Le partenze degli ebrei stranieri furono numerose ma in migliaia non riuscirono a lasciare l’Italia entro i termini previsti dalla legge

Fonte: www.annapizzuti.it

Dopo la fase di transizione dalla persecuzione della parità religiosa dell’ebraismo alla persecuzione dei diritti degli ebrei, le cui avvisaglie sono individuate da Sarfatti già alla fine del 1935, nell’ambito della nuova politica antisemita del regime che si poneva l’obiettivo di arianizzare la società italiana, eliminando – senza ricorrere alla violenza fisica e differenziandosi in questo dalla politica nazista – ogni elemento ebraico dal suo tessuto, fino alla completa estromissione degli ebrei dal territorio italiano, la legislazione promulgata alla fine del 1938 stabilì, attraverso lo strumento del decreto legge, che la «difesa della razza italiana» doveva passare, tra le altre, per l’espulsione degli ebrei stranieri, intrecciando <486 tra loro una politica di separazione e una politica di espulsione-allontanamento, in una progressiva radicalizzazione, interrotta solo dalla crisi del 25 luglio 1943 <487.
Prevedendo un esodo massiccio di profughi ebrei dall’Austria a causa dell’Anschluss, già il 18 marzo 1938 il governo italiano, così come avevano fatto anche gli altri paesi limitrofi, aveva introdotto nuove misure sull’immigrazione, vietando l’ingresso nel Regno agli ebrei austriaci <488 ma un primo decreto legge di carattere più generale sui provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri fu emanato il 7 settembre 1938. Questo prevedeva il divieto <489 per gli ebrei stranieri – considerando ebrei coloro nati da genitori entrambi di «razza ebraica», indipendentemente dalla religione professata e revocando le concessioni di cittadinanza successive al 1° gennaio 1919 – di fissare stabile dimora nel territorio del Regno, in Libia e nel Dodecaneso, concedendo a quanti si trovassero già in quei territori, sei mesi di tempo per abbandonarli.
Questo decreto non fu mai convertito in legge <490 ma le sue disposizioni furono recepite dagli articoli 23, 24 e 25 delle disposizioni transitorie e finali del decreto legge del 17 novembre 1938 contenente i «provvedimenti per la difesa della razza italiana» <491, convertito in legge il 5 gennaio successivo <492.
Il provvedimento confermava la revoca delle cittadinanze ottenute entro il 1° gennaio 1919 e fissava al 12 marzo successivo il termine per lasciare il Regno, pena l’arresto o l’ammenda fino a 5.000 lire e l’espulsione forzata. Da quest’obbligo erano esentati gli ebrei stranieri che avessero compiuto il 65° anno di età entro il 1° ottobre 1938 o avessero contratto matrimonio con cittadini italiani.
Fu una circolare del 24 ottobre 1938 a comunicare alle prefetture e alla polizia di frontiera le modalità di applicazione delle nuove disposizioni circa gli ebrei stranieri, ai quali era appunto fatto divieto di stabilire fissa dimora nel Regno ma era ancora consentito soggiornare temporaneamente – e per un massimo di tre mesi, poi estesi a sei su pressioni della Direzione generale del Turismo e del ministero per gli Scambi e valute, perché fosse equivalente al periodo di concessione della Lira turistica – a scopo turistico, di diporto, <493 di cura o di gestione degli affari, per cui il ministero raccomandava di procedere negli accertamenti con «tatto e riservatezza, al fine di non arrecare pregiudizi al movimento turistico» <494.
Oltre al varco clandestino della frontiera, una possibilità di accesso all’Italia per gli ebrei stranieri derivava proprio dalla possibilità di ottenere dalle autorità consolari italiane un visto temporaneo e poi rimanere illegalmente oltre la scadenza, cosicché il fascismo non riuscì a impedire l’accesso di profughi ebrei che continuarono ad affluire in Italia costretti dall’accelerazione impressa, proprio in quei mesi, alla persecuzione nazista e dall’ondata di violenza che attraversò la Germania in seguito alla «notte dei cristalli» tra l’8 e il 9 novembre 1938.
