L’inizio della lotta armata dei FTP-MOI a Parigi è drammatico

Stéphane Courtois, Denis Peschanski, Adam Rayski, Boris Holban, ALLE ORIGINI DEI GAP, 3 voll. in cofanetto: Boris Holban, Ai miei compagni. La vera storia della “manodopera immigrata” nella resistenza francese raccontata dal capo militare degli Ftp-Moi di Parigi; Stéphane Courtois, Denis Peschanski, Adam Rayski, Il sangue dello straniero. Storia degli Ftp-Moi: la “manodopera immigrata” dei partigiani francesi; Centro di documentazione Wacatanca, Ftp-Moi: il ruolo dei comunisti nella resistenza europea. Introduzione a una storia rimossa, Red Star Press, Roma 2019, pp. 750, 39,00 euro
Durante l’occupazione tedesca dal 1940 al 1944, più di 1000 uomini, resistenti ed ostaggi, sono fucilati al Mont Valerién (Haut-de-Seine).
Nel giugno del 1960, il generale De Gaulle, inaugura il Memoriale della Francia combattente dove vennero giustiziati 22 dei 24 membri di uno dei più celebri gruppi di resistenti composti integralmente da immigrati – gli FTP-MOI – comandati dal comunista armeno Missak Manouchian, commissario militare degli FTP-MOI parigini.
Missak venne arrestato insieme al comunista polacco – ex-combattente delle Brigate Internazionali e a capo della resistenza parigina – Joseph Epstein, fucilato sempre al Mont-Valérien l’11 aprile del 1944 poco più di tre mesi prima della liberazione di Parigi.
Nell’affiche rouge della propaganda nazista che ritrae alcuni membri del gruppo (dieci per la precisione, solo uomini e per la maggior parte resistenti di origine ebraica dell’Europa Orientale) sono presenti anche un comunista italiano: Spartaco Fontanot.
Questo gruppo di resistenti, che hanno svolto un ruolo del tutto significativo nella resistenza francese è stato autore di una delle più importanti azioni della resistenza parigina: l’uccisione di Julius Ritter, responsabile tedesco incaricato del lavoro coatto a benefico del Reich.
Quello della resistenza degli immigrati comunisti in Francia è una storia abbastanza misconosciuta in Italia – nonostante il notevole contributo dato dall’antifascismo italiano – , ed il lavoro del Centro di Documentazione Wacatanca, con la pubblicazione per la Red Star Press dei tre volumi raccolti in un cofanetto: “Alle origini dei Gap. Ftp-Moi: gli immigrati comunisti nella resistenza francese” copre questa lacuna.
Giacomo Marchetti, Alle origini dei GAP. Ftp-Moi: gli immigrati comunisti nella resistenza francese, Carmilla, 8 maggio 2019

Deportazione di ebrei francesi – Fonte: Yad Vashem
Un documento collaborazionista francese, da Marsiglia – Fonte: Philippe Natalini/Facebook

Boris Holban è il responsabile militare della MOI, e mantiene l’incarico fino alla Liberazione, eccetto tra agosto e settembre 1943 quando è mandato nei dipartimenti del Nord della Francia ad occuparsi dei FTP-MOI e viene sostituito a Parigi dall’armeno Missak Manouchian, armeno arrivato in Francia nel 1925, operaio alle industrie Renault di Parigi, scrittore, poeta, militante del PCF e responsabile della sezione armena della MOI dal 1940. Il responsabile militare è l’addetto alla preparazione militare dei combattenti, alla organizzazione delle azioni, all’attribuzione dei compiti ai capi di ogni gruppo armato ed è responsabile alla sicurezza dei combattenti è sottoposto per le questioni militari al Comitato militare FTPF della regione parigina e per le questioni politiche alla Commissione Centrale della MOI, retta da Gronowski, Kaminski e London. I FTP-MOI sono guidati da un triangolo di direzione formato, oltre che dal responsabile militare Holban, da un responsabile politico e un responsabile tecnico. Il responsabile politico, è addetto a reclutare nuovi combattenti e a formarli politicamente e anche a sostituire il responsabile militare se questo si
assenta, in un primo momento è Karel Stefka, militante cecoslovacco, ex volontario delle Brigate Internazionali, che proviene dal TA. Il responsabile tecnico è addetto al reclutamento di armi, al loro stoccaggio e alla loro manutenzione ed è in stretto contatto con i FTPF della regione parigina, nella persona di Epstein, e solo in caso di necessità con la direzione centrale della MOI.
In un primo momento l’incarico è affidato al comunista spagnolo Joaquin Olaso Piera, in Francia dal 1922, militante del PCF fu in Spagna a combattere dal 1936 per poi fare ritorno in Francia. Quest’ultimo è addetto al reclutamento di armi, al loro stoccaggio e alla loro manutenzione ed è in stretto contatto con i FTPF della regione parigina, nella persona di Epstein, e solo in caso di necessità con la direzione centrale della MOI. Afferma Holban nel proprio libro-testamento che, dalla creazione dei FTP-MOI alla Liberazione, la direzione centrale della MOI fece pervenire ai combattenti stranieri le consegne, procurò loro la letteratura politica proveniente dai differenti gruppi di lingua e contribuì a soddisfare i loro bisogni di soldi, vestiti e medicine. <278
In pochi mesi la Direzione dei FTP-MOI riuscì a creare unità di combattimento FTP-MOI, suddivise in 4 distaccamenti e una Équipe spéciale. <279 Il reclutamento venne effettuato tra persone che si offrivano volontariamente e fu opera dei responsabili politici di ogni emigrazione: Mazzetti per gli italiani, Gurvitz per i rumeni, Manouchian per gli armeni, Supek per gli jugoslavi, Zadgorski per i bulgari, Raysky per gli ebrei. Lo stesso procedimento è adottato per le Jeunesses della sezione ebraica di Parigi. <280 Afferma Holban che già dal maggio 1942 si formano a Parigi gli FTP-MOI e comprendono circa 100 combattenti e una ventina di addetti ai servizi ausiliari. <281
Scrive nelle sue memorie il comunista Carlo Fabro che i gruppi, OS-MOI e poi FTP-MOI, ebbero una propria indipendenza: ognuno stampava e distribuiva i propri volantini di propaganda, compiva azioni di guerriglia da solo o assieme ad altri gruppi che si univano temporaneamente, a seconda dell’importanza e pericolosità dell’azione da compiere. “Si tratta(va) di una lotta eminentemente urbana che non era quindi paragonabile a una organizzazione creata su compagine o battaglioni come è avvenuto da noi (Italia) per le formazioni di montagna”. <282
Il I distaccamento nasce nell’estate del ’42 ed è composto da rumeni (in maggioranza ebrei), molti avevano combattuto in Spagna e poi erano entrati nell’OS. Il II distaccamento è per lo più costituito da ebrei originari della Polonia, militanti della sezione ebraica della MOI di Parigi. E’ il gruppo con più combattenti, è formato da circa 40 persone, la maggior parte giovanissime, fra i 16 ed i 20 anni. Tra questi vi furono anche alcuni ex volontari di Spagna e membri dell’OS, che abbracciarono la lotta armata già dal 1941. Entra in azione soprattutto dopo il rastrellamento del Vel d’Hiv, avvenuto nella notte tra il 16 e 17 luglio del ’42 e che comportò la deportazione di 12.000 ebrei. <283
Il III distaccamento è quello formato da italiani, militanti della gioventù comunista del PCF o militanti del PCd’I, creato nell’estate del ’42 e diretto da un militante importante del Partito comunista italiano, Marino Mazzetti.
