La Resistenza di questi sedici ferrovieri si articola su due filoni

[…] Giuseppe Biscuola “Milan” […] Fu arrestato nuovamente nel 1938 per aver parlato contro il regime fascista, ma poi fu rilasciato e continuò l’attività politica clandestina in collegamento con gli antifascisti di S. Fruttuoso, che dal 1941, facevano capo a Piero Pinetti, e ai ferrovieri dello scalo di Genova Terralba. Dopo l’8 settembre del 1943 fu tra i primi organizzatori della Resistenza.
[…] Il Bar Midolli è stato da subito il punto di ritrovo degli antifascisti del Quartiere (tra i quali si ricordano Antonio Parodi, Gazzo, Scolesite, Previtali, Fratti, Malacarne, Fenoglio, Fagioni, Crescio) e dei ferrovieri che lavoravano nel vicino deposito locomotive di Brignole. Testimonianza di ciò è data dal dal macchinista delle FS del Deposito di Brignole Edmondo BOZZANI autore del libro “Ricordi di un ferroviere: La resistenza antifascista dei ferrovieri liguri”, che così ha testimoniato: “Per noi ferrovieri, era da tempo che nel suo locale (bar Midolli), a due passi dal Deposito, fissavamo attraverso lui i nostri appuntamenti e contatti, e fu nel suo bar che, dopo l’8 settembre (del ’43), il Partito (Comunista) continuò a recapitare e a smistare la stampa clandestina”. E poi ancora: “Nel rione di S. Fruttuoso il periodo Badogliano aveva avuto i suoi riflessi politici dando vita ad un pullulare disordinato di piccoli gruppi la cui base operativa, in mancanza di sedi, poggiava prevalentemente nel bar Mirolli”. […]
Giuseppe Morabito, Viaggio nella Memoria. In ricordo dei partigiani, dei patrioti e dei caduti per la Libertà della Bassa Val Bisagno, ANPI Sezioni di Marassi, Quezzi e S. Fruttuoso [Genova], col Patrocinio del C.d.C. III Bassa Val Bisagno, 2005

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Qui di seguito una breve sintesi, gentilmente avuta dal prof. Vittorio Bagnasco, su quello che fecero alcuni componenti del personale ferroviario.
Sono quarantacinque i nomi dei ferrovieri caduti nel periodo 1943-45. Analizzando i relativi dati, ventinove sono quelli morti lontano dalla loro attività di ferrovieri, morti come partigiani, in combattimento o fucilati per rappresaglia, quasi tutti giovani, da 18 a 23 anni (scappati via per non rispondere ai bandi di arruolamento o di quelli della milizia). I rimanenti sedici sono rimasti a svolgere la loro attività come ferrovieri e in queste vesti hanno resistito o combattuto i tedeschi.
Che i tedeschi abbiano, dopo l’otto settembre, immediatamente utilizzato il pugno di ferro (Kesselring dichiarò subito che fosse applicata la legge di guerra su tutto il territorio italiano), è dimostrato il 18 settembre, quando a calata Bettolo, nel porto, viene arrestato un ferroviere (o portuale) che ha raschiato dal fondo di un carro merci poco più di un chilo di farina di granturco. Venne portato via e dopo tre giorni riportato al ponte Doria e lì fucilato.
La Resistenza di questi sedici ferrovieri si articola su due filoni: l’attività individuale e quella di gruppo. Nella prima vediamo le iniziative più disparate atte ad aiutare, se non salvare, vite umane; così in treno si trasportano armi o vestiario o ricercati (vestiti da ferrovieri), nelle stazioni, specie di notte, si aiutano gli ebrei o i deportati a scappare dai carri merci in cui sono rinchiusi (è medaglia d’oro al valor civile quel ferroviere guarda-sala che a Roma Tiburtina spiomba, di notte, i carri degli ebrei; verrà fucilato alle Fosse Ardeatine).
Nel nostro Compartimento di Genova una resistenza ai tedeschi viene attuata da un alto funzionario, l’ingegnere Scapaticci, che rallenta a dismisura i tempi di smantellamento dei binari e della linea aerea della Genova-Spezia (che i tedeschi volevano sequestrare e inviare in Germania) sulla quale dal giugno del 1944 non circolano più treni, causa i ripetuti bombardamenti che distruggono i ponti di Moneglia, Chiavari, Bogliasco, Sori e massimamente di Recco (Venticinque bombardamenti solo per quel ponte che radono al suolo la cittadina); Scapaticci viene ritenuto responsabile, inviato a Mathausen dove morirà alcuni giorni dopo la liberazione.
Nella resistenza di gruppo (oltre al sabotaggio e all’occultamento di materiale ferroviario, altrimenti asportabile dai tedeschi, operato dagli operai delle officine, in particolare di Rivarolo e di Brignole) possiamo prendere come esempio “il gruppo di Ventimiglia”: una decina di ferrovieri che aderiscono alla “Giovine Italia”, assieme a carabinieri, poliziotti, civili, nata per combattere il “secolare nemico dell’Italia”. Il loro obiettivo è l’occupazione e la difesa del territorio (stazioni, ponti, strade, questure, caserme) in concomitanza con lo sbarco alleato (circolano ad arte vaghe notizie di un prossimo sbarco alleato, avvenuto poi il 6 giugno in Normandia). Nel maggio vengono arrestati Muratore, Lerzo, Rubini, Trucchi, Viale (moriranno tutti a Mathausen), Palmero (fucilato al campo di Fossoli), Ferrari (fucilato al Turchino), un altro ancora, Ferraro, morirà da partigiano, fucilato a Sospel. Si salverà uno solo del gruppo, l’alunno d’ordine Airaldi. Chiuso, assieme ad altri, in un carro merci, riesce a scardinare un finestrino del carro e a gettarsi nel vuoto, nei pressi di Bolzano, di notte. Viene aiutato dai ferrovieri, da Bolzano a Imperia, a nascondersi, a fuggire e a ritornare a casa dove giunge dopo 3 mesi. Arrestato ancora una volta, riesce a fuggire ma si riconsegna in sostituzione degli ostaggi minacciati di fucilazione; graziato dalla esecuzione dal sottufficiale tedesco (uno dei pochissimi tedeschi “umani”, ammirato per il suo coraggio) ma, logicamente imprigionato, riesce nuovamente a evadere e a raggiungere i partigiani. Il suo nome non lo troviamo inciso nella lapide perché rimase vivo alla fine della guerra.
Ancora nella “resistenza di gruppo” possiamo registrare quella degli informatori, diretta da alti funzionari, in collegamento con l’O.S.S. americano e con il C.N.L., ai quali chiedono di non bombardare né di sabotare le linee ferroviarie necessarie per la fine della guerra. Alla resa dei tedeschi, nel Compartimento di Genova, le sue squadre, esperte in esplosivo, disinnescheranno tutte le mine piazzate dai tedeschi – in particolare nelle gallerie – messe per lasciare solo rovine al loro rientro verso la Germania.
Accanto a questi quarantacinque caduti, la famiglia dei ferrovieri ha iscritto i ventidue suoi figli caduti da partigiani; ottantatré sono gli internati nei campi di concentramento in Germania e quaranta gli incarcerati in Italia, rimasti vivi alla fine della guerra, solo venticinque sono quelli arrestati e poi rilasciati; centodiciotto ferrovieri sono morti sotto i bombardamenti. Infine, duecentottantadue sono i ferrovieri partigiani e trecentoquarantasette quelli riconosciuti Sapisti.

