L’annessione della Corsica sarebbe stata preceduta da un’intensa opera di propaganda volta a sostenere idealmente le spinte autonomistiche

Al fine di fine di gettare luce sull’azione riservata condotta dal fascismo a partire dai primi anni Venti per l’italianità della Corsica, risulta utile prendere in esame un promemoria del Gabinetto <245. Questo fu redatto in vista della relazione che Galeazzo Ciano avrebbe presentato alla riunione del Gran Consiglio del 4 e 5 febbraio, nel corso della quale Mussolini, alla presenza dei gerarchi fascisti, enunciò la celebre formula della “Marcia all’Oceano”. Il discorso di Mussolini – per il quale il Duce ordinò ai presenti di tenere il più stretto riserbo – rappresenta un episodio di assoluta rilevanza per cogliere i nuovi indirizzi della politica estera fascista. Il documento originale della relazione, conservato in un fascicolo della Segreteria particolare del Duce, è stato trafugato. De Felice ha potuto avere accesso alle copie fotografiche realizzate dopo la conclusione della guerra dagli Alleati che sono custodite a Washington e al St. Anthony’s College di Oxford.
Nelle pagine del suo Diario Bottai precisava come Mussolini avesse redatto per la prima volta un documento scritto del suo discorso valutando l’importanza di includerlo tra gli atti dell’organo supremo del fascismo: «è la mia consegna alle nuove generazioni» <246.
In quell’occasione Mussolini definì le aspirazioni dell’Italia fascista a partire dalla metafora della “marcia all’Oceano”. La tesi secondo la quale il Mediterraneo fosse un mare chiuso che teneva prigioniero un Paese come l’Italia, privo di uno sbocco agli oceani, costituiva la premessa per orientare la politica imperialista fascista. Dichiarò Mussolini: “l’Italia è chiusa nel “carcere” mediterraneo. – dichiarò Mussolini – Sbarre di questo carcere sono: Cipro, Malta, Tunisi, la Corsica; le porte: Suez e Gibilterra. “Non sono indipendenti i popoli, che non toccano il mare; che son chiusi da altri nel continente. Sono indipendenti a mezzo i popoli, che non toccano l’Oceano”.” <247.
Il governo italiano avrebbe dovuto porsi un duplice obiettivo: spezzare anzitutto le catene di questa “prigione” procedendo in un secondo momento alla marcia verso gli Oceani: «si tratta i congiungere le nostre terre africane del Nord all’Impero etiopico; e di sboccare sull’Oceano Indiano. Oppure di sboccare sull’Oceano Atlantico attraverso Algeria e Marocco» <248. Mussolini sembrò dare la priorità al primo obiettivo, teso alla rottura delle catene mediterranee spostando l’attenzione sui territori posti sotto la sovranità francese, ovvero la Corsica e la Tunisia, rimandando ad un momento successivo la rivendicazione dei possedimenti britannici, vale a dire Malta e Cipro.
Nei discorsi del 30 novembre 1938 e del 5 febbraio 1939, pronunciati dinnanzi ai membri del Gran consiglio, Mussolini indicò una periodizzazione della marcia all’Oceano in tre fasi, che corrispondevano ad altrettante tappe del programma irredentista e imperialista da realizzare dopo il 1942: sul breve termine Corsica e Tunisia, «tutto ciò che sta[va] al di qua delle Alpi» e l’Albania, sul medio Malta e Cipro e sui tempi lunghissimi Suez o Gibilterra, le «chiavi del Mediterraneo». Inoltre Mussolini definiva la Jugoslavia, la Grecia, la Turchia e l’Egitto «stati pronti a fare catena con la Gran Bretagna, e a perfezionare l’accerchiamento politico-militare dell’Italia». Per questa ragione questi Stati dovevano «essere considerati […] virtualmente nemici dell’Italia e della sua espansione». La Francia «ai danni della quale si doveva realizzare la prima fase, possibilmente senza ricorso alle armi e cioè giocando sulla minaccia tedesca» <249 rappresentava il primo nemico, in ordine di tempo, contro cui doveva scagliarsi l’Italia. La manifestazione del 30 novembre, benché Mussolini avesse sottolineato come non fosse stata preordinata, aveva avuto l’effetto, apparentemente inaspettato, di accelerare la crisi nelle relazioni diplomatiche con la Francia sollevando la questione della Corsica. A proposito della manifestazione del 30 novembre: dichiarò Mussolini: «la dimostrazione del 30 novembre alla Camera ha aperta la partita, col suo attivo e col suo passivo» <250. Il Duce entrò nel merito della questione còrsa ritornando su alcune delle rivendicazioni che erano state oggetto delle urla a Montecitorio e richiamando l’attenzione sull’importanza di annettere l’isola per un Paese, come la nuova Italia fascista, il quale aspirava a presentarsi di fronte all’opinione pubblica come una grande Potenza imperiale. Nella prospettiva mussoliniana, benché la Corsica fosse stata sottoposta ad un processo di francesizzazione che le aveva alterato alcuni caratteri, rimaneva italiana sotto il profilo geografico, storico, etnico e linguistico rappresentando per la nuova Italia fascista un obiettivo strategico vitale.