Scrive Holban, che contrariamente agli altri gruppi di lingua provenienti da paesi fascisti, i militanti italiani, ex volontari di Spagna tornarono per la maggior parte, da clandestini, in Italia a combattere il fascismo in Italia. Gli ex di Spagna che, evasi dai campi d’internamento, rimasero in Francia, furono tra i primi a entrare nell’OS. <284
Il IV distaccamento è quello che più tardi venne soprannominato “distaccamento dei deragliatori” ed è composto principalmente da rumeni, ungheresi, cechi, la maggior parte ebrei, alcuni ex combattenti in Spagna. Questo gruppo sarebbe stato uno degli ultimi a cadere nel novembre del 1943. Il comandante del IV gruppo è Boczor, ebreo ceco, ex Brigatista in Spagna e poi nell’OS a Parigi, specializzato nel deragliamento di treni. Quando Miret-Muste fu arrestato nel dicembre 1941, Boczor fu chiamato a sostituirlo, ed è con questo titolo che partecipò alla discussione per la nascita degli FTP-MOI.
L’ultimo gruppo di combattenti, quello bulgaro, non fu mai abbastanza numeroso da costituire un distaccamento. I suoi combattenti, erano molto esperti ed agguerriti, avevano esperienze di lotta clandestina nel paese d’origine, e due di loro anche in Spagna e nell’OS, dal dicembre 1942 furono incorporati nel I gruppo che aveva subito gravi perdite. Uno di loro Boris Milev, nel gennaio 1943 fu cooptato nella direzione dei FTP-MOI a sostituire Stefka, che era stato arrestato. Infine è esistito anche un gruppo formato da spagnoli, anch’esso fortemente limitato nel numero, che sembra sia stato molto attivo fino all’ottobre del ’42, compiendo 7 attentati, per poi sparire essendo più interessato a ciò che succedeva nel paese d’origine; gli ungheresi invece rinunciarono a partecipare alla lotta armata: il capo del PC ungherese in Francia, rifiuta categoricamente il rischio di perdere degli uomini nella lotta armata, è più importante preservarli in vista della costruzione di un’Ungheria socialista. <285
Oltre ai 5 gruppi armati, l’organizzazione FTP-MOI al fine di non sovraesporre i propri combattenti dispone di una serie di servizi ausiliari. Ha un ‘servizio medico’ incaricato di curare gli eventuali feriti, un servizio informazioni diretto da un intellettuale rumena Cristina Boico, assistita da altre sei persone, che gioca un ruolo decisivo nella ricerca e nella individuazione degli obiettivi militari da colpire; essi non hanno alcun contatto coi combattenti. Il ‘servizio quadri’ che si occupa del controllo dei candidati alla lotta armata, che vengono reclutati dai responsabili di ogni gruppo, giudica se il candidato può o meno essere adatto alla lotta armata, (stato d’animo, legami familiari, la vita personale e le amicizie), se può adeguarsi alle dure condizioni che la lotta armata impone.
Inoltre questo servizio si occupa di assicurare protezione dei resistenti in caso di infiltrazioni da parte della polizia. Tale servizio fu affidato ad Abraham Lissner, ex volontario della Spagna, ex membro dell’OS e appartenente al II distaccamento FTP-MOI. Il servizio tecnico è addetto a salvaguardare quelle armi e munizioni ereditate dall’arsenale degli OS e a recuperarne altre, e a trovare dei laboratori dove poter confezionare esplosivi. Questo servizio fu diretto fin dall’inizio da un ebreo della Transilvania, Michel Patriciu, aiutato da due agenti di contatto, due donne, Tuba Klesczelski e Madeleine Oboda, che a loro volta erano in contatto con gli agents de liason di ciascun gruppo armato. Inoltre la Direzione centrale della MOI aveva già realizzato un servizio specializzato nella creazione di documenti falsi (carte d’identità, carte di lavoro etc), di ottima qualità, produceva documenti che occorrevano per circolare e non farsi arrestare al primo controllo, per affittare una stanza dove nascondersi etc. Tale servizio fu diretto da un ebreo rumeno ed ex volontario di Spagna, Alexandre Lazar, che fornì i documenti anche ai FTP-MOI, fino alla data del
suo arresto, nel giugno 1944. <286
I combattenti FTP-MOI appartengono a due categorie. Una che raggruppa i militanti che partecipano alla lotta armata ma che continuano a lavorare, a vivere in famiglia. Sono considerati dei membri non permanenti e non sono sostenuti da aiuto finanziario, ma in caso di necessità possono beneficiare di carte di alimentazione o denaro. L’altra che raggruppa i combattenti permanenti, a tempo pieno, i quali ricevono uno stipendio e le carte di alimentazione. I soldi provengono direttamente dal Comitato Militare Nazionale e se le somme sono insufficienti vengono integrate dalla Commissione centrale della MOI. I combattenti FTP-MOI del 1942-43 – afferma Holban nel suo libro/testamento – sono dei comunisti convinti, animati da un ideale comune, desiderano la fine del fascismo, la costruzione di una nuova società fondata sulla giustizia sociale e sulla libertà, secondo il modello di quella che al tempo è la loro seconda patria: l’URSS. <287
Durante l’occupazione tedesca a Parigi, la vita clandestina dei FTP-MOI comporta l’applicazione di strette regole di comportamento per sfuggire ai pedinamenti e alle retate delle varie polizie quali ad esempio: non tornare mai nello stesso nascondiglio se si teme di essere seguiti; non raccontare a nessuno la propria attività; non interessarsi a quello che fanno gli altri compagni; riguardo all’organizzazione cercare di sapere il meno possibile se non lo stretto necessario; non portare indosso indirizzi o carte suscettibili di destare sospetti; conoscere bene la propria falsa identità per poter fare fronte agli incessanti controlli; essere puntuali ad un appuntamento che deve essere conosciuto solo dai diretti interessati; evitare di prendere il métro; non entrare mai in contatto con qualcuno che è stato appena liberato dalla polizia; non frequentare familiari né amici.