Il ferroviere che nascose il treno
Sempre in questo periodo, esattamente nel luglio del 1944, troviamo il coraggio di un macchinista ferroviario che riuscì a “nascondere” in galleria, nei pressi di Borgo Fornari, il suo treno, dopo aver visto alcuni aerei alleati che stavano per bombardare la zona dove si trova il convoglio.
Marco Cazzulo, La Resistenza dei Ferrovieri

Uno scorcio dei binari della stazione di Ventimiglia (IM)

… uno di questi, costituito da giovani ferrovieri nella Stazione Ferroviaria [di Ventimiglia (IM)] col compito di assicurare collegamenti, verrà più tardi scoperto ed i suoi membri arrestati e inviati in un campo di concentramento, dal quale non faranno più ritorno. 
Eccone i nomi:  Edoardo Ferrari, cantoniere [fucilato nella strage nazifascista del  Turchino] – Olimpio Muratore, alunno – Giuseppe Palmero, manovale [nato a Ventimiglia (IM) il 3 giugno 1924, residente a Ventimiglia, celibe, ferroviere, antifascista del gruppo Giovine Italia (che agiva alle dipendenze dell’omonima associazione clandestina repubblicana formata da molti ferrovieri di Ventimiglia, civili, militari e carabinieri – più di sessanta persone – associazione che prendeva ordini dal capitano Silvio Tomasi, già partecipe alla tragica campagna di Russia dell’ARMIR in seno all’89° Reggimento di Fanteria Salerno, di stanza per l’appunto a Ventimiglia, della Divisione Cosseria, Tomasi anch’egli passato da Fossoli, deportato a Mauthausen e là deceduto. L’organizzazione aveva lo scopo di ostacolare il traffico di materiale bellico sia in Francia sia in Italia, ritenendo imminente lo sbarco alleato. Il gruppo doveva occupare militarmente la stazione ed un tratto della linea ferroviaria, per preservarle da sabotaggi delle truppe nemiche durante la prevista evacuazione. Tra il 22 e il 23 maggio 1944  una ventina di affiliati furono arrestati per la delazione di due infiltrati). Palmero viene arrestato a Bordighera (IM) il 23 maggio 1944 e finisce nel Campo di Fossoli dopo il 6 giugno 1944. Riceve la matricola 1422. Viene fucilato al Poligono di Tiro di Cibeno il 12 luglio 1944 ed è riconosciuto da due conoscenti e identificato dal cugino] – Alessandro Rubini, capo stazione di I^ classe – Ernesto Lerzo, conduttore – Pietro Trucchi, conduttore – Eraldo Viale, operaio… [un altro ferroviere operante a Ventimiglia cadde nella Resistenza, Bruno Cianetti, capo squadra manovra,  fucilato, come indicano alcune fonti, a Pigna il 2 settembre 1944]
Redazione, MARTIRIO E RESISTENZA della Città di Ventimiglia nel corso della 2^ Guerra Mondiale, Relazione per il conferimento di una Medaglia d’Oro al Valor Militare – Edita dal Comune di Ventimiglia (IM), 10  aprile 1971 – Tipografia Penone di Ventimiglia (IM)