La Regia Aeronautica da arma fascistissima alla Resistenza all’epurazione: cenni

Fonte: Diacronie cit. infra

A Roma e nel Lazio, a latere rispetto alle organizzazioni che facevano capo al Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), il quale agiva in prevalenza avendo a mente scopi politici, sorse il Fronte Clandestino Militare, facente capo al colonnello del Genio Cordero Lanza di Montezemolo, in stretto rapporto con il Comando Supremo italiano e con il Comando Alleato. A tale Fronte erano collegati quelli clandestini della Marina, dell’Aeronautica, dei Carabinieri e delle Fiamme Gialle, da cui dipendevano le bande della Pilotta e del generale Filippo Caruso, e anche le bande di Montesacro-Sant’Agnese, dei Castelli, del Soratte e del Gran Sasso.
Il Fronte coordinava le proprie azioni con quelle militari e ad esse le subordinava: tale atteggiamento fece sorgere divergenze con la conduzione politica, la quale riteneva il comportamento dei militari attendistico, mentre i politici pensavano di poter provocare il crollo tedesco con atti di guerriglia, anche urbana.
Non fidandosi delle organizzazioni indipendenti, gli Alleati destinarono propri agenti a Roma per controllare e guidare i movimenti di resistenza, mentre continuavano l’opera di invio di missioni speciali in Liguria, Toscana, Emilia e Venezia Giulia, allo scopo di costituirvi gruppi di partigiani, principalmente con scopi informativi (Otto, Franchi, eccetera).
Nell’Italia Settentrionale operava poi il VAI (Volontari Armati Italiani), di ispirazione governativa, che, contrastato anche dal CLN, fu smantellato dai tedeschi a seguito di delazione, e i suoi dirigenti furono fucilati. Fra le formazioni partigiane ve ne erano alcune tipicamente militari, come le Brigate Mauri, in Piemonte, e le Fiamme Verdi nel resto dell’Italia Settentrionale.
In previsione dello dello sbarco ad Anzio-Nettuno lo FCM e i partigiani furono invitati dagli Alleati ad agire contro le linee di comunicazione dei tedeschi.
Questi, fallito lo scopo dello sbarco per il mancato sfondamento del fronte principale di Cassino, ebbero una reazione violenta: non potevano infatti consentire ai partigiani di agire impunemente in una zona ora diventata ancora più importante da un punto di vista strategico. In loro mano caddero numerosi appartenenti allo FCM e ad altre organizzazioni collegate.
Notevole fu comunque il contributo informativo fornito dal Fronte agli Alleati, che permise di neutralizzare numerose azioni nemiche contro la testa di sbarco di Anzio.
(a cura di) Giuliano Manzari, La partecipazione delle Forze Armate alla guerra di Liberazione e di Resistenza. 8 settembre 1943 – 8 maggio 1945, Commissione Italiana di Storia Militare (CISM), Ente Editoriale per l’Arma dei Carabinieri, Roma, settembre 2003

La Regia Aeronautica è stata spesso qualificata, sin dalla sua costituzione, con l’appellativo di “arma fascistissima”. Per verificare questa aggettivazione, partendo anche dal presupposto che una organizzazione “fascistissima” debba essere necessariamente guidata da un vertice “fascistissimo”, ci siamo rivolti alle decisioni che hanno visto protagonisti gli ufficiali dell’arma aerea l’8 settembre 1943 e nei giorni seguenti. Proporre un’analisi della scelta fatta da ciascun militare di aderire alla Repubblica Sociale Italiana, ovvero di continuare a combattere in favore del legittimo governo monarchico fuggito a Brindisi, costituisce uno dei molteplici e diversi punti di vista che possono contribuire alla conoscenza di quanto accadde. A tal fine si è proceduto ad esaminare il carteggio dei processi di epurazione che, come tutti i pubblici dipendenti, hanno visto imputati anche i vertici della Regia Aeronautica […] Giunse l’8 settembre. Non sembrò un giorno di guerra diverso dai precedenti, tanto che, con l’armistizio ancora non dichiarato, la Regia Aeronautica rispose con trentaquattro caccia intercettori, raggranellati da sette diverse basi, ai centotrenta Boing B-17, le fortezze volanti, dirette su Frascati dove aveva sede il comando tedesco del maresciallo Kesserling. I rappresentati del Comando Alleato avevano avvisato i massimi vertici italiani che avrebbero svolto tale incursione aerea proprio nel giorno in cui sarebbe stato reso pubblico l’armistizio. La giornata trascorse con altre azioni di guerra fino alle 19.45 circa, quando le radio delle basi aeree, come quelle sintonizzate dentro e fuori la penisola, trasmisero la voce di Badoglio che da Roma comunicò la fine delle ostilità. Come noto, fu sorpresa per tutti, militari e civili. Solo alla mezzanotte dello stesso 8 settembre il Capo di Stato Maggiore Generale Vittorio Ambrosio inviò un primo messaggio a Superaereo – indirizzo telegrafico del Comando Supremo della Regia Aeronautica – comunicando che “dalle 10.45 di oggi 8 settembre [l’ordine giunse quindi circa 13 ore dopo la sua entrata in vigore e 4 ore dopo il comunicato radio di Badoglio, ndr.] dovrà cessare ogni nostro atto ostile verso le forze angloamericane. Le forze armate italiane dovranno però reagire con la massima decisione alle offese che provenissero da qualsiasi parte”. Nel frattempo, alle ore 19.45 circa: ” Ci guardammo esterrefatti col cuore in gola, quasi incapaci di pensare. Eravamo smarriti col cervello vuoto. Sarà vero? I piloti tedeschi, seduti un po’ più in là, non avevano sentito. Cominciammo a parlare sottovoce della faccenda. […] e ora? Miracolosamente, prima che la formazione che aveva decollato poco prima si gettasse nella fornace, riuscimmo a collegarci per radio e a richiamarla indietro. Neanche la sera mangiammo. Restammo tutta la notte svegli a vista dei nostri aeroplani perché i tedeschi avevano iniziato a guardarci torvi con sospetto e in parte avevano cominciato a decollare. […] dove erano andati?”.