L’inizio della lotta armata dei FTP-MOI a Parigi è drammatico: il primo gruppo armato ad entrare in azione è quello degli ebrei. Il primo maggio 1942 avrebbero dovuto far esplodere una bomba in una caserma occupata dai nazisti, ma il 25 aprile i due giovani incaricati di preparare l’ordigno, vengono folgorati dall’esplosione della bomba. La loro morte portò la polizia a tendere una trappola nella quale caddero una decina di militanti della sezione ebraica, fra i quali vi erano ex combattenti di Spagna e quadri politici esperti.
L’attacco successivo è il 31 maggio: viene incendiato un atelier di vestiti gestito da un ebreo che lavorava per i nazisti, forniva abiti e guanti ai soldati tedeschi. L’attentato è ripetuto dopo 4 settimane in un altro atelier al servizio dei nazisti, ma stavolta il proprietario riesce a scappare e a dare l’allarme. Gli attentatori sono catturati dalla polizia francese e consegnati ai tedeschi che li fucilano il 29 luglio 1942. Gli altri gruppi armati compiono poche azioni contro le forze di occupazione: 7 attentati a luglio e 11 attentati ad agosto 1942. Questi attacchi sono ancora “modesti”: alcuni incendi, deposizione di esplosivi davanti a locali occupati dai tedeschi, due deragliamenti. <288
Per quanto riguarda i FTP francesi del PCF a Parigi, essi non presentano nella primavera del 1942 una situazione brillante: mancano di effettivi per la lotta armata, sono organizzati in due gruppi.
Uno di questi due gruppi venne incaricato il 1 agosto 1942 di fare da copertura a una militante comunista Lise Ricol, moglie del leader dei comunisti slovacchi Artur London. Mentre Lise prese la parola pubblicamente in rue Daguerre, il gruppo, a causa di una imprudenza, venne catturato interamente. E anche Lise e Artur furono arrestati dalla Brigade spéciale, e poi deportati a Mathausen. Il partito francese dispose da allora soltanto di una formazione militare FTP, nota sotto il nome di “gruppo Valmy”, scaturita dall’OS e formata da francesi e da stranieri, in particolare italiani, svolse per il PCF soprattutto una funzione di polizia. <289 Il gruppo, nell’arco di un anno, fino al luglio del ’42, uccise una decina di persone, ex esponenti del PCF considerati traditori, per poi orientarsi nuovamente verso la lotta armata contro i tedeschi fino all’ottobre del ’42, quando, in seguito all’arresto e alle confessioni sotto tortura di uno dei leader del gruppo, venne sgominato e disciolto. <290 Successivamente, nel gennaio del ’43, fu possibile l’arresto di tutto lo stato maggiore degli FTP francesi della regione parigina: in queste circostanze si può comprendere bene l’importanza decisiva che acquisirono, agli occhi della direzione comunista, gli FTP stranieri ossia gli FTP-MOI, venendo a mancare completamente il gruppo dei francesi. Fu così che questi accentuarono le loro azioni, nel settembre 1942 realizzarono venti attentati: depositarono bombe a scoppio ritardato in locali frequentati da tedeschi o da francesi collaborazionisti; il 19 settembre inaugurarono il lancio di una granata contro un distaccamento tedesco in movimento da Parigi, azione eseguita dal III gruppo, sulla strada di Sannois, verso Argenteuil. Ad ottobre i gruppi armati FTP-MOI compiono 11 azioni, 10 a novembre e 12 a dicembre, diverse furono bombe lanciate contro i soldati tedeschi. <291
La reazione della polizia fu immediata: vengono catturati e fucilati diversi militanti del I gruppo, che rimane così privato dei suoi elementi più agguerriti. In seguito a delle inchieste la polizia riesce ad arrivare alla direzione dei FTP-MOI, attraverso il pedinamento del dottor Léon Greif, di origine polacca, arrivato a Parigi nel 1925 e naturalizzato francese dal 1937. Nell’ottobre 1940 Grief rientrò a Parigi dopo essere stato mobilitato, fatto prigioniero e liberato su richiesta dell’ospedale dove aveva lavorato. Rifiutò di dichiararsi ebreo e cercò di venire in contatto con la resistenza per combattere l’antisemitismo in ambiente medico. Accettò di diventare il responsabile medico dei FTP-MOI, avrebbe dovuto curare gli eventuali feriti dei gruppi armati. Il 4 dicembre 1942 quando Stefka Karel, militante cecoslovacco del TA si reca dal dottor Grief, la casa di quest’ultimo era già posta sotto osservazione da alcuni giorni da parte della polizia francese. Fu così che procedette a fare irruzione nell’appartamento di Grief e ad arrestare Stefka. Questo fu torturato così selvaggiamente che indicò il proprio nascondiglio e quello di Olaso che l’indomani venne arrestato insieme alla moglie dalla BS2; furono in seguito entrambi deportati il 23 agosto 1943, lei nel campo di Ravensbruck, lui a Mathausen. Dopo Olaso furono arrestati altri militanti spagnoli; Olaso stesso rivelò sotto tortura il nascondiglio di Holban. Il capo dei FTP-MOI riuscì tuttavia a non farsi catturare cosa che non accadde al capo del I gruppo, Edmond Hirsch arrestato il 7 dicembre dalla Brigade Spéciale che gli trova in casa, durante una perquisizione, una bomba, una mitraglietta, una pistola, un revolver, delle munizioni e la lista dei nomi degli aderenti al gruppo e i luoghi di appuntamento. Il 9 dicembre tutti i militanti indicati sono arrestati. Il 15 dicembre è arrestata anche Charlotte Gruia, la moglie di Boczor, agente di contatto del marito e del servizio tecnico dei FTP-MOI.