Le partenze furono numerose ma in migliaia non riuscirono a lasciare l’Italia entro i termini previsti dalla legge a causa di difficoltà economiche o logistiche dovute alla chiusura delle frontiere e il progetto di espulsione si dimostrò ben presto irrealizzabile tanto che il decreto fu sospeso senza tanto clamore, dopo la concessione di una proroga di sei mesi a quanti ne avessero fatto domanda <495: un’espulsione forzata dei clandestini sarebbe stata estremamente complicata ed economicamente impegnativa, senza contare l’effetto che avrebbe avuto sull’opinione pubblica internazionale <496.
Uno dei problemi principali restava comunque ottenere l’accesso in un altro paese con le forti limitazioni imposte dalle quote di immigrazione per gli USA, dalle politiche di accesso alla Palestina applicate dall’Inghilterra, dai requisiti patrimoniali necessari per il Sudamerica e dalle difficoltà di ottenere un visto per la Francia o la Svizzera <497.
In ogni caso, nonostante le numerose partenze “spontanee” – nel senso di non obbligatorie, ma certamente indotte dalla politica antisemita del regime e dalle restrizioni che stavano facendo terra bruciata intorno agli ebrei, impoverendoli e negando loro la possibilità di procurarsi i mezzi di sostentamento – registrate anche tra gli ebrei italiani <498, la presenza ebraica in Italia si manteneva al di sopra delle aspettative del governo che nel gennaio del 1929 ordinò anche alle prefetture di «facilitare» l’esodo degli ebrei che intendevano stabilirsi all’estero, sottintendendo di chiudere un occhio sul rispetto degli iter burocratici e delle norme in vigore, per assecondare l’uscita degli ebrei dal territorio italiano <499.
Furono però soprattutto gli ingressi illegali e le richieste di visto provvisorio che indussero le autorità a operare una più attenta vigilanza sulle frontiere, in particolare sulle reali motivazioni di soggiorno lungo il confine perché dietro le ragioni di turismo, cura o diporto non si celassero pretesti per cercare di entrare in un altro paese <500 e in effetti all’inizio di agosto fu fermato un gruppo di ben quarantatré “turisti ebrei”, tutti tedeschi tranne un russo e un polacco, che cercavano di passare clandestinamente in Francia <501.
Per cercare di porre un argine all’afflusso di «elementi indesiderabili» che entravano con dei visti temporanei e restavano oltre il termine concesso, il ministero dispose infine, il 19 agosto 1939, il divieto di ingresso in Italia a scopo di soggiorno – ma non ancora di transito; quello sarebbe stato vietato solo il 18 maggio 1940 – per ebrei tedeschi, polacchi ungheresi e rumeni e per gli ebrei di qualunque nazionalità provenienti dalla Germania <502.
[NOTE]
486 M. Sarfatti, La Shoah in Italia. La persecuzione degli ebrei sotto il fascismo, Einaudi, Torino 2009, (1ª edizione, 2005), pp. 78-79. Sulla situazione degli ebrei stranieri in Italia si faccia riferimento a Voigt, Il rifugio precario. Gli esuli in Italia dal 1933 al 1945, voll. I-II, cit.
487 M. Sarfatti, Contesto e quadro della persecuzione degli ebrei nell’Italia fascista, in Identità e storia degli ebrei, a cura di D. Bidussa, E. Collotti Pischel, R. Scardi, FrancoAngeli, Milano 1999, p. 99.
488 M. Sarfatti, Mussolini contro gli ebrei. Cronaca dell’elaborazione delle leggi del 1938, Zamorani, Torino 1994 e Id., La legislazione antiebraica fascista, in Di Sante, I campi di concentramento in Italia. Dall’internamento alla deportazione (1940-1945), cit., p. 68. Si vedano anche P. Dogliani, Il fascismo degli italiani. Una storia sociale, UTET, Torino 2014 (1ª edizione, 2008), p. 292, L. Einaudi, Le politiche dell’immigrazione in Italia dall’Unità a oggi, Laterza, Roma-Bari 2007, p. 35, L. Picciotto, Il problema internazionale dei profughi negli anni trenta e la soluzione etiopica di Mussolini, in Israel. Un decennio 1974-1984. Numero unico dell’Israel. Saggi sull’ebraismo italiano, cit., p. 294.
