè lì vicino. Nonostante affannose ricerche, il civile incaricato della custodia non fu ritrovato.
Per telefono fu subito comunicata all’Ufficio OSS la scomparsa dei documenti e il pomeriggio successivo il sottotenente Yerkes si recò presso il parigrado Hodkinson della Sezione amministrativa dell’OSS, allo scopo di fornire dettagli su quanto custodito nella val-pack […] Fu poi la volta dello Yerkes che dichiarò di aver visto una bozza del Rapporto a Washington quando ne aveva letto alcune pagine, verso la metà di ottobre 1944. Mentre era in missione a Nancy insieme a Pacatte, costui lo pregò di tornare in Lussemburgo e di prelevare dalla cassaforte del Lloyd il suo Rapporto ma Yerkes, quando era arrivato in quell’Ufficio, non aveva trovato né il Lloyd né alcuno che avesse la chiave della cassaforte.
Rientrato appunto in sede, Lloyd gli disse che i documenti di Pacatte dovevano essere rinviati in America. Yerkes dichiarò alla Commissione di non ricordare le precise istruzioni del suo superiore, cioè se avesse ricevuto l’ordine di portarle a Parigi dove dovevano recarsi in missione il 9 novembre. Era stata una sua iniziativa, ritenendo che, trasferendoli a Parigi, sarebbero arrivati più
rapidamente negli Stati Uniti e non ne aveva fatto cenno al Lloyd. Li aveva infilati nella sua val-pack personale ritenendoli più al sicuro. Il Lloyd non era stato messo al corrente che il Rapporto era custodito con i suoi effetti personali e non in una valigetta a parte.
Yerkes era sicuro che la val-pack fosse presente al momento del loro arrivo al ‘Doucet’: ne avrebbe notato sicuramente la mancanza. All’uscita però la valigia era scomparsa insieme a colui che avrebbe dovuto custodire la jeep.
Da quel momento in poi il suo racconto collimava con quello del suo superiore.
Alla domanda se riteneva corretto che documenti potenzialmente segreti fossero rimasti nella jeep o se invece avrebbe dovuto portarli con sé, fu costretto a rispondere che non aveva agito correttamente. Gli fu contestato che avendone letto dei brani poteva ben saper cosa vi fosse scritto: a questa contestazione l’ufficiale spiegò dapprima che non ne aveva realizzato l’importanza e che comunque che lo riteneva un vecchio rapporto che trattava di attività già svolte e non da realizzare in futuro. E tentò di giustificarsi dicendo che i suoi comportamenti erano dovuti proprio al fatto che non aveva compreso l’importanza del Rapporto. Affermò poi che il colonnello non gli aveva esplicitamente detto di portare quel documento a Parigi ma gliene aveva parlato in connessione con il viaggio a Parigi portare con sé…
A quel punto il Lloyd volle fare una ulteriore dichiarazione perché non era affatto d’accordo con la deposizione del sottotenente. Dichiarò che la responsabilità del trasporto del documento a Parigi era interamente sua. Aveva ricevuto un messaggio da Washington di rinviare quel documento nel più breve tempo possibile e di conseguenza riteneva che l’invio da Parigi sarebbe stato più rapido. Prese su di sé anche la responsabilità di non aver spiegato al suo sottoposto l’importanza del Rapporto.
Finiti i lavori con rapidità, lo stesso 9 gennaio nel tardo pomeriggio, la Commissione stabilì che, considerati i fatti e le testimonianze, ambedue gli ufficiali Lloyd e Yerkes erano i colpevoli della sparizione del documento per non aver rispettato le regole sulla sicurezza dei documenti militari […] In cosa consisteva esattamente il documento?
Era suddiviso in nove capitoletti che trattavano 1) la fase Nord africana; 2) la progettazione dell’invasione in Sicilia; 3) l’invasione; 4) la fase successiva all’invasione; 5) gli agenti; 6) l’organizzazione; 7) il personale operativo; 8) i collegamenti e 9) alcune considerazioni del Pacatte sul lavoro svolto e sulle prospettive future. Il Rapporto, in 28 nutrite cartelle, apriva altresì un interessante dettagliato spaccato sull’attività di un membro operativo dell’OSS nel periodo complesso dello sbarco in Italia e della liberazione dell’Italia del Sud, dando eventualmente al nemico l’idea corretta di un modus operandi. I risultati di questa analisi sono interessanti per lo storico perché danno molti dettagli sul ruolo di agenti e ufficiali che operavano in Italia.
