L’impianto delle “cinemateche” preludeva a un intreccio dell’Istituto Luce e delle sue attività con gli organismi preposti alla formazione degli italiani

L’Istituto [Luce] ha sede a Roma e conserva un notevolissimo patrimonio fotografico e filmico sia di sua produzione, quindi a partire dal 1924 anno della sua nascita, sia di produzione esterna o provenienti da archivi privati <413.
La tipologia della documentazione è varia si va dai circa dodicimila cinegiornali, ai circa cinquemila documentari a vari tipi di film, dalla cinematografia delle origini ai docufilm, per usare un termine contemporaneo, che testimoniano avvenimenti storici, sociali e politici, a questo materiale si aggiungono circa un milione di metri lineari di pellicole che non sono state oggetto di montaggio e che costituiscono il repertorio di Incom e Luce, sono inoltre presenti circa tre milioni di fotografie.
I cinegiornali, nelle diverse testate, sono costituiti dal materiale prodotto dal Luce durante il periodo fascista e da vari notiziari del periodo repubblicano acquistati dall’Istituto e coprono un periodo compreso tra il 1928 e il 1990. L’Archivio dell’Istituto Luce è stato dichiarato ‘di notevole interesse storico’ dalla Soprintendenza Archivistica per il Lazio.
Gran parte della documentazione fotografica e dei cinegiornali Luce è stata digitalizzata e resa disponibile per la consultazione online <414.
[…]
Documentazione riguardante il Ministero delle Corporazioni si trova sia nei Cinegiornali Luce sia nelle fotografie.
3.29.1 Cinegiornali
Il fondo conserva circa dodicimila cinegiornali di diverse testate per il periodo 1927 – 1992, il nucleo principale di documentazione è costituito dai giornali Luce prodotti dall’Istituto durante il periodo fascista, a cui si sono aggiunti i combat film anglo – americani del periodo bellico e la Settimana Incom nel periodo repubblicano, oltre a altre produzioni minori. Il fondo è suddiviso secondo una classificazione alfanumerica assegnata negli anni ’60 in giornale Luce a, giornale Luce b e giornale Luce c.
Documentazione riguardante il Ministero delle Corporazioni si trova nei giornali Luce b e c.
3.29.1.1 Giornale Luce b
La serie è composta da circa millesettecento cinegiornali sonori e parlati per il periodo 1931 – 1940. Relativamente al Ministero delle Corporazioni si trovano filmati sull’inaugurazione della sede del Ministero delle Corporazioni a via Veneto a Roma e premiazioni a manifestazioni cinematografiche.
3.29.1.2 Giornale Luce c
La serie comprende circa quattrocentotrenta cinegiornali relativi al periodo della II Guerra Mondiale, ci sono filmati realizzati dopo il 25 luglio del 1943, i quarantacinque giorni del Governo Badoglio e alcuni numeri realizzati durante la RSI. In questa serie si trovano filmati riguardanti la presentazione di alcune iniziative autarchiche e le notizie riguardanti i ministri Bottai, Ricci e Cianetti.
3.29.2 Archivio fotografico
Il fondo comprende circa tre milioni di fotografie e documenta tutte le evoluzioni politiche, sociali e di costume dell’Italia del Novecento. I primi fondi acquisiti e quelli istituzionali comprendono il periodo 1919 – 1956, gli altri acquisiti dopo la II Guerra Mondiale coprono tutto il periodo successivo fin quasi ai giorni nostri.
3.29.2.1 Luce reparto attualità
La serie è costituita da centocinquantacinquemila negativi per il periodo 1927 – 1956, i servizi fotografici documentano la vita politica e sociale del regime alla fine della II Guerra Mondiale la produzione fotografica diminuì fino a essere sospesa nel 1956. Tra le fotografie che riguardano il Ministero delle Corporazioni molte sono quelle dedicate alle visite di rappresentanti del governo tedesco e ungherese al Ministero, ai singoli ministri e alle attività del dopolavoro organizzate per i dipendenti ministeriali.
[NOTE]
413 Cfr. Mino Argentieri, L’occhio del Regime. Informazione e propaganda nel cinema del fascismo, Firenze, Vallecchi, 1979; Massimo Cardillo, Il Duce in moviola. Politica e divismo nei cinegiornali e documentari “Luce”, Bari, Edizioni Dedalo, 1983; Ernesto G. Laura, Le stagioni dell’Aquila. Storia dell’Istituto Luce, Roma, Ente dello Spettacolo, 2000.
414 <http://www.archivioluce.com/archivio/>, ultima consultazione 13.11.2012.
Francesca Nemore, Guida alle fonti sussidiarie per la storia del Ministero delle Corporazioni, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Roma La Sapienza, 2013

Per quanto riguarda il cinema, Mussolini puntò molto su questa forma d’arte per sostenere il regime, essendo consapevole del potenziale uso strumentale e politico a cui poteva essere sottoposto il cinema <77 e già nel 1924 nacque l’Istituto Luce (con sede a Roma, partecipando alla produzione e diffusione di film e documentari destinati alle sale cinematografiche), nel 1932 la Mostra del Cinema di Venezia e nel 1936 gli studi di Cinecittà.