La polizia francese era arrivata a catturare i FTP-MOI del primo gruppo: attraverso il pedinamento dei FTP francesi iniziato il 14 settembre 1942 arrivò il 19 novembre ad arrestare 38 persone. <292
Riguardo al I gruppo, dopo essere stato così duramente colpito dalla polizia, venne riorganizzato. Furono chiamati a farne parte l’équipe bulgara e dopo il febbraio 1943 i combattenti di altri gruppi armati.
Dopo l’arresto di Olaso e Stefka, Holban fu affiancato nella direzione dei FTP-MOI da Boris Milev che subentrò quale responsabile politico dei FTP-MOI nel dicembre 1942. Questi era originario della Bulgaria, militante comunista nel suo paese, si trovava in Francia dal 1925. In seguito fece ritorno nel proprio paese dove svolse l’attività di giornalista e per il suo lavoro venne arrestato. Una volta evaso nel 1938 ritornò a Parigi, fu uno dei primi aderenti agli OS-MOI. Tuttavia fu responsabile politico dei FTP-MOI per poco tempo, fino ad aprile-maggio 1943, quando, essendo stato identificato dalla polizia, fu inviato nel Nord della Francia come delegato della direzione della MOI e vi rimase fino alla Liberazione. Dal maggio 1943 l’incarico di responsabile politico fu affidato al polacco Joseph Dawidowicz, ebreo militante comunista nel paese d’origine e successivamente a Parigi, fino al ’43 fu il capo del II gruppo armato dei FTP-MOI. Riguardo invece al responsabile tecnico, dopo l’arresto di Olaso, fu chiamato Alik Neuer, cecoslovacco, ex appartenente alla Brigate Internazionali e poi all’OS. Nel luglio del 1943 venne arrestato durante una retata, vene poi fucilato e riuscì a non rivelare niente alla polizia riguardo ai FTP né riguardo alla propria identità. Nel luglio fu sostituito da Manouchian che mantenne l’incarico fino a quando venne arrestato nel novembre ’43. Fu allora che gli subentrò Terragni. Riguardo invece alla Direzione centrale della MOI, dopo il passaggio del responsabile London al Servizio di lavoro tra i tedeschi (TA), fu sostituito dall’estate del 41 dal rumeno Victor Blajek. Quando questi venne arrestato nell’aprile 1943 e la direzione centrale rimase formata da Gronowski e Kaminski che ebbero quattro persone di fiducia ad aiutarli: Edouard Kowalski, Marino Mazzetti, Adam Raysky, Albert Youdine.
Riguardo alla gestione della lotta armata a Parigi, esisteva un comitato militare francese della regione parigina, divenuto nel 1943 Comité militaire interrégional, CMIR, che dirigeva la lotta armata dei FTP nei dipartimenti della regione parigina. Il CMIR dava informazioni sullo svolgimento generale della lotta armata in tutta la regione, indicava degli orientamenti da seguire e chiedeva ai FTP-MOI di coordinarsi con i FTP francesi riguardo all’organizzazione e realizzazione di azioni importanti. Afferma Holban che i FTP-MOI ebbero una grandissima libertà nella scelta degli obiettivi da colpire e riguardo alla tattica da applicare e che egli, in quanto responsabile militare, non accettò mai un obiettivo senza che questo non fosse già stato esaminato dal servizio informazioni. <293
[NOTE]
278 B. Holban, Testament: Après Quarante-Cinq Ans De Silence, Le Chef Militaire Des FTP-MOI de Paris Parle. Editore:Calmann-Lévy, 1989, pp. 95-101.
279 S. Courtois, D. Peschanski, A. Rayski, Le sang de l’étranger, les immigrés de la MOI dans la Résistance, Paris, Fayard, 1989, p. 150.
280 Ivi, pp. 144 – 145.
281 B. Holban, op. cit., p. 92.
282 R. Maddalozzo, Carlo Fabro: emigrante, antifascista, resistente, sindacalista, Pubblicazione Tricesimo: A.N.P.P.I.A, 1987, p. 41
283 Gli ebrei parigini recensiti erano 25.000, ma grazie a delle informazioni che erano state fatte trapelare nei giorni precedenti il rastrellamento, 13.000 persone riuscirono a sfuggire al rastrellamento. La section juive del II distaccamento MOI aveva appreso da dei Russi bianchi impiegati alla prefettura parigina che si stava preparando una vasta operazione contro gli ebrei, decise allora di pubblicare un volantino titolato “Aux masses populaires juives. L’ennemi prépare un crime inoui contre la population juive”. Questo volantino senza dubbio contribuì a salvare migliaia di persone che nelle notti del 16 e 17 luglio 1942 grazie all’aiuto dei parigini. Il giorno stesso del rastrellamento la sezione ebraica della MOI riuscì a fare entrare nel Velodromo due persone, le quali si spacciarono per infermieri e poterono osservare il terribile spettacolo: 12.000 persone, di cui 4.000 bambini, rinchiuse per poi essere deportate. Nei primi giorni di agosto la loro testimonianza venne stampata su una brochure clandestina in 10.000 copie prima di essere riprodotta a settembre nella zona Sud. Questo volantino è uno dei pochissimi documenti della Resistenza francese sul rastrellamento del Velodromo. Dopo la diffusione di questo volantino si propagò fra i francesi un’ondata d’indignazione contro l’occupante tedesco e contro i collaborazionisti francesi. La sezione ebraica della MOI dette vita al Mouvement national contre le racisme (MNCR) che raggruppava ebrei, laici e cattolici e che ebbe come scopo lo sviluppo di una solidarietà attiva poiché si era compreso che gli ebrei e in particolare gli ebrei stranieri, non potevano assicurarsi la sopravvivenza senza il contributo della popolazione francese. Fu proprio in seguito al rastrellamento del Vel d’Hiv che molti giovani ebrei decisero di dare il loro contributo alla propaganda e alla lotta armata degli FTP-MOI: il reclutamento fu effettuato da parte di giovani tra i 18 e i 20 anni, venne fatto soprattutto nei quartieri dove vi era una forte concentrazione di ebrei, l’XI e il XX in particolare. Alcuni di questi volontari avevano visto deportare tutta la loro famiglia, altri come Marcel Rayman avevano assistito alla deportazione del padre, questi tragici avvenimenti li spinsero a battersi con determinazione contro i nazisti. Cfr S. Courtois, D. Peschanski, A. Rayski, Le sang, op. cit., pp. 158-161. Cfr., Des juives dans la Résistance, les origines, les motivations, l’actions et les destins des combattants juives (parmi d’autres immigrés) de la 35 Brigade FTP-MOI, Temoignage, p. 107
http://www.memorialdelashoah.org/attachments/article/193/A4_edi_list_temoign_brafman152.pdf
284 B. Holban, Testament: Après Quarante-Cinq Ans De Silence, Le Chef Militaire Des FTP-MOI de Paris Parle. Editore: Calmann-Lévy, 1989, p. 111.
