Lett, inglese nel senso più pieno della parola

Gruppo del Battaglione Internazionale: Gordon Lett è al centro con bastone – Fonte: ISR La Spezia

«Alle 13,00 del 30 dicembre 1944 un aereo alleato adibito ai lanci sul campo di Rossano è caduto al suolo per cause imprecisate in località la Dolce di Zeri; si autorizza il funerale per il giorno 1 gennaio 1945».
Così recita un ordine del giorno del Comando partigiano dei “Volontari della Libertà”, divisione “Picchiara”, di stanza nella zona (siamo in Lunigiana) […]
Si tratta dell’Operazione “Galia”, messa a punto dai Servizi Speciali dell’Aeronautica Militare di Sua Maestà britannica della quale è suddito anche il maggior Gordon Lett, comandante del “Battaglione Internazionale”, una formazione composta da militari inglesi, americani, polacchi, russi, jugoslavi, olandesi, belgi e francesi che lotta proprio nelle vallate di Zeri al fianco dei partigiani contro i nazisti.
Gordon Lett – a cui è intitolata una sala del municipio di Pontremoli – era stato fatto prigioniero dal Regio esercito in nord Africa, a Tobruk e imprigionato in un campo nel nord Italia dal quale era riuscito a fuggire con altri prigionieri di varie nazionalità.
Il gruppo si era diretto a sud, pensando di riuscire a passare il fronte e ricongiungersi con l’esercito Alleato che stava risalendo la Penisola. Erano giorni concitati, con i Tedeschi che occupavano la Penisola e i fascisti che si erano ricompattati attorno alla Repubblica sociale italiana.
Ma giunto a Zeri, ben accolto dalla popolazione e con buoni rapporti con i partigiani locali, Lett aveva deciso di combattere il nemico da dietro le linee e organizzato il Battaglione Internazionale, sempre in contatto con Inglesi e Americani che periodicamente organizzavano lanci di rifornimento con armi e viveri.
Il comando del Battaglione Internazionale è proprio a Chiesa di Rossano, tra le impervie montagne dello Zerasco. Una decina di giorni prima dell’incidente aereo, nella sede del Comando viene dato l’allarme: un gruppo di militari sconosciuti sta avanzando nella zona chiedendo proprio del maggiore inglese.
Si teme il peggio, vista l’atmosfera vissuta nelle settimane precedenti e il ricordo del terribile rastrellamento dell’agosto precedente. Per fortuna si scopre che i militari sono 17 componenti delle truppe speciali e dei servizi segreti statunitensi in arrivo dalla Liguria e reduci dalla missione Walla Walla: paracadutati in val d’Aveto, a monte di Chiavari, con il compito di coordinare i lanci con i rifornimenti di armi e viveri e le azioni a sostegno delle formazioni partigiane, ora si stanno sganciando attraverso lo zerasco.
Gordon Lett li accoglie con un sospiro di sollievo: da tempo la radio è fuori uso e non riesce a comunicare con gli Alleati, in un isolamento nel quale si sono interrotti i lanci e gli ordini per le azioni; il mattino dopo il gruppo viene accompagnato alla ricerca di un passaggio per attraversare il fronte, non prima però di aver utilizzato la loro trasmittente.
Le notizie che arrivano dal Comando alleato sono confortanti: è pronta una missione con il lancio diurno di 33 paracadutisti inglesi per azioni di sabotaggio dietro le linee e far credere ai tedeschi che sull’Appennino fra Toscana Emilia e Liguria e tra i partigiani ci sono cospicue forze alleate da contrastare.
La Missione “Galia” sta per cominciare. Il luogo del lancio è un grande prato nella zona collinare non lontano dalle case di Chiesa di Rossano bruciate dai nazisti quattro mesi prima: Gordon Lett distribuisce ai comandanti partigiani bigliettini che i patrioti dovranno esibire ai paracadutisti per farsi riconoscere e indicare i luoghi di ritrovo. Inoltre per due giorni il comando della zona operativa sarebbe passato sotto controllo Alleato.
La mattina del 27 dicembre il cielo è cupo, ma forti raffiche di vento aprono a sprazzi le nubi: annunciato dal forte rumore del motore compare un Douglas C47 che sgancia sul prato sei paracadute con altrettanti bidoni di rifornimento, ma subito dopo non riesce a riprendere quota a causa di una turbolenza: punta sulla collina della Dolce, tocca con l’ala una grande quercia e si schianta a terra incendiandosi.