Ricorrere a testimonianze dei sopravvissuti è un’operazione assai complessa: ci si accosta al problema del rapporto tra storia e memoria, chiamando in causa aspetti psicologici legati alla percezione individuale degli eventi storici, e ci si confronta con problematiche legate alla rielaborazione del ricordo a distanza di tempo. Occorre tener conto di tale problematica in quanto entrambi i fattori rischiano inevitabilmente di minare l’autenticità del racconto. Dal ricordo del Petroselli, da cui il brano sopra riportato, possiamo comunque cogliere lo stato di ansia e incertezza nel quale chi visse il prima persona quelle drammatiche ore dovette assumente delle decisioni sul proprio e altrui immediato futuro.
[…] Tre giorni dopo la dichiarazione di armistizio, quindi, neanche il Sottocapo di Stato Maggiore, seconda carica militare nella linea di comando della Regia Aeronautica, poté disporre di chiare indicazioni o di precise disposizioni. Le istruzioni e le direttive, quelle poche che ci furono, viste anche le condizioni in cui versavano i vari mezzi di comunicazione, vennero impartite con difficoltà. L’incertezza dovuta a mancanza di disposizioni o più semplici informazioni portò ad una situazione di sbando. Molti uomini della Regia Aeronautica avevano combattuto intensamente per tre anni a fianco dell’alleato tedesco condividendo vittorie e sconfitte, le gioie e la morte, e nei drammatici e caotici giorni successivi l’8 settembre 1943, furono chiamati ad una scelta che coincideva anche con una precisa indicazione geografica: andare a sud, con gli angloamericani ovvero a nord con i vecchi alleati; seguire le poche e confuse disposizioni impartite da Brindisi, ovvero aderire al proclama di raccolta per l’arruolamento nell’Aeronautica Nazionale Repubblicana della Repubblica Sociale Aeronautica, che il tenente colonnello Ernesto Botto, noto sin dai tempi del conflitto civile spagnolo come “Gamba di Ferro”, aveva lanciato il 12 ottobre 1943 dai microfoni dell’EIAR. Ma occorre rendere conto del fatto che seguire le direttive di Sandalli o, in alternativa, quelle di Botto, non furono le uniche vie. Molti aviatori compirono scelte autonome come, ad esempio, quella di raggiungere le proprie famiglie, mentre altri vissero la condizione di “prigioniero di guerra” degli angloamericani o, dopo l’armistizio, dei tedeschi. Ognuno visse una situazione estremamente complicata trovandosi spesso a migliaia di chilometri da casa, magari in un altro continente, dove qualsiasi notizia non poteva trovare alcun riscontro. In queste condizioni l’8 settembre fu difficile da decifrare. Persino l’ammiraglio Paolo Emilio Thaon di Revel, ultraottantenne con un glorioso passato, dalla propria casa, non lanciò proclami o giudizi di valore, sottolineando, invece, come la lettura degli avvenimenti dell’8 settembre 1943 avesse quale ulteriore discriminante il dato generazionale:
“In momenti così delicati, è doveroso lasciare massima libertà alle coscienze, purché esse siano sinceramente rivolte al bene del Paese. Non voglio dare consigli, tanto più che il pensiero di un uomo di 83 anni parte da presupposti diversi da quelli dei giovani delle nuove generazioni”
Edoardo Grassia, L’8 settembre 1943 e la Regia “fascistissima” Aeronautica in I. Definire l’idea, teorizzare l’azione: guerra, occupazione, propaganda, Diacronie, n° 25-1 / 2016

Nel caso del Fronte Clandestino Regia Aeronautica, in questa sede, faremo riferimento solo agli scritti del generale Umberto Cappa, ovvero di colui che ne fu posto al comando.
Sono principalmente due i documenti cui rivolgeremo la nostra attenzione: il primo è tratto dalla relazione che questi scrisse per il processo di epurazione e custodita presso l’Ufficio Storico dell’Aeronautica <11, considerata d’interesse per comprendere come l’8 settembre e i giorni seguenti irruppe nelle singole vite e, spesso, vincolò ciascun soggetto al luogo fisico vissuto nel momento dell’armistizio; il secondo documento, custodito presso l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito <12, invece, è una relazione sull”’attività e l’organizzazione del Fronte Clandestino Regia Aeronautica durante l’occupazione tedesca di Roma”, che fornisce le indicazioni sulla nascita e l’organizzazione del Fronte. Per una più compiuta illustrare della storia relazionata dal generale Cappa, infine, faremo brevi riferimento anche al Fronte Clandestino Militare, costituito dal colonnello Montezemolo e da uomini del Regio Esercito, rappresentante ufficiale del Quartier Generale Italiano di Brindisi. In questo caso, considerata la morte di Montezemolo alla Fosse Ardeatine, ci avvarremo della “relazione consuntiva” firmata dal suo vice, il colonnello Pacinotti <13.
