La strage nazifascista di Crescentino

Fonte: Comune di Crescentino (VC)

In seguito al ferimento di un soldato tedesco e all’uccisione di un altro ad opera di alcuni partigiani la sera del 7 settembre 1944, i tedeschi attuarono un rastrellamento nella zona di Crescentino (Vercelli) per riunire i civili del posto tra cui selezionare le future vittime della rappresaglia. Dapprima furono scelti dieci uomini ma Alemanno Guglielmo, trentenne padre di tre figli, e Giuseppe Borgondo, mutilato di guerra, furono poi rilasciati. Gli otto designati furono fatti salire su un camion e condotti alla stazione dove i tedeschi prelevarono il proprietario del bar. Le nove vittime furono fatte allineare a fianco di una staccionata. Una di esse tentò la fuga ma fu falciata da alcune scariche di mitra. Seguì la fucilazione ad opera di un plotone di soldati tedeschi e di militi della GNR. Ad esecuzione avvenuta il maresciallo tedesco impose che i cadaveri fossero lasciati sul posto fino a nuovo ordine. Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza italiana

Venerdì 8 settembre 1944, alle 8.45 del mattino, nove civili furono uccisi per rappresaglia nazifascista davanti alla stazione di Crescentino. L’eccidio avrebbe segnato la storia e la memoria futura della popolazione, che allora soffriva per la fame, per il freddo e per il controllo poliziesco del territorio e comprendeva 1500 sfollati provenienti dai grandi centri bombardati.
A fine agosto 1944, in città, erano stati catturati 35 civili in risposta ad un’azione partigiana e incarcerati. Dopo la mediazione del parroco di Sulpiano, don Giuseppe Balossino, e di Joseph Steiner, un tedesco che aveva sposato una crescentinese, il colonnello Buch di stanza a Vercelli (comandante della zona di sicurezza 23) e i capi fascisti avevano deciso di liberare venti ostaggi. Ne restavano in prigionia ancora quindici. Allora, i partigiani di una brigata che aveva sede a Verrua Savoia (poi, confluirà nella VII Divisione Autonoma Monferrato) decisero, per la sera del 7 settembre, di effettuare un colpo di mano al caffè della stazione dove, come un informatore aveva detto loro, si recavano alcuni soldati tedeschi, addetti alla requisizione di fieno e bovini per l’esercito e stanziati presso la cascina Alemanno.
Sarebbe stato possibile prenderne uno in ostaggio e proporre alle autorità uno scambio. Nel locale, gestito da Edoardo Castagnone, alle 21, irruppero i partigiani. Al “mani in alto”, un tedesco reagì sparando. Nello scontro che ne seguì un milite fu ucciso e un altro ferito. La squadra partigiana tornò velocemente all’accampamento, ma dopo qualche ora giunsero le Brigate Nere di Vercelli per rastrellare ostaggi (per un tedesco ucciso – dieci italiani).
