La lotta di liberazione in Valle Maira

Roccabruna (CN) – Fonte: Wikipedia

Nei venti mesi della lotta di liberazione la valle Maira fu presidiata dai partigiani garibaldini guidati dal comandante “Steve” [Stefano Revelli, conosciuto come il Comandante “Steve”, sergente al deposito 2° Alpini di Dronero, guidò nei venti mesi della lotta di liberazione i partigiani dei diversi reparti della 104^ Brigata Garibaldi, stanziati sulla sinistra orografica della valle e in particolar modo nel territorio roccabrunese. da Comune di Roccabruna (CN). Revelli dopo la Liberazione si trasferì a Ventimiglia (IM), dove resse a lungo un bar molto popolare nella città].

Il centro dell’organizzazione fu l’intera area di Roccabruna con le sue 93 borgate costantemente presidiate e collegate tra loro dai diversi reparti della 104ª Brigata Garibaldi. I partigiani chiamavano familiarmente la zona la “Roccia” e, nonostante l’intera area fosse spesso sottoposta ad attacchi dei nazifascisti, si muovevano con relativa tranquillità al suo interno, forti dell’estrema capacità di spostamento delle bande, di un territorio ricco di boschi e di sentieri, ma soprattutto della partecipazione attiva degli abitanti della vallata.

Dal febbraio del 1944 la presenza di distaccamenti Garibaldi nelle zone confinanti della valle Maira e della valle Varaita fece sì che sulla linea di cresta si svolgessero frequentemente incontri tra i diversi comandanti partigiani. In caso di rastrellamenti tedeschi, poi, il colle della Ciabra era il punto di passaggio che permetteva ai partigiani dell’una o dell’altra valle il ripiegamento. Delle innumerevoli borgate presidiate dai garibaldini la Borgata Belliardi aveva visto subito dopo l’8 settembre costituirsi un gruppo di partigiani con armi sottratte alle caserme di Dronero. Tra loro c’era anche Stefano Revelli, il comandante Steve che guiderà i partigiani garibaldini per tutto il tempo della guerra di liberazione. Per lungo tempo Steve stazionò in questa borgata e con lui il commissario politico Copeco, tanto che la borgata fu ribattezzata dai partigiani la “capitale”.

Altre borgate come Sant’Anna di Roccabruna, la borgata più alta di quota, Ferre, Oggero, Castlass, Norat o la Cappella di San Bartolomeo accolsero i gruppi partigiani. A Pramallè, invece, aveva sede dalla fine del 1944 la squadra volante della 104ª Brigata Garibaldi: era un gruppo di giovani partigiani, il più vecchio aveva 22 anni, che si occupava di azioni di sabotaggio o raccolta di informazioni in pianura. Nel gennaio del 1945 vennero catturati a causa di una delazione alcuni partigiani della volante. Il comandante Steve, con la mediazione dell’arciprete di Dronero, tentò uno scambio di prigionieri che non riuscì, ma le parti si impegnarono comunque a non uccidere i propri prigionieri. Invece il 6 gennaio 1945 i partigiani furono fucilati nel cortile della caserma di Dronero, mentre i garibaldini non fucileranno i loro prigionieri, ma solo le spie. All’origine della lotta di Liberazione in Valle Maira c’è, come per altre zone della provincia, un episodio di atrocità nazifascite. Infatti, il 2 gennaio 1944 una colonna tedesca entrò nella città di Dronero per vendicare l’uccisione del commissario del fascio Oreste Millone ucciso da un nucleo partigiano del saluzzese: in quella giornata i soldati della Werhmacht uccisero dieci civili scelti a caso lungo la strada. Nei giorni seguenti l’eccidio venne bruciata la tipografia di Giovanni Lantermino che fu deportato a Mauthausen con l’avvocato Pietro Allemandi, Cristoforo Coalova, l’industriale Magno Marchiò e Giuseppe Lugliengo. Nessuno di loro fece ritorno.

Mentre sul versante orografico sinistro della valle si erano organizzate le bande garibaldini, sull’altro versante si riunirono due gruppi uno di partigiani che già operavano in zona l’altro formato dalla banda «Italia libera». Il primo gruppo era comandato da Giuseppe Acchiardo e Bernardo Ghio ed era formato da una trentina di uomini che facevano parte di una banda guidata da un ufficiale effettivo, il secondo era il gruppo che aveva subito il rastrellamento in valle Grana in cui rimase ferito Duccio Galimberti. Dall’unione dei due gruppi nacque una banda di Giustizia e Libertà e il comando fu assunto da Detto Dalmastro che in accordo con le formazioni garibaldine di Steve assumeva anche il comando della vallata.

Il centro di comando GL, tenuto da Detto Dalmastro, fu posto nella piccola borgata di Santa Margherita, che permetteva ai partigiani di dominare il vallone di Paglieres. Intorno a questo comando si sviluppò un’organizzazione di avamposti o distaccamenti, come Falcone, Cucetto, Ruà Prato o Saretto. La buona struttura delle bande partigiane della Valle Maira permise agli uomini di Detto Dalmastro di compiere importanti azioni contro i presidi fascisti e tedeschi, ma anche di superare i ripetuti rastrellamenti fatti in valle dai nazifascisti. Non mancarono, però, nel corso del rastrellamento del luglio 1944 le rappresaglie tedesche: vennero, infatti, bruciati tanto San Damiano Macra, sede del CLN, quanto Cartignano.

La Valle Maira conduce inoltre al colle di Sautron che fu teatro dei patti del Saretto, gli accordi tra resistenza francese e italiana. In virtù di quei patti il maquisard Jean Lippman operò per alcuni mesi in territorio italiano e soggiornò a Paglieres, rientrato poi in Francia fu fucilato dai tedeschi a Flavieres il 19 luglio 1944.

da Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea di Cuneo