Il generale Umberto Cappa era, al tempo, il Comandante dell’Aviazione della Sardegna. Il giorno 5 settembre, assieme ai collaterali comandanti delle forze terrestri e marittime, fu chiamato a rapporto dal Comandante Superiore della Sardegna. Questi li informò del fatto che era da prevedersi, verso la metà del mese, un possibile capovolgimento di fronte. Per quel periodo occorreva predisporre le forze per i previsti e prevedibili avvenimenti.
Cogliendo l’occasione del fatto che il colonnello Remondino aveva chiesto alcuni giorni di licenza per recarsi a Roma presso la famiglia, lo inviò, in via riservata, anche dal Ministro e Capo di Stato Maggiore generale Sandalli per avere maggiori delucidazioni sulle notizie ricevute. Sandalli, dopo quel primo incontro, convocò Cappa che giunse dal Ministro alle 18.30 del 7 settembre. Il giorno successivo il Comandante dell’Aviazione della Sardegna fu a rapporto anche dal Sottocapo di Stato Maggiore, generale Santoro. Non abbiamo risultanze di questi colloqui, ma Cappa scrisse di aver comunicato a Santoro che sarebbe ripartito, per riprendere il suo posto di comando, alle ore 4 del mattino del successivo giorno 9.
Il programma di Cappa, e del suo equipaggio, fu chiaramente cambiato dall’annuncio dell’armistizio, la sera dell’8 settembre, e dalla progressiva occupazione della città da parte delle forze tedesche.
Sempre dal suo scritto, infatti, sappiamo che il 9, nel caos cittadino, Cappa non riuscì a raggiungere l’aeroporto di Centocelle e rientrò al Ministero dell’Aeronautica dove incontrò i generali Santoro e Urbani e dove seppe che Sandalli era andato via, in una delle automobili al seguito dei regnanti. In attesa e alla ricerca di ordini o informazioni, anche da parte di altri ministeri, giunse la notizia che alcuni ministri civili si erano radunati presso il Ministero degli Interni e Urbani chiese a Cappa di raggiungerli. Neanche lì, però, si possedevano indicazioni e Cappa tornò nuovamente a Palazzo Aeronautica. Chiesto a Santoro e Urbani di rientrare al proprio comando, dal 9 all’11 fece diversi tentativi, anche con il suo aiutante e il suo marconista, di raggiungere Centocelle in abiti borghesi. Ogni tentativo fu vano, le strade e lo stesso aeroporto erano presidiate dalle forze di occupazione.
Questi avvenimenti, se specifici per il generale Cappa, sono in realtà indicativi per molti: la collocazione fisica della sera dell’8 settembre e della mattina successiva, risultarono determinanti sulle possibili scelte di ciascuno.
Cappa, rientrò ancora una volta al Ministero dell’Aeronautica e comunicata l’impossibilità di tornare al suo comando, si mise a disposizione del generale Urbani nominato, da Calvi di Bergolo, Commissario per l’Aeronautica nel Comando della Città Aperta di Roma. Con l’istituzione della Repubblica Sociale Italiana, Cappa e Urbani, per non correre il rischio di essere arrestati, come avvenne per lo stesso Calvi di Bergolo, il 7 ottobre si allontanarono dal Ministero dell’Aeronautica per darsi alla macchia. Il mese di ottobre trascorse tra la macchia, i contatti con le prime bande che si stavano formando all’interno e all’esterno della città e la ricerca di militari con cui avviare un nucleo che riunisse il personale dell’Aeronautica.
I primi di novembre si incontrò con i generali Longo, Biffi e Pasquali, i colonnelli Fossato e Remondino e i maggiori Santini e Roveda: nacque il Fronte Clandestino Regia Aeronautica e Cappa ne fu designato il capo. A differenza del colonnello Montezemolo, nominato via radio Capo dell’Ufficio di Collegamento con il Quartier Generale Italiano di Brindisi, la designazione di Cappa avvenne dall’interno e non dall’investitura ufficiale dell’alto comando militare italiano.
Come per il Fronte Militare Clandestino illustrato dal colonnello Pacinotti, anche quello aeronautico indicò i suoi scopi consistenti nel riunire il personale della Regia Aeronautica impedendone la dispersione in altre attività o in altre organizzazioni; assicurare con ogni mezzo possibile, materiale e morale, il personale nella difficile prova che stava sostenendo; partecipare attivamente alla guerra contro i tedeschi con informazioni sul nemico e con azioni di sabotaggio; mantenere integra la compagine aeronautica dando la sensazione che i capi erano con il loro personale nell’ora del pericolo, condividendo i rischi e i sacrifici.
Dati gli scopi e per rendere l’organizzazione meno vulnerabile, soprattutto per l’azione delle polizie fascista e nazista e di quella delle centinaia di delatori, spie e doppiogiochisti, venne escogitata una tecnica organizzativa a gruppi nei quali il capo banda, il cui nome era noto a pochissimi, era conosciuto ai più con un nome di copertura, cambiato ogni volta fosse ritenuto necessario. Quel nome indicava anche quello della banda. I gregari di ciascuna banda dovevano conoscere il solo nome di copertura del capo e non dovevano avere nessun contatto con il Fronte. Questo fu indicato come “sistema a catena”.