Quella fu una lunga notte; gli arrestati furono moltissimi e detenuti alle Scuole Elementari di Crescentino. All’alba, sopraggiunsero la Polizia tedesca e le SS italiane incaricate di eseguire la fucilazione alla stazione. Era arrivato il momento della vendetta e di dare una lezione al paese dei ribelli! La scelta dei nove civili non fu casuale. Erano perlopiù legati alla Resistenza e certamente ci furono spie che li segnalarono ai nazifascisti. Joseph Steiner fece da mediatore cercando di scagionare altri crescentinesi, tra questi Giuseppe Borgondo mutilato di guerra nella campagna di Russia e Guglielmo Alemanno, padre di quattro figli e reduce di guerra.
In un clima di terrore, alle ore 8, gli ostaggi furono sistemati lungo la staccionata del gioco delle bocce, con la schiena rivolta al plotone di esecuzione. All’ordine di fare fuoco, Michele Schiavello tentò di scappare, ma invano. Tutti vennero falciati e finiti con il colpo di grazia. Fino a nuovo ordine, le vittime avrebbero dovuto restare per 48 ore sul piazzale, ma Steiner intervenne nuovamente con i capi nazifascisti perché il giorno successivo si svolgessero i funerali. Il parroco, don Casetti (purtroppo a fucilazione avvenuta) riuscì a somministrare l’estrema unzione.
“Per le vie del paese non si udivano che scoppi di pianto, singhiozzi sommessi, ma soprattutto accenti di maledizioni per gli autori di tanto scempio… La sera del 9 ebbero luogo i funerali solennissimi e gratuiti”. Intensa la partecipazione alle esequie; molti accorsero dai paesi vicini, anche se per venire a Crescentino si correvano reali pericoli e vollero testimoniare con la presenza l’affetto per i Nove Martiri. Vennero, subito, chiamati così: Enrico Marsili, Michele Schiavello, Eugenio Lento, Ettore Graziano, Giacomo Petazzi, Giovanni Pigino, Edoardo Castagnone, Giuseppe Arena, Mario Rondano. Il più giovane aveva 18 anni, il più anziano 60.
Settanta anni sono passati da quel lontano giorno, anni di pace garantiti dalla Costituzione repubblicana, progressi sociali e politici, ma anche ombre e violenze nel lungo periodo, che purtroppo costellarono e costellano la storia dell’Italia. Ad esempio, fece discutere l’affare legato all’armadio della vergogna scoperto a Roma, nel 1994 in palazzo Cesi (sede della magistratura militare). Qui, era confluito anche il fascicolo della rappresaglia dell’8 settembre ’44.
Ricordiamo i Martiri di Crescentino perché furono partecipi della lotta per libertà della patria dallo straniero e per una nuova Italia democratica.
Crescentino, 31 maggio 2014
Marilena Vittone, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, Sezione di Crescentino, in AICPM

