L’uomo più buono del mondo

Fonte: Angelo Figorilli, art. cit. infra

Sono le sei del pomeriggio dell’11 gennaio di ottanta anni fa. Nella redazione del suo giornale Il Martello, al primo piano del palazzo che fa angolo tra la 15th e la Quinta Ave Carlo Tresca aspetta. È in programma una riunione con gli antifascisti della Mazzini Society, ci sono da discutere tante cose, ormai il tempo stringe. Di lì a pochi mesi gli americani sarebbero sbarcati in Sicilia e avrebbero puntato su Roma per liberare l’Italia da Mussolini e Tresca era deciso a denunciare quello che stava avvenendo tra gli italiani a New York, forse addirittura tornare in Italia per smascherarli. Molti, troppi ex fascisti avevano cambiato bandiera e avevano convinto Roosevelt a fidarsi di loro. Fra tutti Generoso Pope, potentissimo editore di giornali diffusi tra la comunità degli immigrati che il presidente americano aveva già eletto a suo fidato consigliere nonostante il suo passato legato a doppio filo con l’ormai vacillante regime del duce. A quella riunione però, praticamente non si presentò nessuno. Probabilmente fu allora che Carlo Tresca il leggendario anarchico, protagonista di tante battaglie nel nome della libertà e dei diritti dei lavoratori italiani e non solo in America, sentì addosso la sua solitudine. Il resto è la cronaca dell’omicidio più clamoroso di quell’anno a New York.
Clamoroso come il funerale che lo salutò, con un corteo di ottanta automobili cariche di fiori che scortò il suo corpo in due diverse commemorazioni che se lo contendevano. La città lo salutò come si saluta un eroe divenuto familiare, per il suo carattere battagliero, ma anche la sua capacità di generare empatia con tutti quelli che aveva a cuore, fossero umili tessitrici, minatori analfabeti o leader politici del calibro di Trockij o intellettuali come Dos Passos. A ucciderlo nel buio del coprifuoco di New York fu la pistola di Carmine Galante, un manovale della mafia italoamericana legata alla famiglia Genovese. Ma chi decise di armarlo non fu mai cercato e trovato, forse perché chi lo voleva morto non era uno soltanto. Da Mussolini in persona che temeva la sua devastante opera di nemico del regime fascista tra gli immigrati italiani, ai capi mafia che controllavano traffici e corruttela nelle fabbriche e nelle strade, ma anche tra gli antifascisti c’erano quelli che avrebbero voluto si togliesse di torno. I comunisti di Mosca e di Stalin per esempio, ma anche certi ambienti legati al clero più retrivo che Tresca aveva preso a bersaglio per anni con articoli infuocati di denuncia sui suoi giornali. Fatto sta che quella sera aspettò per due ore una riunione che non ci fu e poi uscì in strada e non si voltò nemmeno quando senti il colpo di pistola. Ottanta anni sono passati da quel giorno, anni di silenzio, di vergogna, di mea culpa, di recriminazioni, di depistaggi nel tentativo di sistemare, di collocare nel posto giusto e con le parole giuste il ritratto di questo “soldier of the ideal” così si definiva, che era scomodo per tutti. Vivere e morire con un ideale in tasca e tirarlo fuori sempre e comunque, anche sapendo di rischiare.
Angelo Figorilli, Ottanta anni fa a New York l’agguato a Carlo Tresca. Sindacalista rivoluzionario era molto amato ma troppo scomodo, La voce di New York, 11 gennaio 2023

Per molti decenni, Tresca era stato percepito dai difensori dello status quo come un pericoloso anarchico, un nemico dello Stato e del capitalismo borghese, e la percezione era corretta. Tutt’altro che un rivoluzionario in poltrona, Tresca significò azione, avendo combattuto per decenni nelle trincee della lotta di classe, per usare una delle sue immagini preferite. Il timore che incuteva, all’apice della sua carriera, fu descritto in modo appropriato dall’eminente storico del sindacato David Montgomery: Tresca era “un uomo che incarnava veramente la visione che i conservatori hanno di un agitatore capace di scatenare la rivolta con un discorso”. Con la sua personalità carismatica e la sua potente oratoria Tresca era certamente in grado di accendere con un solo discorso la rivolta tra i lavoratori in sciopero o tra i dimostranti ed è ciò che fece innumerevoli volte nel corso della sua tumultuosa carriera transnazionale, durata oltre cinque decenni tra Italia e Stati Uniti.