L’annessione della Corsica sarebbe stata preceduta da un’intensa opera di propaganda volta a sostenere idealmente le spinte autonomistiche. La questione còrsa andava affrontata in tre fasi: «lavorare gli elementi autonomisti; favorire l’indipendenza corsa dalla Francia, verso una situazione autonoma; annetterla all’Italia» <251.
L’alleanza con la Germania di Hitler e il progressivo venir meno della tradizionale francofilia in seguito ai sempre più frequenti attacchi della stampa francese nei riguardi del regime mussoliniano, contribuirono a generare una profonda crisi dei rapporti diplomatici tra le due, oramai ex, sorelle latine: «l’ipotesi della guerra potrebb’esserci imposta dalle circostanze. In tal caso, la affronteremo. Noi possiamo batterci con la Francia; e batterla. Non per terra, dove le Alpi fanno barriera sia per la Francia che per noi; ma in mare e nell’aria» <252. Mussolini era convinto dell’inevitabilità di una guerra franco-italiana pur essendo consapevole che in quel frangente occorresse adottare una tattica attendista: l’Italia non era affatto preparata ad affrontare una guerra. A fronte di queste condizioni di partenza, il regime fascista era disposto a temporeggiare ancora per qualche anno. Il 1942 era indicato come la data entro la quale la diplomazia fascista avrebbe cercato di strappare un negoziato soddisfacente con la Francia, concedendo alle forze armate italiane il tempo necessario per organizzarsi dovutamente nell’eventualità di un conflitto armato. De Felice ha osservato come Mussolini ambisse a conseguire gli obiettivi prioritari, ovverosia la Corsica e la Tunisia, senza essere costretto a intraprendere una guerra con la Francia. Secondo De Felice la relazione del 4-5 febbraio non fu altro che «l’argomentazione e lo sviluppo di quanto già detto da Mussolini il 30 novembre». In quell’occasione Mussolini non aveva fatto allusione alla Savoia poiché non faceva parte della cerchia alpina, mentre aveva incluso Nizza così come l’Albania, la Tunisia, la Corsica, Gibuti e il Ticino. Tuttavia nel discorso del 4-5 febbraio il Duce rinunciò a Nizza affermando «questo assioma: tutto ciò che è al di qua delle Alpi ci appartiene; tutto ciò che è al di là non è nostro. Questo dicasi per la Savoia. Quanto al Nizzardo trattasi di una modesta rettifica di confine e di una città oramai completamente francesizzata» <253.
L’8 gennaio 1939 Ciano e Mussolini delinearono il programma delle rivendicazioni italiane verso la Francia:
“Niente Nizza e Savoia, perché fuori della cerchia alpina. Corsica: autonomia, indipendenza, annessione. Tunisia: statuto degli Italiani, autonomia del Bey, protettorato italiano. Gibuti: porto franco e ferrovia, amministrazione della Colonia in condominio, cessione. Canale di Suez: partecipazione forte all’amministrazione” <254.
Secondo Pietro Pastorelli <255, Mussolini dovette rinunciare a Nizza trattandosi di una rivendicazione impossibile da ottenere, come la stessa Corsica. A suo giudizio la Francia non avrebbe mai accettato una trattativa volta a rinegoziare lo status giuridico di questi territori. In attesa di tempi migliori per procedere all’annessione, il regime fascista si sarebbe servito dei mezzi d’informazione, la pubblicistica e la stampa, per preparare l’opinione pubblica italiana all’idea di un conflitto armato contro la Francia.
[NOTE]
245 ASMAE, Gab., b. 1064, promemoria del Gabinetto “L’azione riservata svolta dal Regime per l’italianità della Corsica”, s.d. [preparato per la riunione del Gran Consiglio del 4-5 febbraio 1939].
246 Giordano Bruno Guerri (a cura di), Giuseppe Bottai, Diario 1935-1944, cit., p. 141 [4 febbraio 1939].
247 Ibidem.
248 Ibidem.
249 Renzo De Felice, Mussolini il duce. Lo Stato totalitario, cit., p. 325.
250 Giordano Bruno Guerri (a cura di), Giuseppe Bottai, Diario 1935-1944, cit., p. 141 [4 febbraio 1939].
251 Ibidem.
252 Ibidem.
253 I documenti diplomatici italiani, Ottava serie: 1935-1939, vol. XI, n. 155, Roma, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Libreria dello Stato, pp. 195-196.
254 Renzo De Felice (a cura di), Galeazzo Ciano, Diario 1937-1943, cit., p. 237 [8 gennaio 1939].
255 Pietro Pastorelli, Dalla prima alla seconda guerra mondiale, cit., passim.
Deborah Paci, Il mito del Risorgimento mediterraneo. Corsica e Malta tra politica e cultura nel ventennio fascista, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Padova – Université Nice Sophia-Antipolis, 2013