Le bombe e le munizioni che sono a bordo esplodono una dopo l’altra, nessuno può avvicinarsi: per i membri dell’equipaggio non c’è scampo. Solo dopo lunghi minuti i partigiani potranno estrarre i sette cadaveri dalla carcassa annerita e trasportarli fino al paese dove, nelle prime ore del mattino del 1° gennaio 1945 si svolgono i funerali. Si tratta di cinque americani (il pilota Don Alan Roy, il co-pilota Earl S. Hurlbut, il capo equipaggio Fred Reyther, l’ operatore radio Israel Goodman e l’operatore radar William H. Close) e due inglesi addetti al lancio (William Oldershaw e James Wilfred Cox).
Salutati con colpi in aria dai tanti presenti, vengono sepolti nel piccolo cimitero del paese: a guerra finita gli inglesi saranno traslati nel cimitero genovese di Staglieno, mentre gli americani riposano in patria.
Poche ore dopo i funerali, nel cielo di Rossano si presentano altri sei aerei C47 scortati da alcuni caccia: a bordo ci sono i paracadutisti inglesi la cui missione, assieme ai partigiani, è di impegnare le truppe tedesche lungo le strade della ritirata ostacolando il passaggio le colonne di uomini e mezzi. Questa volta il campo di lancio è proprio a ridosso del paese e tutto fila liscio: i militari inglesi si lanciano e atterrano nel campo con i rifornimenti, portando nuovo entusiasmo tra le formazioni locali.
La seconda fase dell’Operazione Galia può cominciare.
Paolo Bissoli, La missione Galia. S’immolarono a Zeri per aiutare i partigiani, Il Tirreno, 10 luglio 2014

Missione Blundell
Il maggiore Gordon Lett, dopo l’8 settembre, evade da un campo dove era tenuto prigioniero in val Padana e raggiunge i monti di Zeri dove avvia la costituzione del “Battaglione Internazionale”. Nel luglio ‘44 gli viene assegnata la funzione di capo missione di collegamento, “Missione Blundell”, che lo rende in grado di ottenere dagli Alleati rifornimenti di armi e materiali bellici per la sua formazione e per le altre della zona da lui indicate. Lanci in quel territorio erano avvenuti anche prima, attraverso i contatti che le formazioni erano riuscite a stabilire con i Comandi alleati. Tramite la “Blundell” giungono comunque aiuti che favoriscono l’attività partigiana anche con lanci nella zona apuana, del Bardine e di S. Terenzo. Nel marzo 1945 il maggiore, anche a seguito di contrasti con i comandi partigiani della Divisione Liguria e del Battaglione Muccini, attraversa la Linea Gotica e si ricongiunge con le truppe alleate. Lo sostituisce il maggiore Henderson, che nell’ultimo mese di guerra assegna ai partigiani della Spezia e della Val di Magra il compito di interrompere le comunicazioni sulla Cisa, a Pontremoli, e sull’Aurelia, di sabotare i ponti e i collegamenti, di attaccare il comando. A questo si riconduce il fallito tentativo del 15 aprile 1945 di elementi della IV Zona operativa ligure, di attaccare Pontremoli: l’arrivo di una colonna tedesca, forse a causa di una fuga di notizie, provoca la ritirata dei partigiani che lasciano sul terreno cinque morti.