8 settembre 1944. Crescentino
9 fucilati civili nei pressi della stazione ferroviaria a opera di reparti tedeschi coadiuvati dalla Brigata nera di Vercelli, in seguito all’uccisione, la sera prima, di 1 soldato tedesco e al ferimento di un altro presso il caffè della stazione. Responsabile il colonnello Buch, comandante del 15° Reggimento di polizia SS (fascicolo nell’armadio della vergogna). Altre 2 vittime civili nel rastrellamento del 19 settembre successivo (vedi voce su deportazione e rastrellamento di civili). Il Piemonte nella guerra e nella Resistenza

Per conoscere il contesto di alcuni fatti significativi che toccarono la città di Crescentino negli anni di guerra, tra cui l’eccidio dei nove martiri, avvenuto l’8 settembre 1944, è opportuno approfondire la relazione che intercorse tra l’Organizzazione Franchi (Of) di Edgardo Sogno, le missioni alleate paracadutate in Monferrato e le brigate partigiane che qui operavano […] Nelle carte riguardanti l’agente Luigi Pozzi “Neve”, che diresse per circa un mese, proprio quando accadde la rappresaglia dell’8 settembre 1944, il gruppo partigiano di giovani crescentinesi creato da Carlo Nasi, in seguito confluito nella 2a brigata della VII divisione autonoma “Monferrato”, si leggono i vari contatti con ufficiali inglesi e con membri della Of […] Da rilevare l’appoggio della gente comune, che, sfidando la dura strategia dei rastrellamenti, aiutò le formazioni partigiane, in particolare la 2a brigata autonoma “Enrico Tumino” della divisione “Monferrato”, guidata da Sergio Cotta “Sergio”; il 3° battaglione “Tino Dappiano”, della stessa brigata, composto perlopiù da crescentinesi, e la XI divisione “Patria”, comandata da Edoardo Martino “Malerba”. Le fonti inglesi, raramente utilizzate per le indagini storiche locali, aprono nuove prospettive di ricerca sui British liaison officers, sugli agenti inviati, sui rapporti con i Cln e i patrioti. La Special Force promosse l’attacco alle comunicazioni e ai trasporti nemici, intensificò i contatti con le bande presenti sul territorio, inviò operatori radio […] Un testo scritto a caldo, in cui si parlava del comandante Neve, fu quello del parroco di Sulpiano, Giovanni Balossino (32).
Nelle sue pagine si raccontarono le trattative per la liberazione dal carcere di Vercelli di trentacinque ostaggi crescentinesi, prelevati dalla brigata nera “Ponzecchi” il 28 agosto 1944. Tra questi, vi era il viceparroco legato alla resistenza, Mario Casalvolone “Macario”. I primi colloqui non andarono a buon fine. Allora, venne redatto dallo stesso Neve un accordo di massima da presentare al capo della provincia Morsero (che successivamente, verrà modificato da Hartmann, capitano della polizia tedesca e vicecomandante della zona di protezione 23, con la restituzione di soli venti ostaggi, stabilita per l’8 settembre (33). Il 5 settembre Balossino si recò a Vercelli a discutere dei prigionieri con l’aiuto di Joseph Steiner, un tedesco che aveva sposato una crescentinese. Il commissario federale Bertozzi e Morsero risposero in modo sgarbato ai due intermediari; i tedeschi, invece, li ricevettero «come diplomatici» e stesero le nuove condizioni. Ma capitò l’attacco partigiano alla stazione di Crescentino, la morte del soldato tedesco e la fucilazione di nove civili; si giunse, comunque, allo scambio con le modalità pattuite. Don Balossino così lo commentò: «Verso le 12 giunge in Parrocchia il prof. Rotta (34), ufficiale di collegamento dei gruppi Partigiani, e subito dopo i comandanti Nasi e Neve che mi conducono il tenente colonnello tedesco Wecher [era stato catturato nei pressi di Palazzolo il 30 agosto, nda] e l’autista italiano. Alle tredici siamo al centro del ponte. Io porto la bandiera bianca, mi accompagnano il prof. Rotta e i due comandanti Neve e Nasi; due partigiani disarmati accompagnano i prigionieri […]. Da Crescentino, giungono un tenente tedesco del presidio di Vercelli, il signor Steiner, seguiti dal parroco di Crescentino, che precede la fila dei venti ostaggi. L’incontro è stato quanto mai impressionante, lo scambio avviene con soddisfazione da ambo le parti, la conversazione si protrae per oltre mezz’ora e ci si parla come se la guerra fosse cessata per incanto. I liberati sono fuor di sé per la gioia, non sanno rendersi conto di quanto accade, sembrano morti usciti dalla tomba» (35). I rimanenti quindici ostaggi saranno liberati una settimana dopo, grazie a Steiner e a Balossino. Le fonti orali, che attestano la presenza di Neve nell’azione notturna al caffè della stazione, come risulta nei saggi pubblicati ne “l’impegno” e citati in precedenza, sono numerose; purtroppo, i materiali dei Tna, relativi al periodo in cui l’agente fu in banda, non danno informazioni in tal senso. Pur non essendoci notizie sulla rappresaglia nazifascista, si riporta un commento sullo sviluppo del numero dei partigiani: «they had been helped greatly by the German atrocities in Crescentino» (36).

