Lombardi varca la soglia della prefettura e dirama per radio il messaggio che annuncia l’avvenuta liberazione di Milano

Milano: Arcivescovado

Migliorate almeno temporaneamente le sue condizioni di salute, Riccardi Lombardi può partecipare in prima persona ai preparativi per l’insurrezione [n.d.r. a Milano], “nella duplice veste – dirà lui – di «guerrigliero» e di «politico»” <360. Una collaborazione preziosa si instaura con il corpo della Guardia di Finanza. Il colonnello delle “fiamme gialle” Alfredo Malgeri ricorderà un colloquio avuto alcuni giorni prima del 25 aprile con Lombardi ed Egidio Liberti, capo delle formazioni GL in Lombardia. La data dell’insurrezione ancora non è chiara – Bruno Felletti detto “Marco”, il commissario generale garibaldino che lo ha incontrato poco prima, gli ha parlato della prima decade di maggio. Si stabilisce che durante l’insurrezione Lombardi avrà la sua base nella caserma del Comando di Legione, in via Melchiorre Gioia.
Liberti lo sconsiglia: «La caserma» egli dice «sarà un luogo poco tranquillo». L’ingegnere Lombardi risponde: «Il mio posto dovrà essere fra i combattenti; sarò con i finanzieri».
“Mi indica quindi la località dove dovrò mandarlo a rilevare quando sarà il momento. Poi mentre si accinge ad allontanarsi, con tono fra il serio e il faceto, dice: «Sono oggi preoccupato delle mie negative qualità cospirative». Lo guardo con aria interrogativa. «La mia statura mi rende facilmente riconoscibile», egli soggiunge sorridendo” <361.
Alle otto del mattino del 25 aprile, al caffè Bellotti in via Vettor Pisani, Lombardi riceve il proclama insurrezionale del CLNAI e lo fa diramare attraverso le staffette. Subito dopo si incontra con Malgeri per coordinare insieme alla guardia di finanza l’occupazione della prefettura e di altri edifici pubblici. La tanto attesa liberazione della città ha finalmente inizio <362.
In qualità di prefetto in pectore Lombardi prende parte al famoso incontro con Mussolini nella sede dell’arcivescovado per trattare la resa. Già a partire dal mese di marzo vi sono stati alcuni tentativi da parte del regime di Salò di giungere ad un accordo informale con gli alleati e addirittura con le forze partigiane per evitare l’insurrezione, confidando anche nella mediazione dell’autorità ecclesiastica e in particolare dell’arcivescovo di Milano Ildefonso Schuster. Quest’ultimo renderà pubblico nel 1946 un “libro bianco” sulle trattative: nella documentazione allegata vi è una missiva di Mussolini da trasmettere al Vaticano, consegnata all’arcivescovo il 13 marzo per mezzo del figlio Vittorio, in cui si chiede come condizione per la resa che le forze armate della RSI restino per “mantenere l’ordine” sino all’arrivo delle forze alleate, alle quali si consegneranno e con le quali s’impegneranno a combattere “ogni movimento incontrollato ed estremista di formazioni irregolari o di piazza”. In un articolo di risposta a Schuster, pubblicato su “Il Ponte”, Lombardi farà notare l’assurdità di queste pretese, che cercano di ostacolare l’insurrezione partigiana accreditando la Repubblica sociale come un possibile interlocutore per gli alleati e per il governo di Roma. In altre parole l’intenzione di Mussolini era di… associare l’esercito anglo-americano con le forze armate fasciste contro i partigiani e il popolo: i partigiani avrebbero dovuto essere disarmati prima ancora del disarmo dell’esercito fascista!
È pur sempre il cieco orgoglio e la identica miope furberia che consiglieranno a Mussolini, il 23 aprile, di far pervenire al Partito socialista e al Partito d’Azione una proposta di consegnare a tali due partiti… la Repubblica e la socializzazione e di far partecipare le forze armate fasciste alla loro difesa! Mussolini è tutto in questo ultimo folle tentativo di rivolgere contro il popolo le armi degli alleati, di ricercare una chance per il fascismo mettendolo al servizio dei reazionari occidentali dopo averlo fatto servire ai reazionari del centro Europa <363.