L’indagine rilevò che era citato il maggiore Guido Pantaleone (un avvocato di Cleveland), per alcuni mesi prigioniero di guerra in Germania, al momento latitante in Italia, dove collaborava con agenti dell’OSS. Se il nemico avesse letto il Rapporto la sua copertura sarebbe stata ‘bruciata’ con la conseguenza di essere arrestato, torturato e ucciso. Era stato evidenziato l’importante ruolo di Vincent Scamporino: non si poteva permettere che corresse il minimo pericolo di cattura; era a conoscenza dell’intera azione dell’OSS in Italia.
Altrettanto importante era il ruolo del capitano André Burgoin: ufficiale dell’esercito francese, aveva un ruolo di primaria importanza nell’organizzazione dell’OSS e aveva avuto accesso ad un numero enorme di informazioni segrete; una sua cattura da parte del nemico avrebbe comportato gravi rischi così come il fatto che continuasse a operare in Italia e Francia dopo la sparizione del documento.
Per questa ragione veniva raccomandato che l’ufficiale fosse fatto tornare immediatamente negli Stati Uniti per il resto del conflitto. Per altri ufficiali e agenti (anche italiani e civili) veniva richiesto lo stesso trattamento perché erano figure di primo piano nelle operazioni e nella organizzazione
OSS in Italia. L’indagine si concludeva anche con la richiesta che altri agenti, al momento non operativi, non fossero più utilizzati per operazioni combat e tra questi era citato ancora una volta Peter Tompkins, definito civilian […] Altri Uffici interrogati al riguardo si scambiarono rapidamente pareri sulla situazione che sembrava a tutti essere di una gravità senza pari, ritenendo che poteva disarticolare l’organizzazione intera in Italia e nel Teatro nordafricano… non avevano tutti i torti nell’essere particolarmente nervosi al riguardo.
L’8 febbraio 1945 fu ritirata la richiesta di sottoporre il maggiore Pacatte alla corte marziale perché l’indagine condotta dal maggiore Black a Parigi aveva appurato che la perdita del documento non era imputabile direttamente all’ufficiale. […] L’8 febbraio 1945 fu ritirata la richiesta di sottoporre il maggiore Pacatte alla corte marziale perché l’indagine condotta dal maggiore Black a Parigi
aveva appurato che la perdita del documento non era imputabile direttamente all’ufficiale. Però doveva essere condotta una ulteriore indagine sulle ragioni che avevano indotto Pacatte a portare con sé quel documento contravvenendo al regolamento sul trasporto di documenti classificati e la salvaguardia delle informazioni militari, nonché altre disposizioni in materia.
Esperiti tutti gli interrogatori e prese le decisioni del caso, la nota di biasimo scritta al Pacatte si trasformò in biasimo orale: il 1° marzo 1945 il colonnello Doering, su istruzioni di Donovan, ‘somministrò’ all’ufficiale reo di tanta ‘leggerezza’ un biasimo circa il suo comportamento, basato sui seguenti elementi: la reprimenda veniva fatta non per la perdita del documento ma per la
violazione dei principi generali di sicurezza; inoltre la missione del maggiore non comportava che portasse con sé l’intero documento e quindi non aveva autorizzazione per trasportarlo; se fosse caduto in mano nemica avrebbe messo in pericolo persone impegnate nelle missioni in Europa. Pacatte fu anche informato che questo biasimo non sarebbe stato registrato nella sua cartella
personale. Lloyd e Yerkes ebbero lo stesso trattamento. Nessuno andò sotto corte marziale.
Non fu mai scoperto chi avesse rubato la val-pack ma apparentemente non vi furono conseguenze dirette del furto su agenti e ufficiali. Maria Gabriella Pasqualini, Chi ha rubato il Rapporto Pacatte? La lista degli agenti OSS in Italia perduta al ristorante… in Società Italiana di Storia Militare, Quaderno 2012-2013, La SISM ricorda Raimondo Luraghi

Uno dei documenti relativi al Rapporto Pacatte (Photo ©Pasqualini) – Fonte: www.osservatorioanalitico.com

L’OSS, nata nel 1942, diede un forte contributo per organizzare lo sbarco degli alleati in Sicilia e Corvo [Max Corvo] era alla testa del S.I. (Service Intelligency). L’OSS si frantumò in varie Sezioni ma Max [Corvo] rimase a capo del S.I. fino a fine guerra; a questa apparteneva anche l’ORI (Organizzazione Resistenza Italiana), composta da circa 45 agenti, costituita a Napoli nel novembre del 1943, al cui comando era Raimondo Craveri, sorretto dal suocero Benedetto Croce. La maggior parte dei 45 antifascisti proveniva dal nord Italia, e diede un importante contributo alla lotta partigiana […] fu costituita una Sezione OSS-SIM presso il Governo Badoglio con a capo il Maggiore [André] Bourgoin, un americano di origine francese che odiava gli italiani. Ennio Tassinari su Patria Indipendente,  18 febbraio 2007

Nonostante la disfunzione evidente nell’organizzazione di Downes, l’OSS trovò ancora successo sul campo.