Cappa indicò di aver avuto diversi rapporti diretti e indiretti con Montezemolo, ma specificò, così come anche Pacinotti scrisse nelle sue memorie, che seppur vi fu una piena identità di vedute tra le organizzazioni indicate come “parallele”, non vi fu un vero coordinamento. Solo dal mese di gennaio, con la nomina di un unico comandante per i Fronti di Esercito, Marina e Aeronautica, generale Armellini prima e, soprattutto, generale Bencivenga, le azioni di queste organizzazioni iniziarono una vera azione di cooperazione.
Senza entrare nello specifico delle incombenze previste dalle singole articolazioni, il Comando del Fronte Clandestino Regia Aeronautica, omettendo gli addetti agli uffici, fu composto da:
– Comandante generale Umberto Cappa;
– Ufficiale Addetto maggiore Roveda;
– Capo di S.M. tenente colonnello Gilardoni;
– Uff. Segreteria prof. Marchisio;
– Uff. Informazioni tenente colonnello Tani;
– Uff. Politico prof. Levi;
– Uff. Collegamento e Servizi colonnello Ascoli Marchetti;
– Uff. Personale maggiore Caprioglio.
Le bande che fecero capo al Fronte Clandestino Regia Aeronautica, dai nomi dei rispettivi comandanti, furono:
– Balda Longo, del generale Ulisse Longo;
– Banda Biffi, del generale Giuseppe Biffi;
– Banda Pasquali, del generale Arnaldo Pasquali;
– Banda Barba, del generale Giuseppe Barba;
– Banda Federici, del colonnello Angelo Federici;
– Banda Ascoli Marchetti, del colonnello Vittorio Ascoli Marchetti;
– Banda Tani, del tenete colonnello Donatello Tani;
– Banda Giovannozzi, del maggiore Massimi Giovannozzi;
– Banda Veronesi, del capitano Natale Veronesi;
– Banda Montanari, del capitano Domenico Montanari;
– Banda Ferraris, del capitano Pierino Ferraris,
e la banda aggregata:
– Banda Matricardi, del generale Attilio Matricardi.
Restando in termini di nomi e funzioni svolte da personale della Regia Aeronautica nella Guerra di Liberazione, seppur non inseriti nel Fronte della forza armata aerea, riteniamo importante fare menzione del tenente colonnello Musco e del maggiore Santini, uomini che, come illustrò il colonnello Pacinotti del Fronte Militare Clandestino, risultarono fondamentali per l’azione svolta da tutte le organizzazioni militari operanti a Roma.
Abbiamo già avuto modo di specificare il fatto che tra le prime esigenze che diedero vita alla formazione spontanea dei centri militari, oltre al coordinamento delle bande, vi era il contatto con Brindisi. Il colonnello Pacinotti, dopo aver raccontato dell’arresto del generale Calvi di Bergolo e della fortunosa fuga di Montezemolo da palazzo Tittoni, relazionò che il pomeriggio del giorno 23 settembre si incontrò con lo stesso Montezemolo e con il maggiore Argenton. I tre convennero subito sul fatto che dovesse essere costituito un centro che, comunicante con il Comando Supremo di Brindisi, coordinasse le bande dei partigiani militari operanti a Roma e provincia.
Il primo obiettivo fu raggiunto grazie a Montezemolo che iniziò a riallacciare i contatti con il Servizio Informazioni Militari, entrando in contatto proprio con i due ufficiali della Regia Aeronautica operanti nel SIM: Musco e Santini. Questi avevano a disposizione due radio funzionanti, ma il contatto con il governo del sud, dopo il fallimento di alcuni tentativi di inviarvi uomini, fu reso possibile solo con l’arrivo del capitano Francesco Vassalli [ndr: in verità Fabrizio Vassalli, nome di battaglia “Franco Valenti” ] che portò il cifrario utilizzato nei contatti. Con il ripristino di questi due apparecchi e la riformulazione dei cifrari, iniziarono i contatti Roma-Brindisi: nacque il Centro X, sigla radio BLZ, e le comunicazioni per indicare le attività svolte dai tedeschi, i loro movimenti, la consistenza della loro forza e del loro armamento divennero la principale attività svolta all’interno della città. Il 10 ottobre, giunse il messaggio: «Comunicare se Monte est in situazione assumere compito direttivo et organizzativo.» <14 Il Comando Supremo nominò Montezemolo suo diretto rappresentante a Roma e gli affidò il compito di impostare una lotta di liberazione che, nelle comunicazioni successive, si sostanziò nel preparare l’insurrezione all’arrivo degli Alleati e all’operare sempre in favore della monarchia. Ufficialmente Montezemolo fu il Capo dell’Ufficio Collegamento con il Comando Supremo e Pacinotti il suo vice.