285 S. Courtois, D. Peschanski, A. Rayski, op. cit., pp. 145-150.
286 B. Holban, op. cit., pp.124-128.
287 Ivi, p. 134.
288 S. Courtois, D. Peschanski, A. Rayski, op. cit., pp. 155-156.
289 Come ad esempio l’esecuzione di Gitton, un ex dirigente comunista, che abbandonato il PCF al momento della firma del Patto Moltov-Ribbentrop, condusse di lì in avanti una forte campagna anticomunista e cercò di liberare gli internati dissidenti comunisti. D. Peschanski, La confrontation radicale Résistants communistes parisiens vs Brigades spéciales, op. cit., p. 342
290 Ivi, p. 343.
291 S. Courtois, D. Peschanski, A. Rayski, op. cit, pp. 162-165.
292 Ivi, pp. 175-178.
293 B. Holban, op. cit., pp. 100-101.
Eva Pavone, Gli emigrati antifascisti italiani a Parigi, tra lotta di Liberazione e memoria della Resistenza, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Firenze, 2013, pp. 101 -107

Facciamo un quadro del contesto repressivo in cui agì la resistenza comunista.
Con la vittoria “lampo” della Germania nazista e l’occupazione della Francia, il comando militare tedesco in Francia (MBF) instaura una repressione giudiziaria feroce e già dal giugno del 1940 gli avvisi di esecuzione per persone riconosciute colpevoli di sabotaggio o di aggressione ai soldati vengono fatti affiggere in strada.
A partire dal 1941 coloro che cercano di raggiungere le Forces Françaises Libres (FFL) del generale de Gaulle a Londra o i membri dei primi gruppi della resistenza smantellati vengono tradotti di fronte a questi tribunali militari.
Alla fine del luglio del 1941, più di centosessanta pene di morte sono state pronunciate ed un quarto eseguite.
Parallelamente a questa misura giudiziaria, dal settembre del 1940, il MBF mette in atto delle altre misure repressive per sanzionare “atti gravi” e dissuadere la popolazione contro ogni atto contro le forze d’occupazione.
La MBF decide la “detenzione amministrativa”, senza processo e senza limiti di tempo per coloro che sono ritenuti pericolosi e ricorre a vari tipi di rappresaglie collettive quando non riesce a trovare coloro che ritiene essere responsabili dei supposti atti criminosi come l’estensione del coprifuoco, sanzioni finanziarie, presa in ostaggio di persone dal profilo pubblico universalmente conosciute.
Il governo collaborazionista del Maresciallo Pétain mette in atto dall’estate del 1940 una politica di “Rivoluzione Nazionale” per lottare contro i “nemici interni” (comunisti, ebrei, massoni, ecc.).
Le punte di lancia di questa repressione sono la polizia e l’amministrazione francese, al zelante servizio del Reich.
Viene attuata una riforma della polizia nazionale e dei servizi di polizia “paralleli” e “speciali” vengono creati per lottare contro l’anti-France.
La Prefettura di polizia di Parigi, dove una Brigade Spécial anticomunista era stata instaurata sotto la III Republica, è rinforzata nel 1942 da una seconda Brigade Spécial (“BS2”) incaricata di dare la caccia ai “terroristi”, autori degli attentati, in un contesto oramai diventato insicuro per l’occupante tedesco.
Sono i militanti del Partito Comunista Francese – di fatto clandestino dal 1939 – i primi ad iniziare la strategia della lotta armata dopo l’invasione dell’Unione Sovietica con l’inizio dell’Operazione Barbarossa il 22 giugno del 1941.
Forse le pagine più belle del periodo che precede il lancio della lotta armata in Francia sono state scritte da Giuliano Pajetta nel suo diario “Douce France”.
Pajetta, ex braccio di Luigi Longo – ispettore delle Brigate Internazionali durante la guerra civile spagnola – era evaso dal campo di “Les Milles” nel febbraio del 1941 – dopo essere stato internato dalla Francia repubblicana in quello del Vernet insieme a molti altri combattenti repubblicani della guerra civile spagnola – per ricostruire la rete del Partito Comunista nella parte orientale del Sud della Francia.
Longo svolgerà questo compito fino al suo arresto (prima di evadere nuovamente) nel maggio del 1942 insieme a Renzo Schiapparelli con in tasca proprio un documento del partito che indica un salto di qualità militare nell’azione dei comunisti.
I comunisti hanno la consapevolezza che “su questo ci siamo solo noi” per dirla con Pajetta, e che a loro “la storia” affida il compito di iniziare la lotta armata contro l’occupante e “rompere gli indugi”.
La repressione contro i comunisti messa in atto da nazisti e collaborazionisti sarà feroce.
Un giornalista nel dopoguerra tutt’altro che di simpatie comuniste definirà il PCF: “il partito dei fucilati”, tale era stato il sacrificio dei comunisti durante la guerra di liberazione.
Il 21 agosto del 1941, nella metrò di Barbès a Parigi, un commando di giovani comunisti guidato da Pierre Georges (il fututo colonello Fabien) abbatte un ufficiale della marina tedesca.
Un comunicato viene fatto affiggere sui muri che annuncia le rappresaglie imminenti.
Tutte le persone detenute da o per conto delle autorità tedesche nelle prigioni come nei campi sono ritenute “ostaggi” suscettibili della fucilazione.
Vichy crea lei stessa i suoi propri codici “d’eccezione”, le sezioni speciali, per giudicare i comunisti e la MBF fa pressione affinché questi vengano rapidamente condannati a morte.
Così il 27 agosto, tre membri del PCF clandestino vengono giudicati e ghigliottinati nella prigione della Santé.
Dopo un altro attentato, il 6 settembre, il MBF fa fucilare i primi tre ostaggi, inaugurando questa pratica di rappresaglia che si succederà di settimana in settimana sul Mont-Valérien nella regione parigina.
