Le truppe tedesche si ritirarono dalla costa ligure

Una vista dal Colle di Tenda su Limone Piemonte (CN). Fonte: Wikipedia

A metà settembre 1944 la XXXIV divisione del generale Lieb sostituì sulle Alpi Marittime la CXLVIII divisione, inviata nel settore difensivo costiero, mentre ai primi di ottobre la brigata italiana Cacciatori degli Appennini (colonnello Languasco) venne inviata nella zona di Ceva (Sale, Nuceto, Bagnasco) per fronteggiare le infiltrazioni e gli attacchi dei partigiani. Lo schieramento sul fronte occidentale, salvo modificazioni di scarso rilievo, rimase sostanzialmente immutato fino alla fine dell’aprile 1945 <4.
L’apertura del nuovo fronte occidentale lungo la frontiera italo-francese fece sì che divenissero zona di operazioni, e quindi direttamente sottoposte al controllo delle truppe dell’armata Liguria, il Piemonte, la Valle d’Aosta e la Liguria. Nel successivo mese di novembre venne trasferita nella zona Cima del Diavolo (ad ovest del colle di Tenda) – Monviso la divisione Littorio, da poco rientrata dalla Germania; però al Piccolo San Bernardo in Valle d’Aosta erano impiegate unità della Littorio, della Monterosa e diversi battaglioni di paracadutisti del reggimento Folgore. Peraltro le retrovie nella Valle d’Aosta, nel Canavese e nel Monregalese erano presidiate da numerosi reparti, per garantire la sicurezza delle vie di comunicazione e per operazioni anti-partigiane <5.
[…] Le truppe tedesche del Corpo d’armata Lombardia, comandate dal generale Curt Jahn, si ritirarono dalla costa ligure <8 e la maggior parte riuscì ad attraversare il Po nei pressi di Valenza, mentre la divisione San Marco, dalla costa del ponente ligure, giunse tra Alessandria e Valenza. Il 26 aprile tra il Cln di Alessandria ed il colonnello Becker, comandante del locale presidio tedesco, venne concordata una tregua d’armi di ventiquattro ore, rinnovata il giorno seguente con effetto fino alle 9 del giorno 28, quando venne respinta una nuova richiesta di dilazione. Nel pomeriggio dello stesso giorno tra il generale Hildebrandt da una parte ed il Cln di Alessandria ed i rappresentanti dei partigiani dall’altra, venne firmato l’atto di resa delle forze tedesche del locale presidio e della divisione San Marco, mentre la sera stessa a Valenza tra il Cln di Alessandria da una parte ed il generale Jahn, comandante del Corpo d’armata Lombardia, dall’altra, veniva concordata una tregua d’armi, fino alle 12 del giorno 29, con tutte le truppe tedesche del suddetto Corpo d’armata che si trovavano ancora nel territorio alessandrino al di qua del Po.
L’ordine di iniziare la ritirata, emanato il 20 aprile dall’armata Liguria, pervenne soltanto il 24 aprile al 75° Corpo d’armata, di cui facevano parte la XXXIV divisione e la V divisione tedesche, oltre a vari reparti della Rsi, al comando del generale Hans Schlemmer. La XXXIV divisione Brandenburg, comandata dal generale Theo-Helmut Lieb, era costituta da tre reggimenti (Grenadier-Regiment 80, 107 e 253) e da un reggimento di artiglieria (Artillerie-Regiment 34) <9 ed era schierata da Ventimiglia sulla costa ligure e sulle Alpi marittime fino al Monviso <10. Essa doveva ripiegare dalla Val Roya verso Torino ed aveva incontrato notevoli difficoltà a causa della lunghezza del percorso (si dovevano oltrepassare il colle di Tenda ed il col di Nava), dei ripetuti attacchi aerei degli Alleati e di quelli dei partigiani, ai quali il 15° Gruppo di armate alleate chiedeva di ostacolare la ritirata tedesca. I reparti raggiunsero la zona di Torino tra Stupinigi e Rivoli (dove sarebbe avvenuto il ricongiungimento con la V divisione), il 28, in condizioni fisiche pietose, a causa delle estenuanti marce forzate per la penuria dei mezzi di trasporto e di carburante e dei numerosi scontri con i partigiani, con innumerevoli atti di violenza contro le popolazioni <11.
[NOTE]
4 Cfr. la piantina del lo schieramento tedesco sul fronte occidentale, pubblicata in HANS STEETS, Die 5. Gebirgsdivision in den lezten Kriegsmonaten, in “Deutsches Soldatenjahrbuch”, Monaco, Schild, 1978.
5 Sullo schieramento e sull’attività della V divisione tedesca vedasi anche SHELLEY STOCK VOLPI, Analisi di un giornale di truppa tedesco: “Die Gams. 1944-1945”, in “Notiziario dell’Istituto storico della Resistenza in Cuneo e provincia”, n. 34, dicembre 1988.
8 Tranne che per le forze tedesche della piazza di Genova, comandate dal generale Meinhold, che si erano arrese al Cln di Genova la sera del 25 aprile; cfr. GIAMPAOLO PANSA, Guerra partigiana tra Genova e il Po, Roma-Bari, Laterza, pp. 465-470; PAOLO EMILIO TAVIANI, L’insurrezione di Genova in Dizionario della Resistenza, Torino, Einaudi, 2000, vol. 1, pp. 334-337.
9 Cfr. C. GENTILE, Le forze tedesche di occupazione, cit., pp. 116-117.
10 La divisione, già dal 12 aprile, quando la I divisione France Libre iniziò l’offensiva sulle Alpi Marittime, non era più in grado di mantenere le proprie posizioni nonostante le ingiunzioni di resistere a qualsiasi costo; cfr. ALBERTO TURINETTI DI PRIERO, NOTE su una divisione tedesca in Piemonte. La “5. Gebirgsjaegerdivision” agosto 1944-maggio 1945, in “Notiziario dell’Istituto storico della Resistenza in Cuneo e provincia”, n. 36, dicembre 1989, pp. 193-194.
11 Per maggiori dettagli sui percorsi della ritirata, sui reparti della Rsi (Cacciatori degli Appennini, contingenti delle divisioni Monterosa e Littorio, gruppi della X Mas, nonché brigate nere e Gnr di Cuneo), sulle stragi compiute (Narzole, Genola, con elenchi delle persone uccise) cfr. ELENA VAI, La scia di sangue. Le repressioni tedesche nella fase finale della guerra in Piemonte, tesi di laurea in Storia contemporanea, Università degli studi di Torino, facoltà di scienze della formazione, a. a. 1996-1997.
Ezio Manfredi, Dalle Alpi Occidentali a Santhià. La strage dell’aprile 1945 e la resa del 75° Corpo d’armata, in “l’impegno”, a. XXI, n. 3, dicembre 2001, Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia

Lo stesso 18 aprile al Comando di Zona di Savona e al Comitato militare giunse una lettera del Comando SIP (Servizio Informazioni e Polizia) che conteneva le linee essenziali del piano di difesa germanico per il capoluogo, abilmente carpite dallo spionaggio partigiano. Uno dei punti chiave che i nazifascisti intendevano tenere più a lungo possibile era la collina di San Lorenzo (quota 191) sopra il quartiere di Villapiana. La resistenza attuata dai capisaldi doveva consentire alle truppe italiane e tedesche presenti in zona di raggrupparsi a nord del capoluogo per combattere sulla direttrice di Montenotte. La difesa della collina di San Lorenzo era costituita sul versante a mare da reparti di Pubblica Sicurezza e della Compagnia ordine pubblico della GNR, e su quello a monte, dotato di trincee e di una galleria per il comando e i servizi, da soldati dell’11° Comando militare provinciale. Almeno nei piani questa piccola Festung (fortezza) avrebbe dovuto usufruire di un ottimo armamento, con tanto di Panzerfaust e mitragliatrici pesanti. Al momento di agire le truppe effettivamente impiegate nella difesa del caposaldo dovevano essere quelle del Comando provinciale, poste agli ordini di un ufficiale italiano a sua volta sottoposto alla Platzkommandantur (comando piazza tedesco), mentre i questurini e le guardie repubblicane avrebbero dovuto fungere da riserva. In realtà il piano poggiava sull’idea che questo velo di truppe fosse in grado di respingere i partigiani (o, caso improbabile, gli americani eventualmente sbarcati), ma su questo punto nessun ufficiale si faceva troppe illusioni: gli uomini erano pochi, demotivati e nel complesso tutt’altro che affidabili. I comandanti delle grandi unità impegnate nel Savonese, la “San Marco” e la 34a divisione tedesca, si affannavano invece ad ultimare i preparativi per una rapida ritirata verso Alessandria e il Po. A questo scopo erano stati da tempo minati il porto, le centrali dei servizi pubblici, le industrie, la via Aurelia, la strada del colle del Giovo e tutto il materiale rotabile delle ferrovie.
Stefano d’Adamo, Savona Bandengebiet – La rivolta di una provincia ligure (’43-’45), Tesi di Laurea, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 1999/2000