Tra le personalità che provano a tessere contatti con le forze della Resistenza vi è il giornalista Carlo Silvestri, ex socialista poi passato al fascismo, che cerca di sfruttare i suoi contatti in ambito antifascista – Lombardi lo aveva conosciuto negli anni venti – per salvare in extremis la vita al duce e tentare una sorta di “trapasso morbido” dalla Repubblica sociale al nuovo regime democratico. Silvestri si fa latore di un messaggio in cui Mussolini si dice pronto a trasmettere i suoi poteri al Partito socialista e al Partito d’Azione in modo da garantire la persistenza del regime repubblicano, la “socializzazione” delle imprese e le altre fantomatiche conquiste “operaie” della RSI. Con un rovesciamento totale rispetto alla prospettiva delineata dieci giorni prima nel messaggio a Schuster, le formazioni volontarie fasciste s’impegnerebbero questa volta “a non assumere iniziative operanti contro formazioni italiane dipendenti dal C.L.A.I. (sic) o dal governo di Roma essendo decisi però a continuare la lotta in Italia o altrove contro gli invasori”. Silvestri sceglie Corrado Bonfantini del PSIUP e Riccardo Lombardi come interlocutori. Con quest’ultimo si sarebbe incontrato la mattina del 24 aprile in una profumeria di Milano, ricevendone naturalmente come risposta un deciso rifiuto <364. La proposta su cui il CLNAI è disposto a trattare – Lombardi lo sottolineerà più volte, a scanso di equivoci <365 – è una soltanto e prevede la resa incondizionata del duce e degli altri gerarchi. Nel caso in cui Mussolini accetti, a Lombardi spetta il compito di farsi garante della sua incolumità.
“Avevo predisposto tutto il necessario anche per ciò che si riferiva al trasporto di lui, che era nella sede dell’Arcivescovado, in un appartamento all’uopo predisposto. Un gruppo di partigiani scelti della III Divisione d’Assalto era incaricato di garantire l’esatta esecuzione di queste disposizioni” <366.
Alle trattative che hanno luogo nel pomeriggio del 25 aprile presso la sede dell’arcivescovado alla presenza di Schuster, Lombardi partecipa insieme al generale Cadorna e al democristiano Achille Marazza. Si aggiunge successivamente Giustino Arpesani del PLI. Per prevenire possibili agguati da parte dei fascisti alcuni partigiani si infiltrano all’interno del palazzo. Il duce è attorniato dal prefetto Bassi, dal comandante delle forze della RSI Graziani, dal ministro Zerbino e dal sottosegretario Barracu. Fuori, intanto, la città è paralizzata dallo sciopero generale e in periferia l’insurrezione è già iniziata. È prevista anche la presenza di Pertini che, impegnato nei combattimenti presso le officine OM, non arriva in tempo per assistere al colloquio.
“Io non ero emozionato” – ricorderà Lombardi in un’intervista apparsa sul “Giorno” nel 1972 – “l’incontro con Mussolini mi diede un po’ l’impressione di una farsa, c’era proprio poco da dire in quella stanza stile Impero, con le pareti damascate, un lampadario a gocce, un divanetto attorniato da poltroncine dorate ricoperte di stoffa bianca e rossa […] Io sono arrivato in bicicletta, senza documenti, perché si temeva una trappola. Marazza e Cadorna erano invece giunti con un salvacondotto sull’automobile inviata dal cardinale. Quando siamo entrati Marazza disse subito che non c’era altro che la resa senza condizioni” <367.
Lo svolgimento dell’incontro è stato ricostruito più volte sia da Lombardi che da Marazza <368. I delegati del CLNAI danno due ore a Mussolini per decidere di arrendersi. Lombardi dichiara che si farà personalmente garante dell’incolumità sua e dei familiari dei gerarchi che si consegneranno: sulla loro sorte decideranno poi i tribunali secondo le leggi vigenti.
Vi è un concitato scambio di battute tra i capi della Resistenza e i gerarchi fascisti sulle responsabilità delle violenze. Il duce sembra inizialmente propenso a trattare. Graziani gli fa presente che così facendo si finirebbe per tradire la fiducia dei tedeschi che ancora combattono. A questo punto, però, Bicchierai, uomo di fiducia di Schuster, informa i fascisti che i comandanti delle truppe del Reich stanno già trattando la resa. Mussolini, infuriato per il comportamento dei tedeschi, chiede un’ora di tempo ed esce dalla stanza seguito dai suoi. Non tornerà più indietro.
Verso le nove di sera Lombardi si separa dagli altri e va in ispezione per tutta la notte con le squadre capitanate dal partigiano giellista Rino Meazza. Tarda a ritornare, tanto che Valiani inizia a temere il peggio: si concorda che se entro le cinque del mattino non si farà vivo, Vittorio Foa lo sostituirà nella carica di prefetto. Si presenta alle quattro. La mattina del 26 aprile, vestito con la divisa da finanziere, Lombardi varca la soglia della prefettura e dirama per radio il messaggio che annuncia l’avvenuta liberazione della città <369.
L’esperienza di prefetto verrà ricordata da Lombardi come la fase forse più gratificante del suo impegno politico <370. Ciò può apparire quasi paradossale se si pensa che il nuovo “capo degli sbirri” – secondo la simpatica definizione affibbiatagli da Ena – continua a sostenere anche durante l’espletamento del suo incarico la necessità di abolire l’istituzione prefettizia, un’idea peraltro portata avanti in questo periodo anche da personalità estranee al Partito d’Azione tra cui spicca il futuro presidente della repubblica Luigi Einaudi.

Fonte: www.milanolibera.it

[NOTE]
360 Intervento di Lombardi al convegno “I socialisti nella Resistenza”, Roma, 18-19 marzo 1983, in AFT, Fondo Riccardo Lombardi, s. scritti e discorsi, b. 3.
361 Alfredo Malgeri, L’occupazione di Milano e la liberazione, Milano, Ediz. Raccolte storiche del Comune, 2005 (1a ediz. Milano, Editori Associati 1947), p. 113. Sulla collaborazione del corpo dei finanzieri all’insurrezione cfr. anche la lettera di Riccardo Lombardi al gen. Giuliano Oliva, 14 aprile 1982, in ibid., pp. 167-168. Oltre a Malgeri, svolge un ruolo importante anche Augusto De Laurentiis, all’epoca tenente del nucleo di polizia tributaria della Gdf, che nell’ottobre 1943 entra a far parte della organizzazione clandestina della Gdf come responsabile del Centro di controspionaggio e responsabile del collegamento con il Fronte della Resistenza, alle dipendenze di Riccardo Bauer. Dopo la liberazione di Roma, inviato da Bauer al Nord con il generale Raffaele Cadorna per tenere i contatti con il Clnai, fa parte dell’organizzazione Franchi di Edgardo Sogno; porta l’ordine di insurrezione alla Gdf di Milano e contribuisce ad occupare la Prefettura consentendo l’insediamento di Lombardi. Cfr. Bauer, op. cit., p. 187 n. 9.
362 Le fasi dell’insurrezione a Milano sono puntualmente ricostruite da Valiani in Tutte le strade conducono a Roma, cit., pp. 265-278.
363 Lombardi, Il “libro bianco” del cardinale Schuster, cit., p. 1060. Il volume a cui si riferisce Lombardi è il seguente: Ildefonso Schuster (cur.), Gli ultimi tempi di un regime, Milano, La Via, 1946. Sull’avversione degli antifascisti per il cardinale basti ricordare che, secondo la testimonianza di Valiani (Tutte le strade conducono a Roma, cit., p. 144) quando il CLNAI fa appello contro il giuramento di fedeltà alla RSI richiesto ai funzionari, è proprio Schuster a pronunciarsi pubblicamente a favore del giuramento.