Redazione, Nunzio Pernicone, Carlo Tresca. Ritratto di un ribelle, edizioni Anicia

«A major gap in the radical history of the United States has at last been filled…», aveva scritto Gerald Meyer recensendo («Altreitalie», gennaio-giugno 2007) l’opera imponente di Nunzio Pernicone, Carlo Tresca: Portrait of a Rebel, edita da Palgrave Macmillan nel 2005, studio completo che seguiva la pubblicazione di una preziosissima Autobiography. Collocata nel pantheon dei rivoluzionari d’America, mito della working-class, la figura di Tresca (Sulmona 1879 – New York 1943), organizzatore sindacale libertario, esponente della sinistra antistalinista, giornalista e leader riconosciuto dell’antifascismo nella comunità italiana degli States, ha ora un aggiornato profilo biografico. La poesia dell’azione di Stefano Di Berardo, partendo da una bibliografia di base variegata e notevole, compulsando nuove fonti archivistiche, ci offre un efficace paradigmatico spaccato sulle dinamiche di un fenomeno di grande rilievo: l’acculturazione politica e sindacale nell’emigrazione europea. Nella vita avventurosa dell’anarchico abruzzese le ombre del ’900 si concentrano emblematicamente, fin dalla sua tragica morte. Freddato in un agguato notturno davanti alla sede newyorkese del suo battagliero giornale, «Il Martello», l’assassinio rimane un irrisolto dilemma per quanto riguarda matrice e sicari: furono i comunisti? i fascisti? la mafia? Così il mistero e l’intrigo hanno alimentato, nel corso dei decenni, un’abbondante pubblicistica, fino quasi ad obnubilarne la prorompente, contraddittoria, scapigliata e scomoda energia vitale, il carisma e l’impulso del protagonista che promanano dalla sua storia di vita. Questo studio, in linea con la storiografia statunitense più accreditata, ne valorizza invece il profilo di sincero combattente per la giustizia sociale e di intransigente oppositore del sistema di sfruttamento imposto ai lavoratori dal modello capitalistico nordamericano. Ciò non trascurando la descrizione del quadro violento all’interno del quale si svolgono i conflitti sociali: scioperi, revolver e dinamite. Prossimo alle posizioni dell’Industrial Workers of the World (sindacato alla cui fondazione partecipa) e di anarchici come Alexander Berkman ed Emma Goldman, fuggito dall’Italia nel 1904 a seguito di una condanna, Tresca si dedica corpo e anima alla lotta sociale. Nel 1912 organizza con John Reed uno sciopero dei tessili nel Massachusetts, poi negli anni successivi con i lavoranti d’albergo a New York, con i minatori del Minnesota, nel settore delle industrie dell’acciaio. Nel frattempo dirige importanti giornali operai e conduce una vivace battaglia antimilitarista durante la prima guerra mondiale. Di rilievo il suo impegno negli anni ’20 e ’30, nella mobilitazione dell’opinione pubblica in difesa di Sacco e Vanzetti, nel proseguimento dell’impegno antifascista senza tregua e con ogni mezzo (sarà implicato negli omicidi di due esponenti del Fascio di New York).
Giorgio Sacchetti, Stefano Di Berardo, La poesia dell’azione. Vita e morte di Carlo Tresca, Franco Angeli, 2013, Sissco

Lettera scritta da Carlo Tresca a Bartolomeo Vanzetti nel dicembre 1923
Il Martello, published in New York four days after the execution of Nicola Sacco and Bartolomeo Vanzetti on 23 August 1927

Due giorni all’appuntamento con Sacco e Vanzetti, due nomi che restano impressi nella memoria, rivissuti nell’evento promosso dal Centro Studi e Ricerche “Carlo Tresca” in un incontro alla Rotonda di San Francesco. Due uomini, due attivisti anarchici italiani processati e condannati alla sedia elettrica con l’accusa di omicidio, nell’America degli anni 20.
L’occasione per ricordare il 90° anniversario della morte dei due emigrati italiani ma anche l’impegno in prima linea del concittadino Carlo Tresca per la loro liberazione.
A tirare le fila di un fatto che tinse la cronaca di attenzione e di umori contrastanti, spaccando lettori e teorici del tempo, un excursus puntuale fornito da Fernanda Sacco, nipote di Nicola Sacco, Edoardo Puglielli, presidente Centro Studi e Ricerche ‘Carlo Tresca, Stefano Di Berardo, autore del libro «La poesia dell’azione. Vita e morte di Carlo Tresca» (FrancoAngeli) Matteo Marolla, presidente Associazione ‘Sacco e Vanzetti’ di Torremaggiore (FG), Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. Alle 21,00 nel cortile di San Francesco, la parola sarà affidata alla giornalista Maria Rosaria La Morgia nel dialogo con il regista Maestro Giuliano Montaldo a seguire, a ingresso gratuito, verrà proiettato il film «Sacco e Vanzetti» a coordinare i lavori: Riccardo Verrocchi, Centro Studi e Ricerche “Carlo Tresca”.