32 GIOVANNI BALOSSINO, A che serve il prete, Novara, Tipografia San Gaudenzio,1947.
33 Idem, pp. 14-15. Prima stesura dell’accordo: «Comando Truppe Partigiane, proposte per scambio di ostaggi. 1. Il Comando dei Partigiani è disposto a rilasciare i due ostaggi catturati e cioè il tenente colonnello tedesco e l’autista italiano con la loro macchina escluse le armi. 2. Il Comando tedesco dovrà dare in cambio: a) tutti gli ostaggi catturati a Crescentino a motivo della cattura dei due repubblicani presi dai Partigiani; b) dovrà rilasciare dichiarazione
che l’incidente resta chiuso definitivamente e cioè non saranno presi altri ostaggi; c) si impegna di sollecitare il rilascio della contessa Radicati di Brozolo e della figlia detenute quali ostaggi nelle Carceri tedesche di Torino. 3. Luogo dello scambio: gli ostaggi detenuti a Vercelli dovranno arrivare da Crescentino all’estremità del ponte sul Po verso Crescentino accompagnati da quattro militi disarmati e dal Parroco di Crescentino. 4. Gli ostaggi detenuti dal Comando dei Partigiani si troveranno all’estremità del ponte, verso la Rocca, accompagnati da quattro Partigiani disarmati e dal Parroco di Sulpiano. 5. I Parroci si incontreranno sul ponte e, controllata la regolarità delle condizioni per lo scambio, ne cureranno la esecuzione. 6. Giorno dello scambio sarà mercoledì 6 settembre alle ore 12. Le due parti si impegnano di osservare due giorni di tregua a partire dalle ore 3 del mattino del mercoledì 6 settembre sino alle ore 23 di giovedì 7 settembre. Firmato: il Comandante: Neve – Il Parroco: Teologo Giovanni Balossino».
34 Cesare Rotta (1903-1971), medico chirurgo e docente universitario, fece parte dal settembre 1943 dell’organizzazione resistenziale clandestina Gioventù d’Azione con il nome di battaglia “Prof “ ed ottenne la qualifica di partigiano; fu senatore del Partito liberale nella IV e V legislatura, dal 1963 al 1971.
35 G. BALOSSINO, op. cit., pp. 22 -23. Nella pubblicazione del Comune di Crescentino del 1947 in ricordo dei nove martiri, si era data la responsabilità dell’azione partigiana alla stazione al tenente Arturo Africo, della “Monferrato”; fu deportato a Mauthausen da cui non fece ritorno (nel saggio di Pansa citato c’è un rimando ad Africo a p. 571). Mario Ogliaro in Il contributo di don Giovanni Balossino nella lotta per la Liberazione a Verrua Savoia e a Crescentino (Crescentino, Bruzzi artigrafiche, 2005), tratteggia la personalità e le molte vicende del parroco-mediatore. Nelle sue pagine compaiono tracce di Luigi Pozzi, che svolse un ruolo di rilievo tra i giovani del posto.
36 Trad.: «essi erano stati aiutati notevolmente dalle atrocità tedesche in Crescentino». Nel fondo Sogno, conservato nell’archivio dell’Istoreto, si trova la seguente circolare del Cmrp, del 25 novembre 1944: «È necessario raccogliere dati e testimonianze relativamente ai misfatti compiuti dai nazifascisti in dispregio delle leggi di guerra (rappresaglie su ostaggi, civili, sevizie e torture di prigionieri, distruzioni e saccheggi). Sino a che possibile per ogni fatto dovrà essere compilata succinta relazione corredata dai dati dei responsabili… e da quelli dei testimoni da escutere presso i Tribunali di guerra. Copia di tali relazioni dovrà essere mandata presso questo Comando che ne curerà la conservazione e la presentazione a suo tempo ai comandi alleati» (ISTORETO, fondo Sogno, B 68).

Marilena Vittone, “Neve” e gli altri. Missioni inglesi e Organizzazione Franchi a Crescentino, in “l’impegno”, n. 2, dicembre 2016, Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia

Fonte: la Gazzetta

Chi non perse la testa in quei terribili momenti, mentre le autorità comunali erano latitanti, e si impegnò con fermezza d’animo fu Joseph Steiner (1885-1970). Era un tedesco, ma si schierò dalla parte dei crescentinesi, mentre avrebbe potuto arricchirsi e trarre vantaggi al servizio degli occupanti.
Chi era quella persona gentile e sorridente, come lo ricorda ancora oggi chi lo aveva conosciuto?
Un “eroe silenzioso” che mai, nel dopoguerra, si vantò di quello che aveva fatto.
Steiner era nato a Pleyotein (Baviera), rappresentante di attrezzi per falegnameria, aveva sposato Maria Chiò, crescentinese, ed era divenuto cittadino italiano nel 1928. Era residente a Torino, poi dopo i grandi bombardamenti sulla città, era sfollato a Crescentino, dove abitò fino alla morte, avvenuta nel 1970.
Così il sindaco Guido Casale, il 22 agosto 1945, aveva delineato la sua personalità e, poi, alcuni episodi che lo videro coinvolto. «Valendosi della sua perfetta conoscenza della lingua tedesca si adoprò in varie occasioni, con tutte le sue forze, per la liberazione di numerose persone trattenute quali ostaggi ed incarcerate dai repubblicani e dai tedeschi, esplicando in ogni contingenza la massima attività possibile, sottoponendosi a disagi ed a pericoli talvolta molto gravi, destando con la sua opera, sorretta da molto coraggio e da grande abilità dialettica, congiunta al massimo disinteresse, l’ammirazione di questa popolazione».
Aveva scritto questa dichiarazione per l’Ufficio stralcio del Comitato militare di Torino affinché Steiner ottenesse il titolo di collaboratore civile. Oggi, la si può leggere tra i materiali dell’Archivio storico. Queste le più importanti circostanze che lo videro impegnato. A fine agosto 1944, la Brigata nera “Bruno Ponzecchi” aveva catturato 35 (o 37) civili, che vennero portati nelle carceri di Vercelli; dieci destinati alla fucilazione. Steiner fece parte di una commissione, con il parroco di Sulpiano Don Giovanni Balossino, al fine di trattare la loro liberazione. Riuscì a concordare uno scambio con il comandante della Polizia militare di Vercelli. Ma solo venti sarebbero stati rilasciati in cambio di un colonnello tedesco e del suo autista italiano, precedentemente catturati. Lo scambio doveva avvenire alle 13 dell’8 settembre ‘44.
Nella notte fu effettuata un’azione partigiana da parte della Divisione Monferrato che portò alla morte di un soldato tedesco e al ferimento di un altro. I due erano di stanza in una cascina nei pressi della stazione ferroviaria, incaricati di custodire fieno e vitelli, razziati dai contadini della zona, in partenza per la Germania. Al mattino alle 8.45 circa, dopo una notte di rastrellamento, ci fu la rappresaglia: dieci civili contro un tedesco ucciso. Steiner salvò dalla fucilazione Giuseppe Borgondo, ferito di guerra (campagna di Russia), perciò i caduti furono nove. Undici giorni dopo, durante l’incendio di Crescentino, egli in compagnia del viceparroco Mario Casalvolone intavolò subito e con successo trattative tra tedeschi e partigiani. Oltre cento ostaggi crescentinesi furono liberati in cambio di militi nazifascisti arrestati dai patrioti. 44 civili furono mandati a Torino per essere deportati e altri a Vercelli. Allora, incominciò una mediazione serrata con Don Casalvolone tra comandi nazisti e partigiani che durò fino al 20 ottobre e richiese energie e intelligenza. Tutti furono liberati, anche se pagando un riscatto, ma nessuno fu mandato in Germania o fucilato.
Joseph Steiner si impegnò anche a Verrua Savoia durante il grande rastrellamento di metà novembre, salvando case e persone. Ancora, andò a discutere nelle carceri per altri dieci giovani crescentinesi catturati in varie spedizioni nazifasciste, che si susseguirono fino alla Liberazione. Di nuovo, in prima persona, il 1° marzo 1945, dopo un attacco partigiano e la morte di Leandro Godino, fece in modo di impedire un’azione punitiva nei confronti della città.
Si comprende così che Joseph Steiner fu un tedesco fuori dalla “zona grigia”. Utilizzando questa definizione di Primo Levi (da I sommersi e i salvati), indichiamo chi non prende posizione e sta tra vittime e oppressori senza far nulla, approfittando di ogni occasione per migliorare solo la propria sorte e conservare il privilegio. Invece, egli fu una persona che scelse dove stare e si impegnò per gli abitanti del piccolo centro del vercellese che lo aveva adottato.
Per concludere riportiamo le parole di Steiner, rilasciate agli Alleati il 15 aprile 1946, che indagavano sulle stragi nazifasciste in Italia. Ci fanno capire che fu un organizzatore, lavorò con passione civile e caparbietà.
«I tedeschi lasciarono Crescentino quella stessa mattina dell’8 settembre. Avevano ordinato che i corpi dei Nove fucilati non venissero rimossi per 48 ore. Telefonai al comando del capitano Hartmann a Vercelli, che dopo aver parlato con qualcuno e dopo un po’ di tempo, mi accordò il permesso di rimuovere i corpi dopo 24 ore; i parenti li portarono nelle loro case e vennero sepolti al Cimitero il 9 settembre alle ore 16». Un atto di pietà, condiviso da tutta la popolazione che partecipò in massa ai funerali. Marilena Vittone la Gazzetta, 26 gennaio 2014