L’unico modo per controllare il comunismo era attraverso la libera impresa

Dopo gli allarmi di Clare Boothe Luce sulla crescita del comunismo, l’occasione propizia per discutere a Washington degli off-shore procurements (Osp), fu la pausa natalizia di fine ’53.
Gli ordini in Italia erano iniziati nel marzo ’52, quando era emersa la preminente finalità militare dell’iniziativa. Più propriamente politico fu l’accento posto in vista delle elezioni dell’anno successivo e le pressioni aumentarono in seguito al mancato raggiungimento del premio di maggioranza <1. Parimenti, va considerata la necessità, da parte americana, di contenere il bilancio e di dosare con maggiore attenzione gli investimenti nei Paesi alleati. Così facendo, gli ordini sarebbero stati vincolati ad una responsabilizzazione degli europei. Gli italiani, per il recente passato fascista, per le caratteristiche del nostro capitalismo e per la diffusa diffidenza “antropologica” che suscitavano, erano annoverati tra i meno affidabili del Continente. Vero è che la strategia statunitense contribuì ad enfatizzare i contrasti. Strategia che non era solo riconducibile all’ambasciata ma, anzi, era perfettamente inserita in scelte ben precise dell’amministrazione Eisenhower. Voorhees, alto funzionario del Dipartimento della Difesa e direttore del programma Osp per l’Europa, insistette più di tutti sulla necessità di determinate condizioni sindacali per beneficiare dell’investimento.
Il 1954, da questo punto di vista, radicalizzò i rapporti tra Stati Uniti e Italia. Mise bene in luce la scarsa cautela di tanti funzionari americani nel proporre le loro idee, pur considerate più che ragionevoli nell’ottica di Washington. Un atteggiamento del genere potenziò sia l’antiamericanismo dei moderati che l’oltranzismo degli atlantici convinti.
Il 5 gennaio ’54 Clare Boothe Luce incontrò rappresentanti del Dipartimento di Stato, della Difesa e del Foa (Foreign Operations Administration) per discutere delle commesse in Italia.
Proprio quel giorno il governo Pella cadeva a causa della sostituzione del ministro dell’Agricoltura – e soprattutto per il “fuoco amico” del suo partito – alimentando le preoccupazioni di Mrs. Luce <2.
Per sottolineare la complementarietà delle azioni dell’ambasciata con quelle del governo, è utile ricordare che la Luce disse di considerare Roma il luogo ideale per mettere in atto politiche anticomuniste, ma prima di farlo «voleva essere sicura che il governo americano intendesse iniziare un attacco palese». Proseguì dicendo che non poteva aspettarsi di «eliminare i comunisti ma perlomeno di invertire il trend». Tasca, consigliere economico dell’ambasciata, ricordava che l’obiettivo era «arrivare ad una situazione pulita» in Italia in modo da continuare a fare ordini.
Il coinvolgimento degli altri centri decisionali americani era, comunque, indispensabile.
All’interno di essi si distinsero posizioni diverse. Voorhees, come si accennava, è stato il più deciso sostenitore di una politica aggressiva, tanto che alla domanda della Luce sulla possibilità di cancellare contratti, rispose freddamente: «tutti i contratti possono essere cancellati quando è comodo per gli Usa». Il generale Nash, però, ricordava che in tal caso sarebbe stato necessario spiegare le ragioni «impianto dopo impianto» ed esporre chiaramente gli scopi dell’iniziativa.
Consapevole dei rischi era anche l’ambasciatrice, che prevedeva le proteste degli italiani, preoccupati di un sostanziale aumento della disoccupazione. Ciononostante, pensava valesse la pena andare avanti. Da tutti gli attori coinvolti era riconosciuta la necessità di una sinergia tra i diversi organi nel vincolare le commesse alle industrie non dominate dalla Cgil <3.
Anche se non è chiaro da chi, in ultima analisi, dovevano essere approvati gli ordini e in quali aziende.