Sarà un appuntamento con le suggestioni del tempo e della cronaca nei parallelismi con la società attuale. La libertà e i diritti dell’uomo, la pena di morte, ieri come oggi.
Ma cosa accadde “in quel ieri” di 90 anni fa? E cosa seguì quella clamorosa condanna? Interrogativi che troveranno risposta giovedì 24 a partire dalle ore 17,00. Carlo Tresca e la mobilitazione internazionale di solidarietà, qui in un breve passaggio del professor Edoardo Puglielli:
“Dopo uno scandaloso processo, il 14 luglio 1921 Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti furono condannati alla sedia elettrica. Sotto la bandiera della difesa dei due anarchici si sviluppò fin da subito una forte mobilitazione internazionale di solidarietà mai vista prima e rimasta nella storia per la sua durata e la sua vastità. È conosciuta ai più la protesta portata avanti negli Stati Uniti dalle organizzazioni proletarie e dai movimenti popolari guidati da dirigenti sindacali e anarchici come Carlo Tresca. Meno conosciute, invece, sono le manifestazioni popolari che si registrarono in Italia nel biennio 1921-22. Pur trovandosi impegnato contro la reazione statale e il terrorismo fascista, il movimento italiano riuscì a programmare e a portare avanti una vasta agitazione di protesta contro l’ingiusta sentenza che investì sia le grandi città che i piccoli centri. In Abruzzo, nello specifico, tra il 1921 e il 1922, per la liberazione di Sacco e Vanzetti scesero in piazzale popolazioni di Avezzano, Bagnoli Del Trigno, Castellamare Adriatico, Chieti, Fossacesia, Giulianova, Isernia, L’ Aquila, Lanciano, Paganica, Paterno di Avezzano, Pescara, Piano d’Orta, San Benedetto dei Marsi, Sulmona, Torre de’ Passeri”.
Redazione, Sacco e Vanzetti, Tresca e la mobilitazione: la storia di ieri e di oggi, Il germe, 22 agosto 2017

Fonte: Centro Studi e Ricerche Carlo Tresca, cit. infra

Il 12 gennaio 1912 gli operai tessili di Lawrence, nel Massachusett, scesero in sciopero per chiedere migliori condizioni di lavoro. Tante erano le donne, e furono proprio loro a pronunciare quella che negli anni a venire diventò la frase-manifesto del femminismo operaio: «L’OPERAIA DEVE AVERE IL PANE MA DEVE AVERE ANCHE LE ROSE»
Gli obiettivi principali dell’agitazione erano:
– riduzione del numero massimo delle ore di lavoro settimanali da 56 a 54;
– aumento del 15% dei salari;
– doppia retribuzione per gli straordinari;
– eliminazione dei premi di produzione.
Lo sciopero coinvolse circa 25.000 operai delle più svariate nazionalità: italiani, tedeschi, canadesi, polacchi, lituani, belgi, francesi, russi, greci, lettoni, turchi e iraniani; solo l’8% degli scioperanti era nato negli USA. Per superare le barriere linguistiche e permettere a tutti i lavoratori di partecipare attivamente alla lotta, ogni incontro sindacale fu tradotto in 25 lingue differenti.
Lo sciopero di Lawrence è stato storicamente importante per i seguenti fattori:
1) la linea sulla quale gli industriali si erano sempre mossi era quella della divisione tra le nazionalità e del razzismo; grazie allo sforzo dei sindacalisti dell’IWW, volto ad unire i lavoratori, la linea padronale fu battuta;
2) seppur nata da una diminuzione dei salari, l’agitazione si trasformò presto in una più ampia lotta in difesa della dignità del lavoratore; fu in questo sciopero che nacque il celebre slogan «l’operaia deve avere il pane ma deve avere anche le rose»;
3) vennero sperimentate nuove forme di solidarietà di classe, come, ad esempio, il «picchetto in movimento», una catena umana in movimento che manifestò intorno alle fabbriche tutti i giorni 24 ore su 24 per impedire alle forze dell’ordine di entrarvi per arrestare gli scioperanti;
4) per via della sua lunga durata, numerose famiglie operaie di altre città solidarizzarono dando ospitalità ai figli dei lavoratori di Lawrence impegnati nella lotta. A New York, ad esempio, i bambini di Lawrence furono accolti da una folla di 5.000 persone, tra la commozione generale e l’ammirazione per la capacità di resistenza mostrata dagli scioperanti. Lo sciopero sviluppò una grande rete di solidarietà che oltrepassò i confini statunitensi e divenne internazionale […]
Redazione, Centro Studi e Ricerche Carlo Tresca

Fonte: Angelo Figorilli, art. cit.

