La soluzione alla crisi fu trovata riesumando il Trattato di Bruxelles del 1948

La fine di uno dei confronti più “caldi” di tutta la Guerra fredda, insieme alla morte di Stalin, portarono in ogni caso un certo rilassamento delle tensioni internazionali. Inoltre l’URSS stava compiendo in quegli anni enormi progressi in campo industriale e soprattutto nel campo degli armamenti <185, annunciando, nell’agosto del 1953, di possedere la bomba H. Questi fattori conferirono probabilmente al regime sovietico una certa sicurezza e gli permisero di tenere nei confronti del processo di ratifica del trattato sulla CED un atteggiamento certamente ostile, ma non per questo furono disposti a concessioni eccessive pur di impedire il, pur sempre parziale, riarmo tedesco.
Ad esempio nel gennaio 1954, alla riunione dei ministri degli Esteri dei “quattro grandi”, tenutasi a Berlino per merito di Churchill, Molotov propose un trattato per la sicurezza collettiva in Europa da intendersi coma alternativa alla CED <186. Esso inoltre avrebbe costituito il contesto ottimale per la riunificazione, mediante libere elezioni, di una Germania neutrale.
Ancora una volta tuttavia la trattativa si arenò sulla questione della gestione delle elezioni. Stavolta infatti gli occidentali si dimostrarono disposti ad accettare la proposta sovietica del 1952 che avrebbe affidato il controllo alle potenze occupanti, mentre Molotov vi contrappose l’idea di una gestione affidata a un governo provvisorio formato da rappresentanti di Bonn e Berlino-est <187. Sebbene non fosse, forse, una proposta del tutto assurda, i ministri occidentali la rifiutarono categoricamente <188.
Un altro tentativo, indubbiamente velleitario, venne portato avanti con la consegna da parte di Molotov di una nota diplomatica ai colleghi di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. La nota venne consegnata l’1 aprile e in essa, dopo un lungo preambolo nel quale si ricordavano gli sforzi compiuti dall’Unione Sovietica per il mantenimento della pace e la pericolosità delle armi atomiche e di quelle all’idrogeno, si sottolineava l’importanza «della questione del consolidamento della sicurezza in Europa» <189 e come la creazione di «gruppi militari di Stati opposti gli uni agli altri» <190 (facendo qui un evidente per quanto velato riferimento alla CED, la quale comunque verrà citata esplicitamente in seguito), non portasse altro che pericoli nonché «misure corrispondenti da parte degli altri Stati, negli interessi della salvaguardia della loro sicurezza» <191.
Infine la nota esprimeva la disponibilità sovietica «a considerare, assieme ai governi interessati, la possibilità della partecipazione della U.R.S.S. al patto nord-atlantico» in modo da dimostrare, come sostenevano i governi occidentali, la natura difensiva e non aggressiva del Patto <192. La proposta non convinse nessuno <193, ma era innegabile che queste nuove condizioni – insieme alle enormi difficoltà cui stava andando incontro la Francia nella liquidazione del proprio impero coloniale – cambiassero anche le condizioni sottostanti al trattato per l’istituzione della CED. Alla Francia serviva una certa indipendenza nella propria politica estera e di difesa e il confronto tra i due blocchi in Europa non sembrava più così minaccioso. Il 30 agosto dell’anno successivo l’Assemblea nazionale francese respinse dunque la ratifica del trattato che istituiva la CED <194. Questo fatto, ovviamente, mise in crisi il processo d’integrazione e di certo non sopì le preoccupazioni americane in merito alla necessità di una Germania occidentale in grado di partecipare alla propria difesa.
La soluzione alla crisi fu trovata riesumando il Trattato di Bruxelles del 1948. A quel trattato venne infatti aggiunto un protocollo che consentiva l’adesione di Germania e Italia. Nacque così l’Unione europea occidentale (UEO), premessa necessaria all’adesione piena della RFT alla NATO <195. Lo stesso giorno in cui venne firmato il suddetto protocollo, il 23 ottobre, l’URSS inviò agli altri tre “grandi” una nota con cui minacciava di rendere irreversibile la divisione della Germania qualora essi avessero voluto insistere nel loro proposito di far entrare una RFT riarmata nella NATO <196. Inoltre l’URSS proponeva l’avvio di negoziati sul disarmo atomico e la firma del trattato di pace con l’Austria <197.