Rispetto alle modalità con cui implementare le nuove disposizioni, era ferma convinzione della Luce che la visibilità fosse inestricabilmente legata all’efficienza. Ossia i provvedimenti, per avere degli effetti, dovevano essere ampiamente pubblicizzati e inseriti in un piano di attacco overt che proponesse un modello economico alternativo <4. Non si intendeva eliminare gli aiuti ma misurarli a seconda dell’utilità nel rafforzare i sindacati liberi e un governo moderato. In tale contesto, le difficoltà di implementazione e i rischi connessi ad una strategia “frontista” erano ben presenti. Era ampiamente previsto che le accuse principali rivolte dai «contatti italiani» agli americani sarebbero state di creare disoccupazione e di interferire in maniera eccessiva <5. A questo proposito, va sottolineato che i criteri venivano fissati a Washington e i funzionari in Italia avevano il compito di eseguire la politica. Questo, secondo Tasca – consigliere economico di Mrs. Luce – non era chiaro all’opinione pubblica italiana, dato che spesso arrivavano lettere di protesta ai consolati e all’ambasciata <6.
Nel momento in cui fu attuata, specialmente nei confronti della Fiat, la nuova politica sugli Osp suscitò non poche polemiche.
[…] In più, non giovò alla collaborazione tra industriali e Usa l’accusa, lanciata da Clare Luce a tante imprese italiane, di connivenza con la sinistra. Il diverso approccio era emerso compiutamente nel corso del colloquio: più individualista quello americano, più “strutturalista” e politico quello italiano. Inutile dire che si trattava di due visioni inconciliabili.
Tra l’altro, l’idea della responsabilizzazione dell’operaio può, in qualche misura, essere letta nell’ottica della responsabilizzazione degli alleati europei. La stessa dinamica, trasportata nella fabbrica, esigeva una mossa degli operai posti di fronte ad un vero e proprio aut aut. Qualche perplessità venne sollevata dal Dipartimento di Stato in merito all’idea di sfruttare la stampa per una campagna di informazione. In particolare, il vice-segretario di Stato Merchant espresse più di un dubbio sull’utilità di un’azione simile <9. Nondimeno, Clare Boothe Luce proseguì la sua personale campagna a favore di una cauta sottoscrizione di contratti.
Gli industriali, in generale, erano spesso oggetto di critiche feroci e dovevano rendersi conto che la diminuzione degli ordini era connessa all’inazione del governo contro il comunismo. E se non agiva, secondo il consigliere d’ambasciata Durbrow, era perché «aveva paura dei comunisti». Ricordando un colloquio con De Gasperi, l’ambasciatrice notava che lo statista era «molto confuso» sulla nuova condotta in materia di investimenti. Aggiungeva poi che l’unico modo per controllare il comunismo era attraverso la libera impresa, ma «il popolo italiano non conosceva ancora la libera impresa. Potevano volerci 20 o 30 anni per educarli a questo» <10.
Non mancarono, inoltre, le frizioni tra la Luce e il presidente del Consiglio Scelba che, dopo un tentativo senza successo da parte di Fanfani di formare il governo, aveva ottenuto la fiducia delle camere.
L’anno precedente, l’ambasciatrice aveva commentato il primo incontro con il politico siciliano in maniera tutt’altro che positiva, e sulla lotta al comunismo si reiterarono i contrasti.
Scelba sottolineava che il comunismo sarebbe cresciuto a causa della nuova politica discriminatoria sulle commesse off-shore. Il risultato, infatti, sarebbe stato un aumento della disoccupazione.
Alcune industrie come la Fiat erano «dominate dai comunisti», ma gli operai non erano veri comunisti, si erano iscritti alla Cgil essenzialmente «per ragioni storiche». Solo nel caso in cui avessero perso il lavoro, sarebbero diventati «veri comunisti». Era esattamente il contrario di quello che aveva teorizzato la Luce, cioè la minaccia di perdere il lavoro non poteva che costringere i lavoratori ad abbandonare il Pci e la Cgil. Gli Stati Uniti si stavano comportando – continuava il capo del Governo italiano – in maniera «miope e isterica», visto che l’Italia non sarebbe mai diventata comunista a meno che gli Usa avessero «abbandonato il campo al Cremlino ritirando gli aiuti o vincolando gli aiuti a condizioni politicamente irrealistiche».
