L’eccidio nazista del muraglione a Rapallo

I funerali dei partigiani fucilati dai tedeschi a Rapallo – Fonte: A. Pendola, Op. cit. infra

[…] La formazione GL Matteotti iniziò a operare nell’alta Fontanabuona nel giugno del 1944, sotto il comando di un ufficiale di Marina, Antonio Zolesio, che proveniva da un’esperienza analoga nello spezzino. Subito si scontrò con la Cichero, che vantava una primogenitura nella zona e che non tollerava che altri si insediassero su di un territorio che considerava proprio. Gli scontri, che a differenza di altre parti d’Italia non degenerarono mai in scontri armati, furono frequenti, e per ben due volte i giellisti vennero disarmati da Bisagno, nel luglio del 1944.
Nonostante questo, e forse a causa di questo, la formazione, chiamata Matteotti per una parentela familiare del comandante con il leader socialista ucciso dai fascisti nel 1924, si segnalò fin dall’inizio per l’arditezza delle sue azioni: nel luglio del 1944 occupò e distrusse il campo di prigionia di Calvari, e ripetutamente, in autunno, colpì i fascisti nelle città della Riviera, dove il rischio era maggiore rispetto all’entroterra.
Nell’aprile del 1945 la formazione era schierata tra l’Alta Fontanabuona e Bargagli. In particolare, la Brigata “Pietro Borrotzu”, una delle Brigate che la componevano, aveva suoi uomini a Barbagelata, Moconesi, Tribogna, Recco e Cornia. Della brigata facevano parte i distaccamenti “Di Maggio” e “A”. Citiamo i due distaccamenti perché saranno proprio questi due a scendere a Rapallo il 23 aprile.
Il distaccamento Di Maggio, comandante Zoran, commissario Dal Mulin (Edoardo Giusto), aveva una forza di 35 uomini, armati con 2 bazooka, 2 mitragliatori, 7 armi automatiche e 20 fucili (Mauser); il distaccamento “A”, comandante Bistecca (Angelo Mascheroni), commissario Tullio disponeva di 25 uomini e 15 fucili (Mauser).
Il piano dell’insurrezione del 25 aprile prevedeva che il gruppo di Brigate GL Matteotti scendesse sulla costa, tra Sturla e Recco, bloccando il ritiro delle forze tedesche verso la statale 45, che conduce a Piacenza.
E allora viene la prima domanda di questa vicenda: perché i due distaccamenti sono scesi a Rapallo?
Abbiamo una prima risposta, fornitaci dall’allora commissario della Brigata, Riccardo Rollero: “sono voluti scendere a Rapallo perché molti di essi erano di lì. Noi sapevamo che era pericoloso”.
Una seconda risposta, trovata su di un documento sul quale torneremo in seguito, dice che “il distaccamento di manovra Di Maggio al comando di Zoran commissario Dal Mulin era partito dalla zona di residenza il 21 scorso con il compito di recarsi a Rapallo per prendere accordi con il CLN locale e svolgere una serie di azioni di sabotaggio contro le formazioni nemiche dislocate in quella zona”.
Come abbiamo visto, le Brigate Matteotti si erano segnalate fin dall’inizio per le azioni rischiose e ardite, proprio sulla Riviera dove forte era la presenza tedesca, nella stessa Rapallo. Pochi giorni prima, il 17 aprile per la precisione, una pattuglia era arrivata fino in città per attaccare la sede della GNR, l’azione venne fermata dal CLN e rinviata a un momento più propizio.
Si era sempre trattato di operazioni perfettamente pianificate e eseguite, che si erano concluse con il successo e senza troppi danni per gli attaccanti.
A Rapallo vedremo che non fu così.
Aggiungiamo anche che a Rapallo un Comitato di Liberazione Nazionale, formato dai rappresentanti di tutti i partiti antifascisti, era operante fin dall’autunno precedente.
Per il Partito d’Azione, referente delle formazioni Giustizia e Libertà, vi era il Dott. Manlio Piaggio, nome che si trova di frequente nelle cronache come loro collaboratore.
A questo punto possiamo raccontare cosa è successo in quei giorni, ritornando in seguito sulla documentazione utilizzata, sui punti in comune e sulle divergenze.
Il distaccamento arrivò a Rapallo la sera del 23 aprile (la data del 21 nella citazione precedente è probabilmente un errore, in una copia manoscritta c’è una correzione, il Dott. Piaggio parla della sera del 23) e si piazzò sul ponte sul torrente San Francesco, l’attuale piazza del Polipo; nella notte ci fu un primo scontro con i tedeschi che costò la vita ad un partigiano.