Istituto Storico della Resistenza Apuana

Gordon Lett (per esteso Ernest Gordon Appleford Lett). Fatto prigioniero, è inviato a Derna (Libia), poi in Italia: a Lecce, Bari, Chieti ed infine nel campo di prigionia di Veano, in provincia di Piacenza. L’8 settembre il comandante del campo di Veano ne fa intelligentemente aprire le porte, rendendo possibile a chi è prigioniero di fuggire: così Gordon Lett, con altri due compagni, riesce ad avviarsi verso la Riviera, per trovare un passaggio che lo traghetti in Corsica, arrivando quindi dagli Alleati. Tale direzione è in un certo senso obbligata dalle disposizioni militari che ordinano ai soldati di ricongiungersi al più presto possibile con le truppe di appartenenza. Tuttavia Gordon Lett, giunto nella zona di Rossano (Zeri, MS), probabilmente perché svanisce ogni speranza di arrivare rapidamente dagli Alleati e perché gli sembra di essere in questo modo più utile, decide di fermarsi lì: in tal caso egli applica un ulteriore comma del Regolamento, secondo il quale si può derogare dalle disposizioni sopra descritte, purché ciò sia più consigliabile. Facendo questa scelta Gordon Lett, dall’iniziale condizione di ex prigioniero desideroso di riunirsi al suo esercito, viene in un certo senso “preso” dal vortice del mondo resistenziale, divenendone uno dei protagonisti, giocando un ruolo particolare e non scontato in un’area dove sta nascendo la Resistenza ai nazifascisti, a ridosso della futura Linea Gotica, in posizione quindi strategica. Punto di aggregazione del così detto “Battaglione Internazionale”, una formazione molto piccola ma importante per l’idea stessa di internazionalità che la caratterizza contro il nemico nazi-fascista, Gordon Lett, in quanto Comandante di esso, stabilisce una fitta rete di rapporti. Questi ultimi sono cordiali con le popolazioni locali, anche perché, ad esclusione dei primi momenti, gli Alleati sono dotati di denaro, rispondono all’ospitalità dei contadini offrendo sigarette, cibo in scatola e paracadute, la cui stoffa è particolarmente appetita. Sempre cordiali sono le relazioni in genere con i parroci mentre più frequentemente caratterizzate da tensione nel caso di comandanti e commissari politici partigiani, garibaldini e giellisti. Riguardo ai giellisti, sono sicuramente tesi i rapporti con il primo Comandante della Colonna Giustizia e Libertà, Vero Del Carpio, e con il secondo Comandante di essa, Lorenzino Tornabuoni. Tali rapporti si normalizzano quando arriva a dirigere la compagine azionista Stefano Colombo “Carli”, un ufficiale di carriera, così come sempre cordiali sono le relazioni con Daniele Bucchioni “Dany”, proveniente dall’Esercito italiano, comandante del Battaglione “Val di Vara” della Colonna “Giustizia e Libertà”. Va anche notato come il Maggiore inglese si rapporti in modo rispettoso con il Comandante IV Zona Operativa, colonnello Mario Fontana, anch’egli proveniente dall’Esercito italiano, il quale riconosce a Lett la disponibilità territoriale della valle di Rossano sia per la formazione da lui costituita che per i lanci aerei di materiali ed uomini. A tale proposito si può osservare come il colonnello Fontana, il cui ufficiale di collegamento con la Missione Militare Alleata è lo spezzino avvocato Mario Fortelli, agisca in un contesto in cui sono necessarie fermezza ma anche diplomazia, capacità di temporeggiare ma anche di porre punti fermi, trovandosi a gestire direttamente sul campo i rapporti con la Missione Alleata, e quindi dovendo agire “a caldo” rispetto al CLN, le cui valutazioni risultano in genere più rigide ed astratte. Lett, inglese nel senso più pieno della parola, conservatore, talvolta convinto di essere un ufficiale di S.M. britannica in territorio occupato, è persuaso che l’azione partigiana debba svilupparsi esclusivamente come fatto militare teso alla sconfitta dei nazi-fascisti, non riuscendo, non potendo e non volendo entrare nella complessità ideologica che fa da sfondo alle formazioni partigiane ed al fatto che, dopo il Ventennio fascista di totale assenza di qualsiasi dibattito, le varie correnti antifasciste e resistenziali emergano ora alla luce e, cercando ognuna di configurarsi ed occupare spazi, inevitabilmente si apra lo spazio per confronti anche aspri.
I tempi della permanenza di Gordon Lett nell’ambito della Resistenza liguretoscana sono sinteticamente i seguenti. Il maggiore inglese arriva il 15 ottobre 1943 a Rossano, villaggio in linea d’aria a pochi chilometri da Torpiana, sebbene separato rispetto ad essa da una catena montuosa. Tale “contiguità” è importante e consente a Lett di stabilire contatti con il gruppo resistenziale che si va formando per “Giustizia e Libertà” proprio a Torpiana (v. Scheda via Brigata “Giustizia e Libertà” nello Stradario della Resistenza di Zignago).
Il primo incontro con un esponente GL del gruppo di Torpiana, Edoardo Basevi, avviene probabilmente nello Zerasco il 1 novembre 1943, mentre il 10 novembre 1943 è sempre un esponente di primo piano di GL, il genovese Giulio Bertonelli, a vedersi di notte dentro il paese di Torpiana con il maggiore inglese.