364 Vedi la lettera di Carlo Silvestri a Riccardo Lombardi, Milano, 26 maggio 1945, con in allegato la lettera di Carlo Silvestri (dettata da Benito Mussolini) all’Esecutivo del PSIUP, 25 aprile 1945, in AFT, Fondo Riccardo Lombardi, s. corrispondenza, b. 9, ora in Lombardi, Lettere e documenti, cit., pp. 43-46. Nella missiva in questione Mussolini propone la trasmissione dei poteri al PSIUP ma dichiara che “sarebbe lieto se l’offerta fosse considerata ed accettata anche dal Partito d’azione nel quale del resto prevalgono le correnti socialiste”. Lombardi sostiene di essersi rifiutato di ricevere il messaggio e di aver detto a Silvestri “che non v’era più niente da trattare con Mussolini” (Lombardi, Problemi di potere in Milano liberata, cit., p. 260). Cfr. in proposito Leo Valiani, L’avvento di De Gasperi. Tre anni di politica italiana, Torino, De Silva, 1949, p. 9. Vedi anche la ricostruzione della vicenda nella biografia di Silvestri in Gabrielli, op. cit., p. 320, che cita una lettera di Silvestri a Giancarlo Pajetta del 25 aprile 1945 in cui viene riportata una sua precedente missiva a Mussolini del 24 aprile: “Ho parlato lungamente con l’ing. Lombardi, secondo me uno degli uomini di maggior valore del Clnai. Gli ho dato la minuta della lettera che voi mi avete dettato per il Partito socialista. La sua risposta conferma ciò che vi ho già detto. I cinque partiti aderenti al Clnai – non è rappresentato il partito di Bonomi – sono impegnati da vincoli così stretti che è da escludere la possibilità per il Partito socialista di poter prendere in considerazione la vostra offerta. Bisogna dunque rivolgersi direttamente al Clnai o caso mai al Partito socialista perché questi si incarichi di far conoscere le vostre proposte agli «esecutivi» degli altri partiti”. Lombardi confermerà soltanto di essersi effettivamente adoperato dopo il 25 aprile per salvare Silvestri da possibili vendette: “rividi Silvestri nei giorni seguenti l’insurrezione di Milano e intervenni per sottrarlo a minacce di rappresaglie che egli subiva (e che sarebbero state ingiuste non fosse altro per quanto aveva dato all’antifascismo in tempi difficili). Quando venne a domandarmi di intervenire a suo favore fu in nome della conoscenza che io avevo avuto del suo (remoto) passato ch’egli lo fece: ciò che mi costrinse a rimproverargli con estrema durezza non solo il suo mutato atteggiamento ma anche quella sua specifica attività di «crocerossismo», tentativo gli dissi di accreditare una umanità del personaggio Mussolini per attenuarne l’impopolarità e dunque azione da parte sua (di Silvestri) disdicevole” (lettera di Riccardo Lombardi a Giorgio Bocca, cit.) Cfr. Silvestri, Matteotti Mussolini e il dramma italiano, cit., p. 238 e pp. 324-327 (dove riporta una sua lettera a Lombardi del 25 giugno 1945); Gabrielli, op. cit., p. 326.
365 Vedi ad es. Lombardi, Il libro bianco del cardinale Schuster, cit., p. 1055. Su questi tentativi di trattativa in extremis cfr. anche la testimonianza del democristiano Achille Marazza, Il colloquio del C. L. N. A. I. con Mussolini nell’arcivescovado di Milano, in Problemi di potere in Milano liberata, cit., pp. 249-250, che collima sostanzialmente con quella di Lombardi.
366 Testimonianza di Riccardo Lombardi al processo contro Rodolfo Graziani, cit., pp. 662. Cfr. anche Lombardi, Le ultime ore di Mussolini, cit., pp. 384-385.
367 Il drammatico colloquio con Mussolini e Graziani, intervista a Riccardo Lombardi a cura di Corrado Stajano, in “Il Giorno”, 10 ottobre 1972.
368 La prima ricostruzione dell’incontro è in Riccardo Lombardi, Primo e ultimo colloquio con Mussolini, in “Italia Libera, 25 maggio 1945. Cfr. anche Lombardi smentisce il cardinale Schuster, in “Italia Libera”, 26 maggio 1946; Testimonianza di Riccardo Lombardi al processo contro Rodolfo Graziani, cit., p. 661; Id, Le ultime ore di Mussolini, cit.; pp. 383-387; Id., Il drammatico colloquio con Mussolini e Graziani, cit. Vedi anche Marazza, Il colloquio del C. L. N. A. I. con Mussolini nell’arcivescovado di Milano, cit., pp. 250-256; Cadorna, op. cit., pp. 250-253; Valiani, Tutte le strade conducono a Roma, cit., pp. 270-271. La versione del capo delle forze armate della RSI è in Rodolfo Graziani, Ho difeso la patria, Milano, Garzanti, 1947, pp. 495 sgg. 369 Cfr. Valiani, Tutte le strade conducono a Roma, cit., pp. 272-273. Vedi anche la testimonianza di Foa in Il cavallo e la torre, cit., pp. 149-150.
370 TAA di Claudio Lombardi.

Fonte: www.milanolibera.it

Luca Bufarale, La giovinezza politica di Riccardo Lombardi (1919-1949), Tesi di dottorato, Università degli Studi di Padova, 2012