Ma ammettendo che tu ammettessi?

Quattro chiacchiere con Italo Calvino…

Dai racconti suoi che vanno dal 1950 al 1958 di cui il primo fu: “Pesci grossi, pesci piccoli” all’ultimo “La nuvola di smog” ce ne son in totale ben 52 distribuiti in 9 anni quando era nel pieno della sua formidabile espansione giovanile ed intellettuale. Dovevate vederlo alle riunioni del mercoledì pomeriggio in via Biancamano a Torino, sede dell’Einaudi. Era un cavallo imbizzarrito di fronte alla frusta di Giulio Einaudi. Italo proponeva edizioni a getto mentre il “dittatore” Giulio lo teneva a bada ricordandogli che le lire non piovevano come Giove ordinava, ma entravano e sostenevano solo le spese col venduto. Ricordo che una volta gli disse: “Italo, non fare come il nostro marchio nascondendo la testa, che è l’unica che ragiona, sotto terra ogni volta che parliamo di edizioni. Faccio quello che posso. Tu preoccupati di scrivere… ed io nello stampare i tuoi scritti… e questo vale per tutti voi che siete qui, d’accordo?”. Più o meno questa fu la predica di quel mercoledì.

Avete letto di Calvino il racconto “La panchina”? E’ bellissimo. Racconta di un certo Marcovaldo, manovale non qualificato, che aveva scelto una panchina, per pensare e riposare e fare un sonnellino, di una piazza torinese dove alcune panchine erano a disposizione dei cittadini. Una era “la sua” dove si sedeva dopo le 8 ore di duro lavoro ed ascoltava gli uccelli che cinguettavano nascosti tra le foglie. Per lui erano usignoli. Non andava a casa dove in quell’unica camera erano in cinque, la moglie ed i tre figli. Capita un giorno che la “sua” panchina la trova occupata da due innamorati. Litigavano… scoperse. Si sdraiò su un’altra panchina lì accanto, mettendo la sua camicia sotto la testa come cuscino onde fare un pisolino. Per finirla… vi posto solo queste poche parole giocate da Italo con maestria. State a leggere:

“Allora ammetti?”

“No, no, non lo ammetto affatto!”

“Ma ammettendo che tu ammettessi?”

“Ammettendo che ammettessi, non ammetterei ciò che vuoi farmi ammettere tu”.

di Alfredo Schiavi