Da tale incontro scaturisce una lettera che, scritta da Lett e consegnata a Bertonelli, giunge a Londra prima di Natale, al fine di ristabilire un contatto fra lo stesso maggiore e la sua patria ma anche di favorire una collaborazione italoinglese. Il giorno 2 gennaio 1944, costretto a ciò da un rastrellamento, è lo stesso Lett a portarsi nel paese di Torpiana: qui, consigliato dal parroco don Battista Ravini (v. Scheda via don Ravini nello Stradario della Resistenza del Comune di Santo Stefano di Magra), si trasferisce sul monte Dragnone, alle spalle di Pieve di Zignago, presso il Santuario della Madonna. Verso la fine di gennaio però Lett si ammala e viene trasportato per cure nel borgo di Torpiana, dove ha una serie di incontri con Giulio Bertonelli, ma poi, divenuta lì la situazione troppo pericolosa, ritorna nella valle di Rossano. A Torpiana arrivano infatti le prime puntate nazi-fasciste che vanno inquadrate in un contesto articolato ed in cui ha un certo peso la voce diffusasi, in realtà non corrispondente al vero, che lì si sono verificati lanci alleati che invece ci saranno, ma molto dopo. Il 19 giugno 1944 Gordon Lett con i suoi uomini e Daniele Bucchioni, piuttosto autonomo nel suo operare ma legatosi al gruppo azionista di Vero Del Carpio e diventato centro attrattivo per molti giovani della media e bassa Val di Vara, compiono un’azione comune contro la GNR che ha sede nel castello del paese di Calice. L’attacco non ha successo, tuttavia il giorno dopo la GNR ritira comunque il suo presidio dal paese. Quando si forma poi nel luglio il Comando Unico Spezzino, a cui capo viene messo il colonnello Mario Fontana, il britannico Lett, da poco raggiunto da una missione del SOE (Special Operation Executive), è nominato Ufficiale di collegamento della I Divisione Liguria con i Comandi Alleati. Alla fine del 1944, quando a causa dell’inverno durissimo vengono in parte smobilitate alcune formazioni partigiane, fra cui il battaglione Internazionale, Lett ottiene l’invio di un reparto di paracadutisti SAS (Special Air Service), 32 uomini sceltissimi al comando del capitano Robert Walker-Brown, con il compito di operare sabotaggi in zona: essi vi rimangono fino alla fine di febbraio, momento in cui passano il fronte via terra. I paracadutisti si dividono in squadre per operare su più carrozzabili e, sebbene quattro di essi vengano subito catturati e la loro guida partigiana fucilata, il piano delle azioni mese in atto anche di comune accordo con i partigiani è notevole: ad esempio la notte di Capodanno uomini del SAS e partigiani colpiscono contemporaneamente tre diverse località sull’Aurelia (Carrodano, Borghetto e Padivarma).
Nel corso del drammatico rastrellamento del 20 gennaio 1945 (v. via Monte Gottero e via XX Gennaio nello Stradario della Resistenza del Comune della Spezia), in cui i nazifascisti sperano, fra l’altro, di catturare anche G. Lett, non riuscendoci, il maggiore inglese e i paracadutisti, non avendo avuto collegamenti e notizie certe nell’ultimo periodo prima del rastrellamento, sono colti di sorpresa. Una parte dei paracadutisti, che si trovano a Coloretta, raggiungono le falde del Gottero passando a nord di Sesta Godano. Gordon Lett, con altri paracadutisti e una parte di uomini della Missione, si trova invece nei pressi di Arzelato: da qui scende a Chiesa di Rossano, sale sul Picchiara e quindi sul Gottero, con un itinerario che dura cinque giorni, arrivando al sesto giorno nella zona controllata da D.Bucchioni del Battaglione Val di Vara, per rientrare successivamente a Rossano. Nel marzo 1945 Lett lascia la IV Zona Operativa, in parte per la sua differenza di vedute con i Comandi partigiani ma anche perché richiamato dal suo Comando, ed è sostituito dal maggiore inglese Henderson, sempre del SOE, paracadutato il 7 marzo 1945, che in genere intesse relazioni proficue con i vari esponenti della Resistenza locale. Lett, passate le linee insieme ad altri componenti, ufficiali e soldati, del suo staff (v. a tale proposito: Scheda Lungomare Otello Braccini nello Stradario della Resistenza del Comune di Portovenere, SP; Scheda Parco Antonio Grossi nello Stradario della Resistenza del Comune di Bolano, SP), raggiunge la Toscana. Rientra nei giorni della Liberazione alla Spezia, alla testa del reparto avanzato della V Armata che per primo arriva nella città ligure, rivestendo una funzione di collegamento fra la V Armata e i partigiani (1).