Dopo il suo distacco politico dalla FSI, Tresca collaborò inizialmente al giornale La Voce del Popolo di Filadelfia, poi fondò una propria testata, La Plebe, che nell’agosto-settembre 1908 si trasferì a Pittsburgh, sempre in Pennsylvania, in seguito alla condanna inflitta al suo direttore per aver diffamato il console italiano di Filadelfia. Sulle pagine de La Plebe egli espose i propri punti di vista, ora decisamente favorevoli al sovversivismo di stampo anarchico e all’azione diretta, che gli costarono nuove denunce, nuovi arresti e addirittura un tentativo di omicidio. Lo stesso Tresca avrebbe successivamente ricordato quel periodo di lotte nei seguenti termini:
“Nel 1906 ero in prigione a scontare tre mesi ottenuti per la lotta combattuta dalle colonne del Proletario. Uscito dal carcere, pubblicai La Plebe, un settimanale di battaglia, prima in Philadelphia e poi in Pittsburgh, dove affrontai audacemente senza esitanza una criminosa associazione di malviventi, di preti ed agenti consolari, che spadroneggiava su tutto e su tutti. Mi guadagnai qualche anno di galera. Mi si tentò di uccidere sulla pubblica strada, in pieno giorno, e sul viso porto i segni di questa aggressione patita dai sicari della chiesa e della monarchia”. <5
Nel gennaio 1909 Tresca fu processato con l’accusa di aver diffamato un prete cattolico che aveva una relazione amorosa con la sua perpetua. Dopo aver scontato la pena detentiva di sei mesi inflittagli dal tribunale, che aveva anche decretato la soppressione della Plebe, Tresca avviò a Steubenville, nell’Ohio, la pubblicazione di un nuovo giornale, L’Avvenire. Un’ulteriore condanna a nove mesi di detenzione e al pagamento di 300 dollari di multa lo colpì nel giugno 1910 per una causa intentatagli da un altro sacerdote.
Abbiamo già accennato alla partecipazione di Tresca allo sciopero dei cappellai di Filadelfia agli inizi del 1905, che segnò l’inizio della sua brillante carriera di agitatore proletario, soprattutto tra i numerosi lavoratori di origine italiana delle fabbriche e delle miniere. Continuando a pubblicare L’Avvenire, egli effettuò anche molti “giri di propaganda” in varie località e, in virtù della sua stretta collaborazione con gli IWW, prese attivamente parte alle più importanti lotte operaie dei primi decenni del secolo, acquisendo una fama di portata nazionale grazie al ruolo giocato nello sciopero dei lavoratori tessili dell’American Woolen Company di Lawrence, nel Massachusetts.
Avviato agli inizi del 1912 e ben presto influenzato dai Wobblies – così venivano chiamati gli iscritti agli IWW –, questo sciopero aveva subito una battuta d’arresto allorché alcuni i suoi principali animatori (Joseph Ettor e Arturo Giovannitti) erano stati arrestati in seguito all’assassinio di un’operaia ad opera della forza pubblica, con l’imputazione di complicità nel delitto e incitamento alla rivolta. A Tresca fu allora chiesto di raggiungere Lawrence per assumere la direzione del movimento, e il suo arrivo, nel mese di maggio, determinò la ripresa della durissima lotta e il suo esito vincente. A quei giorni risale anche il suo primo incontro con William “Big Bill” Haywood, che lo stesso Tresca aveva chiesto di far arrivare per dare maggior impulso allo sciopero. Dopo la battaglia di classe vinta a Lawrence, egli fu chiamato dai lavoratori degli IWW a dirigere lo sciopero di Little Falls, nello stato di New York, poi quello dei cuochi e dei camerieri di New York City, alla vigilia di Capodanno del 1913. Per la sua partecipazione attiva a questo sciopero dei lavoratori alberghieri, Tresca fu arrestato il 24 gennaio.