Il 15 gennaio Malenkov tentò ancora una volta di evitare l’ingresso della RFT nel Patto atlantico presentando una nuova proposta di riunificazione della Germania e dichiarandosi pronto ad accettare un “controllo internazionale” sulle elezioni. Dopo che anche questo tentativo cadde nel vuoto, gli altri dirigenti sovietici dovettero ritenere che questo atteggiamento distensivo non avesse dato alcun frutto. Malenkov venne quindi sostituito all’inizio di febbraio dal maresciallo Bulganin «e accusato più tardi dal nuovo numero uno del regime, Chrušcev, di avere progettato di sacrificare la Germania “socialista” come il giustiziato Beria, suo asserito manipolatore all’indomani della morte di Stalin» <198.
Il 9 maggio la RFT entrò a far parte dell’Alleanza atlantica. L’URSS reagì prontamente denunciando i trattati bilaterali che aveva sottoscritto durante il secondo conflitto mondiale con Gran Bretagna (1942) e Francia (1944) e dando vita, il 14 dello stesso mese, insieme alle “democrazie popolari”, al Trattato di amicizia, cooperazione e mutua assistenza, altrimenti noto come Patto di Varsavia.
Pochi mesi dopo, in luglio, si tenne a Ginevra un’altra conferenza dei “quattro grandi”. In quell’occasione i sovietici fecero diverse proposte, offrendosi di sciogliere il Patto di Varsavia in cambio della liquidazione della NATO, oppure di concludere un patto di sicurezza europea che nel giro di qualche anno avrebbe dovuto sostituire sia la NATO sia il Patto di Varsavia <199.
Tuttavia «il risultato di qualsiasi accettazione, anche temporanea, di discutere le proposte sovietiche, sarebbe stato un rinvio del riarmo tedesco e questo gli occidentali, e in particolare Washington, non erano disposti ad ammetterlo» <200.
I toni della conferenza furono piuttosto cordiali e, sebbene essa non producesse alcun risultato, dimostrò in qualche modo che anche punti di frizione di notevole portata come l’ingresso della RFT nella NATO e la costituzione di un patto di sicurezza per il blocco sovietico, sigilli finali alla divisione del continente europeo, avrebbero permesso una qualche forma di coesistenza.
[NOTE]
185 Graziosi A., L’URSS dal trionfo…, op. cit., pp. 158-159.
186 La proposta veniva ricordata nel testo di una nota diplomatica successiva, affrontata più avanti. Il testo integrale di questa nota è riportato in “L’Unità”, Enorme emozione per le proposte sovietiche sulla sicurezza europea e sul Patto atlantico, 2 aprile 1954.
187 Soglian F., L’integrazione europea…, op. cit., (vol. 1) p. 543.
188 Ibidem.
189“L’Unità”, Enorme emozione…, op. cit., 2 aprile 1954.
190 Ibidem.
191 Ibidem.
192 Ibidem.
193 Soglian F., L’integrazione europea…, op. cit., (vol. 1) p. 543.
194 Bisogna tuttavia ricordare che il trattato venne rigettato con una maggioranza piuttosto risicata quindi non sembra corretto affermare, come fanno in molti (cfr. ad esempio Olivi B., L’Europa difficile…, op. cit. pp. 44-45), che semplicemente la “storia” non fosse pronta per un simile passo “federalista”. D’altra parte non vi è dubbio che il voto negativo dell’Assemblea nazionale, per quanto combattuto, ebbe delle conseguenze negative sulla rapidità del processo di integrazione europea.
195 Olivi B., L’Europa difficile…, op. cit. p. 45.
196 Cfr. “L’Unità”, L’U.R.S.S. Propone agli occidentali una conferenza a 4 in novembre, 24 ottobre 1954.
197 Ibidem.
198 Soglian F., L’integrazione europea…, op. cit., (vol. 1) p. 545.
199 Cfr. “L’Unità”, Il discorso di Bulganin a Ginevra, 19 luglio 1955.
200 Ulam A., Storia della…, op. cit., p. 811.
Alberto Rini, Le reazioni dell’URSS ai processi di integrazione europea: dalla fine della seconda guerra mondiale al crollo del blocco sovietico, Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2010/2011