Mrs. Luce sintetizzava il discorso di Scelba, facendo trasparire tutto il suo disappunto, con queste parole: «tirate fuori i soldi e state zitti, o le conseguenze (rapida crescita del comunismo) saranno colpa della miopia e dell’isterismo americano» <11. A conferma della complessa personalità dell’ambasciatrice, c’è da dire che pochi giorni dopo espresse valutazioni opposte. In una lettera all’editore del «New York Times» scriveva che il programma di Scelba sul problema comunista era «molto più vasto ed energico di qualsiasi altro presentato da un governo italiano dal 1948». Nel primo mese di vita, il governo aveva fatto «passi sorprendenti e gratificanti» <12. Una personalità forte e sinceramente anticomunista a cui venne affidata la gestione nelle fabbriche della Fiat fu Edgardo Sogno, che aveva assunto la guida di “Pace e Libertà” tra luglio e ottobre ’53. Grazie al dissidente comunista Luigi Cavallo, l’organizzazione riuscì a reperire informazioni riservate sugli avversari. Cavallo, inoltre, fu utile in modo particolare sul piano operativo. Tuttavia, va notato che erano emersi problemi di convivenza tra gli ex comunisti e i liberali monarchici più vicini a Sogno. Sarebbe stato uno dei fattori – assieme allo scandalo Ingic – alla base della scissione di “Pace e Libertà” negli ultimi mesi del ’54 <13. Nei mesi di “guerra psicologica” nelle fabbriche, Sogno chiese e ottenne finanziamenti da alcuni industriali italiani, tra cui Valletta e De Micheli <14. Ma non si rivolse, almeno all’inizio, ai funzionari statunitensi, che apprezzavano il suo operato con qualche riserva. Il console di Milano Tenney, redigendo un dettagliato rapporto su “Pace e Libertà”, era incerto sull’effettiva utilità dell’organizzazione. Mentre c’erano pochi dubbi sugli sforzi «in senso generalmente costruttivo» dell’iniziativa, restavano da valutare «l’intensità e l’efficacia di questi sforzi contro il comunismo e a favore della democrazia in Italia». Altro punto da chiarire erano le intenzioni degli industriali locali che finanziavano il movimento di Sogno e che avrebbero potuto incidere sulle finalità anticomuniste orientandole secondo i propri interessi. Tenney alludeva ai finanziamenti alla Cisnal, sindacato vicino al Msi, e alla possibilità di istituire «squadroni armati anticomunisti». Possibilità giudicata «assai poco rassicurante».
Per capire meglio le diverse sfaccettature di quella che potremmo definire destra imprenditoriale, è utile ricordare che l’ingegner Girotto – responsabile economico di “Pace e Libertà” nonché presidente delle omonime Arti Grafiche di Milano – cercò di coinvolgere la Snia di Franco Marinotti. Ma il tentativo venne seccamente respinto, tanto che la risposta si limitò a una rispedizione al mittente della busta ancora chiusa e ad un generico riferimento alla «mancanza di
fondi». Girotto, infastidito, citava questo atteggiamento come «esempio di reazionaria ignoranza degli industriali italiani» <15.
Insomma, la destra democratica di Sogno, volta a reclutare membri di tutti i partiti non comunisti <16, insospettiva il consolato per la non chiara propensione a costruire la democrazia.
Invece, secondo alcuni imprenditori italiani, “Pace e Libertà” era fin troppo democratica. Eppure, chi si dissociava dall’iniziativa – come i vertici della Snia – non avrebbe esitato a chiedere il supporto americano per restituire al Paese le “forze sane” di cui aveva bisogno. Non è inutile sottolineare che era richiesto un sostegno non economico ma politico, vale a dire una presa di posizione pubblica. Più del denaro contava la “sponsorizzazione” degli Stati Uniti, che però ravvisavano continuamente la crescita dell’antiamericanismo a causa del loro – presunto o reale – eccessivo intervento.