Successivamente Tresca giocò un ruolo dirigente – unitamente a vari agitatori degli IWW, primi tra tutti lo stesso Haywood ed Elizabeth Gurley Flynn, che sarebbe poi stata la sua compagna fino al 1925 (la moglie chiese il divorzio nel marzo 1913 per “abbandono del tetto coniugale”) – nel grande sciopero dei tessili iniziato nel setificio di Henry Doherty a Paterson, nel New Jersey, che si protrasse per circa sei mesi – dal febbraio al luglio 1913 – durante i quali egli venne arrestato per ben undici volte e subì due processi per istigazione alla rivolta. La lotta assunse notevoli dimensioni, estendendosi a molte altre fabbriche del settore anche negli stati limitrofi, tanto che in occasione del Primo Maggio 1913 si contavano circa 50.000 scioperanti. Per pubblicizzare lo sciopero tra i lavoratori di New York il giovane John Reed organizzò e diresse uno spettacolo teatrale, il Paterson Strike Pageant, che venne rappresentato il 7 giugno al Madison Square Garden con la partecipazione di oltre mille comparse scelte proprio tra le file degli scioperanti di Paterson. L’epilogo di quella lotta, costellata di scontri violenti e di vittime da ambo le parti, non fu favorevole per i lavoratori; tuttavia di lì a poco i padroni soddisfecero alcune delle loro rivendicazioni, per paura i dover nuovamente affrontare in futuro uno scontro di quella portata.
Nell’inverno 1913-14 si registrò in varie località degli Stati Uniti un’impennata della lotta di classe, dovuta soprattutto all’agitazione dei disoccupati che raggiunse il suo apice a New York, dove i senza-lavoro scesi in lotta furono oltre quattrocentomila. Gli IWW e gli anarchici giocarono naturalmente un ruolo di primo piano come leaders di quella lotta, nella quale si distinsero Tresca, Haywood, Giovannitti, Emma Goldman e Aleksandr Berkman. Lo scoppio della prima guerra mondiale determinò una riattivazione delle fabbriche e la fine temporanea della piaga della disoccupazione.
Dall’estate del 1914 agli inizi del 1915 Tresca fu impegnato in un’altra battaglia politica, mirante ad ottenere la libertà di riunione e di parola a Paterson, dove le forze dell’ordine cercavano sistematicamente di impedire i comizi dei rappresentanti degli IWW. Tresca fu nuovamente arrestato a varie riprese, e infine processato nel luglio 1914. Alla vigilia dell’apertura del processo, in occasione di un comizio organizzato dagli anarchici a New York, Berkman affermò tra l’altro:
“Io sono stanco di tutti questi comizi di protesta. Essi non approdano a niente. Sei uomini determinati, o anche un uomo solo, ricorrendo all’azione, può fare di più per riportare il timore di Dio nel cuore dei capitalisti che tutti i comizi di protesta del mondo. Noi non libereremo mai Carlo Tresca cercando giustizia nelle corti. Vi è un altro modo col quale potremo farci sentire. Il giudice in questo caso è un essere umano ed ama la sua vita. Il prosecutore e i giurati sono anche essi esseri umani che vogliono vivere. Questo è tutto quello che ho da dirvi”. <6
Furono probabilmente queste non troppo velate minacce, reiterate in un telegramma inviato dall’assemblea newyorkese al giudice di Paterson, a indurre il tribunale a prosciogliere Tresca da ogni accusa e a rimetterlo in libertà. Nel messaggio in questione si leggeva infatti che i partecipanti al comizio avevano deliberato all’unanimità “di tener responsabile il giudice, il district attorney [procuratore distrettuale] e i membri della giuria ciascuno personalmente della condanna e della prigione di Carlo Tresca, amico del lavoro e vittima della persecuzione dei capitalisti e dei poliziotti”.7
Nel 1915 Tresca prese parte alla marcia dei disoccupati di New York e l’anno seguente, nel luglio 1916, effettuò un ennesimo giro di propaganda di un mese in California e, mentre era sulla via del ritorno, fu raggiunto da alcuni emissari degli IWW che lo pregarono di recarsi nel Mesaba Range, in Minnesota, dove dal 3 giugno era in corso uno sciopero dei minatori. Tresca non tardò ad accorrere sul posto. Nell’ottobre 1916 egli fu tra l’altro accusato dell’omicidio di uno scioperante – che era invece stato ucciso dai poliziotti privati al servizio del padronato – e, per tale motivo, fu arrestato a Duluth (Minnesota) e condannato ad una lunga pena detentiva. Ma la grande campagna in suo favore, che ebbe notevoli ripercussioni anche in Italia, portò infine, nel dicembre 1916 (lo sciopero era nel frattempo terminato alla metà di settembre), al ritiro dell’accusa e al suo rilascio, con uno strascico di critiche e polemiche – sul modo in cui Haywood e gli IWW avevano gestito politicamente il processo – che portò poi ad una rottura politica.
