La strage di Bologna e le verità inconfessate

Il 2 agosto 1980, nella sala d’attesa di seconda classe della stazione di Bologna, un ordigno esplose causando il crollo dell’ala Ovest, distruggendo una trentina di metri di pensilina e il parcheggio dei taxi antistante lo scalo ferroviario, investendo anche il treno Ancona-Chiasso fermo sul primo binario. Il grande orologio esterno della stazione si fermò alle ore 10:25. Circa ventitré chilogrammi di esplosivo provocano la morte di ottantacinque persone e il ferimento di oltre duecento. La miscela esplosiva era stata posta in una valigia, poi sistemata su di un tavolino portabagagli sotto il muro portante dell’ala Ovest, nella sala d’attesa di seconda classe dello scalo ferroviario.
A distanza di quarantotto ore, con una tempistica molto sospetta, il Presidente del Consiglio Francesco Cossiga, asserisce al Parlamento che, gli autori della carneficina appartengono all’area neofascista. Il 13 gennaio 1981, il ritrovamento sull’espresso Taranto-Milano, di una valigia contenente lo stesso esplosivo a quello utilizzato a Bologna assieme ad alcuni documenti di due neonazisti, conferma la validità che ascrive a menti e mani di estrema destra l’attentato. Tuttavia la valigia, come scoprirà il giudice romano Domenico Sica, era stata messa sul treno da uomini del SISMI <62, il Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare. <63
L’attentato di Bologna del 2 agosto 1980 è stato indubbiamente un atto terroristico anomalo. Eliminato Moro, e con lui ogni possibilità di apertura al Partito Comunista Italiano, la situazione politica interna era grosso modo stabilizzata, e per questo motivo, l’attentato di Bologna non può rientrare nella Strategia della tensione che ha caratterizzato gli anni precedenti. Per questo attentato, ci fu una forte ed insistente attività di depistaggio, prova che chi era intervenuto per sviare le indagini conosceva verità inconfessabili.
Allo stato dei fatti, c’è innanzitutto la verità giudiziaria, con due condanne all’ergastolo per Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, e trent’anni di carcere per Luigi Ciavardini, che all’epoca del fatto era minorenne, e per questo, fu giudicato attraverso un iter differente, terminato con la sentenza di Cassazione dell’11 aprile 2007. Dinanzi ai giudici sono portati anche due uomini dei servizi segreti, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, e due faccendieri della loggia massonica P2, Licio Gelli e Francesco Pazienza, considerati depistatori per quanto riguarda le indagini e per questo, processati per calunnia, poiché all’epoca il reato di depistaggio ancora non esisteva. <64
La strage a Bologna fu preannunciata già un mese prima da una soffiata, ma nessuno fece niente per verificare la fondatezza delle confidenze: il 10 luglio 1980 un detenuto neofascista del carcere di Padova, Luigi Vettore Presilio, riferì al giudice di sorveglianza di Padova, il dottor Tamburino, di aver appreso che di lì a poco, si sarebbe realizzato per mano neofascista un gravissimo attentato, precisando anche la data di esso, che si sarebbe verificato nella prima settimana di agosto. Per questa rivelazione, Luigi Vettore Presilio, fu accoltellato in carcere da quattro uomini incappucciati.