In un momento in cui si discuteva una possibile riduzione degli aiuti ai partiti democratici di centro, era piuttosto improbabile un flusso di denaro riservato a industriali con simpatie fasciste. Ma in questo frangente l’America era assimilata non tanto al garante della democrazia ma piuttosto alla panacea di tutti i mali, non ultimo il nascente regime partitocratico erede del “ciellenismo”.
Un’immagine assai lontana dai margini di intervento nella complessa congiuntura di metà anni Cinquanta. Era un’anomalia di una certa destra italiana: diffidente verso l’anticomunismo democratico, criticava l’incapacità dei partiti alla destra della Dc e invocava soluzioni non democratiche con l’avallo degli Usa.
Tutto sommato, gli americani riconoscevano il ruolo positivo svolto da Sogno, ma i finanziamenti a “Pace e Libertà” continuarono ad arrivare dall’Italia. Per aumentare le attività dell’organizzazione, Sogno tentò di coinvolgere il governo, anche perché De Micheli aveva lasciato intendere di erogare successivi sussidi solo in caso di «benedizione governativa» e di «non competizione con altre organizzazioni anticomuniste» <17. Tra Scelba e Sogno, però, i contrasti erano di lunga data. Si trattava di divergenze sostanziali, nella misura in cui il politico siciliano era a favore di un anticomunismo di partito e non prevedeva l’appoggio a privati <18. Mancando l’accordo sull’apertura ad altre organizzazioni, i rapporti tra i due si fecero difficili, e sfumarono le possibilità di finanziamento di De Micheli. Al di là delle indispensabili risorse economiche, anche il consigliere d’ambasciata Williamson notava la necessità di appoggiarsi al governo. Nell’aprile ’54, Sogno incontrò Clare Boothe Luce. Per il momento, avanzò richieste di eventuali pressioni sul governo affinché riconoscesse “Pace e Libertà”. Similmente, l’ipotesi di un coordinamento governativo venne poi rilanciata – invano – anche dal fondatore del movimento Jean Paul David <19. Si inaugurava un periodo di stallo che non impedì certo al movimento di agire. Ma la propaganda si sviluppò senza il crisma della legittimità che ne avrebbe migliorato l’immagine agli occhi dell’opinione pubblica americana e italiana.
[NOTE]
1 Per la genesi degli ordini in Italia e l’evoluzione fino al 1953 si veda L. Sebesta, L’Europa indifesa. Sistema di sicurezza atlantico e caso italiano, 1948-1955, Ponte alle Grazie, Firenze, 1991, pp. 208-217; E. Ortona, Anni d’America. La diplomazia 1953-1961, Il Mulino, Bologna, 1986, pp. 20-28.
2 I timori per l’avanzata comunista dopo la caduta di Pella erano condivisi anche da un osservatore sempre attento e ritenuto affidabile dagli americani come Alfredo Pizzoni, che prevedeva un aumento del 4-6% dei consensi del Pci,
Views of dott. Alfredo Pizzoni, President of Credito Italiano, regarding Italian political situation, P. Tenney (American Consul General, Milan) to the Department of State January 19, 1954, NARA, RG 59, C-3, Box 4, 765.00/1-1954.
3 Memorandum of conversation, January 5, 1954, NARA, RG 59, Subject files relating to Italian Affairs, 1944-1956, Lot File 58D357, Box 16, f. 435 Aid to Italy 1954.
4 M. Del Pero, L’alleato scomodo. Gli Usa e la Dc negli anni del centrismo (1948-1955), Carocci, Roma, 2001, p. 211.
5 C.W. Gray (American Consul General) to the Officer in charge (American Consulate), February 4, 1954, NARA, RG 84, CBL, Box 7, f. Staff meetings – Amb.
6 C.W. Gray (American Consul General) to the Officer in charge (American Consulate), June 10, 1954, NARA, RG 84, CBL, Box 7, f. Staff meetings – Amb.
9 L. Merchant to W. Bedell Smith, February 25, 1954; W. Bedell Smith to C.B. Luce, February 25, 1954, NARA, RG 59, Subject files relating to Italian Affairs, 1944-1956, Lot File 58D357, Box 16, f. 435 Aid to Italy 1954.