489 «Art. 1. Dalla data di pubblicazione del presente decreto-legge è vietato agli stranieri ebrei di fissare stabile dimora nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell’Egeo. Art. 2. Agli effetti del presente decreto-legge è considerato ebreo colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi religione diversa da quella ebraica. Art. 3. Le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte a stranieri ebrei posteriormente al 1° gennaio 1919 s’intendono ad ogni effetto revocate. Art. 4. Gli stranieri ebrei che, alla data di pubblicazione del presente decreto-legge, si trovino nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell’Egeo e che vi abbiano iniziato il loro soggiorno posteriormente al 1° gennaio 1919, debbono lasciare il territorio del Regno, della Libia e dei Possedimenti dell’Egeo, entro sei mesi dalla data di pubblicazione del presente decreto. Coloro che non avranno ottemperato a tale obbligo entro il termine suddetto saranno espulsi dal Regno a norma dell’art. 150 del testo unico delle leggi di P.S., previa l’applicazione delle pene stabilite dalla legge. Art. 5. Le controversie che potessero sorgere nell’applicazione del presente decreto-legge saranno risolte, caso per caso, con decreto del Ministro per l’interno, emesso di concerto con i Ministri eventualmente interessati». Regio decreto legge n. 1381 del 7 settembre 1938, Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri, pubblicato in «Gazzetta ufficiale del Regno d’Italia», n. 208, 12 settembre 1938. Si faccia riferimento a Voigt, Il rifugio precario. Gli esuli in Italia dal 1933 al 1945, cit., I, pp. 291-300.
490 In virtù della legge “fascistissima” del 31 gennaio 1926 l’esecutivo aveva facoltà di emanare norme aventi forza di legge, con decreto reale e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, quando ciò fosse previsto da una legge o «nei casi straordinari, nei quali ragioni di urgente ed assoluta necessità lo richiedano» laddove il giudizio sull’effettiva urgenza non sarebbe spettato ad altri che al Parlamento. In questo caso il decreto sarebbe rimasto in vigore per due anni in caso di mancata presentazione al Parlamento per la conversione in legge. Legge n. 100 del 31 gennaio 1926, Sulla facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche, pubblicata in «Gazzetta ufficiale del Regno d’Italia», n. 25, 1 febbraio 1926, parte prima, p. 426. Questa legge era connessa a quella del 24 dicembre 1925 sulle attribuzioni e prerogative del capo del governo, entrambe ideate dal ministro Rocco come correttivo della
degenerazione parlamentare che aveva minato l’autorità del primo ministro.
491 «Capo III. Disposizioni transitorie e finali, […] Art. 23. Le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte ad ebrei stranieri posteriormente al 1º gennaio 1919 si intendono ad ogni effetto revocate. Art. 24. Gli ebrei stranieri e quelli nei cui confronti si applica l’art. 23, i quali abbiano iniziato il loro soggiorno nel Regno, in Libia, e nei Possedimenti dell’Egeo posteriormente al 1º gennaio 1919, debbono lasciare il territorio del Regno, della Libia e dei Possedimenti dell’Egeo entro il 12 marzo 1939-XVII. Coloro che non avranno ottemperato a tale obbligo entro il termine suddetto saranno puniti con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a lire 5000 e saranno espulsi a norma dell’art. 150 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R. decreto 18 giugno 1931-IX, n. 773. Art. 25. La disposizione dell’art. 24 non si applica agli ebrei di nazionalità straniera i quali, anteriormente al 1º ottobre 1938-XVI: a) abbiano compiuto il 65º anno di età; b) abbiano contratto matrimonio con persone di cittadinanza italiana. Ai fini dell’applicazione del presente articolo, gli interessati dovranno far pervenire documentata istanza al Ministero dell’interno entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto». Regio decreto legge n. 1728 del 17 novembre 1938, Provvedimenti per la difesa della razza italiana, pubblicato in «Gazzetta ufficiale del Regno d’Italia», n. 264, 19 novembre 1938, parte prima, p. 4796.
492 Legge n. 274 del 5 gennaio 1939, pubblicata in «Gazzetta ufficiale del Regno d’Italia», n. 48, 27 febbraio 1939, parte prima, p. 1041.
493 Circolare n. 443/56442 inviata il 3 dicembre 1938 dal ministero dell’Interno ai prefetti del Regno, al questore di Roma e per conoscenza al Commissariato di zona di Como, Bolzano, Torino, Trieste e alla Divisione polizia di frontiera. Si veda G. Perri, Il caso Lichtner. Gli ebrei stranieri, il fascismo e la guerra, Jaca book, Milano 2010, p. 114.