[NOTE]
5 Felice Guadagni, “Un profilo di Carlo Tresca”, in Manet immota fides. Omaggio alla memoria imperitura di Carlo Tresca, numero speciale de Il Martello (non numerato, ma corrispondente al n. 4 del 28 marzo 1943) realizzato su iniziativa del Gruppo Carlo Tresca (già Gruppo “Il Martello”) e curato dallo stesso Guadagni e da Renato Vidal.
6 Cit. ibidem, p. 30.
Paolo Casciola, Introduzione a Carlo Tresca, L’attentato a Mussolini ovvero Il segreto di Pulcinella”, Quaderni Pietro Tresso, n. 48, luglio-agosto 2004, pp. 3-21, qui ripresa da Rotta Comunista

Con la nascita, nel 1905, degli IWW, Carlo Tresca, sempre più convinto delle potenzialità dell’azione diretta, si sposta su posizioni anarchiche e nel giugno 1906 abbandona la direzione de «Il Proletario», passando prima a «La Voce del popolo», diretta a Filadelfia da Giovanni Di Silvestro, e fondando poi un proprio giornale, «La Plebe», che, nell’agosto 1908, trasferisce a Pittsburgh. Dalle colonne del periodico, definito dalla polizia italiana “giornale anarcoide settimanale” che “fa attivissima propaganda sovversiva ed è specialmente notevole per il sistematico eccitamento all’antimilitarismo ed alla renitenza dei nostri iscritti alla leva”, Carlo Tresca conduce una intensa campagna contro i mediatori di mano d’opera, i padroni, le autorità consolari, nonché contro l’esercito, la casa reale e il clero cattolico, subendo multe, arresti, un tentivo di omicidio e una pubblica scomunica. Scontata nel 1909 una condanna a sei mesi “per libello”, cioè per la pubblicazione di un articolo illustrato su «La Plebe», che viene soppressa, Carlo Tresca lascia Pittsburgh alla volta di New Kensington (Pa), dove dà vita a «L’Avvenire».
Nel giugno 1910 è nuovamente tradotto in carcere e sconta nove mesi di reclusione per la consueta condanna “per libello”, ma trova modo di “seguire e dirigere il predetto giornale e sotto lo pseudonimo di ‘Renato Morgante’ ha scritto e pubblicato in prima pagina […] l’articolo L’Ammazzatoio contenente l’apologia del regicidio e di Gaetano Bresci”. La sua collaborazione con gli IWW lo porta nel maggio 1912, uscito da una ennesima detenzione, a Lawrence, dove gli IWW, che all’inizio dell’anno avevano guidato un grande sciopero degli operai tessili risoltosi favorevolmente nel marzo, stavano sostenendo una campagna per la liberazione di Ettor e Giovannitti, accusati di complicità morale nell’uccisione di una dimostrante per avere incitato al picchettaggio. In questa circostanza incontra Elisabeth Gurley Flynn, “the rebel girl” che gli sarà compagna fino al 1925. Come scriverà la stessa Gurley Flynn nella sua autobiografia: “A quel tempo, era un uomo alto, snello, di bell’aspetto, tra i trenta e i quarant’anni […]. Una barba gli nascondeva una brutta cicatrice sulla guancia, conseguenza di un’aggressione subita a Pittsburgh da parte di uno dei suoi innumerevoli nemici” (cfr. La ribelle, Milano 1976, p. 153). Pur non avendo mai ufficialmente aderito agli IWW, dopo il rilascio di Ettor e Giovannitti Carlo Tresca continua la sua attività propagandistica, insieme con Elisabeth, in occasione di numerosi scioperi, da quelli dei lavoratori d’albergo e dei barbieri di New York al lungo sciopero di Paterson (1913), la “Lione d’America”, in un vorticoso crescendo di arresti, di processi e di assoluzioni. Considerato dalle autorità consolari italiane il promotore, attraverso il suo giornale, di una “atroce settimanale diffamatoria campagna contro la Casa Savoia, contro il R. Esercito e le patrie istituzioni” e “uno dei propagandisti più pericolosi del movimento anarchico”, si sposta in continui tour di conferenze.