L’iniziale attività del Fronte Clandestino Militare, e possiamo ritenere che quanto segue valga per tutte le formazioni che operarono in un ambiente cittadino come quello romano, è ben rappresentata dalle parole dei Pacinotti:
l’organizzazione nasceva dal niente e doveva svilupparsi in un ambiente quanto mai sfavorevole, non solo per l’attività della polizia tedesca e di quella fascista (invero alquanto disorientata almeno sino alla fine del mese di ottobre), ma soprattutto per la forma mentis dei componenti, non aderente alle esigenze della lotta clandestina, e per l’incoercibile pettegolezzo dei salotti romani. Il primo nucleo si raccolse intorno a Montezemolo […] Congiurati principianti ci mettemmo per la strada a ricercar conoscenti che la pensassero come noi, sistema maledettamente imprudente e che, peraltro, anche dopo un lungo tirocinio fatto nella lotta clandestina, riconosco essere stato l’unico possibile per cominciare. […] Entro il mese di ottobre l’organizzazione si allargò notevolmente e Montezemolo decise di presentarsi non come Comandante ma semplicemente come il Capo di un “ufficio collegamento” costituito in Roma dal Comando Supremo. In questa forma, sotto l’autorità del Comando Supremo e salva restando la disciplina, era consentito dare ordini e direttive anche ad ufficiali di grado superiore […]. Prendemmo in quei giorni contatti con S.E. il gen. Sogno, con S.E. il gen. Sorice, con i generali delle riserva Aeronautica Lordi e Martelli Castaldi […] e con il tenente Mosconi comandante di una forte banda organizzata dai generali Lordi e Martelli. […] Il generale Cadorna, in quei giorni pur intrattenendo col centro militare buone relazioni di collaborazione, mantenne diretto contatto con il CLN. <15
L’attività iniziò. Non si ha contezza di tutte le operazioni svolte e, ribadiamo, tutto ciò che fu posto in essere è reso solo nell’ambito memorialistico. Unico dato oggettivo che fornisce la dimensione dell’azione militare clandestina nella Guerra di Liberazione è dato dal numero degli appartenenti ai diversi Fronti Militari martiri alle Fosse Ardeatine, 68, e del numero dei patrioti e patrioti combattenti riconosciuti all’interno delle formazioni.
11 USAM, Fondo “Discriminati Gen.” – b. 3 f. 32 – Carteggio generale Umberto Cappa.
12 USSME, Diari Storici 2^ Guerra Mondiale, b. 3022, f.29, “Relazione sull’attività e organizzazione del Fronte Clandestino di Resistenza della Regia Aeronautica durante l’occupazione tedesca a Roma” del generale Cappa.
13 USSME, Carteggio versato dallo Stato Maggiore della Difesa, b. 187, f.5. “Relazione consuntiva sulle attività successivamente svolte dalla Delegazione del Comando Supremo in Roma, dai Comandi Civili e Militari della città di Roma, nel periodo 22 settembre 1943 – 5 giugno 1944.
14 LOMBARDI, Gabrio, Montezemolo e il Fronte Militare Clandestino di Roma, Le Edizioni del Lavoro, Roma 1947, p 17.
15 USSME, Carteggio versato dallo Stato Maggiore della Difesa, b. 187, f.5. “Relazione consuntiva sulle attività successivamente svolte dalla Delegazione del Comando Supremo in Roma, dai Comandi Civili e Militari della città di Roma, nel periodo 22 settembre 1943 – 5 giugno 1944
Edoardo Grassia, Il Fronte Clandestino Regia Aeronautica, L’Aeronautica nella Guerra di Liberazione, Convegno, Roma, 26 marzo 2019, CESMA Centro Studi Militari Aeronautici

Fonte: Luciano Russo, art. cit. infra

[…] La resistenza aeronautica a terra viene attuata principalmente in Roma Capitale e nelle aree limitrofe, come i Castelli Romani, sede del Comando Nazi-Tedesco, l’ex Città dell’Aeronautica di Guidonia e le zone dei Monti della Tolfa, da personale con status militare di continuato e mai interrotto servizio regolare, organizzato in cosiddette “bande” partigiane equiparabili ed equiparate a “reparti” in territorio occupato dal nemico, uomini riraggruppatisi via via, dopo l’inevitabile caos post-Armistizio, o intorno ai rispettivi comandanti o a nuovi capi-banda di sicuro affidamento eletti per capacità e prestigio, per andare a costituire un vero e proprio “Fronte Clandestino Aeronautico” pienamente operativo, senza uniforme, con scarsità di mezzi di ogni tipo mai disposti a cedere di propria volontà.
[…] Fin dalle prime ore successive alla proclamazione pubblica dell’Armistizio via radio, a Roma si combatte duramente contro i Nazi-Tedeschi: invano gli uomini della Regia cercano di salvare aeroporti e postazioni al Quadraro, all’Acqua Santa, alla Torraccia, ma soprattutto a Centocelle.
Membri del Battaglione Paracadutisti Arditi Distruttori della Regia Aeronautica ed altri elementi dell’Arma forma un primo gruppo sotto il comando del Capitano Araldo De Angelis, che, aggregato poi alla costituita Banda “Cattapani”, condurrà numerose azioni di guerriglia armata sia nella Capitale che nei Colli Albani.
In durissimi scontri cadono a Monterotondo i primi aviatori nella lotta di resistenza armata: il Sergente Pietro Orlandini e gli Avieri Angelo Calabresi, Dario Rufini, Pietro Sacca e Ignazio Trevisani!
Fallito ogni più o meno organizzato tentativo di resistenza di alcuni e ferme restando le gravissime reponsabilità di molti altri, alla fine le Truppe Nazi-Tedesche occupano saldamente la Capitale.
A questo punto lo spartiacque ideologico-politico-militare è chiaro anche nell’Aeronautica:
– i più, fedelissimi al Fascismo, si riconosceranno pienamente nella Repubblica Sociale Italiana di Benito Mussolini, Stato marionetta possibile solo perché voluto e sostenuto da Adolf Hitler, molti di loro Ufficiali, che lasceranno Roma alla volta di Firenze o altre città dell’Italia Settentrionale;
– una minoranza decide comunque di non tradire il giuramento militare prestato, neppure sotto la spinta della propaganda nazi-fascista e le pressioni esercitate da popolari Comandanti, convinti o fanatici Fascisti, ora dalla parte dei Nazi-Tedeschi.