In seguito i partigiani attaccarono il presidio tedesco che si trovava nella casa del Fascio, all’inizio dell’Aurelia Occidentale, causando due morti e sei feriti all’occupante, e continuando con altre azioni per costringere i tedeschi alle resa. Alle ore 14 del 24 aprile veniva stabilito, di comune accordo tra i partigiani e i tedeschi, lo sgombero del loro presidio (circa 1000 uomini) per le ore 24 dello stesso giorno e una tregua fino a quell’ora.
Ricordiamo che in quel momento, il 24 aprile, gli alleati erano a La Spezia, che Genova era insorta e si combatteva, che la costa era ancora saldamente in mano alle forze nazi-fasciste. Ricordiamo anche che la resa dei tedeschi a Genova venne firmata solo la sera del 25 aprile, il giorno dopo.
Alle ore 22,30 il comandante tedesco chiese una dilazione, per poter partire la mattina dopo; la dilazione gli venne accordata. I partigiani non potevano sapere che una bettolina carica di tedeschi stava arrivando in porto, proveniente da Sestri Levante o dalla Spezia; la bettolina attraccò, i tedeschi sbarcarono a mezzanotte, catturarono i tredici partigiani e li fucilarono. Sei morirono subito, un altro (Dal Mulin), ricoverato all’Ospedale San Martino, vi morì due mesi dopo.
Questa, nelle sue linee essenziali, la vicenda.
Passiamo ora all’esame dei documenti.
Sono sostanzialmente cinque: un messaggio del partigiano Carnera, un appunto manoscritto e non firmato, la relazione firmata Z (Zoran e datata 1 maggio 1945); un articolo apparso nel maggio del 1945 sul Bollettino Parrocchiale di Tradate e la concessione della medaglia di bronzo alla memoria al Valore a Angelo Mascheroni.
Iniziamo dal messaggio, inviato al Comando della Borrotzu da un partigiano inviato a Rapallo.
È un testo che merita di essere riportato per intero.
26/4/1945, ore 5 Al C.do I^ Brigata. Appena arrivato a Rapallo alle ore 2 del 24/4/1945 preso contatto con volante e Zoran per patriota Fiore. Ore 24 del 24/4/45 volante caduta in imboscata di tedeschi sbarcati da bettolina e attaccato malgrado il patto concluso con Zoran di non portare ostilità in vista dell’abbandono della Liguria da parte dei Tedeschi. Caduti: Patriota Bistecca, Marco, Zara, Paride, Alberto. Feriti: Zoran, Dal Molin, Tromba, Celere, Gan. Ore II del 25 rimanente volante: Carnera, Fiore, Bambo, Cirillo, entrati con bandiere in testa a Volontari del luogo a Rapallo. Sei prigionieri: 3 tedeschi, 3 X Mas. Armamento volante in via di ritrovamento. Noi non ci muoviamo a nessun costo. Attendiamo ordini. Disposto per funerali patrioti caduti che si svolgeranno domani 27/4. Feriti ricoverati Clinica Bertani. Loro situazione fuori pericolo. Eccetto Dal Molin ancora nulla di positivo. Inviatemi ordini. Saluti. Carnera
Credo che alla chiarezza di questo testo non si debba aggiungere nulla, salvo specificare che i “Volontari del luogo” erano un gruppo di persone arruolate in località Canale di San Pietro i giorni precedenti dal locale CLN.
Il secondo documento è un appunto manoscritto datato 28/4/1945, redatto a matita su tre foglietti e non firrmato. Non se ne conosce l’autore, ma ritengo che sia servito per la relazione del 1° maggio seguente. Il manoscritto sostanzialmente amplia quanto scritto dal partigiano Carnera, e gran parte del suo testo l’abbiamo già usato per la prima cronaca delle due giornate; descrive l’arrivo a Rapallo ma non parla dello scontro sul Ponte sul San Francesco. Per quanto riguarda la fucilazione, l’ignoto autore scrive: “di ritorno dal colloquio (per la dilazione) i tredici uomini del nostro reparto si incontravano con due numerose pattuglie germaniche la seconda delle quali trasgredì gli accordi presi, circondava e catturava i nostri uomini fucilandoli sul posto, uomini tutti valorosi”.
Segue l’elenco: Bistecca (Mascheroni Angelo), Paride (Vallero Guido), Alberto (Marzullo Giuseppe), Zara (Campodonico Ugo), Marco (Pendola Roberto) e un elemento locale. Indica infine in cinque i feriti di cui tre gravi. Due riuscivano a fuggire.

La relazione partigiana firmata da Zoran (per gentile concessione di Vittorio Civitella) – Fonte: A. Pendola, Op. cit. infra

Il terzo documento è la relazione di cui abbiamo già parlato: sono, salvo qualche modifica che non varia il senso, le stesse identiche parole del testo manoscritto. Però la firma del comandante del distaccamento e la forma danno ufficialità al testo.