Recatosi nel luglio 1916 nel Mesabi Range, nel Minessota, dove era in atto uno sciopero degli operai della Oliver Iron Mining Company, viene arrestato e poi accusato, con il rischio dell’ergastolo, di complicità in omicidio per avere dato esca alla violenza con il propri discorsi. Sia negli Stati Uniti che in Italia, nonostante il paese sia in guerra, si accende una intensa mobilitazione volta a reclamare, come recita un telegramma della Sezione socialista di Taranto all’«Avanti!», “liberazione propugnatore diritti integrali proletariato”. Perfino gli interventisti, da Bissolati a capitan Giulietti, partecipano a una campagna che vede in prima fila anarchici e socialisti, in particolare il deputato Arturo Caroti che aveva vissuto negli USA dal 1905 al 1913. Nel dicembre 1916 l’accusa viene ritirata e Carlo Tresca scarcerato. Ma le polemiche con Haywood sulla gestione del processo, portano Carlo Tresca, e con lui Ettor che, insieme con Elisabeth, aveva organizzato la difesa in loco, a rompere i rapporti con gli IWW.
Nel settembre 1917, nel quadro di una grossa operazione contro gli IWW a Chicago con l’incriminazione di 168 persone (accusate dalle autorità federali di aver promosso scioperi e agitazioni a danno degli Stati Uniti e “in favore diretto o indiretto degli imperi centrali”), Carlo Tresca e Gurley Flynn vengono arrestati, e con loro Ettor, Giovannitti e Giovanni Baldazzi. Contrari alla tattica di Haywood di accentrare il processo a Chicago, Carlo Tresca, Gurley Flynn, Ettor e Giovannitti chiedono il rilascio su cauzione, ottengono la separazione delle cause e non saranno mai processati. Baldazzi, invece, nel 1918 verrà condannato a 10 anni e più tardi espulso dal paese. Nel frattempo, tuttavia, il giornale di Carlo Tresca, «L’Avvenire», era stato costretto a chiudere. Alla fine del 1917 Carlo Tresca acquista una nuova testata, «Il Martello», “giornale politico letterario artistico” fino ad allora diretto da Luigi Preziosi e lo trasforma in “uno dei giornali più vivaci del movimento operaio italo-americano e del movimento anarchico internazionale” (L. Bettini, Bibliografia dell’anarchismo, vol. 1 Carlo Tresca 2. Periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana pubblicati all’estero (1872-1971), Firenze 1976, p. 201).
Nel primo dopoguerra l’attività giornalistica di Carlo Tresca si muove in diverse direzioni: dalla denuncia delle espulsioni e delle deportazioni dei sovversivi nei loro paesi d’origine (Galleani in Italia, Emma Goldmann e Alexander Berkman in Russia, ecc.) alla intensa campagna a favore di Sacco e Vanzetti; dalla opposizione alla penetrazione fascista negli organismi degli emigrati all’appoggio ai tentativi autonomi di organizzazione sindacale dei lavoratori. Tra i più attivi promotori dell’Alleanza antifascista, sorta nel 1923, i suoi violenti attacchi al fascismo inducono le autorità americane, su pressione dell’ambasciata italiana, a trovare un pretesto per metterlo fuori gioco. Nell’agosto 1923, infatti, Carlo Tresca viene arrestato in base alla Federal Obscenity Law per avere pubblicato su «Il Martello» pubblicità a favore del controllo delle nascite. Condannato a un anno e un giorno da scontare nel penitenziario di Atlanta, ottiene una riduzione della pena a quattro mesi dallo stesso presidente Coolidge, sotto la pressione di una grande mobilitazione e dell’intervento di Fiorello La Guardia, futuro sindaco di New York. Contemporaneamente, dopo una prima fase di entusiasmo per la rivoluzione russa, nel 1921 Carlo Tresca inizia a muovere critiche al governo sovietico, che sfociano successivamente in una netta presa di distanza dal leninismo e di aperta condanna dello stalinismo poi. Anche in ambito anarchico, i rapporti tra Carlo Tresca e il milieu raccolto attorno a «L’Adunata dei refrattari» si fanno sempre più tesi.