Quelli che tra questa minoranza rimarranno per svariati motivi “intrappolati” a Roma – gli Alleati bloccati a Sud di Cassino – si vedranno costretti a subire una violenta reazione nazi-fascista (Ufficiali e Sottufficiali della difesa di Roma attivamente ricercati per essere eliminati o forzatamente traferiti alla nascente Repubblica Sociale Italiana di Salò, braccati dalle capillari organizzazioni di Forze Occupanti, Polizia e “spie” per scarsità di cibo o necessità economiche), vittime spesso di torture e assassinii da parte della famigerata cosiddetta “Banda Koch”, tristemente noti torturatori di uno speciale reparto di polizia politico-militare della R.S.I. al comando di tal Pietro Koch, ex granatiere, madre italiana e padre tedesco.
L’alternativa forzata è la sortita di guerriglia a sorpresa di cellule formatesi più o meno spontaneamente nell’assoluta clandestinità.
Data la opprimente e precaria situazione romana si comincia a pensare di collegare queste cellule sparse riunendole e coordinandole in un’unica organizzazione militare clandestina, trasformando così primi atti isolati di ribellione a soprusi e imposizioni degli Occupanti Nazi-Tedeschi e dei Fascisti in vera lotta armata di resistenza e poi liberazione.
Nasce così il “Fronte Militare Clandestino dell’Aeronautica”, comandante il Generale di Divisione Aerea Umberto Cappa, una prima organizzazione poi incorporata in quello che sarà il “Fronte Militare Clandestino della Resistenza” del Colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, nome di battaglia “Cataratto” (anche lui come Sabato Martelli Castaldi futuro martire alle Fosse Ardeatine, ma con un colpo di pistola alla nuca, e Medaglia d’Oro al Valor Militare “per attività partigiana” alla memoria), la cui struttura ricalca in piccolo e non sempre in modo vantaggioso quella militare tradizionale.
Il Fronte Aeronautico darà anche vita al cosiddetto “Centro X”, una centrale di comunicazioni a garantire la legittimità delle proprie azioni militari a Roma attraverso collegamenti radio con il legittimo Governo in autoproclamato esilio a Brindisi, grazie al furto di ricetrasmittenti militari poi strategicamente distribuite in appartamenti privati dei diversi quartieri della Capitale, anche utilizzando un rudimentale cifrario sottratto insieme a documenti segreti poi trafugati dall’Aeroporto dell’Urbe a bordo di un SM 79 fortunosamente riparato al Sud.
Una delle maggiori difficoltà per questi militari è proprio quella di adattare strutture organizzative militari tradizionali alle estremamente variabili e non sempre prevedibili condizioni che la lotta clandestina di guerriglia comporta e molto spesso impone.
Questo inculcato carattere prettamente militare di rapporti e disciplina, con modalità procedurali di rigida dipendenza gerarchica, attraverso ordini che devono attraversare un’intera linea di comando, esponendo azzardatamente le comunicazioni tra i vari livelli, la spesso totale ed assoluta incapacità di entrare nello spirito della guerriglia clandestina, che richiede soggettiva e repentina creatività nell’apparire, colpire e sparire, oltre che l’assenza dell’essenziale affiancamento delle donne, che tanto servizio renderanno al successo dei gruppi di resistenza politica, decima le file.
Degli arrestati i più fortunati finiranno a Regina Coeli, molti altri a Via Tasso e non è un caso che tra questi ultimi concluderanno il loro calvario di torture fra i 335 ostaggi trucidati alle Fosse Ardeatine, in rappresaglia nazi-tedesca dell’attentato dei gappisti a Via Rasella, tra cui appunto il Colonnello Cordero Lanza di Montezemolo, l’anche lui citato Generale Martelli Castaldi e il Generale di Brigata Aerea Roberto Lordi, terza Medaglia d’Oro al Valor Militare “per attività partigiana” alla memoria.
Alla Liberazione di Roma del 4-5 giugno 1944, il Fronte Clandestino di Resistenza dell’Aeronautica conta ancora, concentrata nell’area di Roma Città e Provincia, dai Castelli Romani e Guidonia a Sud fino ai Monti della Tolfa a Nord, su una forza di circa 2.000 uomini, di cui 700 inquadrati in reparti di pronto impiego (soltanto circa 350 ex-aviatori, di cui un centinaio attivi, si ritroveranno nelle file della trentina di altre formazioni partigiane della Capitale).
A livello organizzativo il Fronte Aeronautico risulta alla fine strutturato, dagli iniziali “Gruppi” man mano agglomeratisi, in 11 “Bande”, tutte operative, e più precisamente, in ordine alfabetico:
– la “Asma”, al comando del Colonnello Vittorio Ascoli Marchetti;
– la “Cattapani”, al comando del Generale di Divisione Aerea Ulisse Longo, già Tenente Colonnello Sotto Capo di Stato Maggiore sotto Italo Balbo e con lui nel 1933 durante Seconda Crociera Nord-Atlantica “del Decennale”;
– la “Elena”, al comando del Generale di Divisione Aerea Giuseppe Biffi
– la “Ferraris”, al comando del Capitano Pierino Ferraris
– la “Federico”, al comando del Colonnello Angelo Federici
– la “Giovannotto”, al comando del Maggiore Massimo Giovannozzi
– la “Guerra”, al comando del Generale di Brigata Aerea Giuseppe Barba
– la “Matricardi”, al comando del Generale di Squadra Aerea Attilio Matricardi
– la “Milano”, al comando del Capitano Natale Veronesi
– la “Montanari”, al comando del Maggiore Domenico Montanari
– la “Zuccoli”, al comando del Generale di Brigata Aerea Arnaldo Pasquali.