Mussolini, nel luglio del 1925, esortò i Ministeri della Pubblica Istruzione, dell’Economia Nazionale, delle Colonie e dell’Interno a servirsi dell’ Istituto Luce e coinvolse il Ministro della Pubblica Istruzione a stendere un programma per introdurre il cinema nelle scuole <78. In un biennio furono fondate otto “cinemateche”:
– Agricola (18 marzo 1926);
– Industriale di propaganda e istruzione (6 agosto 1926);
– Per l’arte e l’istruzione religiosa (21 settembre 1926);
– Cultura nazionale (26 dicembre 1926);
– Militare e d’istruzione e propaganda (30 gennaio 1927);
– Turistica e di propaganda (30 gennaio 1927);
– Igienica e di prevenzione sociale (30 gennaio 1927);
– Di propaganda e cultura all’estero (2 giugno 1927) <79;
L’impianto delle “cinemateche” preludeva a un intreccio dell’Istituto Luce e delle sue attività con gli organismi preposti alla formazione degli italiani, dalla scuola e dai patronati scolastici all’Opera Nazionale Balilla e poi dalla Gil, dall’Opera nazionale dopolavoro (che organizzava il tempo libero per le masse popolari), ai sindacati e alle associazioni che inquadravano gruppi professionali e categorie sociali <80. Le “cinemateche” del Luce si infoltirono così rapidamente che con il concorso della Direzione generale dell’Agricoltura, del Comitato permanente del grano, della Federazione nazionale tecnici agricoli e della Confederazione nazionale degli agricoltori, dal 1927 al 1931 si produssero diversi documentari, alcuni dei quali a carattere regionale sulla granicoltura dell’Italia settentrionale e dell’Italia centro – meridionale.
I film diffusi in accordo con le cattedre ambulanti di agricoltura (l’Opera Nazionale Combattenti), enti agrari e corsi professionali, furono visti in 870 proiezioni nel 1926, in 1440 nel 1927, in 2510 nel 1928 e in 2880 nel 1929 <81.
Nel 1929 l’Istituto Luce pubblicava in media cinque cineattualità alla settimana, documentari di indole varia che dal novembre 1928 furono collezionati in spettacoli che ebbero la denominazione di “Riviste Luce” <82. Il cinema di propaganda fascista fu insieme uno strumento del regime fascista per comunicare i propri ideali e valori alle masse e, nello stesso tempo, un fenomeno artistico.
I gerarchi fascisti riconobbero lo straordinario potenziale comunicativo del cinema, dandogli un ruolo centrale nei loro tentativi di trasformare le istituzioni, ideologie e stili di vita; dopo la creazione dell’Istituto Luce, cinegiornali e film istruttivi divennero armi potenti nelle campagne di “bonifica” del governo di Mussolini <83.
Nel 1927 viene creato il cinegiornale “Giornale Luce” (a prevalente carattere propagandistico), che era destinato ad essere proiettato obbligatoriamente in tutti i cinema d’Italia prima del film.
Il cinegiornale Luce fu il veicolo propagandistico (insieme alla radio) con i più elevati indici di diffusione durante il ventennio <84.
Più che la completezza dell’informazione, il cinegiornale cercò nella cronaca le varianti della fiction, la drammatizzazione degli accadimenti, un genere di intrattenimento reso più emozionante dalla consapevolezza che non vi fosse nulla di prefabbricato <85.
La Chiesa Cattolica, fino alla firma del Concordato tra Vaticano e Stato, fu con i suoi più illustri esponenti tenuta ai bordi del cinegiornale e della produzione dell’Istituto Luce; dopo la conciliazione, l’interesse dell’Istituto Luce aumentò per il mondo ecclesiastico italiano e per la comunità cattolica. <86.
Molti italiani si resero (presto) conto che il cinema poteva rivelarsi un arma a doppio taglio, nonostante le dichiarazioni di Mussolini che lo riteneva “l’arma più forte del regime”: i film fascisti mostravano quel tipo di glamour cosmopolita che la parte populista del regime aveva giurato di sconfiggere, e proiettavano modelli di comportamento sociale e sessuale che contrastavano con quelli propagandati nella stampa ufficiale <87.
Con la riapertura del complesso di produzione Cines (inaugurato nel 1930), dotato di tecnologia americana per la registrazione del sonoro, ci fu grande entusiasmo all’interno del regime <88.
Alcune caratteristiche del cinema propagandistico italiano furono: 1) raffigurare i cambiamenti positivi avvenuti con il fascismo, 2) celebrare i valori del fascismo, 3) la marcia su Roma 4) l’ascesa del fascismo 5) raffigurare la grandezza dell’Italia e 6) la dedizione alla patria.
L’interesse di Mussolini per il cinema non si limitava tuttavia ad aspetti esclusivamente propagandistici: l’inaugurazione nel 1932 del festival cinematografico internazionale della Biennale di Venezia, la fondazione del Centro Sperimentale di Cinematografia e la realizzazione del complesso di studi cinematografici di Cinecittà (rispettivamente nel 1935 e 1937), sono indicativi di un sostegno pubblico del cinema che, senza trascurare la dimensione propagandistica,anzi includendola a pieno titolo, non si risolveva solo ad essa.
[NOTE]
77 M. Tolomelli, Sfera pubblica e consenso di massa nel XX secolo, p.36
78 M. Argentieri, L’occhio del regime, p.29, Bulzoni editore, Roma, 2003.
79 M. Argentieri, L’occhio del regime, p. 30.
80 M. Argentieri, L’occhio del regime, p. 34.
81 M. Argentieri, L’occhio del regime, p. 40.
82 M. Argentieri, L’occhio del regime, p. 39.
83 R. Ben – Ghiat, La cultura fascista, pp. 121 – 122, Società editrice il Mulino, Bologna 2000.
84 M. Argentieri, L’occhio del regime,p. 73.
85 M. Argentieri, L’occhio del regime, p. 73.
86 M. Argentieri, L’occhio del regime, pp. 137 – 138.
87 R. Ben – Ghiat, La cultura fascista, p. 122.
88 R. Ben – Ghiat, La cultura fascista, p. 132.
Matteo Veneroso, Politiche di propaganda nell’Italia fascista, Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, 2015