Nel corso del 1928 – scrivono le autorità consolari italiane – Osvaldo Maraviglia scatena ne «L’Adunata» “una fiera campagna contro Carlo Tresca che ribatte e si difende con energia”. Nel maggio, alcuni anarchici si riuniscono a Hartford (Conn.) ed emettono un verdetto di squalifica contro Carlo Tresca, che viene pubblicato ne «L’Adunata». Secondo la polizia politica italiana (agosto 1928) “si deve principalmente a [Borghi] la vertenza con Carlo Tresca, che minaccia di diventare il cavallo di Troia” dell’anarchismo italo-americano. Un documento leggermente più tardo (ottobre) riconosce che la “definitiva liquidazione di Carlo Tresca […] sarebbe un colpo mortale all’antifascismo che sul Tresca molto si basa”. Nel 1932 «Il Martello» sospende le pubblicazioni per mancanza di fondi per riprenderle nel 1934. Lo scoppio della Guerra civile spagnola vede Carlo Tresca appoggiare il fronte unico ed anche la partecipazione degli anarchici al governo, ma la situazione prodottasi in seguito non fa che acuire il dissidio con i comunisti. Durissimi sono gli attacchi di Carlo Tresca ai comunisti sia per i processi staliniani sia per la repressione esercitata in Spagna nei confronti degli anarchici e degli aderenti del POUM. Nel 1937-38 partecipa all’ American Committe to Defend Leon Trotsky. Uscito dall’Alleanza antifascista, in mano ai comunisti, diventa un personaggio influente della Mazzini Society, accanto ad Alberto Tarchiani che, curiosamente, nel 1916, nel pieno della mobilitazione a favore di Carlo Tresca, aveva inviato al Sottosegretario per gli Affari Esteri una pesante lettera accusatoria per le attività antipatriottiche dell’anarchico di Sulmona.
Durante il Secondo conflitto mondiale, Carlo Tresca collabora con l’Office of War Information per costituire un Italian-American Victory Council che avrebbe dovuto accogliere tutti i gruppi antifascisti. La sua opposizione all’inclusione dei comunisti, nonché di persone come Generoso Pope, editore de «Il Progresso italo-americano», che in passato avevano sostenuto la dittatura fascista, infittisce le file dei suoi nemici. Carlo Tresca viene assassinato a colpi di pistola a New York l’11 gennaio 1943. Nonostante le diverse ipotesi formulate – chi dai comunisti, chi dai fascisti, chi dalla malavita – e dieci anni di indagini di un’apposita commissione d’inchiesta non si è mai giunti a una soluzione definitiva (M. Antonioli – S. Cicolani).
Fonti
Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Archivio di Stato L’Aquila, Fondo Questura, b. 170; ivi, Rapporto del R. Ambasciatore a Washington del 12 sett. 1916 al Ministero Esteri; FBI – Dipartimento della Giustizia (Freedom Information Act e Pravacy Act) bufile 61-1335; FBI, cit., rapporto del 13 gennaio 1943 (documenti tratti dal sito web http://www.foia.fbi.gov/tresca.htm); A. Caroti, Per Carlo Tresca, Milano 1916; M. Tucker, Carlo Tresca, «Greenwich Villager», 22 apr. 1922; «Il Martello» nn. 23 e 29 mag. 1925 e 28 aprile 1936; «Daily Worker», 13 gen. 1943; T. Sheying Still a Mistery Communist or Fascist Plot Is See, «New York Times», 13 gen. 1943.
Bibliografia:
Scritti di Tresca: L’attentato a Mussolini ovvero il segreto di Pulcinella, New York [s.d.].
Scritti su Tresca Memorial Commitee, Who killed Carlo Tresca?, New York 1945 (ed. ital. ivi 1947); T.:.R.O. Boyer-H.I. Morais, Storia del movimento operaio negli Stati Uniti, Bari, 1974; V. B. Montana, Amarostico, testimonianze euro-americane, Livorno 1975; Id., Aspetti del sindacalismo statunitense: l’Industrial Workers of the World, «Ricerche storiche», gen.-aprile 1981; L. Bettini 1 e 2, ad indicem; J.P. Diggins, L’America, Mussolini e il fascismo, Bari 1972; MOIDB, ad nomen; A. Lanza, Operai e sindacati negli Stati Uniti, Roma 1983; A. Varsori (a cura di), L’antifascismo negli usa durante la seconda guerra mondiale, Roma 1984; D. Gallagher, All the Right Enemies: The Life and Murder of Carlo Tresca, New Brunswick and London 1988; N. Berti, Dal sindacalismo anarchico all’anarchia pura. La significativa parabola di A. Borghi, «Bollettino del Museo del Risorgimento», Bologna 1990; A. Baldini, P. Palma, Gli antifascisti                                                  Silvio Cicolani, Carlo Tresca, Biblioteca Franco Serantini