Una squadra OSS SI guidata dall’allora Primo Tenente Andrew Pacatte sbarcò a Paestum, situata a sud di Salerno, il 9 settembre 1943.
Gli uomini dell’OSS occuparono Paestum e Capaccio e fornirono al sesto corpo del CIC (Counter Intelligence Corps) personale di lingua italiana.
Il gruppo di Pacatte entrò in Agropoli e cominciò subito ad interrogare le locali autorità, nonostante il fatto che il capitano Cowles del CIC avesse scelto di tornare al quartier generale per tema che i tedeschi potessero tornare.
L’OSS e il CIC non riuscirono in questo caso a collaborare, ma la cooperazione complessiva tra il CIC e l’OSS si rivelò fruttuosa per entrambe le organizzazioni, soprattutto per quanto riguardava la condivisione delle informazioni.
[…] Pacatte diede istruzioni ai funzionari locali, rifiutando di estrometterli dalle loro posizioni nonostante le loro affiliazioni o azioni passate.
Pacatte lasciò poi tale lavoro alle subentranti autorità dell’AMG poiché temeva che l’espulsione dei funzionari potesse causare un potenziale caos in tema di sorveglianza a causa del numero limitato di uomini OSS disponibili per scopi di sicurezza, un caos che avrebbe potuto ostacolare l’attività militare alleata.
Due giorni dopo il suo arrivo, Pacatte iniziò a infiltrare, con l’ausilio di Hoagland, degli agenti per raccogliere informazioni militari. Trasmisero le informazioni raccolte al CIC ed alla trentaseiesima divisione.
Da Agropoli, Pacatte si recò all’isola di Ischia agli ordini di Downes.
Da Ischia Pacatte iniziò a infiltrare squadre a Napoli con l’uso intelligente di barche da pesca locali. Tuttavia, diverse squadre non riuscirono a portare a termine il loro incarico a causa delle difficoltà derivanti dalla loro incapacità dei loro componenti a motivare i pescatori locali ad affrontare le pattuglie marittime tedesche. Per queste ragioni, Pacatte decise di far partire le sue operazioni dall’isola di Capri avvalendosi di natanti forniti dall’US Navy, che aveva là già una base.
L’OSS divenne molto attivo ad Ischia e Capri, conducendo operazioni verso Benevento, Castel Volturno, Pozzuoli, la zona di Gaeta e Castellamare.
Gli agenti OSS lavorarono in stretta collaborazione con le autorità militari statunitensi, l’AMG e il CIC, fornendo informazioni sugli agenti tedeschi lasciati indietro e sugli italiani indesiderati.
Ulteriori sforzi di reclutamento coinvolsero diversi importanti volontari, come il generale italiano Pavone, in funzione della possibilità di condurre forze armate o unità di guerriglia dietro le linee nemiche.
Erik K. Griebling, INTELLIGENCE PROFESSIONALISM: A STUDY OF DEVELOPING INTELLIGENCE PROFESSIONALISM IN THE OFFICE OF STRATEGIC SERVICES IN ITALY AND THE CENTRAL MEDITERRANEAN 1941-1945, A Dissertation Submitted to The Temple University Graduate Board, In Partial Fulfillment Of the Requirements for the Degree DOCTOR OF PHILOSOPHY, August 2017

Nel frattempo Ziccardi, che aveva assunto il nome di copertura di “Zucca“, doveva cercare un posto sicuro sulla costa Ligure dove poter sbarcare uomini ed equipaggiamento. Ziccardi-Zucca tornò a Genova dove, assieme al suo vecchio amico Tristano Luise, “Dattilo”, collaborò con la missione di Enzo Stimolo (Corvo), sbarcato il 5 dicembre [1943] dal sottomarino Axum sulla costa adriatica con gli altri agenti di Bourgoin […] Lo scopo di Bourgoin era di adoperare i due Stimolo, ex membri del SIM, per tenere sotto controllo Zucca e i suoi subagenti, arruolati tra i suoi studenti. Arrivati a Genova, i fratelli Stimolo, che non conoscevano nessuno da quelle parti, aggregandosi a Zucca e Dattilo informarono Bourgoin che avevano trovato un posto di sbarco su una spiaggia deserta cinque chilometri a sud [piuttosto, a levante] di San Remo, alle foci della fiumara di Taggia, poco prima di Santo Stefano al Mare [come per altre successive missioni alleate ipotizzate o fallite verso i partigiani imperiesi si trattava di una zona coincidente o abbastanza prossima al Giro del Don nell’attuale comune di Riva Ligure]. Per sbarcare in