Il 16 settembre del 1941 Hitler, ritenendo questa politica ancora insufficiente, fa promulgare un decreto sui movimenti sediziosi comunisti nei territori occupati, ordinando che dai cinquanta a cento comunisti vengano sistematicamente giustiziati per ogni soldato tedesco morto. Il 28 settembre, il MBF emette un’ordinanza conosciuta con il nome di “codice ostaggi”.
Questo codice viene applicato quando dei resistenti comunisti abbattono il Feldkommandant di Nantes e un consigliere dell’amministrazione militare di Bordeaux il 20 e il 21 ottobre.
48 ostaggi a Châteaubriant, Nantes e al Mont-Valérien, poi cinquanta altri a Souge, vicino a Bordeaux, sono fucilati. Per la prima volta Vichy partecipa attivamente proponendo delle liste di persone da giustiziare tra i militanti comunisti internati.
Con l’avvicinarsi della “Soluzione Finale” – la cui celere organizzazione viene decisa dalla conferenza di Wannsee in Germania il 20 febbraio – il profilo del nemico interno nell’Esagono prende sempre più i connotati dei “giudeo-boscevichi”, come dimostra l’esecuzione per rappresaglia di cinquantuno ebrei – su novantacinque fucilati – per la morte di 4 soldati tedeschi.
E la Francia era stata tra le due guerre uno dei poli d’attrazione per l’immigrazione polacca spesso d’origine ebraica, oltre che per quella italiana prima “politica” e poi “economica”, rifugio degli intellettuali e antifascisti sfuggiti al nazismo con l’espansione della peste bruna, spesso di origine ebraica, della Mitteleuropa.
Il 1 giugno del 1942 il generale delle SS Karl Oberg è nominato “capo supremo delle SS e della Polizia in Francia”, facendosi carico della repressione anti-partigiana, e portando avanti la politica degli ostaggi fino all’autunno dello stesso anno, in cui viene abbandonata.
La politica repressiva viene intensificata, mentre gli accordi tra René Bousquet, segretario generale della polizia di Vichy, e il generale Oberg nell’agosto del 1942, assicurano il lavoro congiunto tra la polizia francese e le forze d’occupazione.
Il 10 luglio, le SS estendono lo status di “ostaggi” ai membri della famiglie dei resistenti ricercati!
Tra l’agosto e il settembre avvengono le esecuzioni più rilevanti di ostaggi durante l’occupazione.
Le SS assicurano ugualmente la deportazione dei comunisti nei lager nazisti, previsti per rappresaglia dal MBF dal dicembre del 1941: circa milleduecento ostaggi comunisti vengono deportati ad Auschwitz il 6 giugno del 1942, mentre dopo aver fatto partire i prime cinque convogli di persone d’origine ebraica le SS organizzano le deportazioni regolari nel quadro della “Soluzione Finale” con la stretta collaborazione degli apparati di Vichy, primo anello della catena delle deportazioni.
La politica degli ostaggi ad un certo punto viene ritenuta contro-producente vista la sua inefficacia, perché gli attentanti proseguono, ma molto di più perché il Reich non vuole inimicarsi ulteriormente l’opinione pubblica considerando la sete di braccia di cui abbisogna per lo sforzo bellico da inviare in Germania e quindi non vuole che la disapprovazione verso le esecuzioni di massa nuoccia al reclutamento della mano-d’opera francese per il lavoro in Germania.
A titolo eccezionale, cinquanta ultimi ostaggi sono fucilati al Mont-Valérien il 2 ottobre del 1943, in seguito all’attentato commesso a Parigi contro Julius Ritter, responsabile tedesco incaricato del lavoro coatto a benefico del Reich.
Nell’ottobre del 1942, le SS introducono in Francia una nuova forma di repressione: la procedura di detenzione di sicurezza (Schutzhaft) che permette di deportare in Germania, senza processo, tutte le persone sospette o colpevoli di attività anti-tedesca. Dal gennaio 1943 all’agosto 1944, circa 40.000 persone sono così deportate dai campi di Campiège e di Romainville verso i campi di concentramento nazisti.
Dopo l’occupazione della zona sud nel novembre del 1942 e di fronte alla moltiplicazione delle azioni della Resistenza, i tribunali militari intensificano la loro repressione condannando sempre di più persone alla pena capitale: dal gennaio 1943 all’agosto del 1944, più di millesettecento persone vengono fucilate.
Alla fine del 1943, nella prospettiva di un imminente sbarco alleato e temendo l’apertura di un “secondo fronte” alle spalle delle loro truppe a partire dal maquis, i tedeschi radicalizzano la loro politica anti-partigiana.
Ormai adottano una strategia di “guerra totale” contro la Resistenza e contro la popolazione che ritengono gli dia ospitalità, così ai processi sommari ed alle deportazioni, si aggiungono delle “operazioni di pulizia” condotte dai militari e dalla polizia contro il maquis e le zone reputate “infestate da bande terroriste”.
Nella propaganda collaborazionista, i resistenti sono dipinti come marionette al soldo di Stalin, mentre le forze dell’ordine collaborazionista danno la caccia ai partigiani e ai refrattari al servizio di lavoro obbligatorio (STO).
Nell’estate del ’44 la ferocia nazista s’accresce, commettendo dei veri massacri come nel villaggio di Oradou-sur-Glane o di Maillé.
Uno dei processi più spettacolari contro un gruppo di resistenti inizia alla fine del mese di febbraio del 1944, si tratta di un “gruppo” del FTP-MOI” al capo del quale vi è un armeno comunista – scampato al genocidio armeno perpetrato dal nascente stato turco – Missak Manouchian.
Smantellato dalla polizia di Vichy alla fine del 1943, questi uomini rappresentati in una famosa “affiche” di propaganda nazista come semplici banditi: “Des Libérateurs? La Libération par l’armée du crime!” in cui vengono mostrate le foto di dieci membri del gruppo – tra cui il comunista italiano francesizzato nel nome Fontanot – insieme alle foto dell’”arsenale” di cui disponevano e di alcune azioni del “gruppo”, 22 verranno condannati a morte e fucilati al Mont-Valérien.
[…]
Per ciò che concerne il movimento comunista in Italia, l’esperienza della guerra civile spagnola maturata nelle Brigate Internazionali prima e tra le fila della resistenza francese saranno fondamentali per la formazione di quadri politico-militari per la lotta di Liberazione in Italia, in particolare per l’esperienza gappista in città che sarà l’apripista alla lotta “senza quartiere” all’occupante nazista e al fascismo.
Giacomo Marchetti, art. cit.