10 S. Worster (American Consul) to the Officer in charge (American Consulate), March 4, 1954, NARA, RG 84, CBL, Box 7, f. Staff meetings – Amb.
11 Memorandum of conversation with Prime Minister Scelba at Palazzo Viminale on Monday, 5 april 1954, C.B. Luce (Ambassador in Italy) to W. Bedell Smith (Under Secretary of State), April 8, 1954, NARA, RG 84, CBL, Box 4, f. Memoranda of conversations ’54. Versione completa e inedita del documento parzialmente pubblicato in FRUS, 1952-54, VI, pt. 2, pp. 1671-1675.
12 C.B. Luce to A. Sulzberger («New York Times» Publisher), April 14, 1954, LOC, CBLP, Box 787, f. 3 Correspondence 1954 O-Z.
13 M.E. Guasconi, L’altra faccia della medaglia, cit., p. 149; L. Garibaldi, L’altro italiano. Edgardo Sogno: sessant’anni di antifascismo e anticomunismo, Ares, Milano, 1992, p. 198.
14 E. Sogno, A. Cazzullo, Testamento di un anticomunista. Dalla Resistenza al «golpe bianco», Mondadori, Milano, 2000, p. 97; L. Sebesta, L’Europa indifesa, cit., p. 227; M.E. Guasconi, L’altra faccia della medaglia, cit., p. 142; G.G. Migone, Stati Uniti, Fiat, cit., pp. 232-281.
15 Pace e Libertà organization in Milan, P. Tenney (American Consul, Milan) to the Department of State, December 9, 1953, NARA, RG 59, C-3, Box 4, 765.00/12-953. Si veda M.E. Guasconi, L’altra faccia della medaglia, cit., p. 141.
16 Nella Guida dell’organizzazione “Pace e Libertà” si legge: «Il nostro reclutamento non si deve effettuare e non si effettua tra i pavidi, tra gli attesisti, tra i profittatori dell’ultima ora. Noi non andiamo e non andremo a raccogliere adesioni a “Pace e Libertà” tra i primi venuti. Il reclutamento è e deve essere una cosa molto seria. […] Noi dobbiamo attirare nei Comitati di Difesa di “Pace e Libertà” gli elementi attivi di tutti i partiti non comunisti, coloro che sono credenti nell’importanza della lotta in difesa della democrazia e della pace», NARA, RG 59, C-3, Box 5.
17 Developments regarding Pace e Libertà, F.T. Williamson to the Department of State, February 8, 1954, RG 59, C-3,
Box 5, 765.00/2-854.
18 E. Sogno, A. Cazzullo, Testamento di un anticomunista, cit., pp. 94 e 99-100; C. Gatti, Rimanga tra noi. L’America, l’Italia, la “questione comunista”: i segreti di cinquant’anni di storia, Leonardo, Milano, 1990, pp. 35-36.
19 M.E. Guasconi, L’altra faccia della medaglia, cit., pp. 144-145; G. De Lutiis, Storia dei servizi segreti in Italia, Editori Riuniti, Roma, 1991, p. 146.
Federico Robbe, Gli Stati Uniti e la Destra italiana negli anni Cinquanta, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 2009/2010

Nella primavera del 1953, Clare Boothe Luce giunse a Palazzo Margherita in qualità di nuova ambasciatrice statunitense in Italia. Fermamente convinta della superiorità morale del modello statunitense e della missione speciale assegnata agli Usa, con il suo arrivo a Roma diede avvio ad uno dei periodi di maggiore intensità della lotta al comunismo in Italia <487. L’elezione dell’ambasciatrice e le attività promosse durante il suo mandato vanno contestualizzate in relazione al quadro internazionale e alle vicende inerenti rispettivamente la politica interna degli Stati Uniti e dell’Italia.