494 Circolare n. 443/79790 inviata il 24 ottobre 1938 dal ministero dell’Interno alle prefetture del Regno e alla Divisione polizia di frontiera, in ACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale di P.S., divisione A.G.R., Circolari 1928-1949, b. 22, f. ottobre 1938, cit. in S. Gentile, Le leggi razziali. Scienza giuridica, norme, circolari, Educatt, Milano 2010, p. 255.
495 «Questo ufficio, sentito il parere del Ministero degli Affari Esteri, sarebbe d’avviso che venissero impartite disposizioni alle Prefetture del Regno perché soprassiedano, anche dopo la scadenza del termine stabilito, da ogni provvedimento nei confronti degli stranieri di cui innanzi, in attesa delle decisioni che verranno prese». Lettera inviata il 2 marzo 1939 dal ministero dell’Interno alla Demorazza, in ACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale di P.S., divisione A.G.R., A 16 Ebrei stranieri, b. 1, cit in. Perri, Il caso Lichtner. Gli ebrei stranieri, il fascismo e la guerra, cit., p. 112.
496 Al 29 marzo 1939, secondo un censimento del ministero dell’Interno gli ebrei stranieri che non avevano ancora lasciato l’Italia, come avrebbero invece dovuto stando al decreto di espulsione, erano 4.154 e, di questi, solo 3190 avevano chiesto la proroga del soggiorno. Nel frattempo altri 3720 avevano intanto spontaneamente lasciato l’Italia. Situazione degli ebrei stranieri nelle varie province del Regno alla data del 12 marzo 1939, in ACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale di P.S., divisione A.G.R., A 16 Ebrei stranieri, b. 1, cit. in Perri, Il caso Lichtner. Gli ebrei stranieri, il fascismo e la guerra, cit., p. 112.
497 Perri, Il caso Lichtner. Gli ebrei stranieri, il fascismo e la guerra, cit., p. 111.
498 Si veda M. Toscano, L’emigrazione ebraica italiana dopo il 1938, in «Storia contemporanea», n. 6, 1988, pp. 1287-1314. Si veda anche A. Capristo, “Fare fagotto”: l’emigrazione intellettuale ebraica dall’Italia fascista dopo il 1938, in «La rassegna mensile di Israel», n. 3 settembre-dicembre 2010, pp. 177-200.
499 «At ministero risulta essersi delineata larga emigrazione elementi razza ebraica non tenuti at lasciare regno entro prescritto termine. D’ordine superiore disponesi che sia facilitato al massimo esodo ebrei che intendono stabilirsi all’estero». Circolare n. 443/32285 inviata il 28 gennaio 1939 dal ministero dell’Interno alle prefetture del Regno, cit. in Sarfatti, La legislazione antiebraica fascista, cit., p. 76.
500 Circolare n. 443/74759 inviata il 25 luglio 1939 dal ministero dell’Interno ai prefetti del Regno e alla Divisione polizia di frontiera, in ACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale di P.S., divisione A.G.R., Circolari 1928-1949, b. 24, f. luglio 1938, cit. in Gentile, Le leggi razziali. Scienza giuridica, norme, circolari, cit., p. 256.