1 Gordon Lett, rivolgendosi ai partigiani della IV Zona Operativa, scrive, fra l’altro, sul giornale “Lunigiana in armi” (citato nelle Fonti) del 30 aprile 1945: “Ai miei Partigiani: abbiamo fatto una lunga strada insieme, ma adesso è finita; io sono molto orgoglioso di aver trascorso una vita molto dura con tali ragazzi bravi e coraggiosi che penso sempre come dei miei figli.”

 ISR La Spezia

La Colonna Giustizia e Libertà fu la più numerosa tra le formazioni partigiane, diretta emanazione del Partito d’Azione, apparve a La Spezia dopo il 25 luglio 1943.
Le radici della sua storia si trovano a Val di Termini e a Torpiana di Zignago tra il dicembre 1943 e il febbraio 1944; la formazione nacque, in parte sotto la spinta di alcuni rappresentanti del Partito d’Azione, tra i quali il genovese Giulio Bertonelli, in parte con il decisivo apporto di elementi locali, quali il gruppo di uomini raccolti attorno alla figura di Vero Del Carpio (Boia); la sua “banda” accoglierà anche gli uomini del vezzanese Gruppo Bottari. Torpiana fu anche la prima sede del Comando Militare del C.L.N.P. spezzino, già sotto il coordinamento di Mario Fontana. La Colonna “Giustizia e Libertà” fu dislocata nelle zone di Zeri, Rossano, Sesta Godano, Rocchetta e Calice e operò, in una prima fase, col nome di Brigata d’Assalto Lunigiana (ufficialmente dal marzo ’44). Il suo comandante fu Vero del Carpio (Boia). Il Comando fu situato sul Monte Picchiara, almeno fino al rastrellamento del 3 agosto. Il Monte Picchiara fu inoltre sede del campo base ove atterravano i materiali lanciati dagli alleati. Dopo il rastrellamento del 3 agosto ’44 la Colonna fu divisa in 6 compagnie che formano due battaglioni. Il primo, il Val di Vara, sotto il coordinamento di Daniele Bucchioni (Dany), il secondo, lo Zignago, agli ordini di Ermanno Gindoli.
Vero Del Carpio fu il comandante della Colonna fino al momento in cui, passate le linee nel novembre ’44, si recò nell’Italia liberata, a Firenze, continuando la sua opera in favore della Resistenza. Lorenzino Tornabuoni (Cino, Otello) ereditò il ruolo di Del Carpio nella formazione.
Salvatore Rondello, in Blog GL, 8 agosto 2020

Giovanni Sanguineti “Bocci” (1914/1995) C.S.M. della “Coduri” – Costituzione della Brigata “Coduri” – Relazione di G. Sanguineti conservata presso l’Istituto Gramsci di Roma, composta da otto pagine dattiloscritte di cui due con porzioni di testo mancanti (la 010316 e la 010317) e completate dal redattore con stralci ripresi dal libro di A. Berti e M. Tasso, Storia della divisione Garibaldina “Coduri”, (ed. Seriarte, Genova, 1982) di cui Bocci era uno dei componenti del Comitato preposto alla raccolta e al vaglio delle informazioni rilasciate dai partigiani della brigata, poi divisione Coduri.
Il testo è importante perché Bocci precisa date e contorni dei singoli avvenimenti descritti. Una di queste è che Bocci s’era personalmente incontrato col maggiore inglese Gordon Lett già alla fine del mese di settembre 1943, quando accompagnò un gruppo di otto ex prigionieri alleati fuggiti, dopo l’8 settembre, dai campi di concentramento italiani e li guidò da Villa Loto (Sestri Levante), dove li aveva presi in consegna, fino nei pressi di Rossano (SP) dov’era acquartierato il gruppo comandato dal maggiore Lett – gruppo che poi assumerà il nome di Battaglione Internazionale – e, di ognuno di essi, Bocci fornisce pure le generalità.
Bocci entrò un’altra volta in contatto col maggiore Lett intorno al Natale ’44, quando s’era recato a Roma per perorare la causa della Coduri presso il Governo provvisorio, inerente al fatto che a questa formazione non erano state ancora aviolanciate, dagli alleati, provviste di alcun genere, né di materiale bellico, né viveri a lunga conservazione, né indumenti o valuta spendibile, né altre attrezzature di cui la brigata aveva sempre avuto, e aveva, urgentissimo bisogno.