quel punto uomini ed equipaggiamento Bourgoin partì in volo per Bastia dopo aver ordinato a Stimolo di aspettarlo sulla spiaggia con la sua radio in modo da restare in contatto costante con lui, mentre, con gli uomini da sbarcare, si sarebbe avvicinato via mare. Il 22 febbraio Corvo, Dattilo e il radiooperatore Montesi presero il treno per San Remo […] I cospiratori, scesi alla stazione di San Remo [n.d.r.: la maggioranza delle fonti, compresi il Notiziario della GNR della RSI e la relazione del questore repubblichino di Imperia, indicano, invece, la stazione ferroviaria di Riva-Santo Stefano, così allora denominata, ma situata nel territoro dell’attuale comune di Santo Stefano al Mare (IM)], furono fermati all’uscita da una guardia doganale che insisteva nel voler ispezionare la valigetta in cui c’era la radio. Nel resoconto drammatizzato di Bourgoin: “Stimolo prese in mano la valigetta dall’RT [radiotelegrafista] e girandosi verso il doganiere gli sparò un colpo di pistola, uccidendolo. Saltò il cancello e si perse nella folla” […] Dattilo, che portava una borsa di documenti da imbarcare, piena di informazioni che avrebbero potuto incriminarli tutti, riuscì a nasconderla in una casa diroccata sulla strada per Santo Stefano al Mare, evitando la polizia sopraggiunta su varie macchine. Dalla stazione di San Remo Dattilo partì per Milano e comunicò alla base attraverso la radio di Como che bisognava cancellare l’operazione. Per due giorni Corvo si nascose in montagna, inseguito dalla polizia, per poi tornare tranquillamente a Genova. Il 26 febbraio Alberto Blandi, “Falco”, una giovane recluta di Zucca, tornò a Santo Stefano al Mare per cercare la borsa lasciata da Dattilo nella casa diroccata. Avendo indicazioni precise, quando non trovò la borsa capì che qualcuno l’aveva portata via, esponendo tutti loro a grave pericolo se fosse caduta in mano alle SS. Ma la Gestapo era già sulle loro tracce per via di un altro giovane reclutato da Zucca, “Conte”. Questi si era messo a frequentare un interprete della Gestapo per ottenere informazioni ed era stato pedinato. Arrestato, “Conte” fu torturato brutalmente finché dopo dieci giorni fece il nome di Zucca […] Zucca riuscì a scappare e si rifugiò a Milano, dove si aggregò alla rete di Como grazie alla moglie Wanda, lasciando a Dattilo l’organizzazione a Genova. Dattilo durò poco. Nella missione di Corvo a Genova si verificarono una serie di fatti ancora più gravi. Il debole di Bourgoin per il doppio gioco e per le trattative con i doppiogiochisti avrebbero avuto conseguenze disastrose […] Peter Tompkins, L’altra Resistenza. Servizi segreti, partigiani e guerra di liberazione nel racconto di un protagonista, Il Saggiatore, 2009

 

Non era mancata nei giorni immediatamente successivi alla fine della guerra una pagina illuminante che la diceva lunga sul ruolo che avrebbe avuto l’Oss nella storia d’Italia.
Alcuni marò della X Mas di Junio Valerio Borghese, fatti prigionieri nell’Italia del Nord, ed ex-agenti segreti del Governo del Sud, erano stati trasferiti a Villa Rosmini di Blevio sul lago di Como per frequentare un corso accelerato per croupier da utilizzare al casinò di Campione d’Italia, prossimo alla riapertura dopo anni di paralisi.
L’interesse mai sopito degli Alleati e degli gnomi italo-svizzeri per il ‘tavolo verde’, si era realizzato, garante dell’operazione quel Felice De Baggis, sodale dell’agente Jones, poi sindaco dell’énclave dal 1951 per un ininterrotto trentennio.
Nelle stesse ore gli Alleati avevano aperto la caccia a Mussolini. Lo avrebbero voluto vivo per affidarlo alle Nazioni Unite, come prevedeva la clausola n. 29 del Lungo armistizio del 29 settembre 1943 firmato a Malta sulla corazzata ‘Nelson’ da Einsenhover e Badoglio, ma era loro sfuggito malgrado il massiccio impegno dei servizi segreti di Emilio Daddario e Max Corvo. Erano stati bruciati sul tempo dalla ‘missione’ del Cvl-Clnai di Walter Audisio e Aldo Lampredi. Ma questa è un’altra storia. Franco Giannantoni in paginauno, 10 giugno 2010