501 De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, cit., p. 369.
502 «Come è noto, con circolare n. 443/59059 del 19 marzo scorso venne fra l’altro disposto, per favorire l’industria turistica, che agli ebrei stranieri residenti all’estero fosse consentito di venire nel Regno e fermarvisi temporaneamente a scopo di turismo, diporto, cura, studio o affari. Essendosi ora verificato che centinaia di ebrei stranieri, specialmente tedeschi e polacchi, la maggior parte nullatenenti, costretti a lasciare i paesi di residenza, si sono recati in Italia col pretesto di uno dei motivi anzidetti (turismo, cura, studio, affari) e si sono qui fermati oltre il termine del permesso loro concesso, creando difficoltà per allontanarli dal Regno, questo Ministero, d’intesa con quelli degli Esteri, della Cultura Popolare e degli Scambi e Valute, è venuto nella determinazione di sospendere l’afflusso di tali elementi indesiderabili. Pertanto si prega di disporre che agli ebrei germanici, polacchi, ungheresi e romeni nonché a quelli di qualsiasi nazionalità provenienti dalla Germania, sia vietato, sino a nuovo ordine, l’ingresso nel Regno. Va fatta eccezione soltanto per coloro che transitano nel Regno allo scopo di imbarcarsi nei nostri porti per l’estero […]. Per gli ebrei, invece, di altre nazionalità e che non provengono dalla Germania restano invariate le disposizioni attualmente in vigore». Circolare telegrafica n. 76596/443 inviata il 19 agosto 1939 dal
ministero dell’Interno alle prefetture del Regno, in ACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale di P.S., divisione A.G.R., Circolari 1928-1949, b. 24, f. agosto 1939, cit. in Gentile, Le leggi razziali. Scienza giuridica, norme, circolari, cit., p. 256 e Perri, Il caso Lichtner. Gli ebrei stranieri, il fascismo e la guerra, cit., p. 111. Si faccia riferimento a Voigt, Il rifugio precario. Gli esuli in Italia dal 1933 al 1945, cit., I, pp. 300-349.
Matteo Soldini, Fiori di campo. Storie di internamento femminile nell’Italia fascista (1940-1943), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Macerata, 2017

Secondo una stima ufficiale del marzo 1940 si trovavano ancora in territorio italiano 3870 ebrei immigrati e rifugiatisi in Italia e dopo il 1918 più tra 2000 e 2500 persone che avevano il diritto di rimanere in Italia. Grosso modo si può dire che tra il settembre del 1939 e il giugno del 1940 a una emigrazione di l0000 o 11000 persone dall’Italia corrispose une immigrazione di oltre 6000 profughi, sempre ad eccezione delle persone in transito, il cui numero non è noto.
Immediatamente dopo l’entrata in guerra dell’Italia, il l0 giugno 1940, il governo fascista varò delle misure per l’internamento dei cittadini delle nazioni nemiche, seguendo in tal modo l’esempio delle Germania, della Francia, delle Gran Bretagna e di altri paesi. L’internamento fu motivato come strumento per garantire la sicurezza interna e la sicurezza militare – ad esempio contro lo spionaggio – e con esso si voleva evitare che uomini abili al servizio militare lasciassero il paese e si arruolassero nell’esercito nemico. A partire dalla metà di agosto del 1939, dunque poco prima dell’inizio della guerra, le autorità italiane cominciarono i primi preparativi. Solo a partire dal maggio del 1940 sono pero documentabili le prime disposizioni relative all’internamento degli immigrati e dei profughi. In tal modo l’internamento, che all’origine non aveva nulla a che vedere con la politica razziale, entrò in stretta relazione con quest’ultima. Il 15 giugno fu ordinato l’arresto degli uomini ebrei di età compresa tre il 18 e i 60 anni, di nazionalità tedesca, polacca e ceca oppure apolidi. Le donne e i bambini furono allontanati dalla loro residenza e concentrati in luoghi isolati sotto il controllo della polizia nel cosiddetto “internamento libero”.
Il periodo trascorso nelle prigioni locali immediatamente dopo l’arresto durato in genere alcune settimane – prima che fossero pronti i campi di internamento, fu sentito da tutti i detenuti come particolarmente duro. Le celle erano in genere strapiene, prive delle necessarie attrezzature sanitarie e spesse pullulavano di insetti. Accadeva poi frequentemente che gli ebrei fossero rinchiusi insieme ai criminali comuni. Ma la cosa più pesante da sopportare era l’incertezze sulle intenzioni delle autorità italiane. Avevano forse in mente di rispedirli in Germania?
Il trasporto nei campi di internamento ebbe luogo in piccoli gruppi sotto il controllo della polizia, utilizzando le ferrovie. Durante il trasporto dalla prigione ai vagoni ferroviari ai polsi dei detenuti venivano strette talora delle manette, come si usa fare con i delinquenti. Alle donne e ai bambini veniva di regola risparmiato l’arresto, ma si aggiungeva loro di tenersi pronti per la partenza in un giorno determinato e di presentarsi alla prefettura della provincia prevista per il loro internamento.
Klaus Voigt, Il rifugio precario (Gli esuli in Italia dal 1933 al 1945), Vol. II, La Nuova Italia, 1999 in www.annapizzuti.it