[…] Nel contrastare la crescita del Pci, se la precedente amministrazione Truman aveva formulato programmi volti al sostegno dell’area centrista del governo e di riforme politiche e sociali, Eisenhower elaborò una strategia mirata ad attaccare direttamente le strutture organizzative delle sinistre, mediante richieste precise ai governi italiani. Erano inoltre prioritari altri due obiettivi di carattere politico e strategico. Da una parte, era necessario contrastare l’apertura a sinistra del governo centrista, che specie alle correnti di sinistra della Dc sembrava l’unica alternativa da percorrere per creare governi stabili e scongiurare crisi politiche <499. Dall’altra, bisognava ridurre l’intervento statale in economia, che si manifestava attraverso monopoli statali e investimenti pubblici. In particolare, a preoccupare Washington era la politica adottata in Iran e Egitto dall’Eni di Enrico Mattei, che faceva salire la quota di profitti locali dal 50% al 75% e minacciava gli interessi delle industrie petrolifere americane, già escluse dallo sfruttamento del sottosuolo in Val Padana nel 1953. Secondo il modello di sviluppo americano era necessario lasciare spazio all’iniziativa privata, soprattutto straniera, e non danneggiare le compagnie statunitensi.
Clare Boothe Luce incarnò appieno questa svolta nella politica degli Usa e applicò con grande intransigenza gli ordini impartiti da Washington, dando luogo in certi casi ad interpretazioni ampiamente discrezionali delle politiche statunitensi e ad un uso spregiudicato di tutti i mezzi a sua disposizione per debellare il comunismo, ricorrendo soprattutto a strumenti di carattere psicologico. L’intransigenza con cui la Luce attuò la sua personale crociata contro il comunismo causò attriti e incomprensioni con il governo italiano, accusato dall’ambasciatrice di non contrastare efficacemente il comunismo italiano. Allo stesso tempo, da parte delle istituzioni nazionali giungevano critiche nei confronti dell’operato della Luce, per la spregiudicatezza con cui rischiava di minare la stabilità della democrazia italiana. Le attività dell’ambasciatrice furono anche all’origine di tensioni venutesi a creare tra Clare Boothe Luce e la stessa amministrazione Eisenhower. L’ambasciatrice e Eisenhower erano uniti da un canale privilegiato che, grazie alla possibilità di accedere direttamente al vertice del potere decisionale americano, permise alla Luce di ottenere importanti concessioni per l’Italia, come ad esempio la risoluzione della questione di Trieste <500. Ciononostante, l’ambasciatrice lamentava una scarsa attenzione del Presidente e di Dulles per la situazione in Italia e le sue proposte contro il comunismo. Da questi veniva a sua volta accusata di adottare un atteggiamento eccessivamente plateale nei confronti del comunismo, e di non nascondere le ingerenze statunitensi negli affari interni degli altri stati <501.
[NOTE]
487 Per una biografia di Clare Boothe Luce, si vedano: S. C. Shadegg, Clare Boothe Luce: a biography, Simon and Schuster, 1970; W.Sheed, Clare Boothe Luce, New York, Dutton, 1982, S. J. Morris, Rage for Fame: The Ascent of Clare Boothe Luce, New York, Random House, 2014; S. J. Morris, Price of Fame: The Honorable Clare Boothe Luce, New York, Random House, 2014.
499 A. Ballarin Denti, La strategia anticomunista americana e la sinistra Dc durante la prima amministrazione Eisenhower, 46, 3 (2005): pp. 661-710.
500 A. Brogi, L’Italia e l’egemonia americana nel Mediterraneo, cit. p. 98.
501 F. Robbe, L’impossibile incontro, cit. p. 213.
Letizia Marini, Resistenza antisovietica e guerra al comunismo in Italia. Il ruolo degli Stati Uniti 1949-1974, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Macerata, 2020

[…] il conte Edgardo Sogno Rata del Vallino, già volontario franchista nella guerra di Spagna, che era stato “partigiano”, o, meglio, agente inviato dal SIM nell’Italia del Nord per organizzare la resistenza monarchica ed anticomunista. Paracadutato in Piemonte nell’ambito di una delle missioni della Nemo (la struttura che faceva capo alla Sezione Calderini del SIM), dopo varie traversie, contatti, collegamenti, azioni fortunose e travagliate, spesso in disaccordo col comandante della missione, il maggiore Maurice Page, ma supportato da John Mc Caffery (il Rossi del SOE, insediato in Svizzera), Sogno diede vita alla Franchi che definì “un’organizzazione militare autonoma, in collegamento diretto con gli Alleati e con il Comando italiano del Sud” <61.