Dal settembre 1943 alla Liberazione di Roma, questi uomini, oltre che partecipare ad azioni di sabotaggio e di guerriglia, svolgono più nascoste ma non meno importanti attività, assicurando assistenza anche economica ai familiari del personale inquadrato nel Fronte, controspionaggio, contraffazione di documenti, sistematica raccolta e trasmissione di informazioni di interesse militare, contro-propaganda e vitali collegamenti con le organizzazioni partigiane del Nord-Italia a lungo operanti nei territori occupati dai Nazi-Fascisti. […]
Luciano Russo, La Regia Aeronautica tra il 1943 e il 1945, TusciaRomana.Info

Come previsto negli accordi sottoscritti con gli angloamericani, all’indomani dell’8 settembre 1943, il legittimo governo italiano avviò le procedure per estromettere dalle pubbliche amministrazioni tutti quanti fossero in qualche modo collusi con il regime fascista. La fitta produzione legislativa finalizzata alla defascistizzazione dello Stato ebbe inizio con il RDL 2 agosto 1943, nº 704, concernente la soppressione del PNF, e si concluse con la legge 14 maggio 1949, nº 326, con la revoca dei provvedimenti di epurazione. Per disciplinare la materia “epurazione”, in sei anni, i governi che si sono succeduti alla guida del paese emanarono 39 provvedimenti legislativi. Per effetto di uno di questi – DLGLT 159/44, art. 40 – il governo Bonomi istituì l’Alto Commissariato per le sanzioni contro il fascismo e nominò presidente Carlo Sforza (si dimise dall’incarico nel dicembre 1944). Oltre all’Alto Commissariato, in applicazione del DLGLT 198/44, furono istituite le Commissioni di Epurazione e, per i membri del Governo, delle assemblee legislative e per gli alti gerarchi, l’Alta Corte di Giustizia.
Nella sola Roma furono nominate 169 Commissioni di epurazione tra le quali 4 per il Ministero della Guerra, 2 per l’Arma dei Carabinieri, 3 per il Ministero della Marina e 2 per il Ministero dell’Aeronautica.
Trentanove provvedimenti legislativi e centinaia di commissioni: emerge appieno la farraginosità dell’apparato preposto alla defascistizzazione delle amministrazioni dello stato, degli enti locali e parastatali, degli enti comunque sottoposti a vigilanza o tutela dello stato e delle aziende private esercenti servizi pubblici o di interesse nazionale. Sembrerebbe che, più che cercare di liquidare velocemente un passato scomodo per una intera nazione, si costruì una resistenza passiva dell’intero processo di epurazione che, nel giudicare, dovette distinguere, in qualche modo, tra i conformisti apolitici (iscritti al partito per conservare il posto di lavoro), gli opportunisti politici (iscritti al partito per ottenere un posto di lavoro) e i fascisti più pericolosi. I processi per la defascistizzazione furono comunque avviati.
Dalla “Relazione sull’attività svolta dall’Alto Commissario Aggiunto per l’epurazione nel periodo dal 1° gennaio al 15 luglio 1945”, possiamo estrapolare una serie di dati statistici che ci permettono una comparazione tra l’aeronautica e le amministrazioni statali interessate ai processi di epurazione. Fino al luglio 1945, undici mesi prima dell’avvenuta amnistia per i reati comuni, politici e militari, tra azione diretta dell’Alto Commissario Aggiunto e delle Commissioni operanti in ciascuna amministrazione, furono deferite complessivamente 34.842 di cui, citando unicamente i dati più consistenti, 6031 del ministero delle comunicazioni (17,31% del totale), 4417 del Regio Esercito (12,68%), 3750 del ministero delle finanza (10,76%), 3125 del ministro degli interni (8,97%), 1737 della Regia Aeronautica (4,99%), 1320 del Comune e Provincia di Roma (3,79%), 1182 dei Reali Carabinieri (3,39%) e 999 della Regia Marina (2,97%). Per l’arma fascistissima, quindi, furono sospettati di affiliazione al regime e, quindi, fu richiesto il giudizio di un numero di persone pari a circa 1/3 di quelle del ministero delle comunicazioni, meno della metà del Regio Esercito e del ministero delle finanze, circa metà del ministero degli interni e quasi uguale al numero dei deferiti dell’amministrazione comunale e provinciale di Roma. Appaiono evidenti, nel periodo considerato, le basse percentuali della forza armata aerea sui totali generali. […] Procedendo nella lettura delle statistiche disponibili sempre a far data al 15 luglio 1945, è possibile ancora notare che, per quanto i processi di I grado conclusi per il personale della Regia Aeronautica fossero in percentuale più bassi rispetto a quelli di altre amministrazioni, i giudizi emessi furono di dispensa dal servizio, ovvero pena più elevata, nel circa 20% dei giudizi emessi, sanzioni disciplinari nel circa 54%, e di proscioglimento nel 26%. Cinquantuno furono i ricorsi avverso i provvedimenti di condanna presentati all’Alto Commissario per le epurazioni.
Stringendo le nostre osservazioni attorno alla forza armata aerea, per ciò che concerne gli ufficiali con grado di colonnello e generale – tutto personale di competenza della I Commissione di Epurazione per il ministero dell’Aeronautica – disponiamo del fondo “Discriminati Gen.” costituito da nº 181 fascicoli di ufficiali deferiti. Si è deciso, quindi, di procedere ad una ricerca rivolta a verificare la possibile esistenza di elementi documentali che possano fornire notizie o apportare un contributo per l’analisi del rapporto tra gli alti ufficiali della “fascistissima” aeronautica e il regime di Mussolini. In particolare, in tutti i fascicoli in analisi, è stata cercata la “scheda personale”, un documento elaborato dall’Alto Commissariato Aggiunto per le epurazioni, quale strumento giudiziario per la rilevazione dei dati individuali ritenuti indice di affiliazione al regime fascista. Tale scheda fu strutturata come un questionario composto da 39 domande cui bisognava rispondere sotto giuramento con un “si” o con un “no”; solo poche domande richiedevano una risposta aperta. I quesiti in esso contenuti miravano alla rilevazione di situazioni quali i rapporti con il PNF e le sue organizzazioni, gli incarichi ricoperti nella pubblica amministrazione, la carriera militare e il comportamento assunto all’8 settembre 1943. Visionando i fascicoli personali ci si è dovuti subito rendere conto che non tutti presentano il documento cercato ma, contestualmente, si è potuto constatare l’esistenza di ulteriori due questionari titolati “dati riflettenti la posizione personale di …. (cognome e nome)” e “questionario del centro di affluenza e riordinamento di … (luogo)” che contengono gran parte dei quesiti espressi anche nella “scheda personale”. Nei casi in cui il documento da noi cercato non fosse contenuto nel fascicolo dell’ufficiale esaminato, si è fatto quindi riferimento alle risposte sottoscritte negli altri due documenti citati.
I fascicoli che conservano la “scheda personale” sono 64 sul totale di 181 (35,35%). Ricordando ancora una volta che la compilazione del documento doveva avvenire sotto giuramento, solo un ufficiale fu accusato di aver riportato notizie false51, indice del fatto che le risposte furono in qualche modo verificate. In sede “operativa” si è deciso di creare delle griglie cercando di raggruppare i quesiti all’interno di aree affini in modo tale da avere a disposizione uno strumento che, anche nella sua forma grafica e tipografica, potesse aiutare nell’analisi delle risposte date.
[…] L’area dei quesiti 30-39 appare particolarmente ricca di indicazioni per il confronto tra l’arma “fascistissima” e l’8 settembre 1943. Nelle schede, infatti, possiamo analizzare le risposte allo specifico quesito n. 33: Se alla data dell’8 settembre si trovava sotto le armi come si è comportato? che illustra il comportamento individuale tenuto il giorno dell’armistizio, ma anche quesiti (dal 29 al 36) che descrivono il comportamento nei giorni immediatamente successivi o che hanno comunque attinenza con la scelta individuale di continuare i propri uffici a favore del Governo del sud o della repubblica fascista con sede a Salò. Relativamente al comportamento assunto l’8 settembre 1943 (quesito n. 33) e nei giorni seguenti, cercando di classificare le varie situazioni descritte sotto giuramento dagli interessati, abbiamo:
Ufficiali restati al proprio posto di lavoro fino a quando le condizioni lo hanno reso possibile, prima di darsi alla macchia: 17 (9,5%);
Ufficiali alla macchia dall’8 settembre 1943: 33 (18,2%);
Ufficiali che svolsero attività di Resistenza, che aderirono al Fronte Clandestino Militare e che svolsero attività partigiane: 46 (25,4%);
Ufficiali che andarono a sud (o che si trovarono in territorio liberato dagli Alleati) al servizio del Governo legittimo: 25 (13,8%);
Ufficiali che andarono a nord (o che si trovarono fisicamente in territorio occupato dai tedeschi) e prestarono servizio per l’Aeronautica Nazionale Repubblicana: 22 (12,1%);
Ufficiali che subirono la prigionia, l’internamento, l’arresto o il rapimento di bande (Koch) fasciste: 14 (7,7%);
Ufficiali che si trovarono nelle condizioni di ricoverato, in licenza o in convalescenza: 17 (9,5%);
Ufficiali non in servizio per qualsiasi causa: 7 (3,8%).
Occorre considerare, inoltre, che ognuna delle otto categorie sopra riportate, scavando ancora nella documentazione disponibile, potrebbe rivelarsi eterogenea: considerando quale esempio solo chi decise per un nuovo giuramento a favore della RSI, potrebbe averlo fatto perché ideologicamente convinto di tale scelta, ovvero, perché il giorno dell’armistizio si trovò in una base aerea nel nord Italia subito occupata dai tedeschi, ovvero per timore di ritorsioni contro sé o la propria famiglia, o, ancora, perché l’adesione all’Aeronautica Repubblicana fu l’unica via d’uscita dal campo di concentramento tedesco o, infine, perché non volle combattere contro l’ex alleato tedesco con il quale aveva condiviso gioie e dolori, il pericolo e la morte, nei tre anni precedenti.
Al di là delle statistiche sopra riportate, ciascuna delle quali è frutto comunque delle discriminanti pensate dall’autore e quindi oggetto di maggiori approfondimenti, oltre ai specifici numeri di quanti ufficiali (colonnelli/generali) della Regia Aeronautica ebbero, o non ebbero (dato forse più significativo) la tessera del PNF, o che furono “sciarpa littorio”, o che svolsero incarichi corporativi, o che aderirono alla RSI o al Fronte Clandestino Militare, nel complesso i dati analizzati e le riflessioni sviluppate nel presente articolo sembrerebbero far emergere tre considerazioni conclusive.
Edoardo Grassia, Op. cit.