Il 28 settembre 1943 l’Équipe spéciale porta a termine una delle operazioni più importanti: l’uccisione del colonnello Julius Ritter. <352 L’operazione avvenne sotto l’autorità di Missak Manouchian che aveva sostituito da più di un mese Boris Holban, ed era quindi diventato il nuovo responsabile militare degli FTP-MOI parigini. Julius Ritter, detto le négrier poiché era il responsabile del Servizio di lavoro obbligatorio, fu lui ad ordinare le retate di giovani e uomini adulti da inviare in Germania a lavorare. Julius Ritter fu abbattuto nella sua macchina da un “triangolo” di tiratori scelti di cui facevano parte il tedesco Kneler che sostituì all’ultimo momento Fontanot, lo spagnolo Alfonso, e il rumeno Rayman. <353
Dal canto suo la polizia francese continuò la sua incessante opera di pedinamento dei giovani partigiani iniziata nella primavera del 1943, e riuscì nell’autunno a compiere arresti in massa tra gli FTP-MOI. Sorvegliando inizialmente i fratelli Rayman, la polizia arrivò ad identificare Alfonso e Kneler dell’Équipe spéciale e in seguito, grazie al pedinamento di Boczor, alcuni membri del IV gruppo specializzato nei deragliamento di treni. Pedinando Boczor il 24 settembre, la BS2 riuscì a localizzare Manouchian, di cui ignorava però l’importante ruolo. Il 26 ottobre dopo aver compiuto un deragliamento nella regione parigina, i tre responsabili dell’azione, i combattenti Usseglio, Golberg e Szapiro compiono il grave errore di rimanere nella zona dell’attentato e vengono presto identificati e arrestati di lì a poco. Sempre il 26 ottobre la BS2 effettua un arresto decisivo catturando Joseph Dawidowicz, commissario politico dei FTP-MOI di Parigi e responsabile degli effettivi, coordinatore del lavoro politico e che disponeva di contatti con la MOI e con quella dei FTPF. I servizi di polizia lo stavano sorvegliando da molto tempo perché sospettato di attività terrorista ma ignoravano l’importanza del ruolo rivestito da Dawidowicz.
La polizia riuscì, stando a quanto è riportato nel testo “Le sang de l’étranger”, ad avere importanti informazioni sui partigiani stranieri da parte di Dawidowicz che parlò subito non reggendo il peso delle torture. Infatti già dal 28 ottobre, la BS2, venuta a conoscenza che il commissario politico si sarebbe dovuto incontrare con altri due partigiani, si recò sul luogo indicatogli da Dawidowicz stesso ed individuò chi fossero i due: Terragni e Boczor. Sul momento non riuscì a catturarli perché questi si dileguarono in fretta nel metrò. Venne anche accentuata la sorveglianza da parte della BS2 su Manouchian, il quale sapeva bene di essere in serio pericolo. I combattenti FTP-MOI erano consapevoli di essere gravemente minacciati, e che sarebbero stati arrestati prima o poi, anche perché erano in netta minoranza rispetto ai componenti della BS2. Questi erano circa un centinaio, tra poliziotti e commissari, mentre i FTP-MOI contavano su circa 30 combattenti e 20 militanti non ancora impegnati nelle azioni dirette (membri della direzione, membri dei servizi annessi, agenti di contatto). Tuttavia i partigiani stranieri non interruppero sul momento le loro azioni, anzi fu proprio grazie alla continuazione degli attentati se la polizia seguì la giusta pista e catturò l’ultimo gruppo non ancora individuato: quello degli italiani formato da 12 combattenti. <354
Il 12 novembre Rino Della Negra e Rober Witchitz attaccano un treno porta valori tedesco, vi sono in loro protezione 5 combattenti tra i quali Fontanot e Usseglio. Al momento dell’operazione scoprono che la sorveglianza è rafforzata, c’è un conflitto a fuoco durante il quale Della Negra rimanendo a terra gravemente ferito, è catturato e arrestato, Witchitz sul momento riesce a ripararsi ma, su denuncia , è catturato pure lui. I giorni dopo vengono arrestati: gli italiani Antonio Salvadori, Cesare Luccarini e Spartaco Fontanot, e anche Georges Cloarec e Roger Rouxel. La BS2 trovò la traccia dell’attentato perquisendo la casa di Dawidowicz il quale poi avrebbe fornito informazioni aggiuntive (come ad esempio il giorno della settimana in cui Manouchian ed Epstein, il responsabile militare FTPF della regione parigina, erano soliti incontrarsi). Essa fu quindi messa in grado di poter operare tutta una serie di arresti nelle settimane successive. Il 16 novembre vengono catturati pure Manouchian e Epstein, Marcel Rayman e Olga Bancic, in totale, stando al rapporto della BS2 su questo Affaire, vennero arrestate dall’autunno fino al mese di dicembre del ’43, 68 persone: <355 33 “ariane”, delle quali 19 straniere (11 italiani, 3 armeni, etc.), 34 ebrei, dei quali 30 stranieri. Tra questi 68 arrestati, 21 erano donne, un evidente segno della loro forte presenza nella resistenza. <356
Nella grande retata venne catturata tutta la direzione degli FTP-MOI eccetto “Secondo” che prese il posto di Dawidowicz, Lissner il responsabile ai quadri, lasciato volontariamente in libertà da parte della polizia, il responsabile tecnico Mihail Patriciu e la responsabile del servizio di reinsegnements Cristina Boico. Nel testo “Le sang de l’étranger” si afferma che anche il capo militare del gruppo italiano, Arturo Martinelli, sopravvisse alla serie di arresti, insieme ad alcuni appartenenti al servizio informazioni, a degli agenti di contatto e a qualche combattente del I gruppo. La stessa sorte toccò agli FTP parigini, smantellati nuovamente in gennaio e marzo 1944, grazie alla cattura di Epstein, il responsabile militare degli FTPF della regione parigina. La polizia francese riuscì a compiere 14 arresti: non è stato appurato se Epstein abbia fatto i nomi di alcuni resistenti ma piuttosto che la BS2 gli ha trovato addosso dei piccoli carnet, i quali hanno fornito informazioni su luoghi e appuntamenti, ed è così riuscita a concretizzare 40 arresti tra i resistenti parigini. La polizia non ha mai scoperto che lui fosse il responsabile militare dei partigiani francesi della zona e che fosse quindi in contatto diretto con Charle Tillon, il capo dei FTP francesi a livello nazionale e membro della direzione del PCF clandestino.