La possibilità di un attentato di enormi proporzioni nei primi giorni di agosto, fu anche riferita il 31 luglio 1980 nel rapporto scritto al SIDE (il Servizio segreto civile) del colonnello Amos Spiazzi, che ricevette la confidenza pochi giorni prima, dal neofascista Francesco Mangiameli, durante una passeggiata sul Lungotevere di Roma. A seguito di un’intervista all’Espresso, Spiazzi, pur non rivelando il nome del suo informatore, lo identificò con il suo soprannome «Ciccio», decretando così la condanna a morte di Mangiameli, che avvenne il 9 settembre 1980, a Tor dei Cenci presso Roma, per mano di un commando composto da Francesca Mambro, Valerio e Cristiano Fioravanti, Giorgio Vale e Dario Mariani. <65
Una presenza inquietante a Bologna nei giorni della strage è quella di Thomas Kram, un tedesco esperto in esplosivi con un passato nelle «Revolutionare Zellen», un’organizzazione eversiva della sinistra estrema attiva nella Germania occidentale, e poi schedato dallo STASI, il servizio segreto della Repubblica Democratica Tedesca come elemento del gruppo terroristico filo-palestinese del venezuelano Ilich Ramìrez Sànchez, meglio conosciuto come Carlos. Kram era a Bologna, forse accompagnato anche da una donna, Christa Margot Frohlich, anch’essa esperta in esplosivi e legata al gruppo di Carlos. Quest’ultima, fu arrestata nel 1982 all’aeroporto di Roma Fiumicino con del tritolo T4 al plastico, esplosivo molto simile a quello usato per il depistaggio sul trento Taranto-Milano e quindi, anche a quello utilizzato per Bologna.
Queste presenze a Bologna hanno aperto nuovi scenari, indirizzando le indagini verso la cosiddetta «pista palestinese». Alla base di questa ipotesi, la strage fu o un atto ritorsivo da parte del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina di George Habbash, oppure uno scoppio accidentale legato al trasporto di esplosivo per altri scopi, relativi sempre alla pista palestinese, poiché in quegli anni, tra il governo italiano e i guerriglieri palestinesi esisteva un tacito accordo, di cui si fece garante Aldo Moro, con l’intermediazione del colonnello Stefano Giovannone, uomo del SISMI in Medio Oriente. L’accordo stabiliva che ai palestinesi era concesso il trasporto di armi, esplosivi e munizioni sul suolo italiano, astenendosi però da qualsiasi azione terroristica in Italia. <66
Una scoperta nel 1982 riaprì la pista alla P2 di Licio Gelli. Al momento del suo arresto a Ginevra gli fu sequestrato un documento scritto di suo pugno con l’intestazione «Bologna», seguita da un numero di conto corrente di una banca svizzera. In questo promemoria fu probabilmente riportato un finanziamento, avvenuto prima e subito dopo la strage di Bologna, di ben 13.970.000 dollari in favore di più persone, tutte indicate da sigle. Questo documento assegnerà a Gelli e al suo entourage il ruolo di mandanti e di finanziatori della strage. Tuttavia per i giudici non ci furono elementi concreti per fondare l’ipotesi di un finanziamento da parte di Gelli. <67
Nonostante la magistratura abbia concluso il suo percorso, individuando gli esecutori materiali dell’orribile mattanza, la strage di Bologna resta uno degli episodi più tristi della storia italiana, con molte verità condite da un mix di disinformazione, depistaggi, cadaveri scomparsi, presenze straniere ed eversive inquietanti, e mancanza apparente di un risultato politico.
Inerenti alla strage di Bologna, sono sempre state nascoste inconfessabili verità, che sicuramente, delegittimerebbero «i Palazzi del potere».
[NOTE]
62 SISMI: Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare.
63 http://www.storiain.net/storia/le-verita-inconfessate-della-strage-di-bologna/, R. PATERNOSTER, 2017.
64 http://www.storiain.net/storia/le-verita-inconfessate-della-strage-di-bologna/, V. PATERNOSTER, 2017.
65 http://www.storiain.net/storia/le-verita-inconfessate-della-strage-di-bologna/, V. PATERNOSTER, 2017.
66 http://www.storiain.net/storia/le-verita-inconfessate-della-strage-di-bologna/, V. PATERNOSTER, 2017.
67 http://www.storiain.net/storia/le-verita-inconfessate-della-strage-di-bologna/, V. PATERNOSTER, 2017.
Alexander Di Ianni, La strategia della tensione e la teoria del doppio stato, Tesi di laurea, Università Luiss “Guido Carli”, Anno Accademico 2016-2017