Sogno rappresentò il Partito liberale all’interno del CLNAI, alternandosi con Mario Argenton <62 dato che i due furono arrestati e liberati a fasi alterne e fu anch’egli decorato con la Bronze star, come Motta e Fumagalli.
Anticomunista sfegatato, negli anni ‘50 Sogno diede vita al movimento Pace e libertà del quale fece parte anche il provocatore Luigi Cavallo, che tra il 1939 ed il 1942 aveva vissuto a Berlino dopo avere vinto una borsa di studio per “perfezionarsi nel tedesco”.
60 Intervista a Sogno in Panorama, 21/12/90.
61 E. Sogno, “Guerra senza bandiera”, Il quaderno democratico 1971, p. 191.
62 Argenton fu il promotore delle formazioni autonome del CVL (la resistenza militare anticomunista) e vice capo di stato maggiore del CVL; fu lui a prendere in consegna a piazzale Fiume a Milano il 25 aprile Borghese, al quale i servizi statunitensi avevano garantito l’incolumità.
Claudia Cernigoi, La strategia dell’alta tensione, dossier n. 50 de “La Nuova Alabarda”, Trieste, 2014, Supplemento al n. 322 – 13/10/14 de “La Nuova Alabarda e la Coda del Diavolo”

Conviene forse ricordare chi e che cosa Sindona rappresenta.
Dietro o accanto al brillante finanziere amico di Andreotti ci sono il Vaticano (Massimo Spada, monsignor Paul Marcinkus), la DC (Andreotti ma anche Fanfani), multinazionali particolari come la mafia, potenti banche internazionali come gli Hambros inglesi (rappresentati in Italia da John Mc Caffery, amico di Sogno) o come la Continental Illinois Bank, collettrice dei capitali dell’industria bellica USA, presieduta da David Kennedy, ministro del tesoro di Nixon e poi presidente della Fasco, la «holding» di Sindona; la componente golpista della massoneria, a cui lo stesso Sindona appartiene, che gli procurerà ora e in futuro molte solide alleanze: dal procuratore generale di Roma Carmelo Spagnuolo a Philip Guarino, ex sacerdote, uomo d’affari, leader della comunità italo-americana di New York e buon amico di Andreotti e di Saragat; da Sogno a Licio Gelli, altro conoscente di Andreotti e capo della loggia massonica P2. Un vasto sistema di potere che si è già messo in movimento da tempo.
[…] Il momento è ritenuto tuttavia importante da entrambe le componenti storiche del partito del golpe. Così, mentre l’ala radicale passerà alla fase esecutiva, anche la «concorrenza» (cioè i «legalitari») non resteranno alla finestra. Proprio il 25 aprile Sogno lancerà contemporaneamente due avvertimenti. Il primo durante un discorso a Bastia Mondovì, nel Cuneese:
“L’Italia è definitivamente entrata in una crisi di regime” <56.
Il secondo, lo stesso giorno, sul quotidiano «La Nazione» di Firenze:
“Si tratta di riconfermare e mantenere ben salda quella parte della costituzione che statuisce i diritti di libertà e di riformare quella parte che regola l’organizzazione del potere”. <57
3 maggio 1973
Processato per detenzione illegale di armi dal tribunale di Ferrara, Claudio Orsi viene condannato a quattro mesi di carcere.
[NOTE]
56 Edgardo Sogno, op. cit., pag. 189.
57 «La Nazione», 25.4.1973.
Gianni Flamini, Il partito del golpe. Le strategie della tensione e del terrore dal primo centrosinistra organico al sequestro Moro. 1973-1974 volume terzo tomo secondo, Italo Bovolenta editore, 1983