In seguito alla grande retata del novembre, dopo tre mesi, i tedeschi misero in piedi un altro processo farsa, che seguì quelli del Palais Bourbon e della Maison de la Chimie, e al quale dettero una risonanza nazionale. Il processo al gruppo di Manouchian, detto dell'<Affiche Rouge>, in ragione del colore rosso sangue del manifesto nazista apposto sui muri della capitale francese che ritraeva i volti dei partigiani del gruppo.
[…] Nel frattempo la stampa di Vichy e la radio nazista in lingua francese, orchestrarono una campagna odiosa contro “i terroristi ebrei e immigrati” responsabili della morte degli ostaggi francesi e delle sciagure della Francia. Al momento del processo, grandi manifesti di colore rosso vennero attaccati sui muri della Francia e vennero distribuiti per le strade, da parte delle autorità di Vichy e dei tedeschi, migliaia di volantini. Entrambi riproducevano l’Affiche Rouge. Essa, presenta nella sua parte superiore i volti dei dieci partigiani, <362 sotto ad ogni singola fotografia è riportato il nome del partigiano, la nazionalità, l’appartenenza politica, e il numero di attentati commessi. Nella parte inferiore dell’Affiche vi sono immagini di deragliamenti ferroviari, di depositi di armi e di corpi crivellati da proiettili. Al di sotto compare una scritta “La liberazione per mano dell’esercito del crimine”. Il manifesto fu accompagnato anche dal seguente testo: “Ecco la prova: se dei francesi saccheggiano, rubano, sabotano e uccidono, sono sempre comandati da stranieri. Sono sempre dei disoccupati e dei criminali professionisti che uccidono. Sono sempre degli ebrei coloro che li ispirano. E’ l’esercito del crimine contro la Francia. Il banditismo non è l’espressione del patriottismo ferito, è il complotto degli stranieri contro la vita dei francesi e contro la sovranità della Francia. E’ il complotto dell’anti Francia. E’ il sogno a livello mondiale del sadismo ebraico. Strangoliamoli prima che ci strangolino loro insieme alle nostre donne e ai nostri bambini”.
Il processo durò alcuni giorni, i giornali e la radio continuarono a descrivere questi giovani come degli assassini che attraverso le loro azioni facevano del male al popolo francese. I 23 combattenti furono condannati tutti a morte e fucilati il 21 febbraio 1944 al Mont Valerien. <363
La sentenza fu eseguita subito, un’ora dopo la condanna. Quando l’indomani i giornali riportarono la decisione del tribunale, i 23 giovani partigiani erano già stati fucilati il giorno prima in tutta fretta, perché le autorità naziste temevano una forte reazione da parte della popolazione che già durante il processo aveva dimostrato la sua solidarietà depositando fiori sotto le Affiches sparse nella città. <364
Nel 1949 il poeta Paul Eluard scrisse in loro memoria la poesia “Légion”, e a dieci anni dalla Liberazione in occasione dell’inaugurazione della strada parigina intitolata al Gruppo Manouchian, il poeta Louis Aragon compose in memoria dei giovani partigiani un poema intitolato “L’Affiche rouge“, che fu poi musicato dal compositore Léo Ferré. <365
[NOTE]
352 Dal Rapporto mensile dei FTP-MOI della regione parigina, settembre 1943, archivio Holban. Documento citato in S. Courtois, D. Peschanski, A. Rayski, op. cit., p. 321.
353 A. Bechelloni, Les trois Fontanot, Nerone, Spartaco e Jacques, nanterriens, fils d’immigrés italiens, morts pour la France, cit, pp. 22-23; S. Courtois, D. Peschanski, A. Rayski, op. cit., p. 321.
354 Ivi, p. 382.
355 Scrive Benoit Raysky, figlio di Adam Raysky, ex capo politico della sezione ebraica della MOI, che solamente nel 1943, la polizia francese arrestò a Parigi circa 200 militanti appartenenti agli FTP-MOI e alla Gioventù comunista ebraica. B. Rayski, L’Affiche Rouge 21 février 1944, Editions Denoel, Paris, 2009, p.19.
356 S. Courtois, D. Peschanski, A. Rayski, op. cit, p. 352
362 S. Grzywacz (34 anni), T. Elek (18 anni), W. Wajsbrot (18 anni), W. Witchitz (19 anni), M. Fingercwajg(19 anni), J. Boczow (38 anni), S. Fontanot (22 anni), M. Manouchian (37 anni), C. Alfonso (27 anni), M. Rajman (21 anni).
363 Eccetto Olga Bancic, che in quanto donna non fu inviata come gli altri davanti al plotone di esecuzione, ma fu spedita in Germania dove, dopo essere stata torturata più volte, venne decapitata il giorno del suo compleanno, il 10 maggio 1944, all’età di 32 anni a Stuttgart.
364 Il 21 febbraio 1944 all’hotel Continental il colonnello tedesco della Corte marziale del Tribunale presso il comando di Parigi, dette lettura della sentenza di morte pronunciata contro i 23 resistenti appartenenti agli FTP-MOI della regione parigina. Egli dichiarò che: “Il processo che qui si è svolto non è sfortunatamente un’eccezione. Nel corso dei dibattiti abbiamo potuto farci un’idea di ciò che è organizzato sia contro la Francia che contro la Germania e anche contro i francesi… Da dove vengono questi terroristi? Nella maggior parte dei casi si tratta di ebrei o di comunisti… Il processo attuale ha messo in luce l’attività degli stranieri e degli ebrei che abusano dell’ospitalità francese per creare il disordine nel paese che li ha accolti (…). La maggior parte dei colpevoli erano di tendenza comunista, (…) questa ‘Armée du crime’ è illegale e deve essere combattuta, con una sola ed unica pena: la pena di morte”. L’agenzia stampa OFI che forniva ai giornali collaborazionisti la loro razione quotidiana di propaganda, concludeva il suo telegramma precisando che “gli accusati hanno la facoltà di deporre in entro cinque giorni, attraverso i loro difensori, una domanda di ricorso per la grazia” invece il giorno stesso alle ore 15 i 22 dell’Affiche vennero uccisi, articolo di J. P. Ravery, Vingt et trois qui criaient la France en s’abattant, tratto da l’Humanité, 20 febbraio 1984, p. 12.
365 Mélinée Manouchian, Manouchian, Les Editeurs Français Réunis, 1974, Paris, p. 199.
Eva Pavone, Op. cit.