Il quarto documento è il bollettino parrocchiale di Tradate, paese d’origine di Mascheroni. Esattamente un mese dopo i fatti un gruppo di partigiani e il parroco vennero a Rapallo a prelevare la salma; del fatto il parroco lasciò una cronaca. A proposito scrive: “Con un gruppo di partigiani, una quindicina, egli coraggioso e bonaccione s’era presentato ai tedeschi residenti a Rapallo per avvertirli che lasciavano loro il passo per Genova, essendo vicini gli alleati vincitori. Per tutta risposta i tedeschi li misero al muro, al curvo di una diga, ch’essi avevano costruito al mare per impedire ogni sbarco. Sei rimasero uccisi, e tra essi il nostro Mascheroni, gli altri feriti se la cavarono.”
[…] Aggiungiamo che il primo scontro sul San Francesco, non riportato in nessuna relazione partigiana, è invece citato nella relazione del Dott. Piaggio, e comunque è ben conosciuto dalla popolazione locale.
I momenti successivi alla fucilazione sono stati raccontati dal Dott. Piaggio circa dieci anni dopo.
Vi è anche una bella descrizione di Rapallo nella notte tra il 24 e il 25 aprile. “La situazione è fluida – scrive – Uno stato di allarme e di tensione, determinata dai primi morti, nella no man’s land cittadina.… è veramente terra di nessuno. La città pare trattenere il respiro. … il Ponte sud del Boate (di fronte al monumento a Colombo) costituisce la linea di demarcazione tra le due parti. … Se la città è infida, qui siamo al limite del proibito. I morti, di là, ne danno atto. Di là le forze nazifasciste si stanno radunando per la difesa o per la ritirata. Anche se se ne vanno, per ragioni di salvezza, di là danno battaglia.”
La no man’s land per Piaggio è tutta la città fino al Boate. Piaggio descrive come, chiamato come medico, arrivò al ponte, l’attraversò, entrando “nello spiazzo irto di reticolati con i bunker alla periferia sul mare, sul cui specchio è ormeggiata la bettolina delle SS”.
Trovò i tre feriti in un portone, sono Dal Mulin (“con profonde lacerazioni latero-dorsali”, morirà due mesi dopo), Vallero “Paride” (“quasi ridotto ad un rottame”), Zoran (“con ferita e frattura al femore”).
Il primo problema era portare i feriti all’ospedale, allora sistemato all’Hotel Verdi, l’attuale Eurotel. Subito fu trasportato Del Mulin. Poiché seguire la strada era impossibile, a un’estremità sul porto c’erano le SS, dall’altra i tedeschi nella casa del Fascio, decisero di prendere la scorciatoia che porta direttamente sull’Aurelia tagliando all’altezza del Ponte Annibale. Al secondo trasporto, questa volta sulla barella di fortuna c’era Zoran, ebbero una sorpresa: “nel giardino della casa n. 17 presso il Ponte di Annibale si è nascosto Ardito, uno dei superstiti illesi del muraglione, che, nel frattempo, bussando ad una porta, ha ottenuto abiti civili. Al rumore dei nostri passi giudicando di essere stato scoperto ed inseguito, punta la rivoltella per far fuoco preventivamente. Al chiaro di luna riesce a riconoscermi, e … risparmia il fuoco. Grazie (fu lui a raccontarmi in seguito il fatto)”.
Il riferimento al cambio di abiti potrebbe significare che si trattava di un alpino della Monterosa di stanza a Montallegro, che si era arreso il giorno prima all’arrivo dei partigiani e che si era unito a questi.
Arrivati sotto il Ponte Annibale sentirono un reparto di SS che dal porto raggiungevano la casa del Fascio, ma riuscirono a nascondersi nel viottolo. Ancora una volta Piaggio indica i tedeschi come SS; poiché è da presumere che un collaboratore di partigiani comprendesse la differenza tra Wehrmacht e SS, possiamo desumere che i fucilatori dei partigiani furono non militari ma reparti di quest’ultimo corpo […]
Intanto iniziava a farsi chiaro, un terzo trasporto non ci fu perché Paride era spirato.
Durante il giorno il Dott. Piaggio raggiunse gli altri feriti che si trovavano fuori città. Ma ormai era il 25 aprile, e dopo poche ore il CLN si sarebbe insediato in comune. La guerra però non era ancora finita del tutto, e qualche altro episodio rapallese lo racconteremo nella pagine seguenti. Agostino Pendola, L’eccidio del muraglione e altri episodi della Resistenza rapallese, Gammarò editori, Sestri Levante, 2009