Un cugino di Bocci, Giuseppe Martello (n.1932) residente a S. Vittoria di Libiola (Sestri Levante), interpellato da me il 2 marzo 2019 m’ha raccontato che a Bocci, giunto a Roma, venne chiesto di fornire prova circa provenienza e validità della supplica. Ed egli, allora, si era avvalso delle benevoli rassicurazioni fornite direttamente ai funzionari degli alti uffizi da don Carlo Grosso, canonico in S. Pietro e fratello di don Luigi, parroco della chiesa di Cavi di Lavagna dove suo padre faceva il campanaro. I due si conoscevano bene perché don Carlo si recava spesso a trovare il fratello prete a Cavi di Lavagna; dove in genere si fermava anche per alcuni giorni e volentieri s’intratteneva a chiacchierare con i parrocchiani del fratello; in special modo col campanaro e il figlio Giovanni che spesso l’accompagnava. Un’amicizia risultata ulteriormente fondamentale anche nel divenire della storia della divisione levantina […]
Elio V. Bartolozzi, Costituzione della Brigata Coduri, La Divisione Partigiana “Coduri” Fonti per la Storia, 15 aprile 2019

Nella zona a cavaliere fra la Liguria e la Toscana operò il sottotenente di vascello Berardo Gallotti, che prese parte alla lotta armata fin dal mese di settembre 1943, dimostrando iniziativa, decisione e coraggio. Nel novembre 1944 fu incaricato di effettuare una missione per collegare le formazioni partigiane con le truppe alleate; il 22, mentre arditamente attraversava le linee del fronte, venne individuato e cadde ucciso dal fuoco nemico.
Giuliano Manzari, La partecipazione della Marina alla guerra di liberazione (1943-1945) in Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Periodico trimestrale – Anno XXIX – 2015, Editore Ministero della Difesa

Nasce [Berardo Gallotti] il 14 marzo 1916 a Portovenere, consegue nella Marina Militare il grado di Sotto Tenente di Vascello.
Dopo l’8 settembre 1943 aderisce alla Resistenza ed è, successivamente, fra i primi a dare vita alla Brigata “Matteotti”, di ispirazione socialista <1.
Molte sono le azioni da lui compiute, fra cui quella di attaccare il 15 ottobre 1944 il posto di blocco delle Brigate Nere a Buonviaggio alla periferia della Spezia.
Il 10 novembre 1944 gli alpini della fascista “Monterosa” reagiscono alle numerose e importanti attacchi della Brigata Matteotti, fra cui il colpo alla Baracca del Passo del Bracco, e danno inizio ad un duro rastrellamento, dapprima respinto dai partigiani che, però, ad un certo punto, devono ritirarsi, per esaurimento delle munizioni, lasciando sul campo alcuni morti.
Concluso il rastrellamento, Berardo Gallotti (insieme ad altri due partigiani, anch’essi come lui fra i primi aderenti alla “Matteotti”) chiede di passare le linee del fronte.
I tre si recano così dal maggiore Gordon Lett che li avvia verso tale meta, ma il giorno 26 novembre 1944 perdono la vita su un campo minato in località Strettoia (ai confini fra Massa e Lucca).
Secondo il documento Comune di Portovenere – Resistenza Civica – cit. (v. Fonti) muore a Carrara; secondo G. Ricci a Strettoia.
1 La Brigata “Matteotti” si forma probabilmente verso il 16 agosto 1944 ed è comandata da Franco Coni; essa entra poi, dal 24 ottobre 1944, nel Raggruppamento delle “Brigate Garibaldi”, mantenendo però organico e nome proprio. La Brigata “Matteotti” si fonde successivamente (la data è secondo alcuni collocabile fra 25 novembre e 9 dicembre 1944, sebbene quella forse più certa sia il 30 novembre) con il battaglione “Picelli”. Il nuovo comandante, dopo la fusione, è quasi subito Nello Quartieri “Italiano”, già comandante del “Picelli”. Il territorio di competenza è sempre quello di Sesta Godano. Negli elenchi dei caduti il nome di Berardo Gallotti è annoverato fra quelli della “Matteotti-Picelli”
Redazione, Gallotti, Berardo, via – Lungomare, Fezzano, Comune di Portovenere, SP in Progetto “Le vie della Resistenza (1943-1945)”, ISR Istituto spezzino per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea